L’atto di carità
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Il primo atto della carità è la remissione e il perdono; bisogna ridonare la pace ai nostri fratelli, togliendo di mezzo ogni rancore, ogni dissidio, ogni urto. Gesù Cristo ce lo ha comandato espressamente più volte, anzi vuole che ci riconciliamo con i nostri fratelli prima di avvicinarci all’altare. La pace, infatti, è il bene più grande della vita, e l’atto più nobile di carità è il restituirla a chi l’ha perduta, il mantenerla nella propria casa, evitando tutto quello che possa disturbarla, anche a costo di sacrifici, anche a costo di dover rinunciare ad un comodo, ad un diletto, ad un cibo fatto meglio.
Il secondo grado è il soccorso ai bisognosi. Dato che la terra promessa è figura della vita eterna, è evidente che il soccorso che noi dobbiamo dare al prossimo deve riguardare principalmente le necessità relative alla vita eterna. Bisogna quindi istruire gli ignoranti nelle verità della Fede, consigliare i dubbiosi, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, sopportare con pazienza le persone moleste che sono inferme nell’anima e tante volte anche nel sistema nervoso, e pregare per il prossimo. Queste sono le opere che comunemente si chiamano opere della misericordia spirituale. È opera d’immensa carità promuovere quindi la buona stampa, partecipare alle iniziative dell’apostolato, cooperare all’istruzione catechistica dei fanciulli e del popolo. Chi si dedica solo a questa carità spirituale con tutte le sue forze, chi soprattutto ne ha una missione particolare, con ciò stesso concorre nella maniera più bella al soccorso materiale degli indigenti. Le opere della misericordia corporale, cioè dar da mangiare a chi ha fame, dar da bere a chi ha sete, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, vestire i nudi, visitare i carcerati, seppellire i morti, fluiscono dalla carità spirituale, perché questa con la preghiera risparmia ai mortali tante pene e suscita nei cuori il vero spirito di beneficenza.
Il terzo grado della carità sta nel dare la libertà ai servi, il che spiritualmente comporta il liberare dai lacci delle passioni quelli che ne sono avvinti. Un confessore è, sotto questo aspetto, l’uomo più benefico che ci sia, perché dà la remissione dei peccati in nome di Dio. È una gravissima mancanza di carità, oltre che una mancanza contro la purezza, contro l’onestà, contro la Legge divina, l’avvincere una creatura nei lacci della passione e il turbarne la pace.
don Dolindo Ruotolo
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