La Sacra Famiglia
Informazione religiosa, spiritualità, apparizioni mariane, cultura, società, famiglia, Chiesa
La Sacra Famiglia

Sito di informazione religiosa, spiritualità, mariofanie, cultura, società, famiglia, Chiesa.

You are here: Home › Rivelazioni private › il Vangelo nelle visioni della mistica M. Valtorta

il Vangelo nelle visioni della mistica M. Valtorta

22 Luglio 2017 | Filed under: Rivelazioni private
     

Questo articolo è stato già letto834 volte!

Dal Poema dell’Uomo Dio”

di Maria Valtorta

Un’alba chiara imperla il lago e fascia i colli di una nebbia leggera come velo di mussola da cui appaiono, ingentiliti, ulivi e noci, e case e dossi dei paesi del lago. Le barche scivolano quiete e silenziose, dirette verso Cafarnao. Ma ad un certo punto Pietro piega la barra del timone così rudemente che la barca si inchina da un lato.

«Che fai?» chiede Andrea.

«C’è la barca di un gufo. Esce ora da Cafarnao. Ho buoni occhi e, da ieri sera, fiuto di segugio. Non voglio che ci vedano. Torno al fiume. Andremo a piedi».

Anche l’altra barca ha seguito la manovra, ma Giacomo, che regge il timone, chiede a Pietro: «Perché fai questo?».

«Te lo dirò. Vienimi dietro».

Gesù, che è seduto a poppa, si riscuote quando è quasi all’altezza del Giordano.

«Ma che fai, Simone?» chiede.

«Si scende qui. C’è uno sciacallo in giro. Non si può andare a Cafarnao oggi. Prima vado io a sentire un poco. Io con Simone e Natanaele. Tre degne persone contro tre indegne persone… se pure le indegne non saranno di più».

«Non vedere insidie da tutte le parti, ora! Quella non è la barca di Simone il fariseo?».

«È proprio quella».

«Non c’era alla cattura di Giovanni».

«Non so niente io».

«È sempre rispettoso verso di Me».

«Non so niente io».

«Mi fai parere vile».

«Non so niente io».

Per quanto Gesù non abbia voglia di ridere, deve sorridere per la santa cocciutaggine di Pietro. «Ma a Cafarnao dovremo pure andare. Se non oggi, più tardi…»

«Ti ho detto che vado prima io e sento e… all’occorrenza… farò anche questa… sarà una grossa spina da inghiottire… ma lo farò per amore di Te… Andrò… andrò dal centurione a chiedere protezione…»

«Ma no! Non occorre!».

La barca si arresta sulla spiaggetta deserta, opposta a Betsaida. Scendono tutti.

«Venite voi due. Vieni anche te, Filippo. Voi giovani state qui. Faremo presto».

Il neo discepolo Elia prega: «Vieni in casa mia, Maestro. Ne sarei tanto felice di ospitarti…»

«Vengo. Simone, mi raggiungerai alla casa di Elia. Addio, Simone. Va’. Ma sii buono, prudente e misericordioso. Vieni, che ti baci e benedica».

Pietro non assicura di essere né buono, né paziente, né misericordioso. Tace e scambia il bacio col suo Maestro. Anche lo Zelote, Bartolomeo e Filippo scambiano il bacio di addio e le due comitive si separano andando in opposta direzione.

Entrano in Corozim che l’aurora è già finita in giorno pie­no. Non vi è stelo che non brilli per gemme di rugiada. Gli uc­celli cantano per ogni dove. Vi è un’aria pura, fresca, che pare sappia persino di latte, di un latte più vegetale che animale. L’odore dei grani che si formano nelle spighe, dei mandorleti carichi di frutti… un odore che ho sentito nelle fresche mattine nei campi opimi della pianura padana.

La casa di Elia è presto raggiunta. Ma già molti in Corozim sanno che è giunto il Maestro e, mentre Gesù sta per porre pie­de sulla soglia, una madre accorre gridando: «Gesù, Figlio di Davide, pietà della mia creatura!». Ha sulle braccia una fan­ciulla di un dieci anni circa, cerea e magrissima. Più che cerea, giallastra.

«Che ha tua figlia?».

«Le febbri. Le ha prese alla pastura lungo il Giordano. Per­ché siamo i pastori di un ricco. Io sono stata chiamata dal pa­dre presso la bambina ammalata. Egli ora è tornato ai monti. Ma Tu sai che con questo male non si può passare in luoghi al­ti. Come posso stare qui? Il padrone mi ha lasciata fino ad ora. Ma io sono alle lane e alle figliate. Viene il tempo del lavoro per noi pastori. Saremo licenziati o divisi se io resto. Vedrò morire la figlia se vado all’Hermon».

