L’Ordine Sacro – I Presbiteri
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E’ evidente che, data la vastità della Chiesa, i Vescovi non potrebbero guidare, da soli, il gregge dei fedeli. Essi, dunque, hanno sempre provveduto a “formare”, in particolari Istituti, detti Seminari, quei cristiani che – chiamati da Dio con una speciale vocazione – si sentono desiderosi di servire Cristo ed il popolo di Dio, con la donazione totale di sé: sono i Presbìteri (Anziani), comunemente detti Preti. Questi, rinunciando al matrimonio, abbracciano il celibato, a imitazione di Cristo che ha “sposato” la Chiesa, donando la sua vita per lei. Precisiamo che il Celibato non è una legge divina (Nelle Chiese d’Oriente, sia ortodosse che cattoliche, moltissimi preti si sposano e generano figli nel matrimonio. I Vescovi, invece, sono tenuti anch’essi a rispettare il celibato) ma si preferisce, perché anche gli Apostoli non sposati rimasero celibi e quelli sposati lasciarono tutto per servire meglio il Regno dei cieli (Mt 19, 12). Così l’accettazione del Celibato, per amore di Dio, è una grazia dello Spirito Santo. S. Paolo scriveva ai Corinti: “io vorrei che tutti fossero celibi come me, ma Dio dà ad ognuno un dono particolare; ad alcuni dà questo dono, ad altri un dono diverso”. Chi riceve questo dono si apre all’amore universale; la sua capacità d’amore cresce a dismisura ed egli può donarsi ai malati, ai poveri, agli abbandonati, agli anziani, ai giovani, alle famiglie in crisi: alla Comunità Parrocchiale, che diventa la sua famiglia. La rinuncia alla “comunione sessuale”, lungi dall’essere fonte di frustrazione, è anzi la dimostrazione che la comunione d’amore con Dio e con i fratelli è più grande e ricca di consolazioni, quasi un anticipo di quel paradiso dove “i figli della risurrezione non si sposano ma vivono come gli Angeli di Dio”. Ovviamente, non può comprendere questo chi non ha ricevuto lo Spirito di Dio (II Cor 2, 14).
Il Prete, come Ministro Ordinato, quando “genera alla fede” attraverso la Parola e i Sacramenti, partecipa della paternità di Dio. Egli fa nascere non “per volere di sangue” ma “da Dio”; pertanto egli, pur essendo celibe, ha una paternità (spirituale). Scriveva S. Paolo ai Corinti: “io vi ho generati nella fede quando vi ho annunziato la Parola di Dio”.
Il Prete, in grado inferiore al Vescovo, non ha la pienezza del Sacerdozio – presente solo nel Vescovo – e riceve da lui il Mandato di amministrare i Sacramentali e una parte dei Sacramenti: Battesimo, Penitenza, Unzione dei malati, Matrimonio e, in modo particolare, quello dell’Eucaristia. Poiché, dunque, egli compie l’ufficio di “offrire a Dio il Sacrificio dell’altare” (il Sacrificio Eucaristico), viene detto “Sacerdote”. Egli agisce sempre “a nome e per conto del Vescovo”, senza il cui mandato ogni Ministero decade e quindi a nessuno sarebbe consentito operare. Tutti i preti della Diocesi, riuniti, costituiscono il Collegio Presbiterale che collabora fraternamente con il Vescovo. Tra i Preti del suo Presbiterio il Vescovo ne sceglie alcuni a cui affida il Mandato di Parroco perché reggano, per conto di lui, le Parrocchie della sua Diocesi. Il Parroco è tenuto ad abitare nel territorio parrocchiale, per poter vegliare sui fedeli come un buon padre. Deve visitare le famiglie e favorirne la comunione, diffondere la Parola di Dio, provvedere all’istruzione dei fedeli nelle verità della Fede, curare la formazione catechetica dei fanciulli e dei giovani, favorire le attività che promuovano lo spirito evangelico. Deve poi occuparsi dei fedeli ammalati (specialmente dei moribondi), dei poveri, degli afflitti e di quanti versano in gravi difficoltà.
I parroci “siano sempre paterni con i loro collaboratori e grati per il contributo da loro offerto. In particolare sappiano trattare con fraterno affetto i Diaconi loro affidati dal Vescovo, ricordando che essi hanno generosamente consacrato la propria vita al servizio di Cristo e del popolo di Dio. Sappiano guidarli con molta carità e li rispettino come raccomanda Ignazio: “Tutti rispettino i Diaconi come Gesù Cristo. Il rispetto sia anche maggiore quando diventano anziani nell’età …”(C. Ursi).
(Continua)
Don Manlio
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