I Testimoni di Geova – XXXVIII Lezione
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PARTE TERZA
LE NUOVE PROFEZIE
La profezia di Daniele
L’errore: L’anno 1914 segna una data d’importanza decisiva nella propaganda geovista. Dimenticando la falsa profezia di Russell, secondo cui in quell’anno Cristo sarebbe dovuto tornare visibilmente su questa terra per distruggere la cristianità e glorificare la “casta vergine” (= i membri di Serie A della setta), oggi i tdG affermano che nel 1914 Cristo ha assunto il potere nel regno celeste di Geova, ma in modo invisibile. Quella data indicherebbe “la fine del tempo dei gentili”, ossia del tempo in cui le potenze pagane hanno spadroneggiato su questa terra, e l’inizio della prossima fine, ossia della venuta visibile di Cristo accompagnata dalla distruzione violenta e cruenta di tutti, eccetto lo sparuto numero dei tdG.
I tdG sono arrivati a quella data di comodo mediante un calcolo artificioso e fantastico che non ha alcun fondamento nella Scrittura. Vi è un grossolano errore di fondo che fa crollare inesorabilmente tutto il castello di carta costruitovi sopra.
Seguiamoli pazientemente lungo il loro tortuoso cammino:
a) Punto di riferimento è il capitolo quarto del libro di Daniele, dove si parla di un sogno di Nabucodonosor, re di Babilonia. Nel sogno il re vide un albero grande e robusto, la cui cima giungeva fino al cielo (4, 8). Si dice poi che quell’albero fu tagliato, lasciando però nella terra “il ceppo delle sue radici finché siano passati per lui sette tempi” (4, 20-21). Dopo di che fiorirà di nuovo e crescerà (4, 23).
b) Ed ecco ora la spiegazione geovísta. L’albero raffigurerebbe il regno di Geova. Questo sarebbe stato abbattuto nel 607 avanti, Cristo. Sarebbe così iniziato il tempo dei gentili destinato a durare sette tempi’ o anni. Alla fine dei sette tempi il regno di Geova risorgerebbe: è il ceppo che rifiorisce. La restaurazione del regno sarebbe avvenuta in modo invisibile nel 1914 perché nei sette tempi o anni è additata profeticamente tale data.
c) I tdG arrivano alla data del 1914 nel modo seguente:
Trasformano i sette anni in giorni. Poiché si tratta di anni lunari, composti cioè di 360 giorni ciascuno (non di 365 come gli anni solari), ottengono come risultato il numero 2520, ossia sette tempi o anni lunari equivalgono a 2520 giorni. Fin qui nulla di straordinario (360×7 = 2520).
Le stranezze cominciano con la seconda operazione, mediante la quale i geovisti vorrebbero fare intendere che i 2520 giorni equivarrebbero a 2520 anni.
Hanno scritto: “La Bibbia stessa fornisce la chiave per determinare l’esatta durata, dicendo: ” Un giorno per un anno ” (Num. 14: 34; Ezec. 4: 6) . Questo vuol dire che i 2.520 giorni profetici fìnirono 2520 anni effettivi dopo la desolazione di Gerusalemme a.E.V. Quando sarebbe avvenuto questo? Dall’ottobre del 607 a.E.V. all’ottobre dell’anno 1 a.E.V. vi sono 606 anni interi; dall’ottobre dell’anno 1 a.E.V. all’ottobre dell’anno 1 E.V. c’è un anno; dall’ottobre dell’anno 1 E.V. all’ottobre del 1914 E.V. ci sono 1.913 anni. Som- mando queste cifre (606+1+1.913) abbiamo 2.520 anni. 1 Il sette tempi ” finirono dunque nell’ottobre del 1914 E.V.,, e fu allora che, benché invisibile a occhi umani, Gesù Cri- sto ricevette il dominio sul mondo del genere umano” .
La verità: Nell’abuso che i tdG fanno del capitolo quarto di Daniele vi sono numerosi errori. Noi ci limitiamo a mettere in maggiore evidenza soltanto quattro.
I. – Il primo di questi riguarda il computo o calcolo dei 2520 anni, con cui stabiliscono il 1914 come fine del tempo dei gentili e inizio del dominio invisibile di Cristo. Si tratta d’un autentico inganno.
Per scoprirlo bisogna tener presente che i geo- visti ottengono il numero 2520 moltiplicando 7 per 360, ossia calcolano il tempo trascorso dal 607 avanti Cristo al 1914 dopo Cristo in anni lunari, non solari.
Ma di fatto, ossia nella realtà del tempo, dal 607 avanti Cristo al 1914 dopo Cristo sono trascorsi 2520 anni solari, che sono di 365 giorni ciascuno senza considerare i bisestili. In altre parole, non bastano 2520 anni lunari per coprire la distanza che dal 607 avanti Cristo porta al 1914 dopo Cristo.
