Nuova evangelizzazione per rivitalizzare la fede – Il "ricominciante" è tra noi
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Nel tempo della cosiddetta societas christiana alla nascita di un bambino seguiva, quasi subito, la celebrazione del battesimo. Da quel momento il battezzato era con naturalezza inserito in un contesto familiare di normale pratica religiosa. In quella societas tutti erano praticamente battezzati. Oggi quella societas non esiste più anche se, come parroco, constato la sopravvivenza di un certo “meccanismo” tipico di essa: i fedeli continuano a richiedere i sacramenti, specie della iniziazione cristiana. Ma con quali motivazioni?
Se da una parte si ritiene giusto che prima della sacramentalizzazione ci voglia l’evangelizzazione, o comunque che la prima sia conseguenza della seconda, dall’altra c’è una immane fatica o pigrizia a rimodulare l’azione pastorale. Si continua a rimanere nell’ottica mentale e operativa di quellasocietas. Ogni parroco può verificare che, dopo alcune celebrazioni sacramentali (battesimo, cresima, ecc.), la frequenza diminuisce e perfino scompare. Eppure hanno chiesto i sacramenti, sono venuti agli incontri, hanno mandato i propri figli… Si resta nella dimensione delle “cose” da fare, delle “pratiche” da mettere in atto.
Se questo è vero, occorre impegnarsi per la nuova evangelizzazione che comporta l’assunzione coraggiosa e creativa del compito di rivitalizzare la fede, la preoccupazione non tanto di proporre determinate “cose” da fare, ma di dare rilievo alla persona, alla sua storia e identità, alle sue relazioni serene o faticose.
Mi fa sempre molto riflettere il fatto che Gesù ha annunciato il Vangelo agli adulti di ogni categoria e mai ai bambini. La stessa Chiesa italiana da anni fa presente agli operatori pastorali la necessità di finalizzare l’azione pastorale soprattutto verso gli adulti.
Oggi si fa tanto per la catechesi ai bambini finalizzata ai sacramenti dell’Eucaristia e della cresima, coinvolgendo i rispettivi genitori. Ma, arrivati al traguardo, spesso c’è la fuga. Bisogna allora chiedersi: quando e come s’ incomincia a formare il discepolo di Cristo? In che modo si genera, anche oggi, alla fede? I frequenti abbandoni post-cresima (e non solo) debbono far prendere consapevolezza che è necessario sempre ricominciare, con speranza nonostante le delusioni. Ecco perché oggi si parla spesso del “ricominciante”, ovvero di colui che ricomincia (o inizia davvero) a percorrere il cammino di fede. Il termine può generare qualche battuta ironica, ma è doveroso riflettere su ciò che esso indica e fa percepire.
Dopo anni di catechismo, ricevuto spesso passivamente, l’adulto si pone interrogativi nuovi che possono nascere da esperienze dolorose, fallimenti, insuccessi. E questa è la prima caratteristica del “ricominciante”: sentendosi in crisi, cerca risposte alle sue domande, ai suoi problemi vitali.
Bisogna allora superare il metodo dell’indottrinamento e dare spazio all’ascolto in modo che l’adulto possa esprimere il suo travaglio, le sue domande. In questa delicata fase è necessaria la capacità di far emergere dal suo vissuto la presenza di Dio, l’aggancio con il Vangelo, la buona/bella notizia per lui. È necessario mettere in atto una specie di de-costruzione di un retaggio di esperienze religiose che l’adulto ha dentro e che forse lo stanno condizionando non poco.
Liberato così il “terreno”, l’operatore pastorale può iniziare a proporre l’annuncio cristiano ricordando sia l’invito evangelico a mettere vino nuovo in otri nuovi, evitando di versare vino nuovo in otri vecchi, sia di mettersi a fianco del “ricominciante”, cercando di camminare con lui.
d. Giancarlo Vergano
Teologo – UAC Notizie
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