Il Divino Sacramento dell’eucaristia
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Veniamo ad occuparci dell’importantissimo decreto tridentino sul santissimo sacramento dell’eucaristia (Denz 1635-1661).
La luminosa dottrina conciliare su questo aspetto così importante della fede cattolica conserva non solo – come è ovvio – tutta la sua perenne e imperitura validità e verità, ma anche (e di questo, purtroppo, non c’è da rallegrarsi), una drammatica e preoccupante attualità. Dopo le perentorie e ferme affermazioni contro l’eresia e in favore dell’ortodossia del proemio (Denz 1635), troviamo otto paragrafi a contenuto dogmatico dottrinale, che si occupano rispettivamente:
di proclamare la presenza vera, reale e sostanziale di Gesù nostro Signore nel divino sacramento della santissima eucaristia (§ 1, Denz 1636-1637);
di spiegare la ragione per cui nostro Signore istituì questo santissimo sacramento, cioè darsi come cibo spirituale delle nostre anime, essere liberati dalle colpe quotidiane e preservati dai peccati mortali (§ 2, Denz 1638);
di illustrare la singolare eccellenza di questo sacramento su tutti gli altri, perché è l’unico che, oltre a veicolare alcune grazie (come tutti i sacramenti), contiene in sé l’Autore della Grazia stessa (§ 3, Denz 1639-1641);
di evidenziare il modo del tutto particolare con cui la presenza reale di Gesù si dà nel sacramento dell’altare, cioè attraverso la transustanziazione, che significa conversione di tutta la sostanza del pane e del vino nelle sostanze di vero corpo e sangue di Gesù (§ 4, Denz 1642);
di mostrare il culto dovuto a questo sacramento, vero culto di latria che comporta il dovere di adorare sempre, interiormente ed esteriormente il Nostro Unico Vero Dio e Salvatore, ammonendo di guardarsi dall’ipotesi paventata “di abolire i tabernacoli”, essendo antichissima la loro istituzione il loro uso a fine di conservazione della “riserva eucaristica” (§ 5, Denz 1643-1644);
di raccomandare la doverosa preparazione per ricevere questo sacramento, di modo che si possa dire con san Paolo: Amen, senza “se”, senza strascichi e senza “ma” (§ 7, Denz 1645);
infine sancisce la netta distinzione tra comunione sacramentale e comunione spirituale (§ 8, Denz 1648-1650).
Vediamo ora i canoni, con cui il Decreto si conclude. Come sempre cominceremo dalla loro esposizione dei canoni, per poi commentarli in un secondo momento.
- Se qualcuno negherà che nel santissimo sacramento dell’eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro signore Gesú Cristo, con l’anima e la divinità, e, quindi, tutto il Cristo, ma dirà che esso vi è solo come in un simbolo o una figura, o solo
con la sua potenza, sia anatema.
- Se qualcuno dirà che nel santissimo sacramento dell’eucaristia assieme col corpo e col sangue di nostro Signore Gesú Cristo rimane la sostanza del pane e del vino e negherà quella meravigliosa e singolare trasformazione di tutta la sostanza del pane nel corpo, e di tutta la sostanza del vino nel sangue, e che rimangono solamente le specie del pane e del vino, – trasformazione che la Chiesa cattolica con termine appropriatissimo chiama transustanziazione, – sia anatema.
- Se qualcuno dirà che nel venerabile sacramento dell’eucaristia, fatta la separazione, Cristo non è contenuto in ognuna delle due specie e in ognuna delle parti di ciascuna specie, sia anatema.
- Se qualcuno dirà che, fatta la consacrazione, nel mirabile sacramento dell’eucaristia non vi è il corpo e il sangue del Signore nostro Gesú Cristo, ma solo nell’uso, mentre si riceve, e non prima o dopo; e che nelle ostie o parti consacrate, che dopo la comunione vengono conservate e rimangono, non rimane il vero corpo del Signore, sia anatema.
- Se qualcuno dirà che il frutto principale della santissima eucaristia è la remissione dei peccati, o che da essa non provengono altri effetti, sia anatema.
- Se qualcuno dirà che nel santo sacramento dell’eucaristia Cristo, unigenito figlio di Dio, non debba essere adorato con culto di latria, anche esterno; e, quindi, che non debba neppure esser venerato con qualche particolare festività; ed esser portato solennemente nelle processioni, secondo il lodevole ed universale rito e consuetudine della santa Chiesa; o che non debba essere esposto alla pubblica venerazione del popolo, perché sia adorato; e che i suoi adoratori sono degli idolatri, sia anatema.
- Se qualcuno dirà che non è lecito conservare la santa eucaristia nel tabernacolo; ma che essa subito dopo la consacrazione debba distribuirsi agli astanti; o non esser lecita che essa venga portata solennemente agli ammalati, sia anatema.
- Se qualcuno dirà che Cristo, dato nell’eucaristia, si mangia solo spiritualmente, e non anche sacramentalmente e realmente, sia anatema.
- Se qualcuno negherà che tutti e singoli i fedeli cristiani dell’uno e dell’altro sesso, giunti all’età della ragione, sono tenuti ogni anno, almeno a Pasqua, a comunicarsi, secondo il precetto della santa madre Chiesa, sia anatema.
- Se qualcuno dirà che non è lecito al sacerdote che celebra comunicare se stesso, sia anatema.
- Se qualcuno dirà che la fede è preparazione sufficiente per ricevere il sacramento della santissima eucaristia, sia anatema.
E perché un cosí grande sacramento non sia ricevuto indegnamente e, quindi, a morte e a condanna, lo stesso santo Sinodo stabilisce e dichiara che quelli che hanno la consapevolezza di essere in peccato mortale, per quanto essi credano di essere contriti, se vi è un confessore, devono necessariamente premettere la confessione sacramentale.
don Leonardo Maria Pompei
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