Alcolisti anonimi: riflessioni sull’anonimato
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IL NOSTRO ANONIMATO
È ISPIRAZIONE E SALVEZZA INSIEME
Discutendo l’argomento dell’anonimato in un precedente articolo di Grapevine, ho cercato di mettere in chiaro i seguenti punti: che l’anonimato ha, per noi AA, un immenso significato spirituale; che il principio dovrebbe essere mantenuto come parte integrante della nostra vitale Tradizione; che, non avendo finora una linea di condotta ben definita, in alcuni gruppi c’è confusione su ciò che dovrebbe significare l’anonimato; che abbiamo bisogno, quindi, di una Tradizione perfettamente chiara e tutti gli AA dovrebbero sentirsi obbligati a rispettarla. Ho proposto anche alcuni suggerimenti che speravo potessero diventare, dopo ulteriore discussione, la base di una politica nazionale sull’anonimato. Questi suggerimenti erano:
- Dovrebbe essere prerogativa di ogni singolo AA celarsi dietro tanto anonimato personale quanto desideri. I suoi amici AA dovrebbero rispettarne i desideri e aiutarlo a mantenere qualsiasi posizione voglia assumere a riguardo.
- Viceversa, il singolo AA dovrebbe rispettare il pensiero del suo gruppo sull’anonimato. Se questo desidera più anonimato di lui, dovrebbe adattarsi a esso fino a che il gruppo non cambi idea.
- Con rarissime eccezioni, dovrebbe essere una politica adottata a livello nazionale che nessun membro di Alcolisti Anonimi si senta mai libero di rendere pubblico il suo nome o la sua immagine in relazione alla sua attività di AA, con qualsiasi mezzo di informazione che abbia pubblica diffusione. Naturalmente, questo non dovrebbe limitare il libero uso del suo nome in altre attività pubbliche, a patto che non riveli la sua appartenenza ad AA.
- Se, per qualche motivo straordinario, un AA pensa che sia auspicabile lasciar cadere completamente il proprio anonimato a livello locale, dovrebbe farlo soltanto dopo aver consultato i membri più anziani del suo gruppo. Se egli deve effettuare un’apparizione pubblica come AA a livello nazionale, il problema dovrebbe essere riferito alla Sede centrale nazionale.
Se questi suggerimenti, o talune loro varianti, devono essere adottati come politica nazionale, ogni AA vorrà saperne di più della nostra esperienza fino ad oggi. Vorrà sicuramente sapere ciò che pensano oggi i nostri membri più anziani sull’argomento dell’anonimato. Lo scopo di questo articolo sarà proprio quello di aggiornare tutti sulla nostra esperienza collettiva.
Per prima cosa, credo che la maggior parte di noi concorderà sul fatto che l’idea generale dell’anonimato è efficace, perché incoraggia gli alcolisti e le loro famiglie ad avvicinarci per chiedere aiuto. Ancora timorosi del marchio dell’alcolismo, considerano il nostro anonimato come un assicurazione che i loro problemi verranno mantenuti riservati, che lo scheletro alcolico nell’armadio di famiglia non vagherà per le strade.
Secondo, la politica dell’anonimato è una protezione per la nostra causa. Evita che i nostri fondatori, o cosiddetti capi, diventino nomi noti che potendo ubriacarsi in qualsiasi momento produrrebbero ad AA un occhio nero. Nessuno dica che non potrebbe accadere. Potrebbe.
Terzo, quasi tutti i giornalisti che si occupano di noi si lamentano, all’inizio, della difficoltà di scrivere i loro articoli facendo a meno dei nomi. Ma dimenticano presto questa difficoltà, quando si rendono conto che si tratta di un gruppo di persone che non si cura affatto del successo personale. Probabilmente è la prima volta nella loro vita che si trovano a parlare di un’organizzazione che non vuole alcuna pubblicità per le singole persone. Per quanto cinici possano essere, questa evidente buona fede li trasforma immediatamente in amici di AA. Perciò il loro pezzo è un articolo amichevole, mai un lavoro di routine. Èscritto con entusiasmo, perché il giornalista si immedesima in noi. La gente si chiede spesso come AA sia stata capace di assicurarsi una quantità incredibile di ottima pubblicità. La risposta sembra essere che, praticamente, tutti quelli che scrivono su di noi si convertono ai nostri princìpi, divenendone talvolta fanatici. E non è forse la nostra politica dell’anonimato la principale responsabile di questo fenomeno?
Quarto, perché l’opinione pubblica ci considera in maniera così favorevole? Semplicemente perché stiamo portandola salvezza a tantissimi alcolisti? No, non può essere unicamente questa la risposta. Per quanto possa rimanere impressionato dai nostri recuperi, “John Q.”,il pubblico, trova persino più interesse per il nostro modo di vivere. Stanco delle pressioni di venditori, di promozione spettacolare, e di strepitare di personaggi pubblici, è confortato dalla nostra serenità, modestia e dall’anonimato. Può darsi che senta emanare da ciò una grande forza spirituale — che nella sua vita è arrivato qualcosa di nuovo.
Se l’anonimato ha già fatto per noi tali cose, dovremmo certamente mantenerlo come politica nazionale. Già oggi di così gran valore, può diventare un bene incalcolabile per il futuro. In senso spirituale, l’anonimato equivale alla rinuncia al prestigio personale come strumento di politica nazionale. Sono sicuro che faremo bene a conservare questo potente principio; che dovremmo risolverci a non trascurarlo mai.
