Il Sacerdote è martire della Fede
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Le afflizioni della vita sono immense, e spesso le giornate sorgono per noi come un martirio. Perché? Perché siamo come il paralitico della piscina probatica che non aveva chi avesse potuto gettarlo nell’acqua salutare e risanarlo. Manchiamo di aiuti e, più disgraziati del paralitico, rifuggiamo dall’averli; andiamo verso gli abissi della miseria credendo di confortarci, viviamo fuori dell’elemento del nostro vero conforto cercando il sollievo nella vita materiale o peggio nella vita peccaminosa. Il Sacerdote deve aprire a chi soffre le vie della fede e vivere tanto soprannaturalmente da essere egli stesso luce, conforto e consolazione di tutti.
Dev’essere pieno di Spirito Santo, e con la sola presenza, come Maria in casa di Elisabetta, deve diffondere nei cuori l’esultanza della fede, della speranza e della carità; la luce della verità, la certezza convinta dei beni superiori ai quali tendiamo, la dolcezza della carità che fa sentire in Dio un rifugio, un appoggio ed un padre. La sua preoccupazione e la sua responsabilità dev’essere quella di avere la pienezza dei doni divini, per diffondere la consolazione della fede, e portare le anime in una sfera superiore, portare gli asfissiati dello spirito all’aria libera e pura del Cielo, condurre gl’illusi nel campo della realtà, e mutare la vita materiale in vita spirituale.
Egli è padre delle anime, e la sua paternità gl’impone il dovere di educarle nella fede, per dar loro il conforto nella vita temporale ed il conseguimento della vita eterna. Dev’essere perciò come fiore perennemente aperto alla rugiada del Cielo, e chiamare lo Spirito Santo, perché lo riempia di doni e lo renda distributore di consolazione. E questa la carità più bella ch’egli può fare alle anime.
don Dolindo Ruotolo
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