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Vagabondi o pellegrini della fede?
Spiritualità del prete oggi – V
Le sfide della fede oggi per i presbiteri e i laici – E nel mondo di oggi, in cui anche l’Italia non è per niente immune alla marea secolarizzatrice – come ha recentemente dimostrato un’interessante ricerca svolta dal sociologo Roberto Cartocci, Geografia dell’Italia cattolica – il ruolo dei laici assume un’importanza ancor più decisiva. Il compito di promuovere il laicato rientra naturalmente nella nostra missione di preti.
Le parole profetiche del Concilio Vaticano II si legano, infatti, inscindibilmente con la realtà secolarizzata del mondo attuale e valorizzano ancor di più la missione del laicato cattolico.
In questo contesto sociale estremamente controverso, che Zygmunt Bauman ha definito come «società liquida», nulla può essere più dato per scontato, neanche le più basilari conoscenze del cristianesimo possono essere considerate acquisite. Perché, infatti, sempre più sta crescendo e si sta diffondendo un gigantesco analfabetismo religioso che è, al tempo stesso, causa ed effetto del secolarismo e che contribuisce, quindi, a rendere ancor più gravoso il compito dell’annuncio del Vangelo. Ed ecco perché, nel dicembre del 2009, Benedetto XVI in occasione dei saluti natalizi rivolti alla Curia Romana usò per la prima volta un’espressione, «il cortile dei gentili», che a molti, allora, apparve sfuggente o addirittura sconosciuta. Disse il Santo Padre:
Penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di cortile dei gentili dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita intera della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto.
Con quell’espressione, «cortile dei gentili», Benedetto XVI faceva un diretto riferimento alla tradizione ebraica e, nello specifico, ad un luogo particolare del Tempio di Gerusalemme. Nel tempio, infatti, oltre alle aree riservate alle donne, agli israeliti, ai sacerdoti e al santuario propriamente detto, si apriva uno spazio nel quale potevano accedere i pagani in visita a Gerusalemme. Uno spazio in cui poter pregare e porsi delle domande ma che essi non potevano superare se non a rischio della propria incolumità. Sarà l’Apostolo Paolo a superare questa concezione così duramente divisiva quando, scrivendo ai cristiani di Efeso, dichiarerà che Cristo è venuto ad «abbattere il muro di separazione che divideva» Ebrei e Gentili, «per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, riconciliando tutti e due in un solo corpo».
Quel simbolo di divisione sacrale, nell’interpretazione paolina, veniva dunque cancellato da Cristo, che abbatteva le barriere dell’inimicizia e apriva le porte ad un nuovo incontro con i gentili. Ed è in questa concezione, ha sottolineato più volte il cardinal Gianfranco Ravasi, che trova significato l’espressione del Santo Padre il quale ci invita a vivere attivamente questa «nuova evangelizzazione», a creare cioè dei nuovi spazi di incontro e di dialogo, dove poter annunciare il vangelo ma anche dove poter porre delle domande ed iniziare ad accostarsi alla fede. Un avvicinamento alla fede che non deve trasformarsi in un inutile e dannoso proselitismo ma che deve partire da una proposta. Una proposta sul senso della vita (incontro con gli alunni del Liceo Scientifico di Castiglion Fiorentino). (Continua)
+ Mons. Gualtiero Bassetti
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