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Le virtù teologali: la carità

30 Luglio 2018 | Filed under: Morale
     

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Le prediche di Spoleto

Quando si parla di carità il pensiero corre spontaneamente al portafoglio e subito ci immaginiamo il gesto classico dell’elemosina. Invece, quando i cristiani parlano di carità vogliono intendere altro. Carità è innanzitutto la definizione, l’identità stessa di Dio, che è amore gratuito di benevolenza. Il termine carità, poi, definisce l’amore con il quale Dio ama se stesso e ama ognuno di noi.
Infine, carità significa l’amore con il quale noi amiamo Dio, noi stessi e il prossimo. Così ne parla il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio»; essa «ha come frutti la gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è benevolenza; suscita la reciprocità, si dimostra sempre disinteressata e benefica; è amicizia e comunione».
«“Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 16). Queste parole della prima Lettera di Giovanni descrivono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l’immagine di Dio e la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre una formula sintetica dell’esistenza cristiana: “Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto”. Abbiamo creduto all’amore di Dio: così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita.
All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». Così scriveva Papa Benedetto XVI nella sua Lettera Enciclica Deus caritas est . La carità, l’amore, è Dio stesso, l’Essere vivente e personale che vuole farsi conoscere e perciò chiama all’esistenza ciò che non esiste (cf Rom 4, 17), offrendo alla sua creatura la possibilità di condividere qualcosa della sua beatitudine.
Questo Essere vivente e personale è in se stesso comunione sostanziale delle tre divine Persone: il Padre ama il Figlio, e l’amore con il quale il Padre ama il Figlio è lo Spirito Santo. Tutto ciò che è creato lo è per amore e con amore e riceve l’amore come legge di vita. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna » ( Gv 3, 16).
Il fatto che chi ama voglia essere riamato è nella logica dell’amore. Il desiderio di essere corrisposto nasce dalla forza dell’amore stesso, che non esperimenta la perfezione del suo atto se non nel superamento di ogni estraneità dell’uno all’altro. La Scrittura af- ferma che anche Dio desidera essere corrisposto, e utilizza una formula sorprendente: parla della gelosia di Dio (cf Es 34, 14; Dt 4, 24), Dio è geloso.
Quando il cristianesimo parla di carità, parla di Dio che in Cristo rivela di amare l’uomo e desidera che l’uomo risponda a questo amore. E nello stesso tempo, intende la carità con la quale l’uomo ama Dio: la carità dell’uomo è risposta alla carità di Dio. «Noi amiamo – afferma san Giovanni – perché Egli ci ha amati per primo» ( 1Gv 4, 19). Dio dona la sua grazia, ma bisogna accoglierla.
In Gesù la natura umana è pienamente salvata, cioè perdonata, giustificata, santificata, divinizzata, resa pienamente “figlia” nella vita gloriosa dell’amore immortale. Ma dipende da ciascuno accogliere questo dono con una adesione personale e libera al mistero di Gesù, il Verbo fatto carne, morto e risuscitato: «Dio, che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te», dice sant’Agostino .
L’amore non costringe. Ecco perché la grazia ricevuta nel Battesimo può rimanere infruttuosa per anni… Ma per fortuna Gesù ci dice: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco» ( Gv 5, 17). Dio è sempre all’opera nella nostra vita! Anche se non sempre ce ne rendiamo conto, non siamo abbandonati a noi stessi. «Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano», affermava già il salmista ( Sal 139, 5).
Attraverso gli avvenimenti dell’esistenza quotidiana, Dio mi aiuta a meglio conoscermi, a chiarificare le mie intenzioni, ad emergere dalle mie indeterminazioni. Con la sua grazia che previene, Egli tutto dispone affinché io mi possa aprire alla luce della fede; libera la mia libertà affinché io possa dare il mio consenso; mi attira a sé attraverso grazie e prove, mi offre continuamente la possibilità di rispondere al suo amore.
Ma in che modo l’uomo può amare Dio? Ce lo rivela san Paolo in un passaggio mirabile della lettera ai Romani: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» ( 5, 5). È il dono dello Spirito Santo che, da una parte, ci comunica la certezza e l’esperienza dell’amore con cui Dio ci ama in Cristo e, dal-l’altra, ci muove ed ispira ad amare Dio come Egli merita di essere amato. È una sorta di “abilitazione”, di potenziamento che viene operato in noi: amandoci, Dio ci costituisce capaci di amare a nostra volta come Egli ama.
Così il credente diventa strumento libero e intelligente della Forza divina che agisce in lui. Lo Spirito Santo costituisce il “punto di incontro” fra Dio che in Cristo ama l’uomo e l’uomo che ama Dio in Cristo. È la carità di cui parla la fede cristiana. Si comprende allora quanto afferma san Giovanni: «Dio è carità. Chi rimane nella carità, rimane in Dio e Dio in lui» ( 1 Gv 4, 16). Il nostro è dunque un amore “di risposta”, che dipende dal fatto che Dio è amore e ci ama.
Mons. Renato Boccardo

 


     

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