«Hai fede che Io possa?».

«Ho parlato con Daniele pastore di Eliseo. Mi ha detto: “Il nostro Bambino guarisce ogni male. Vai dal Messia”. Da oltre Meron sono venuta con questa fra le braccia cercando Te. Avrei sempre camminato fino a trovarti…».

«Non camminare più altro che per tornare a casa, al lavoro sereno. Tua figlia è guarita perché Io lo voglio. Va’ in pace».

La donna guarda la figlia e guarda Gesù. Forse spera di ve­dere tornare grassa e colorita la fanciulla all’istante. Anche la fanciulla sgrana i suoi occhi stanchi, che prima teneva chiusi, in volto a Gesù e sorride.

«Non temere, donna. Non ti inganno. La febbre è sparita per sempre. Di giorno in giorno ella tornerà fiorente. Lasciala andare. Non barcollerà più e non sentirà stanchezza».

La madre posa al suolo la fanciulla, che sta ben ritta e sor­ride sempre più giuliva. Infine trilla con la sua voce argentina: «Benedici il Signore, mamma! Sono ben guarita! Lo sento», e nella sua semplicità di pastorella e di fanciulla si lancia al col­lo di Gesù e Lo bacia. La madre, riservata come l’età insegna, si prostra e bacia la veste benedicendo il Signore.

«Andate. Ricordatevi del beneficio avuto da Dio e siate buo­ne. La pace sia con voi».

Ma la gente si affolla già nell’orticello della casa di Elia e reclama la parola del Maestro. E per quanto Gesù non abbia molta voglia di farlo, addolorato come è per la cattura, e per il modo come è avvenuta, del Battista, pure si arrende e all’om­bra degli alberi inizia a parlare.

«Ancora in questo bel tempo di grani che spigano, Io vi vo­glio proporre una parabola presa dai grani. Udite.

Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che seminò buon se­me nel suo campo. Ma, mentre l’uomo e i suoi servi dormivano, venne un suo nemico e sparse seme di loglio sui solchi e poi se ne andò. Nessuno sul principio si accorse di nulla. Venne l’in­verno con le piogge e le brine, venne la fine di tebet e germogliò il grano. Un verde tenero di foglioline appena spuntate. Parevano tutte uguali nella loro infanzia innocente. Venne sce­bat e poi adar e si formarono le piante e poi granirono le spi­ghe. Si vide allora che il verde non era tutto grano ma anche loglio, ben avviticchiato coi suoi vilucchi sottili e tenaci agli steli del grano.

I servi del padrone andarono alla sua casa e dissero: “Si­gnore, che seme hai seminato? Non era seme eletto, mondo da ogni altro seme che grano non fosse?”.

“Certo che lo era. Io ne ho scelto i chicchi tutti uguali di formazione. E avrei visto se vi fossero stati altri semi”. “E come allora è nato tanto loglio fra il tuo grano?”.

Il padrone pensò, poi disse: “Qualche nemico mio mi ha fat­to questo per farmi danno”.

I servi chiesero allora: “Vuoi che andiamo fra i solchi e con pazienza liberiamo le spighe dal loglio, strappando quest’ulti­mo? Ordina e lo faremo”.

Ma il padrone rispose: “No. Potreste nel farlo estirpare an­che il grano e quasi sicuramente offendere le spighe ancora te­nerelle. Lasciate che l’uno e l’altro stiano insieme fino alla mietitura. Allora io dirò ai mietitori: ‘Falciate tutto insieme; poi, avanti di legare i covoni, ora che il seccume ha fatto fria­bili i vilucchi del loglio mentre più robuste e dure sono le ser­rate spighe, scegliete il loglio dal grano e fatene fasci a parte. Li brucerete poi e faranno concime al suolo. Mentre il buon grano lo porterete nei granai e servirà ad ottimo pane con scorno del nemico, che avrà guadagnato solo di esser abbietto a Dio col suo livore”‘.

Ora riflettete fra voi quanto sovente avvenga e numerosa sia la semina del Nemico nei vostri cuori. E comprendete come occorra vigilare con pazienza e costanza per fare sì che poco loglio si mescoli al grano eletto. La sorte del loglio è di ardere. Volete voi ardere o divenire cittadini del Regno? Voi dite che volete essere cittadini del Regno. Ebbene, sappiatelo essere. Il buon Dio vi dà la Parola. Il Nemico vigila per renderla nociva, poiché farina di grano mescolata a farina di loglio dà pane amaro e nocivo al ventre. Sappiate col buon volere, se loglio è nell’anima vostra, sceglierlo per gettarlo onde non essere inde­gni di Dio.

