L’Assemblea eucaristica, cuore della domenica
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Il riunirci di noi credenti nel giorno del Signore per ascoltare la parola di Dio e spezzare l’unico pane, e dunque nutrirci del Vangelo e cibarci dell’eucaristia, è davvero il cuore della domenica. L’assemblea eucaristica è il cuore della domenica, perché ciò che in essa celebriamo è il cuore della nostra fede: la resurrezione del Signore Gesù Cristo.
Vi siete riuniti in questo convegno diocesano, dunque, non semplicemente per trattare un tema tra i tanti possibili, quanto invece per riflettere su una realtà – l’assemblea eucaristica domenicale – che nella vita della Chiesa non è solo qualcosa di importante ma è una realtà essenziale e decisiva, perché senza l’assemblea eucaristia domenicale la Chiesa non può essere Chiesa e noi credenti non possiamo essere cristiani.
“Sine dominico non possumus”, Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore, confessavano nel IV secolo i cristiani di Abitinia, l’attuale Tunisia, arrestati mentre perché celebravano i dominicus, l’eucaristia domenicale. Il dominicus è l’unica loro ragion d’essere; e per averlo celebrato vengono torturati e messi a morte. Come vorrei che ciascuno di noi questa sera uscisse da questa sala sapendo a memoria questa vera e propria confessione di fede: Sine dominico non possumus.
L’assemblea liturgica domenicale una realtà essenziale e decisiva, e per riflettere su questa realtà ho scelto il racconto evangelico di Emmaus come immagine e, al tempo stesso paradigma di ogni assemblea eucaristica domenicale. Ogni eucaristia nel giorno del Signore è il vangelo di Emmaus. Ciò che il Signore compie in ogni eucaristia domenicale è ciò che egli ha fatto sul cammino di Emmaus. Ciò che noi siamo chiamati a vivere nell’eucaristia domenicale è ciò che hanno vissuto i due discepoli di Emmaus. In sintesi, la nostra liturgia domenicale è la liturgia di Emmaus.
La liturgia di Emmaus emergerà in tutta la sua capacità di essere modello ispiratore delle nostre assemblee eucaristiche domenicali che ci attente nei prossimi anni, ossia una liturgia più attenta alla concreta situazione degli uomini e delle donne del nostro tempo che, come i due di Emmaus, hanno la speranza spezzata e, per questo, se ne vanno delusi e faticano a riporre fiducia in qualcuno, ad avere ragioni in cui sperare ancora.
In questa prospettiva, ho scelto di sostare sull’assemblea eucaristica domenicale alla luce del racconto di Emmaus, percorrendo due itinerari che si incroceranno costantemente perché tra loro convergenti. Il primo itinerario è quel del ruolo della liturgia nell’annuncio del vangelo oggi. In breve, liturgia ed evangelizzazione. Si ha talvolta l’impressione di non essere pienamente consapevoli che la liturgia è una realtà evangelizzante in se stessa e da sé stessa.
Il secondo itinerario, strettamente congiunto al primo, cercherà di discernere quale esperienza di assemblea eucaristica domenicale, ossia quale liturgia per l’uomo e la donna del nostro tempo. Sono loro i soggetti delle nostre eucaristie domenicali, cioè i destinatari delle nostre liturgie e per questo, fin da ora, siamo chiamati a un esercizio di vigilanza e di discernimento.
Perché ho scelto il racconto di Emmaus come paradigma di riflessione? La ragione sta nel fatto che Emmaus è liturgia fatta Vangelo, cioè è l’esperienza liturgica della comunità apostolica che è diventata narrazione evangelica. Come ogni testo del Nuovo Testamento, Emmaus è un testo dove la Chiesa si racconta e quindi al tempo stesso si espone e si giudica, dove la Chiesa dice ciò che è e si misura su ciò che dovrebbe essere.
Nessun esegeta dubita ormai che questo episodio sia impastato dell’esperienza che i primi cristiani facevano in quelle forme embrionali di liturgia che tuttavia già racchiudevano l’essenziale del culto cristiano: la lettura delle Scritture alla luce della morte e risurrezione di Cristo e la frazione del pane, cioè l’eucaristia.
Al contempo, in questa pagina di Luca la Chiesa si è data da sé stessa la norma della sua pratica, così che potrà sempre tornare a Emmaus come al canone della sua liturgia e lì valutarla. È quello che cercheremo di fare anche noi, torneremo a Emmaus come alla fonte della nostra liturgia nella consapevolezza che ciò che il Signore ha compiuto a Emmaus è ciò che ancora oggi egli compie nelle nostre liturgie.
Nell’episodio dei discepoli di Emmaus la prima generazione di cristiani ha raccontato il cammino che ha compiuto per giungere alla fede pasquale. Emmaus mostra come si diventa cristiani e come si rimane cristiani. Per questo Emmaus è, in modo del tutto indisgiungibile, un microcosmo della fede cristiana e un microcosmo dell’autenticamente umano.
È microcosmo della fede perché gli elementi essenziali vi sono contenuti: la presenza del Risorto sempre da riconoscere, l’intelligenza delle Scritture, lo scandalo della croce, l’eucaristia, l’annuncio “il Signore è risorto”, la comunione nella Chiesa. Ma Emmaus è anche un microcosmo dell’autenticamente umano, perché è un’affascinante esperienza umana, un vero e proprio itinerario di maturazione umana.
Vi troviamo la ricerca di senso, il cammino, il dialogo, la sofferenza e la morte, lo scendere della sera con le sue tenebre e paure, l’ospitalità, la condivisione del pane, l’apertura degli occhi che è riconoscimento, comprensione di senso, ritorno alla relazione abbandonata. Emmaus è dunque al tempo stesso microcosmo dell’essenza del cristianesimo e dell’autenticamente umano, è cammino di fede ed è cammino di umanizzazione come lo è la liturgia.
Il nostro intento non è di fare un commento esaustivo e tanto meno una lectio di questa pagina del Vangelo, ci limiteremo invece a cogliere come da questo racconto emerga il modo in cui nella liturgia Gesù Cristo continua ad annunciare il Vangelo ai suoi discepoli, facendo compiere loro un cammino di misericordia e di speranza che ha al suo culmine l’eucaristia. Articolerò il mio intervento in quattro punti: 1) il cammino, 2) la presenza 3) la parola, 4) l’ospitalità.
Goffredo Boselli – webdiocesi.chiesacattolica
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