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Mese di Maggio 5 – 6° giorno – L’inferno

4 Maggio 2016 | Filed under: Senza categoria
     

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L’INFERNO

Quando a S. Girolamo venne chiesto perché si fosse ritirato in una grotta di Betlem a vivere da eremita penitente, egli rispose: “Mi sono condanna­to a questa prigione perché temo l’inferno”. Un gigante di dottrina e di santità come S. Girolamo, teme l’inferno. Noi invece, senza dottri­na e senza santità, né ci preoccupiamo né vogliamo affatto pensare all’inferno. E così dimostriamo quel che siamo: poveri incoscienti.

  1. Paolo, rapito al terzo ciclo, e carico di meri­ti, teme di potersi dannare (1 Cor 9, 27). Noi inve­ce, con una superficialità che fa spavento, crediamo di evitare l’inferno senza né meriti né timori. Anzi, arriviamo a raccomandare di non parlare mai dell’ inferno perché “impressiona”, non curandoci nep­pure del fatto che Gesù nel Vangelo ha parlato dell’inferno non solo qualche volta, ma ben diciot­to volte!

Come al solito, vigliacchi quali siamo, a noi piacciono soltanto discorsi allegri e dolciastri, da cristianesimo facile e facilone, a base di fatui osan­na e alleluja. “Via da me, maledetti! “.  «E’ questa è la terrificante condanna di coloro che muoiono in peccato mortale. “Costoro andranno all’eterno supplizio” (Mt 25, 46). “Andranno…”.  All’inferno ci va soltanto chi vuole andarci. Dio ci crea tutti per il Paradiso e ci da i mezzi per raggiungerlo. Ma ci lascia liberi di accettare o no. L’uomo che rifiuta, quindi, sa di perdere il paradiso e di scegliere l’inferno. Egli vuole così, liberamente.  Né si può fare torto a Dio perché rispetta la libertà dell’uomo! Ma quale follia rinunciare a Dio, perdere il Para­diso, precipitarsi in quell’abisso di orrori che è la dimora dei demoni!

La visione beatifica di Dio, l’unione a Gesù e alla Madonna, la compagnia degli Angeli e dei San­ti…: la perdita di questi beni infiniti costituisce la pena del danno dei dannati, ossia la pena più orren­da e spaventosa che si possa concepire. Del resto, se è vero che con il peccato mortale si crocifigge di nuovo Gesù nel proprio cuore (Eb 6, 6), di quale supplizio “non sarà degno colui che avrà calpesta­to il Figlio di Dio” (Eb 10, 20)? “…. nel fuoco eterno”

All’inferno c’è anche la pena del senso, ossia il “fuoco etemo”  (Mt 18, 7) che fa stare i dannati “in preda ai tormenti…  di una fornace ardente” (Le 16, 23-4). La Geenna è l’immagine più espressiva che Gesù ha usato per raffigurare l’inferno. La Geenna è un profondo vallone su uno dei fianchi di Gerusa­lemme. In essa si gettavano tutte le immondizie della città, che venivano bruciate da un fuoco pe­renne. L’inferno è l’immondezzaio del cielo e della terra: in esso si raccolgono tutti gli angeli ribelli e tutti gli uomini immondi, perversi e corrotti, morti in peccato mortale. Tutti bruceranno con “fuoco inestinguibile” (Me 9, 44), odiosi a Dio per l’eter­nità.

Davvero è “cosa tremenda cadere nelle mani di Dio” (Eb 10, 31). Ma non si potrà forse dire che sia sproporzio­nata la pena eterna per le colpe dell’uomo? No, perché “come la ricompensa sta al merito — scrisse S. Tommaso d’Aquino — così la pena sta alla col­pa”. Alle azioni buone corrisponde il Paradiso eter­no. Alle azioni cattive (peccati mortali) corrispon­de l’inferno eterno.

Il ricco epulone che durante la vita aveva pen­sato soltanto ai “sontuosi banchetti” nei quali goz­zovigliare, e il povero Lazzaro, invece, che aveva sopportato in pace le proprie sventure, lasciando che persine i cani venissero “a leccargli le piaghe”, ci fanno comprendere molto bene la diversa sorte eterna che spetta agli uomini cattivi e buoni (Le 16, 19-31).

A Fatima l’Immacolata fece vedere l’inferno ai tre Pastorelli. E Lucia ha descritto quella visione come meglio poteva con queste parole: “Vedem­mo, come in un mare di fuoco, immersi i demoni e le anime, quasi fossero carboni trasparenti e neri, abbronzati, in forma umana, fluttuanti nell’incen­dio sollevato dalle fiamme che si sprigionavano da essi stessi come nuvole di fumo e cadenti da ogni lato, come lo sfavillare dei grandi incendi. Senza peso né equilibrio, fra urla e gemiti di dolore e di disperazione, che terrorizzavano e facevano svenire dalla paura…”. “Avete visto — disse la Madonna — /’m/terno, dove vanno le anime dei poveri peccatori? Per sal­varli il Signore vuole stabilire nel mondo la devo­zione al mio Cuore Immacolato”.

Riflettiamo seriamente su questo richiamo della Madonna, attacchiamoci fortemente al suo Cuore Immacolato, e teniamo ben radicato in noi l’impegno di vivere sempre in grazia di Dio, pronti a tutto soffrire, pur di non commettere un peccato mortale: “Non temete coloro che uccidono il cor­po, ma che non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perdere l’anima e il corpo nella Geenna” (Mt 10, 28). Se gli uomini pensassero seriamente a queste parole di Gesù, chi mai si dannerebbe?

  1. Clemente Hofbauer, apostolo di Vienna, andò a visitare un moribondo miscredente, e fu accolto con insulti.

–  Vattene al diavolo, frate!   …Perché non te ne vai?

— Perché voglio vedere come muore… un dan­nato! — risponde il Santo.

A queste parole il moribondo resta colpito. Ammutolisce.

Intanto S. Clemente invoca la Madonna con ardore.

Dopo poco, si ode il moribondo singhiozzare. Infine esclama: – Padre mio, perdonatemi. Accostatevi. Si confessa tra le lagrime, e muore invocando Maria, Rifugio dei peccatori. “La misericordia immensa di Maria — ha scrit­to S. Giovanni Crisostomo — salva un gran numero di infelici che, secondo le leggi della divina giusti­zia, andrebbero dannati”. Affidiamoci a Lei, dunque, con ogni fiducia.

Fioretti

Ripetere spesso la Giaculatoria “Madre mia, fiducia mia” – Offrire la giornata per i peccatori moribondi – Leggere e meditare la parabola del ricco Epulone (Le 16,

19-31).

Padre Stefano


     

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