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Alcolisti anonimi: riflessioni sull’anonimato

30 Marzo 2017 | Filed under: Dipendenze
     

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alcolisti-anonimi

IL NOSTRO ANONIMATO

È ISPIRAZIONE E SALVEZZA INSIEME

Discutendo l’argomento dell’anonimato in un precedente articolo di Grapevine, ho cercato di mettere in chiaro i seguenti punti: che l’anonimato ha, per noi AA, un immenso si­gnificato spirituale; che il principio dovrebbe essere mantenuto come parte integrante della nostra vitale Tradizione; che, non avendo finora una linea di condotta ben definita, in alcuni gruppi c’è confusione su ciò che dovrebbe significare l’anonimato; che abbiamo bisogno, quindi, di una Tradizione perfettamente chiara e tutti gli AA dovrebbero sentirsi obbligati a rispettarla. Ho pro­posto anche alcuni suggerimenti che speravo potessero diventare, dopo ulteriore discussione, la base di una politica nazionale sull’anonimato. Questi suggerimenti erano:

  1. Dovrebbe essere prerogativa di ogni singolo AA celarsi dietro tanto anonimato personale quanto desideri. I suoi amici AA dovrebbero rispettarne i desideri e aiutarlo a mantenere qual­siasi posizione voglia assumere a riguardo.
  2. Viceversa, il singolo AA dovrebbe rispettare il pensiero del suo gruppo sull’anonimato. Se questo desidera più anonimato di lui, dovrebbe adattarsi a esso fino a che il gruppo non cambi idea.
  3. Con rarissime eccezioni, dovrebbe essere una politica adottata a livello nazionale che nessun membro di Alcolisti Anonimi si sen­ta mai libero di rendere pubblico il suo nome o la sua immagine in relazione alla sua attività di AA, con qualsiasi mezzo di infor­mazione che abbia pubblica diffusione. Naturalmente, questo non dovrebbe limitare il libero uso del suo nome in altre attività pubbliche, a patto che non riveli la sua appartenenza ad AA.
  4. Se, per qualche motivo straordinario, un AA pensa che sia au­spicabile lasciar cadere completamente il proprio anonimato a livello locale, dovrebbe farlo soltanto dopo aver consultato i membri più anziani del suo gruppo. Se egli deve effettuare un’apparizione pubblica come AA a livello nazionale, il proble­ma dovrebbe essere riferito alla Sede centrale nazionale.

Se questi suggerimenti, o talune loro varianti, devono essere adottati come politica nazionale, ogni AA vorrà saperne di più della nostra esperienza fino ad oggi. Vorrà sicuramente sapere ciò che pensano oggi i nostri membri più anziani sull’argomento dell’anonimato. Lo scopo di questo articolo sarà proprio quello di aggiornare tutti sulla nostra esperienza collettiva.

Per prima cosa, credo che la maggior parte di noi concorderà sul fatto che l’idea generale dell’anonimato è efficace, perché in­coraggia gli alcolisti e le loro famiglie ad avvicinarci per chiedere aiuto. Ancora timorosi del marchio dell’alcolismo, considerano il nostro anonimato come un assicurazione che i loro problemi ver­ranno mantenuti riservati, che lo scheletro alcolico nell’armadio di famiglia non vagherà per le strade.

Secondo, la politica dell’anonimato è una protezione per la no­stra causa. Evita che i nostri fondatori, o cosiddetti capi, diventi­no nomi noti che potendo ubriacarsi in qualsiasi momento pro­durrebbero ad AA un occhio nero. Nessuno dica che non potreb­be accadere. Potrebbe.

Terzo, quasi tutti i giornalisti che si occupano di noi si lamenta­no, all’inizio, della difficoltà di scrivere i loro articoli facendo a meno dei nomi. Ma dimenticano presto questa difficoltà, quando si rendono conto che si tratta di un gruppo di persone che non si cura affatto del successo personale. Probabilmente è la prima vol­ta nella loro vita che si trovano a parlare di un’organizzazione che non vuole alcuna pubblicità per le singole persone. Per quanto ci­nici possano essere, questa evidente buona fede li trasforma im­mediatamente in amici di AA. Perciò il loro pezzo è un articolo amichevole, mai un lavoro di routine. Èscritto con entusiasmo, perché il giornalista si immedesima in noi. La gente si chiede spes­so come AA sia stata capace di assicurarsi una quantità incredibile di ottima pubblicità. La risposta sembra essere che, praticamente, tutti quelli che scrivono su di noi si convertono ai nostri princìpi, divenendone talvolta fanatici. E non è forse la nostra politica dell’anonimato la principale responsabile di questo fenomeno?

  Quarto, perché l’opinione pubblica ci considera in maniera co­sì favorevole? Semplicemente perché stiamo portandola salvezza a tantissimi alcolisti? No, non può essere unicamente questa la ri­sposta. Per quanto possa rimanere impressionato dai nostri recu­peri, “John Q.”,il pubblico, trova persino più interesse per il no­stro modo di vivere. Stanco delle pressioni di venditori, di pro­mozione spettacolare, e di strepitare di personaggi pubblici, è confortato dalla nostra serenità, modestia e dall’anonimato. Può darsi che senta emanare da ciò una grande forza spirituale — che nella sua vita è arrivato qualcosa di nuovo.

Se l’anonimato ha già fatto per noi tali cose, dovremmo certa­mente mantenerlo come politica nazionale. Già oggi di così gran valore, può diventare un bene incalcolabile per il futuro. In senso spirituale, l’anonimato equivale alla rinuncia al prestigio personale come strumento di politica nazionale. Sono sicuro che faremo bene a conservare questo potente principio; che dovremmo risolverci a non trascurarlo mai.