Per avere la misura esatta del tempo trascorso dal 607 avanti Cristo al 1914 dopo Cristo, ossia per avere gli anni effettivi, bisogna aggiungere cinque giorni a ogni anno. Mediante questa operazione si ottengono 12.600 giorni (2520 x 5 = 12.600). Questi giorni, trasformati in anni solari, equivalgono * 34 anni e 190 giorni (12.600 : 365 = 34 anni solari * 190 giorni).
Questi 34 anni solari e 190 giorni realmente trascorsi dal 607 avanti Cristo al 1914 dopo Cristo non sono conteggiati nel calcolo dei tdG. Sono omessi. Di conseguenza i loro 2520 anni (lunari) non ci fanno arrivare al 1914 dopo Cristo. Mancano 34 anni solari e 190 giorni. La misura usata dai geovisti è più corta della cosa (il tempo) misurata.
Il computo ingannevole dei geovisti ci fa arrivare al 1878 circa dopo Cristo, vale a dire al 1914 meno 34 anni e 190 giorni (senza contare i bisestili). La data del 1914, che ricorre continuamente nei libri e nelle riviste dei tdG, non ha alcuna giustificazione biblica. E’ una data di comodo. E’ un inganno.
2. – Il secondo errore consiste nella cosiddetta regola biblica stabilita arbitrariamente dai geovisti. A loro avviso, ciascuno dei 2520 giorni dev’essere considerato per un anno perché in Ezechiele 4, 6 è detto: “Un giorno per un anno, un giorno per un anno, ti ho dato”. La stessa norma sarebbe stabilita nel libro dei Numeri 14, 34.
Chi legge la Bibbia intelligentemente e non settariamente capisce subito che sia nel caso di Ezechiele 4, 6 che in quello di Numeri 14, 34 non si tratta di una norma generale, per cui sempre un giorno dovrebbe equivalere a un anno. Sono due casi particolari dov’è detto esplicitamente che Dio “assegna in giorni gli anni” (Ezechiele 4, 5); ossia in quel caso specifico farà che “un giorno corrisponda a un anno” (Ezechiele 4, 6). Se vi fosse una regola biblica per cui sempre un giorno equivale a un anno, non ci sarebbe stato bisogno che Dio assicurasse Ezechiele che i suoi quaranta giorni di penitenza sarebbero computati come quarant’anni.
Inoltre, se vi fosse la regola biblica di equivalenza tra giorni e anni, sempre che nella Bibbia si parla di giorni, bisognerebbe intendere anni. Così, per citare solo qualche esempio, gli esploratori mandati da Mosè nella terra di Canaan sarebbero ritornati dopo quarant’anni (cf. Numeri 13, 25); Mosè sarebbe rimasto col Signore quarant’anni senza mangiare pane né bere acqua (cf. Esodo 34, 28); Cristo avrebbe digiunato quarant’anni (cf. Matteo 4, 2) e sarebbe rimasto nella tomba tre anni ecc.
Quante assurdità nell’abuso che i tdG fanno della Scrittura!
3. – Il terzo errore riguarda la spiegazione che i geovisti danno dell’intero capitolo quarto di Daniele. E’ una spiegazione nettamente contraria alla lettera e allo spirito del Sacro Testo.
a) Contraria alla lettera: Il regno, di cui Daniele racconta le vicende, non è il regno dì Geova, che Nabucodonosor avrebbe distrutto nel 607 a.C. Si tratta del regno di un uomo, a cui Dio aveva conferito autorità sulla terra conforme a Romani 13, l. Dice Daniele:
“Quell’albero sei tu, o re, che sei divenuto grande e potente; la tua grandezza ha toccato il cielo e la tua potenza l’estremità della terra” (Daniele 4, 18-19).
