Lo sperpero che facciamo delle divine grazie
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Dobbiamo vigilare sul nostro cuore per non far disperdere le grazie che il Signore ci fa; la mancanza della santità che lamentiamo in noi, non deriva da un destino speciale o da una impossibilità innata nella nostra indole, deriva dalla dispersione delle grazie di Dio.
Abituati a prendere tutto superficialmente ed a preoccuparci di quello che assilla la nostra vita giornaliera, non riflettiamo all’enorme sperpero che facciamo delle divine grazie. Se il Signore ci prova col dolore, noi ci ritiriamo dalla sua adorabile volontà, e sperperiamo quel mirabile dono con tante impazienze; se il Signore ci umilia per prepararci ad una maggiore effusione di amore, noi fuggiamo l’umiliazione con le industrie del nostro orgoglio; se il Signore ci priva di tutto per staccarci dalle cose terrene noi c’immergiamo nei desideri di queste cose e rendiamo vano il frutto della nostra povertà; se il Signore ci mette davanti persone virtuose e sante per toccarci il cuore col loro esempio, noi le disprezziamo e rendiamo vana quella luce: se ci dà privilegi speciali, noi li sperperiamo per volerli troppo scrutare ed esaminare, e del fiore divino non ci rimane che l’arido stelo! Quante vocazioni religiose e sacerdotali s’isteriliscono perché si disperdono i germi di quelle grazie che dovevano fecondarle! Quanti edifici di santità rimangono incompiuti perché ad uno ad uno si sono uccisi i germi di grazia che dovevano edificarli!
Bisogna riconoscere che lo sperpero delle grazie è una grande miseria delle anime consacrate a Dio. Se si potesse valutare la fecondità soprannaturale di tutte le regole religiose, dei voti, dell’obbedienza, delle ispirazioni interne, degli aiuti speciali che si hanno nella direzione, si dovrebbe confessare che da un convento, da un monastero, da un seminario, non dovrebbero uscire che Santi e Sante autentiche. Se un Sacerdote valutasse la fecondità del suo carattere sacrosanto, della Messa che celebra, dell’Ufficio che recita, del ministero che esercita, dovrebbe essere un gran Santo. Quanti tesori si sperperano nei cuori sacerdotali che sono tabernacoli del Redentore, e che possono e debbono riprodurlo in loro!
don Dolindo Ruotolo
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