Testimoni di speranza- Katja
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Vorrei condividere con voi la mia storia e la mia risurrezione. Mi chiamo Katja e vengo dalla Slovenia. Da piccola sono cresciuta in una famiglia con tre sorelle. Questo mi ha fatto del bene perché ho capito presto che la vita e le cose si condividono e che a volte c’è bisogno di rinunciare a se stessi per amare e dare spazio agli altri. I nostri genitori hanno cercato di trasmetterci dei buoni valori: volerci bene tra noi, aiutare in casa, fare il lavoro bene e onestamente, saper essere felici con l’essenziale.
Ci hanno spinto a sviluppare i nostri doni e ad aprire gli orizzonti. Ho avuto la possibilità di andare a scuola di musica, facevo danza e più tardi il liceo artistico. Quando con le sorelle andavamo alla scuola elementare sembrava che tutto andasse bene ed eravamo visti come una brava famiglia di artisti. I miei genitori avevano vissuto un’infanzia difficile, mia mamma aveva avuto un padre alcolizzato e mio papa da giovane aveva avuto problemi di tos-sicodipendenza. Quando ero piccola ancora beveva e si sentiva la mancanza della sua presenza nell’educarci e nell’interessarsi a noi.
Per questo motivo c’erano tanti litigi in casa e silenzi pesanti; con le mie sorelle capivamo che non c’era unità ed amore tra i miei genitori, ma dall’altra parte anche questa difficoltà mi ha fatto del bene. Sono dovuta maturare di più e ho sviluppato una maggiore sensibilità e comprensione per le loro sofferenze. Nei momenti più difficili ci siamo però allontanati da Dio: non si pregava più e per tanti anni non si andava in Chiesa neanche la domenica. La situazione in casa peggiorava. Mia nonna spesso, tornando dalla Santa Messa, mi sussurrava che aveva pregato per noi e quando andavamo da lei per le vacanze, ci faceva pregare un’Ave Maria prima di raccontarci la “storiella della buonanotte”.
I suoi gesti concreti di amore e di fede sono rimasti sigillati nel mio cuore. Nel frattempo la mia famiglia si perdeva sempre di più: i miei genitori cercavano aiuto dappertutto, provavano con diversi psicoterapeuti, psicologi e altri aiuti alternativi, ma tutto portava solo più confusione in famiglia. Erano presi dai problemi che vivevano e io mi sentivo da sola, non seguita né importante per qualcuno. Questo ha creato un grande vuoto dentro di me, specialmente il non sentirmi figlia amata da qualcuno nella verità. Ho cominciato a chiudermi e ad isolarmi, creandomi i miei ideali e convincendomi che ero grande e che non avevo bisogno delle loro attenzioni. Tutto questo
solo per non soffrire più. Riempivo il vuoto dentro di me con le cose materiali e sempre di più perdevo la stima e la dignità di me stessa. Non mi impegnavo più a scuola, ho iniziato a nascondere i miei sbagli e vivevo una vita disordinata. A dodici anni ho cominciato a rubare in casa, a uscire e a fumare gli spinelli. A quattordici anni sono andata a vivere da sola. Vivevo tanta rabbia con i miei e facevo fatica ad accogliere mia madre, che psicologicamente non era più stabile. Era difficile vedere i suoi limiti, era diversa dalle altre mamme. Questo ha suscitato in me tante paure e complessi che rifiutavo e schiacciavo.
Ho perso il rapporto con le mie sorelle e mi sono allontanata. Andare a vivere nella capitale, così giovane e ancora immatura, mi ha distrutto. Mi sentivo costretta a diventare la fotocopia di tante altre ragazze e mi sono ribellata cercando le amicizie che andavano controcorrente. Sono caduta nella droga, nei piaceri e nella vita facile. A diciassette anni ero morta dentro, avevo problemi di cibo e diverse dipendenze. I miei genitori, che nel frattempo avevano incominciato un cammino di conversione, per aiutarmi mi hanno portato a Medjugorje. Inizialmente sono entrata in una casa famiglia, e da lì ho fatto i colloqui: finalmente poi sono entrata in Comunità.
Oggi guardo la mia vita e riconosco che non sono stati i miei genitori con la loro disperazione a portarmi in Comunità, ma attraverso le loro debolezze ha operato Gesù: Lui mi ha preso per mano e ha iniziato a scrivere una nuova pagina della mia vita, per la salvezza mia e della mia famiglia.
Dove loro non sapevano più aiutarmi, è entrato Dio attraverso la Comunità. Mi sono sentita seguita ed importante per qualcuno. Ho capito che sono una figlia amata da Dio e ho sperimentato il suo amore. Solo un amore e un’educazione così vera ed esigente come quella della Comunità ha potuto abbattere i muri e le resistenze che ho costruito negli anni passati. Il dovermi conoscere per quella che sono non è stato facile, ma ho resistito nei momenti difficili e questo mi ha aiutato a rafforzarmi e a ricostruirmi.
Oggi sono grata a Madre Elvira, ai nostri sacerdoti, alle famiglie cena-coline e alle ragazze che mi hanno accolto ed amato senza interesse. Posso testimoniare che solo l’amore gratuito guarisce il cuore. Mi sento in cammino ed ho ancora tanta strada da percorrere per diventare la donna di cui parla Madre Elvira. Però sono felice di poter vivere questa vita così piena e vissuta nel bene. Da adolescente ribelle che ero, sto diventando una donna che ha voglia di vivere e di donare la vita; voglio ridare tutto quello che ho ricevuto ai bambini e alle ragazze che stanno bussando alle porte della Comunità, perché è il tesoro più grande che ho trovato nella mia vita.
Negli ultimi mesi ho fatto il servizio della cucina ed era per me una scuola importante per imparare a servire ed amare sempre e tutti, rinunciando a me stessa. Ho sperimentato che la gioia della donna viene dalla capacità di donare e di amare. Magari non sono diventata pittrice accademica o prima violinista come volevo… Dio mi ha chiesto tutto, ma mi sta ridando cento volte tanto nel bene per rendermi davvero felice. Grazie, grazie, grazie!
Katja
Comunità Cenacolo
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