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“NON POSSO”
E’ una parola che pronunciamo con troppa leggerezza.
E’ una parola micidiale.
E’ una parola che spesso liquida i problemi senza lasciarceli neppure affrontare.
E’ una parola che molto spesso uccide la nostra carità.
Ho ricevuto una lettera da un lebbrosario: è di una volontaria che scrive così:
“Oggi ho avuto tanta forza da una scena che Dio mi ha messo sotto gli occhi: ho visto un povero lebbroso che non cammina più; un lebbroso che si trascinava senza gambe; l’ho visto aiutare un bambino poliomielitico a camminare. Il piccolo era aggrappato alle sue spalle e lui si trascinava carponi attorno alla capanna, per farlo camminare. La scena mi ha fatto piangere”.
Piangiamo anche noi e chiediamo perdono a Dio per tutte le volte che, davanti ad una richiesta di carità, abbiamo detto: NON POSSO.
Ci siamo abituati a quelle due parole, che ce le portiamo in noi costantemente.
E’ un clichè preparato dal nostro egoismo. Quando è che in realtà “Non possiamo”?
*Se non possiamo fare noi, possiamo forse trovare chi farà per noi.
*Se non possiamo fare oggi, possiamo fare domani.
*Se non possiamo fare tutto possiamo almeno fare qualche cosa, possiamo sempre pregare.
E’ tremendo dire: NON POSSO.
E’ la ghigliottina della carità cristiana.
Bisogna bandire quelle parole.
Quando non posso veramente, posso almeno celarmi nel bisogno del fratello e versare una lacrima con lui.
don Andrea.
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