La dignità della donna, oltre i media – Conclusione
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La vita religiosa femminile lungo i secoli e la sua storia ha sempre avuto una’attenzione particolare al mondo femminile salvaguardando, difendendo e promuovendo la sua identità e dignità contro i soprusi e le discriminazioni di tutti i tempi e luoghi, particolarmente in situazioni di emarginazioni e di povertà.
Purtroppo, nonostante l’emancipazione acquisita dalla donna in questi ultimi anni in diversi modi e settori dobbiamo constatare con vergogna che purtroppo ancora oggi, nel 2011 la sua dignità è terribilmente minacciata e calpestata e la sua identità completamente offuscata.
In questi ultimi vent’anni le religiose hanno conosciuto in modo particolare sulle nostre strade il volto e gli orrori causati dalla tratta di esseri umani, specie di donne e minori per l’umiliante e degradante uso dello sfruttamento sessuale del loro corpo. La maggior parte sono giovani immigrate, usate come fonte di piacere e di guadagno. Molte delle nostre comunità religiose, fedeli ai loro carismi di fondazione, hanno accolto in questi ultimi anni migliaia di queste donne che si ribellavano a questo sfruttamento, offrendo loro protezione, rispetto e possibilità di ricostruire la loro vita distrutta e il loro futuro.
Quanto impegno e dedizione, amore e gratuità, servizio e solidarietà sono stati offerti a tante donne vittime della tratta e dello sfruttamento senza nessun tornaconto e aiuto finanziario dalle istituzioni, fidandoci esclusivamente della provvidenza. E quante vite salvate e ridonate alle loro famiglie e alla società! Quanta fatica e quanto tempo occorrono per poter guarire le ferite causate dalla violenza e dall’egoismo umano per ricostruire la personalità di una giovane donna vittima di inganni e di soprusi!
A nome di tutte queste religiose che in varie parti d’Italia ogni giorno con coraggio e dedizione, non curanti dei rischi e della fatica, senza cercare pubblicità, consensi e tornaconto, ma semplicemente guidati dall’amore e dal rispetto vero per la persona, si chinano su queste donne ferite a causa dallo sfruttamento sessuale. Le aiutano a guarire e a scoprire il vero volto dell’amore, ridando loro la voglia di vivere, di crescere e di amare.
Voglio terminare questa mia riflessione citando un detto molto saggio e attuale: «Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce». Ciò è più che mai attuale in questo nostro contesto mediatico. Nonostante il grande chiasso che si sta facendo in questi giorni per un albero che è caduto e che ha sconvolto e confuso molte persone, noi religiose continuiamo silenziosamente ma con determinazione a operare per proteggere la dignità e la sacralità di ogni persona, specie della donna e delle minorenni, vittime di una società del consumo e dell’apparenza, della mancanza di moralità e del vuoto di valori.
Il nostro servizio di donne a favore di altre donne – oltre che continuare a essere una forte denuncia fatta non solo a parole bensì attraverso la testimonianza concreta della nostra vita – vuole essere una risposta adeguata a tante giovani, vittime in modi diversi dei nostri modelli di vita, affinché possano crescere e recuperare la dimensione e la gioia di ritornare ad essere protagoniste del loro futuro. Il loro successo vero ed il loro avvenire non possono essere basati sul denaro, sulla carriera o sui privilegi dei potenti, bensì sulle loro capacità umane, sulla loro bellezza interiore e sul loro senso di responsabilità.
E noi donne religiose che operiamo in questo ministero vogliamo continuare ad essere questi alberi che crescono senza far rumore per offrire l’ossigeno che elimina l’inquinamento atmosferico e ricordare a tutti – società e Chiesa, politici e persone comuni, giovani e anziani, uomini e donne – che l’onestà, il rispetto della dignità e identità di ogni persona è il capitale più grande su cui un Paese civile deve saper investire e conservare per noi oggi e per le generazioni future. Un giorno il nostro operato sarà giudicato non solo da Colui che ci ha creati e al quale dobbiamo rendere conto, ma saremo giudicati anche dalla stessa storia.
Eugenia Bonetti
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