Quali sono dunque le sue applicazioni? Poiché informiamo del principio dell’anonimato ogni nuovo membro, dovremmo, naturalmente, proteggere l’anonimato di un nuovo venuto per tutto il tempo che desideri mantenerlo. Questo perché quando ha letto i nostri inviti ed è venuto da noi, ci siamo impegnati a fare esattamente così. E anche se vuole presentarsi con un nome falso, dovremmo rassicurarlo che può farlo. Se desidera che non discutiamo il suo caso con nessuno, nemmeno con altri AA, dovremo rispettare anche quel desiderio. Se alla maggior parte dei nuovi venuti non importa nulla che si sappia del loro alcolismo, altri ci tengono molto. Proteggiamoli in ogni modo fino a che non vincano questo timore.
C’è poi il problema del nuovo venuto che desidera abbandonare troppo presto l’anonimato. Corre dai suoi amici con la buona novella di AA. Se il suo gruppo non lo mette in guardia può precipitarsi in una redazione di giornale o di fronte a un microfono, e raccontare tutto di sé al mondo intero. Èprobabile anche che de-scriva a tutti i dettagli più intimi della sua vita personale, per rendersi presto conto di essersi fatto, tutto sommato, fin troppa pubblicità a riguardo! Dovremmo suggerirgli di fare le cose con calma; di reggersi da solo sulle proprie gambe prima di parlare di AA al mondo intero; e che a nessuno viene in mente di fare pubblicità ad AA senza prima essere sicuro dell’approvazione del proprio gruppo.
Ancora, c’è il problema dell’anonimato di gruppo. Come l’individuo, è probabile che anche il gruppo debba trovare la sua strada procedendo con cautela, finché non accumula forza ed esperienza. Non dovrebbe esserci troppa fretta di introdurre estranei o di organizzare incontri pubblici. Tuttavia questo iniziale conservatorismo può essere esagerato. Alcuni gruppi vanno avanti, anno dopo anno, evitando ogni forma di pubblicità o qualsiasi riunione, eccetto quelle per soli alcolisti. Questi gruppi sono destinati a crescere lentamente. Invecchiano perché non immettono sangue fresco abbastanza velocemente. Nella loro ansia di mantenere la segretezza, dimenticano l’obbligo verso gli altri alcolisti delle loro comunità, che ancora non sono a conoscenza della presenza di AA nella loro città. Ma questa irragionevole cautela alla fine sparisce. A poco a poco alcune riunioni vengono aperte alle famiglie e agli amici intimi. Sacerdoti e medici vengono invitati di tanto in tanto. Alla fine il gruppo si procura il sostegno del giornale locale.
In molti luoghi, ma non dappertutto, è consuetudine che gli AA usino i loro cognomi quando parlano in riunioni pubbliche o semipubbliche. Ciò per far colpo sul pubblico e far capire che non temiamo più il marchio dell’alcolismo. Se, tuttavia, sono presenti giornalisti, viene loro caldamente richiesto di non far uso dei nomi degli oratori alcolisti della riunione. Questo serve a mantenere il principio dell’anonimato nei confronti della gente in generale e, allo stesso tempo, ci fa apparire come un gruppo di alcolisti che non hanno più paura di far sapere ai propri amici di essere state persone molto malate.
In pratica, quindi, il principio dell’anonimato sembra consistere in questo: con un’importante eccezione, il problema di quanto un individuo o un gruppo si possa spingere nel rinunciare all’anonimato viene lasciato rigorosamente al singolo o al gruppo interessato. L’eccezione è che tutti i gruppi o gli individui, quando
scrivono o parlano per il pubblico in quanto appartenenti ad Alcolisti Anonimi, si sentano in dovere di non rivelare mai il proprio vero nome. Eccetto per pochi casi piuttosto rari, è a questo punto che quasi tutti noi sentiamo di dover tirare la linea di demarcazione dell’anonimato. Non dovremmo rivelarci al grande pubblico.
In tutta la nostra storia pochissimi AA hanno rinunciato all’anonimato a livello pubblico. Alcuni di questi episodi sono stati accidentali, pochi sono avvenuti senza giustificazione, e uno o due in apparenza motivati. Devono certamente esserci alcune linee di condotta che, nell’interesse generale, non possono essere differite quasi mai. In più, coloro che vogliono rinunciare all’anonimato, devono riflettere su1 fatto che possono stabilire un precedente, che potrebbe alla fine distruggere un principio prezioso. Le eccezioni dovranno essere poche, e attentamente ponderate. Non dobbiamo mai permettere ad alcun vantaggio immediato di distoglierci dalla nostra determinazione nel mantenerci fedeli a una Tradizione così vitale.
Grande modestia e umiltà sono richieste, a ogni AA per il suo recupero permanente. Se queste virtù sono bisogni così vitali per il singolo, devono esserlo anche per AA nel suo insieme. Il principio dell’anonimato di fronte al pubblico può, se lo prendiamo con la dovuta serietà, garantire per sempre al movimento degli Alcolisti Anonimi queste qualità integre. La nostra politica delle relazioni pubbliche dovrebbe fondarsi soprattutto sulprincipio di attrazione e raramente, se non mai, su quello della propaganda.
Cufrad
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