Quali sono dunque le sue applicazioni? Poiché informiamo del principio dell’anonimato ogni nuovo membro, dovremmo, natu­ralmente, proteggere l’anonimato di un nuovo venuto per tutto il tempo che desideri mantenerlo. Questo perché quando ha letto i nostri inviti ed è venuto da noi, ci siamo impegnati a fare esatta­mente così. E anche se vuole presentarsi con un nome falso, do­vremmo rassicurarlo che può farlo. Se desidera che non discutia­mo il suo caso con nessuno, nemmeno con altri AA, dovremo ri­spettare anche quel desiderio. Se alla maggior parte dei nuovi ve­nuti non importa nulla che si sappia del loro alcolismo, altri ci tengono molto. Proteggiamoli in ogni modo fino a che non vinca­no questo timore.

C’è poi il problema del nuovo venuto che desidera abbandona­re troppo presto l’anonimato. Corre dai suoi amici con la buona novella di AA. Se il suo gruppo non lo mette in guardia può pre­cipitarsi in una redazione di giornale o di fronte a un microfono, e raccontare tutto di sé al mondo intero. Èprobabile anche che de-scriva a tutti i dettagli più intimi della sua vita personale, per ren­dersi presto conto di essersi fatto, tutto sommato, fin troppa pubblicità a riguardo! Dovremmo suggerirgli di fare le cose con cal­ma; di reggersi da solo sulle proprie gambe prima di parlare di AA al mondo intero; e che a nessuno viene in mente di fare pub­blicità ad AA senza prima essere sicuro dell’approvazione del proprio gruppo.

Ancora, c’è il problema dell’anonimato di gruppo. Come l’indi­viduo, è probabile che anche il gruppo debba trovare la sua stra­da procedendo con cautela, finché non accumula forza ed espe­rienza. Non dovrebbe esserci troppa fretta di introdurre estranei o di organizzare incontri pubblici. Tuttavia questo iniziale conser­vatorismo può essere esagerato. Alcuni gruppi vanno avanti, anno dopo anno, evitando ogni forma di pubblicità o qualsiasi riunio­ne, eccetto quelle per soli alcolisti. Questi gruppi sono destinati a crescere lentamente. Invecchiano perché non immettono sangue fresco abbastanza velocemente. Nella loro ansia di mantenere la segretezza, dimenticano l’obbligo verso gli altri alcolisti delle loro comunità, che ancora non sono a conoscenza della presenza di AA nella loro città. Ma questa irragionevole cautela alla fine spa­risce. A poco a poco alcune riunioni vengono aperte alle famiglie e agli amici intimi. Sacerdoti e medici vengono invitati di tanto in tanto. Alla fine il gruppo si procura il sostegno del giornale locale.

In molti luoghi, ma non dappertutto, è consuetudine che gli AA usino i loro cognomi quando parlano in riunioni pubbliche o semipubbliche. Ciò per far colpo sul pubblico e far capire che non temiamo più il marchio dell’alcolismo. Se, tuttavia, sono pre­senti giornalisti, viene loro caldamente richiesto di non far uso dei nomi degli oratori alcolisti della riunione. Questo serve a mante­nere il principio dell’anonimato nei confronti della gente in gene­rale e, allo stesso tempo, ci fa apparire come un gruppo di alcoli­sti che non hanno più paura di far sapere ai propri amici di essere state persone molto malate.

In pratica, quindi, il principio dell’anonimato sembra consiste­re in questo: con un’importante eccezione, il problema di quanto un individuo o un gruppo si possa spingere nel rinunciare all’ano­nimato viene lasciato rigorosamente al singolo o al gruppo inte­ressato. L’eccezione è che tutti i gruppi o gli individui, quando

scrivono o parlano per il pubblico in quanto appartenenti ad Al­colisti Anonimi, si sentano in dovere di non rivelare mai il pro­prio vero nome. Eccetto per pochi casi piuttosto rari, è a questo punto che quasi tutti noi sentiamo di dover tirare la linea di de­marcazione dell’anonimato. Non dovremmo rivelarci al grande pubblico.

In tutta la nostra storia pochissimi AA hanno rinunciato all’a­nonimato a livello pubblico. Alcuni di questi episodi sono stati accidentali, pochi sono avvenuti senza giustificazione, e uno o due in apparenza motivati. Devono certamente esserci alcune li­nee di condotta che, nell’interesse generale, non possono essere differite quasi mai. In più, coloro che vogliono rinunciare all’ano­nimato, devono riflettere su1 fatto che possono stabilire un prece­dente, che potrebbe alla fine distruggere un principio prezioso. Le eccezioni dovranno essere poche, e attentamente ponderate. Non dobbiamo mai permettere ad alcun vantaggio immediato di distoglierci dalla nostra determinazione nel mantenerci fedeli a una Tradizione così vitale.

Grande modestia e umiltà sono richieste, a ogni AA per il suo recupero permanente. Se queste virtù sono bisogni così vitali per il singolo, devono esserlo anche per AA nel suo insieme. Il princi­pio dell’anonimato di fronte al pubblico può, se lo prendiamo con la dovuta serietà, garantire per sempre al movimento degli Alcolisti Anonimi queste qualità integre. La nostra politica delle relazioni pubbliche dovrebbe fondarsi soprattutto sulprincipio di attrazione e raramente, se non mai, su quello della propaganda.

Cufrad

 


     

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