Educarsi per educare
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il puntostampa.info
Sono cresciuto in una famiglia molto unita, ero l’ultimo di tre figli, molto viziato e coccolato da tutti. Fin da piccolo, quando mi veniva negato qualcosa da mia madre andavo di corsa da mio padre e viceversa, riuscendo quasi sempre ad ottenere quello che volevo.
Questo comportamento, che non destava grosse preoccupazioni, si rivelò in maniera più seria e pericolosa quando fui più grande. Quando ormai ero totalmente sprofondato nella droga, mia madre si è resa conto della mia situazione e voleva intervenire ma io, parlando con mio padre, riuscivo sempre a persuaderlo minimizzando la cosa. La divisione che vedevo tra loro era la mia forza per continuare ad ingannarli, e impediva l’efficacia dei loro tentativi di aiutarmi.
Ma tutto è cambiato quando la Comunità ha detto loro che se volevano salvarmi, dovevano essere uniti. Avevo già iniziato i colloqui ma ero sicuro che in un modo o nell’altro li avrei convinti a desistere. Questa mia sicurezza cadde quando un giorno chiamai un “amico”, che in realtà aveva i miei stessi problemi, che era considerato “perbene” dalla mia famiglia, perché parlasse con i miei genitori e li convincesse a non farmi entrare.
Ricordo quel giorno mia madre e mio padre sofferenti ma uniti, seduti sul divano, che si tenevano per mano e con decisione e fermezza ribadivano ad ogni frase l’importanza che io entrassi in Comunità ad ogni costo. Nel gesto di prendersi per mano c’era il segno della loro unità che spezzò ogni mia sicurezza.
Oggi come allora quel gesto rimane l’esempio di unità della coppia nell’ora della croce, della sofferenza. Per la prima volta vidi, ma soprattutto sentii, la mia famiglia veramente unita e decisa per salvare la mia vita. Non vidi altra possibilità che seguire ciò che mi dicevano.
Quei momenti rimangono insegnamenti molto importanti anche per la mia vita di oggi, perché ho sperimentato che veramente, dove c’è l’unità, il male non riesce ad entrare e la forza di Dio trova la strada giusta per agire.
Fabio
Risurrezione
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