Novena in preparazione del santo Natale
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Novena di Natale
22 dicembre
O Figlio di Dio, ti sei fatto uomo per farti amare dagli uomini, ma dov’è l’amore che gli uomini ti portano? Tu hai dato il Sangue e la vita per salvare le anime nostre, e perché poi ti siamo noi così irriconoscenti che, invece di amarti, ti disprezziamo con tanta ingratitudine? Ti amo, o Verbo Incarnato, ti amo, mio Dio, ti amo, bontà infinita; mi pento di quanti disgusti ti ho dati, vorrei morirne di dolore. Dammi, Gesù mio, il tuo amore, non mi far vivere più ingrato all’affetto che mi hai portato. Io ti voglio sempre amare. Dammi la santa perseveranza.
O Maria, Madre di Dio e Madre mia, impetrami tu dal tuo Figlio la grazia di amarlo sempre, sino alla morte.
Gloria.
Gesù Bambino, abbi pietà di noi.
S. Alfonso M. de’ Liguori
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Vi suggerisco questo sussidio, breve, di commento ai brani biblici della Novena. Preghiamo su questi testi. Meditiamoli e trasmettiamoli con amore. La Sapienza della Chiesa è luminosa, perché ricca di Spirito.
Pax et Bonum. P. Ernesto
1Sam 1,24-28: il piccolo Samuele è offerto a Dio
Anna offre il piccolo Samuele di tre anni a Dio, come aveva promesso: mi hai concesso questo figlio…ora lo do in cambio al Signore. La vicenda di uno dei grandi protagonisti della storia d’Israele, il profeta e giudice Samuele, si apre con una serie di elementi caratteristici che rimandano anche ad altre narrazioni bibliche. Pensiamo al tema delle due mogli, Anna e Peninna, e delle loro tensioni legate alla sterilità dell’una e alla fecondità dell’altra. È facile ricorrere al parallelo delle due mogli di Abramo, Sara la prediletta, sterile, e Agar la schiava, feconda. Pensiamo poi in particolare al tema della sterilità della madre, già incontrato nel racconto di Sansone: il figlio viene considerato in questo modo un dono divino, assoluto, frutto
della preghiera della madre e della grazia divina. Non per nulla il suo nome sarà Samuele, in ebraico “il suo nome è Dio”, ma spiegato popolarmente dal nostro testo per assonanza con il verbo “domandare” (shaal): «L’ho domandato al Signore».
Sullo sfondo c’è il santuario nazionale di Silo, sede dell’arca dell’alleanza. Là era convenuta la famiglia di Elkana, il futuro padre di Samuele, per celebrare una festa. Anna, futura madre del profeta, umiliata per la sterilità che la rendeva nella famiglia come un ramo secco, «sfoga il suo cuore davanti al Signore» in una preghiera muta,
sussurrata solo con le labbra, suscitando la reazione del sacerdote Eli. È noto,infatti, che la preghiera in Israele era sempre pubblica: anche le questioni private venivano presentate a Dio nell’alone della comunità (si vedano i Salmi di supplica personale del Salterio).Spiegato al sacerdote il suo dramma, frainteso come stravaganza legata
a ubriacatura, cosa non rara durante le solennità e i relativi festeggiamenti (soprattutto nella festa d’autunno), Anna attende che il Signore esaudisca il suo voto.
Il voto di Anna comprende la consacrazione come nazireo del futuro bimbo: si ricordi la stessa situazione nel caso di Sansone, anch’egli consacrato al Signore secondo le regole del nazireato, che comprendeva tra l’altro la crescita senza il taglio dei capelli (Numeri 6). Il voto è accolto. Nasce Samuele ed è tenuto in famiglia fino al momento dello svezzamento, che nell’antico Vicino Oriente era prolungato al secondo o terzo anno. Giunto il momento, ricevuto l’assenso del marito Elkana, Anna conduce il piccolo a Silo. Anna porta con sé anche tutti gli elementi per un sacrificio solenne che viene compiuto nel santuario davanti al sacerdote Eli, al quale viene consegnato il bambino perché inizi la sua vita di consacrato a Dio presso il tempio. Le parole pronunziate da Anna durante la consegna del piccolo rievocano la promessa fatta e ripetono nell’originale ebraico il verbo “domandare”, “pregare” per ottenere: «Ho pregato per avere questo bambino, e il Signore mi ha concesso quanto gli ho chiesto».
Il santuario di Silo. La tradizione di Silo come santuario centrale e come luogo di assemblea per le tribù di Israele è confermata da parecchi testi biblici. Gli israeliti vi si recavano ogni anno in pellegrinaggio, poiché lì era la sede dell’offerta dei sacrifici e lì veniva custodita l’arca. Il profeta Geremia alluderà alla distruzione del santuario, avvenuta forse per mano dei Filistei, per dimostrare come Dio non è legato alla materialità dei luoghi di culto, ma alla rettitudine di cuore dei suoi
fedeli.
Lc 1,46-55: il Magnificat.
Dio ha ora compiuto grandi cose in Maria: il Magnificat celebra l’operare di Dio nella storia. Cristo è proprio questa lode. Egli è il Consacrato di Dio, ben più di Samuele. Il cantico di Maria, chiamato Magnificati, dalla sua prima parola nella versione latina della Bibbia di san Girolamo (la Vulgata), è un inno dei “poveri
del Signore” già noti all’Antico Testamento, cioè di quei fedeli ebrei che totalmente si affidavano a Dio e alla sua parola, certi che egli li avrebbe salvati e guidati nel cammino della storia. Dopo l’avvio, tutto scandito dall’io di Maria, si ha una celebrazione corale dell’azione divina attraverso sette verbi che rivelano la radicale diversità della scala dei valori agli occhi di Dio. Egli «ha spiegato» il suo braccio potente, «ha disperso» i progetti dei superbi, «ha rovesciato» i troni dei potenti della storia, «ha innalzato» i poveri, «ha ricolmato» gli affamati, «ha rimandato» senza più nulla i ricchi, «ha soccorso» il suo popolo, Israele, rivelandosi fedele alle promesse fatte ai patriarchi.
La Liturgia c’invita a scorgere in mezzo a noi i segni della presenza di Dio: il Santo, Colui che spiega la potenza del suo braccio,che disperde i superbi e innalza gli umili, che ricolma di beni gli affamati, che rimanda a mani vuote i ricchi. Egli è Colui che ha soccorso Israele a motivo del ricordo della sua misericordia.
P. ERNESTO DELLA CORTE
biblista
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