“Questo è il significato, o re, e la decisione dell’Altissimo che giunge al mio signore, il re, è questa: ti si allon- tanerà dagli uomini e la tua dimora sarà con le bestie selvatiche (…) e sette tempi passeranno su di te (… ). Il regno se ne va da te…” (Daniele 4, 21-22.28, Garofalo). b) Contraria allo spirito: Certo la profezia di Daniele ha un adempimento o piuttosto un significato maggiore. Quale? L’albero tagliato e che risorge come prima, meglio di prima, ha come insegnamento che “i viventi sappiano che l’altissimo domina sul regno degli uomini e lo distribuisce a chi vuole e vi mette sopra anche il più umile degli uomini” (Daniele 4, 14; cf. 4, 22). Paolo direbbe: “Non vi è autorità che non venga da Dio” (Romani 13, 1). In effetti, Nabúcodonosor, dopo la dura prova dei sette anni, ristabilito nel suo potere, benedisse l’altissimo, “poiché la sua potenza è eterna e non c’è chi possa porre freno alla sua mano e possa dirgli ” Che fai? “” (Daniele 4, 31-32, Garofalo). Nulla di tutto questo nella spiegazione geovista. Ma vi è ancora di peggio. Introducendo abusivamente Gesù Cristo come rappresentante di Geova e l’infimo del genere umano, cadono nel blasfemo. Cristo non è rappresentante di Geova, ma molto, molto di più. Egli è l’Emmanuele, che significa Dio-con-noi (Matteo 1, 23), il vero Dio e vita eterna (1 Giovanni 5, 21). Il suo regno non è di questo mondo come quello di Nabucodonosor (cf. Giovanni 18, 36). La spiegazione geovista del capitolo quarto di Daniele è perciò contraria alla lettera e allo spirito del Sacro Testo e frutto solo di farnetiche elucubrazioni settarie. 4. – Il quarto errore infine riguarda l’anno 607 a.C., in cui secondo il calcolo geovista sarebbe stato abbattuto il regno di Geova. E’ una data della massima importanza in tutto l’apparato propagandistico dei tdG, ma non ha nessun fondamento storico. Il calcolo geovista è superficiale Il e solo di comodo. In effetti, oggi è universalmente affermato da tutti gli storici e gli studiosi della Bibbia che la fine del regno di Giuda (= regno di Geova secondo i tdG) deve essere datata nel 587 a.C., vale a dire venti anni dopo il 607. E’ certo anzitutto che nel 607 a.C. Nabucodonosor non era ancora imperatore. Egli sali al trono di Babilonia solo nel 605 a.C. In quell’epoca re di Giuda era Joakim con l’appoggio dell’Egitto. Joakirn regnò undici anni (cf. 2 Cronache 36, 4-5). La politica di Joakim favorevole all’Egitto provocò la prima spedizione di Nabucodonosor, che assediò Gerusalemme nel 598 a.C. e dopo alcuni mesi la costrinse ad arrendersi. Si ebbe così la prima deportazione, ma non la fine dei regno di Giuda (cf. 2 Cronache 36, 6-7; 2 Re 24, 1-2). Il nuovo re Sedecia, installato da Nabucodonosor, regnò a Gerusalemme per undici anni (cf. 2 Cronache 36, 11). Dopo alterne vicende provoca una nuova spedizione da parte di Nabucodonosor, e questa volta è la fine. Le mura di Gerusalemme vengono rase al suolo come pure i palazzi e le case borghesi e persino il Tempio, dopo essere stato saccheggiato (2 Cronache 36, 17-21). Ouesto avvenne nell’anno 587 a.C..
Raymond Franz, una volta membro del Corpo Direttivo, che si distaccò dalla setta geovista dopo 40 anni di servizio e in seguito a una forte crisi di coscienza, racconta:
“La data del 607 a.C. era ritenuta come il tempo della distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor (… ). Noi dedicammo molto tempo nella ricerca di prove, cioè di qualche fondamento storico a favore di questa data così importante, anzi cruciale nei calcoli per arrivare all’anno 1914. Carlo Ploeger, membro del quartier generale, in qualità di mio segretario fece ricerche in tutte le biblioteche dell’arca di New York per trovare qualcosa che potesse dare valore storico a quella data. Non trovammo assolutamente nulla a favore del 607 a.C. Tutti gli storici indicavano una data più tardiva di 20 anni, cioè il 587 a.C.” . Stando così le cose, quando i tdG scrivono che “entro i primi di ottobre del 607 a.E.V., scomparve l’ultima traccia di sovranità giudaica”, affermano una cosa falsa, che nessuno, dico nessuno storico, condivide. 