Il peccato originale
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Innanzitutto un accenno storico alla dottrina del peccato originale. Tale espressione non la si trova nella Bibbia ma fu coniata da sant’Agostino. Fu durante la diatriba tra Il filosofo e teologo di Tagaste e l’eresia di Pelagio. Quest’ultimo infatti sosteneva che l’uomo poteva salvarsi con le sue sole forze, dunque senza bisogno della grazia divina. A ciò risponde il vescovo d’Ippona sostenendo che l’uomo conosce il male e può farlo perché dotato di libero arbitrio. Per Agostino l’uomo si trova in una condizione corrotta a causa del peccato originale ereditato. Le conseguenze, l’egoismo dell’essere umano, inoltre, è visibile già nei bambini quando, sviluppando le capacità mentali, accentrano tutto a sé e, dunque, vanno educati a saper scegliere il bene.
Il peccato originale viene fatto risalire ad Adamo ed Eva, nomi che significano rispettivamente “tratto dalla terra” e “madre dei viventi”. Essi vengono considerati come i primi uomini. In sostanza sono i primi esseri umani dotati di coscienza, dunque capaci di decidere per il bene o per il male ma, non è poco, con una caratteristica ben precisa, ovvero la loro coscienza era per così dire, vergine, cioè originaria.
Approfondite e interessanti sono le varie interpretazioni della vicenda del “frutto proibito”. Di queste si può certamente sottolineare che il serpente simbolo poi del diavolo – che stimola Eva a mangiare del frutto proibito – è il simbolo dell’idolatria e che psicologicamente “cattura” le sue prede una alla volta, separandole. E’ subdolo e in quanto male, si nasconde. Ancora, dopo il peccato Adamo ed Eva scoprono di essere nudi. La nudità è simbolo della dignità, ora perduta, ma anche della fiducia, anch’essa persa l’uno nei confronti dell’altra e, soprattutto nei confronti di Dio. Anche il rapporto con il creato è cambiato. Si è rotta l’armonia e, l’uomo, che dovrà lavorare la terra, rischia con il suo egoismo di sconvolgerne le leggi. Ma Dio non condanna l’uomo, condanna solo il serpente. Dio, che cerca l’uomo, ormai irriconoscibile rispetto al suo stato originario, è sì libero, ma anche responsabile delle sue azioni. Una responsabilità che però non è una punizione ma una collaborazione alla ricostruzione in statu viae della sua adesione a Dio per mezzo della grazia misericordiosa e riedificante.
Altrettanto interessante è la riflessione riguardante i mezzi di comunicazione sociale. Difatti lo stimolo che il serpente instilla ad Eva riguarda una visione, quella di un essere umano non solo migliore ma “super” come alcuni “eroi” che vincono tutti e su tutto; anche il frutto è poi qualcosa di bello e suadente alla vista e, per mezzo della vista diviene desiderabile, accattivante. Ciò non può far pensare all’influenza di non poche trasmissioni che “impongono” modelli desiderabili per i nostri giovani e non solo per loro.
Il teologo cattolico Karl Rahner per definire il peccato originale dei progenitori da quello ereditato distinse con l’espressione peccato originale originante il “primo peccato” e semplicemente peccato originale quello che ogni essere umano come suddetto eredita.
Ma non vi è solo l’interpretazione cattolica del peccato originale, anche altre confessioni religiose hanno una loro dottrina al riguardo. Nell’Ebraismo è considerato un errore che ha causato la mortalità umana ma anche permette il libero arbitrio dell’uomo; con lo studio/preghiera della Torah però si può correggere tale errore e non ricadere nel peccato di idolatria.
Nell’Islam, invece, è assente il concetto di eredità della colpa perché ogni uomo è responsabile del proprio peccato.
Nella teologia cattolica è interessante vedere che viene seguito in modo speciale il filone teologico di san Paolo. In particolare quei passi che descrivono la condizione umana attuale e la speranza di Cristo come sua via d’uscita. Ad esempio: «Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini perché tutti hanno peccato… a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti…» (Rm 5,1-11; cfr. Rm 1,21. 7,24. 8,7. 2,1-29; 2Cor 3,14. 4,4 ecc).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) riassume al numero 360 la comune origine e l’unità solidale del genere umano. Il Battesimo, dovuto alla grazia di Cristo, cancella ogni peccato e ogni colpa (n. 403). Esso è necessario per “riacquisire” l’originario stato di grazia. Cristo però agisce anche oltre i sacramenti, in maniera misteriosa. In sostanza, questo vuol dire che se ad esempio accade un aborto, spontaneo o voluto che sia, e il bambino non è stato battezzato, questi non va all’inferno in quanto, pur avendo ereditato la colpa del peccato originale, non ne ha però la responsabilità quindi nulla gli è imputato. Il Battesimo, dunque resta l’azione sacramentale di Dio per mezzo dell’uomo necessaria ma non esclusiva perché la misericordia e la giustizia di Dio sono infinite e non si lasciano racchiudere nelle azioni dell’uomo.
Forse un’ultima chiosa andrebbe fatta come riflessione generale sulla situazione attuale. Secondo talune teologie supportate dall’antropologia filosofica e da quella culturale, pare che le forme più avanzate di vita, ovvero di modelli di vita, implichino che le creature facciano esperienza di maggior dolore proprio quando aumentano le opportunità di godimento. Vuol dire che lo squilibrato progresso, quello selvaggio, quello mal gestito dai governanti e dai singoli uomini, porti ad un ripiegamento, ad una passività, un’atrofia sia muscolare quanto intellettiva e morale, nonché spirituale.
Mi viene in mente in proposito il popolo cinese; quello però che ha la vita dura nelle campagne o nelle fabbriche. Lavorano tantissimo e mangiano pochissimo. Il dolore, lì, è propriamente un ambito psico-culturale. Significa che stare male, perdere un occhio o una mano è sì doloroso, ma la cultura insegna che fa parte della vita e che si deve subito rialzarsi e andare avanti senza troppe lamentele. Certamente un aspetto su cui meditare per noi e per i nostri giovani.
Il Redattore
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