Andate, figli. La pace sia con voi».

La gente sfolla lentamente. Nell’orto restano gli otto apostoli più Elia, suo fratello, la madre e il vecchio Isacco, che si pasce l’anima nel guardarsi il suo Salvatore.

«Venitemi intorno e udite. Vi spiego il senso completo della parabola, che ha due aspetti ancora, oltre quello detto alla folla.

Nel senso universale la parabola ha questa applicazione: il campo è il mondo. Il buon seme sono i figli del Regno di Dio, seminati da Dio sul mondo in attesa di giungere al loro limite ed essere recisi dalla Falciatrice e portati al Padrone del mon­do, perché li riponga nei suoi granai.

Il loglio sono i figli del Maligno, sparsi a loro volta sul campo di Dio nell’intento di dare pena al Padrone del mondo e di nuocere anche alle spighe di Dio.

Il Nemico di Dio li ha, per un sortilegio, seminati apposta, perché veramente il diavolo snatura l’uomo fino a farne una sua creatura, e questa semina, per traviare altri che non ha potuto asservire altrimenti.

La mietitura, anzi la formazio­ne dei covoni e il trasporto degli stessi ai granai, è la fine del mondo, e coloro che la compiono sono gli Angeli. A loro è ordi­nato di radunare le falciate creature e separare il grano dal lo­glio e, come nella parabola questo si brucia, cosìverranno bru­ciati nel fuoco eterno i dannati, all’Ultimo Giudizio.

Il Figlio dell’Uomo manderà a togliere dal suo Regno tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Perché allora il Regno sarà e in Terra e in Cielo, e fra i cittadini del Regno sulla Terra saranno mescolati molti figli del Nemico. Questi raggiungeranno, come è detto anche dai Profeti, la perfezione dello scan­dalo e dell’abominio in ogni ministero della Terra, e daranno fiera noia ai figli dello spirito.

Nel Regno di Dio, nei Cieli, già saranno stati espulsi i corrotti, perché corruzione non entra in Cielo. Ora dunque gli Angeli del Signore, menando la falce fra le schiere dell’ultimo raccolto, falceranno e separeranno il gra­no dal loglio e getteranno questo nella fornace ardente dove è pianto e stridor di denti, portando invece i giusti, l’eletto gra­no, nella Gerusalemme eterna dove essi splenderanno come so­li nel Regno del Padre mio e vostro.

Questo nel senso universale. Ma per voi ve ne è un altro an­cora, che risponde alle domande che più volte, e specie da ieri sera, vi fate. Voi vi chiedete: “Ma dunque fra la massa dei di­scepoli possono essere dei traditori?”, e fremete in cuor vostro di orrore e di paura. Ve ne possono essere. Ve ne sono certo.

Il seminatore sparge il buon seme. In questo caso, più che spargere, si potrebbe dire: “coglie”. Perché il Maestro, sia che sia Io o sia che fosse il Battista, aveva scelto i suoi discepoli. Come allora si sono traviati? No, anzi. Male ho detto dicendo “seme” i discepoli. Voi potreste capire male. Dirò allora “cam­po”.

Tanti discepoli tanti campi, scelti dal maestro per costi­tuire l’area del Regno di Dio, i beni di Dio. Su essi il maestro si affatica per coltivarli, acciò diano il cento per cento. Tutte le cure. Tutte. Con pazienza. Con amore. Con sapienza. Con fati­ca. Con costanza. Vede anche le loro tendenze malvagie. Le lo­ro aridità e le loro avidità. Vede le loro testardaggini e le loro debolezze. Ma spera, spera sempre e corrobora la sua speranza con la preghiera e la penitenza, perché li vuole portare alla perfezione.

Ma i campi sono aperti. Non sono un chiuso giardino cinto da mura di fortezza, di cui sia padrone solo il maestro e in cui solo lui possa penetrare. Sono aperti. Messi al centro del mon­do, fra il mondo, tutti li possono avvicinare, tutti vi possono penetrare. Tutti e tutto. Oh! non è il loglio solo il mal seme se­minato! Il loglio potrebbe essere simbolo della leggerezza ama­ra dello spirito del mondo. Ma vi nascono, gettati dal Nemico, tutti gli altri semi. Ecco le ortiche. Ecco le gramigne. Ecco le cuscute. Ecco i vilucchi. Ecco infine le cicute e i tossici. Per­ché? Perché? Che sono?