3. La prova dei segni La Bibbia dunque non indica il nostro tempo come quello della fine. Le parole di Gesù “Questa generazione ecc.” non si riferiscono alla nostra generazione; e il calcolo geovista dei sette tempi o anni di Daniele non ha alcuno valore. La data del 607 a.C., fissata dai tdG come punto di partenza, è completamente errata. No, nessuno conosce il quando della venuta del Signore (cf. Matteo 24, 36; Marco 13, 32; Atti 1, 7). L’errore Malgrado questa evidenza biblica, malgrado la esplicita dichiarazione dei geovisti che “non sono profeti ispirati” e che “hanno fatto sbagli nel loro intendimento di quello che sarebbe accaduto alla fìne di certi periodi di tempo”, essi continuano a suonare la stessa musica, ad affermare cioè che “ora siamo nel tempo della fine: – Matteo 24:3-14; 2 Tim. 3: 1-5; Luca 17: 26-30” . Nè La Torre di Guardia del 15 ottobre 1982, pag. 9, è detto “che fra breve Dio (= Geova) metterà fine a questo malvagio sistema di cose”. La stessa rivista del 15 febbraio 1986, a pag. 6, annuncia la veniente ira di Dio (= Geova) e assicura che “anche se nessuno può conoscere con esattezza il giorno e l’ora precisi dell’apocalisse, le prove indicano che stiamo vivendo l’ èra dell’apocalisse”. E benché nessuno possa conoscere il giorno e l’ora precisi ne La Torre di Guardia è detto che “fra breve (… ) Geova ‘ridurrà in rovina quelli che rovinano la terra” . Dopo, di che i membri della setta, i soli a essere risparmiati dall’ira di Geova, avranno una vita beata con abbondanza di cibi e di bevande come mostra con illustrazioni la stessa rivista (pagine 6 e 7). Infatti “Geova degli eserciti per certo farà per tutti i popoli… un banchetto di piatti ben oleati, un banchetto di vini chiariti, di piatti ben oleati pieni di midollo”. Questo è l’imminente paradiso dei testimoni di Geova! Per convincere la gente (ignorante) di questo prossimo avvenire radioso, oggi la intellighenzia della setta insiste in modo particolare sul “segno plurimo o composito”. Sfruttando in modo particolare e con insistenza ossessiva alcuni testi biblici come 2 Timoteo 3, 1-5; Matteo 24, 7-24; Luca 21, 11-26 e altri ancora, afferma che tutti questi segni profetici si sarebbero avverati, tutti insieme, solo nella nostra epoca, e con precisione a comiciare dal 1914. Dunque l’ira di Geova è prossima, imminente: “alcuni che videro l’inizio di questi tempi di afflizione saranno ancora in vita quando il celeste regno di Dio (= Geova) porrà fine all’attuale sistema di cose (Matt. 24: 8,34)”.
La verità: Quanto sia distorto e settario l’uso che i geovisti fanno della Bibbia anche nella prova dei segni o segno plurimo apparirà dall’analisi che ora faremo dei principali testi biblici da loro sfruttati in questa nuova manovra. Cominciamo dalle parole di san Paolo a Timoteo in 2 Tim. 3, 1-5. Di questo testo biblico i tdG hanno scritto: “La Parola di Dio predisse che in questi “ultimi giorni ” gli uomini sarebbero stati ‘amanti di se stessi, senza affezione naturale, senza padronanza di sé, senz’amore per la bontà’ (2 Tim. 3: 1-5). Rispondiamo: Riportiamo anzitutto per intero il testo paolino: “Sappi poi questo, che negli ultimi giorni sopravverranno tempi difficili. Infatti gli uomini saranno pieni di amor proprio, amanti del denaro, millantatori, orgogliosi, diffamatori, incontinenti, spietati, senz’amore per il bene, delatori, temerari, gonfi, amanti del piacere più che amanti di Dio, simulanti una pietà la cui vera forza disprezzano. Anche da costoro allontanati!” (Garofalo).
Spiegazione:
a) Notate, prima di tutto, che san Paolo non dice questi ‘ultimi giorni’, ma soltanto ultimi giorni, senza questi. I tdG vi aggiungono questi, e allora gli ultimi giorni’, diventano nella loro astuta insinuazione i nostri giorni. L’inganno è già fatto senza che i meno accorti se ne avvedano.
b) L’espressione biblica “ultimi giorni o tempi” non indica il quando della fine del mondo o l’era dell’apocalisse, ma tutto il tempo che va dalla prima venuta di Cristo sulla terra, circa duemila anni fa, alla sua seconda venuta. In Atti 1, 17, per esempio, sono detti “ultimi giorni” quelli in cui lo Spirito Santo discese sui credenti in Cristo. Parimenti san Pietro, nella sua Prima Lettera (1, 20), riferendosi alla vita terrena di Cristo dice che “si è manifestato negli ultimi tempi”.
c) Ultimi tempi o giorni in senso biblico equivalgono a un periodo indeterminabile da mente umana, che si estende dal tempo di Cristo fino alla sua seconda venuta o parusìa. Agli “ultimi tempi o giorni” in senso biblico appartiene sia l’epoca in cui visse Timòteo sia quella in cui i missionari cattolici dall’Italia portarono la Bibbia e la fede nel Regno di Dio ai popoli anglosassoni semibarbari (alto Medioevo) sia la nostra epoca; e appartengono pure tutte le epoche che verranno, compresa l’ultima, quando “cieli e terra bruceranno” (2 Pietro 3, 3-7), che solo Dio conosce (cfr. Atti 1, 8).
d) Aggiungiamo ancora, a conferma della nostra spiegazione, che se Paolo voleva indicare i nostri giorni con l’espressione “ultimi giorni”, la sua raccomandazione a Timoteo di tenersi lontano dai malvagi (2 Tim. 3, 5) non avrebbe senso. Timòteo è morto da secoli! A lui Paolo raccomandava di tenersi lontano dagli uomini del suo tempo e chiamava quel tempo “ultimi giorni
Padre Nicola Tornese s.j.
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