Le ortiche: gli spiriti pungenti, indomabili, che feriscono per sovrabbondanza di veleni e danno tanto disagio.

Le grami­gne: i parassiti che sfiniscono il maestro senza saper fare altro che strisciare e succhiare, godendo del lavoro di lui e nuocendo ai volonterosi, che veramente trarrebbero maggior frutto se il maestro fosse non turbato e distratto dalle cure che esigono le gramigne.

I vilucchi inerti che non si alzano da terra che fruen­do degli altri.

Le cuscute: tormento sulla via già penosa del maestro e tormento ai discepoli fedeli che lo seguono. Si unci­nano, si conficcano, lacerano, graffiano, mettono diffidenza e sofferenza.

I tossici: i delinquenti fra i discepoli, coloro che giungono a tradire e a spegnere la vita come le cicute e le altre piante tossiche. Avete mai visto come sono belle coi loro fiorel­lini che poi divengono palline bianche, rosse, celeste-viola? Chi direbbe che quella corolla stellare, candida o appena rosata, col suo cuoricino d’oro, quei coralli multicolori, tanto simili ad altri frutticini che sono la delizia degli uccelli e dei pargoli, possano, giunti a maturazione, dare morte? Nessuno. E gli innocenti ci cascano. Credono tutti buoni come loro… e ne colgono e muoiono.

Credono tutti buoni come loro!

Oh! che verità che sublima il maestro e che condanna il suo traditore! Come? La bontà non disarma? Non rende il malvolere innocuo? No. Non lo ren­de tale, perché l’uomo caduto preda del Nemico è insensibile a tutto ciò che è superiore.

E ogni superiore cosa, cambia per lui aspetto.

La bontà diviene debolezza che è lecito calpestare e acuisce il suo malvolere come acuisce la voglia di sgozzare, in una fiera, il sentire l’odore del sangue. Anche il maestro è sempre un innocente… e lascia che il suo traditore lo avveleni, perché non vuole e non può lasciar pensare agli altri che un uomo giunga ad essere micidiale a chi è innocente.

Nei discepoli, i campi del maestro, vengono i nemici. Sono tanti. Il primo è satana. Gli altri i suoi servi, ossia gli uomini, le passioni, il mondo e la carne. Ecco, ecco il discepolo più fa­cile ad essere percosso da essi perché non sta tutto presso al maestro, ma sta a cavaliere fra il maestro e il mondo.

Non sa, non vuole separarsi tutto da ciò che è mondo, carne, passioni e demonio, per essere tutto di chi lo porta a Dio.

Su questo spar­gono i loro semi e mondo e carne, e passioni e demonio. L’oro, il potere, la donna, l’orgoglio, la paura di un mal giudizio del mondo e lo spirito di utilitarismo. “I grandi sono i più forti. Ecco che io li servo per averli amici”. E si diventa delinquenti e dannati per queste misere cose!…

Perché il maestro, che vede l’imperfezione del discepolo, anche se non vuole arrendersi al pensiero: “Costui sarà il mio uccisore”, non lo estirpa subito dalle sue file? Questo voi vi chiedete.

Perché è inutile farlo. Se lo facesse non impedirebbe di averlo nemico, doppiamente e più sveltamente nemico per la rabbia o il dolore di essere scoperto o di essere cacciato. Dolo­re. Sì. Perché delle volte il cattivo discepolo non si avvede di essere tale. È tanto sottile l’opera demoniaca che egli non l’av­verte.

Si indemonia senza sospettare di essere soggetto a que­sta operazione. Rabbia. Sì. Rabbia per essere conosciuto per quello che è, quando egli non è incosciente del lavoro di sata­na e dei suoi adepti: gli uomini che tentano il debole nelle sue debolezze per levare dal mondo il santo che li offende, nelle lo­ro malvagità, con il paragone della sua bontà.

E allora il santo prega e si abbandona a Dio. “Ciò che Tu permetti si faccia, sia fatto”, dice. Solo aggiunge questa clau­sola: “purché serva al tuo fine”. Il santo sa che verrà l’ora in cui verranno espulsi dalle sue messi i logli malvagi. Da chi? Da Dio stesso, che non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua volontà d’amore».

«Ma se Tu ammetti che sempre è satana, e gli adepti di lui… mi sembra che la responsabilità del discepolo scemi», di­ce Matteo.

«Non te lo pensare. Se il Male esiste, esiste anche il Bene, ed esiste nell’uomo il discernimento e con esso la libertà».

«Tu dici che Dio non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua volontà d’amore. Dunque anche questo errore è utile, se Egli lo permette, e serve ad un trionfo di volontà divina», dice l’Iscariota.

«E tu arguisci, come Matteo, che ciò giustifica il delitto del discepolo. Dio aveva creato il leone senza ferocia e il serpente senza veleno. Ora l’uno è feroce e l’altro è velenoso. Ma Dio li ha separati dall’uomo per ciò. Medita su questo e applica. Andiamo nella casa. Il sole è già forte, troppo. Come per inizio di temporale. E voi siete stanchi della notte insonne».

«La casa ha la stanza alta, ampia e fresca. Potrete riposare», dice Elia.

Salgono per la scala esterna. Ma solo gli Apostoli si stendo­no sulle stuoie per riposare. Gesù esce sulla terrazza, ombreg­giata in un angolo da un altissimo rovere, e si assorbe nei suoi pensieri.


     

Lascia un commento Annulla risposta

Devi essere connesso per inviare un commento.

Collegati tramite Facebook e Twitter

Cerca nel sito

Archivi

PREGHIERE DEL MATTINO

PREGHIERE DELLA SERA

Francesco
Benedetto XVI
Giovanni Paolo II

VATICANO

DEMONOLOGIA

ANGELI

APPARIZIONI MARIANE

BIBLIOTECA

CATECHESI

CRISTOLOGIA

DIPENDENZE

DONNA

FATIMA

GIOVANI

GIUSEPPE

MARIOLOGIA

MORALE CRISTIANA

ROSARII E CORONCINE

SACRAMENTI

SALUTE

SPIRITUALITA’

I TESTIMONI DI GEOVA

Categorie




Recupera la password

Accedi

Collegati tramite Facebook e Twitter

LITURGIA – PAROLA DI DIO

 

Recitiamo insieme il Rosario

Canti Liturgici

Stampa Cattolica

Avvenire
Fides
L'Osservatore Romano
Zenit
Clicca sul Giornale

RSS L’OSSERVATORE ROMANO

RSS ZENIT

  • La priorità della famiglia e il DDL Cirinnà
  • Eutanasia: no all'utilitarismo che uccide
  • Becciu: "Il Vaticano? Non è un covo di ladri..."
  • I Fatebenefratelli vendono l’ospedale San Giuseppe di Milano
  • Parolin: "Non lasciarsi paralizzare dalla paura. È ciò che vogliono i terroristi"

Siamo presenti su


server emule

Preghiera per la Famiglia


Padre del cielo,
Tu ci hai dato un modello di vita
nella famiglia di Nazareth,
aiutaci, o Padre buono,
a fare della nostra famiglia
un'altra Nazareth, dove regnano
l'amore, la pace e la gioia.
Fa' che la nostra vita,
sia profondamente contemplativa,
intensamente eucaristica
e vibrante di gioia.
Aiutaci a rimanere insieme
nella gioia e nella sofferenza
attraverso la preghiera familiare.
Insegnaci a vedere Gesù
nei membri della nostra famiglia
specialmente nelle loro difficoltà.
Possa il Cuore Eucaristico di Gesù
rendere i nostri cuori miti ed umili
come il suo e possa aiutarci
a compiere i nostri doveri familiari
in modo santo.
Possiamo amarci
come Dio ama ognuno di noi,
ogni giorno sempre più,
e possiamo perdonarci le offese
come Dio perdona le nostre.
Aiutaci, o Padre buono,
a prendere ciò che ci dai
e a darti tutto ciò che ci chiedi
con grande gioia.
O Immacolato Cuore di Maria,
causa della nostra gioia,
prega per noi.
S. Giuseppe, prega per noi.
S. Angelo Custode,
rimani sempre con noi,
guidaci e proteggici.
AMEN

© 2010-2021 La Sacra Famiglia

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy cliccando sul tasto "Impostazioni Cookie"
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie
Impostazioni CookieACCETTO
Privacy & Cookies Policy

Privacy Overview

Questo sito Web utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza durante la navigazione nel sito Web. Di questi cookie, i cookie classificati come necessari vengono memorizzati nel browser in quanto sono essenziali per il funzionamento delle funzionalità di base del sito Web. Utilizziamo anche cookie di terze parti che ci aiutano ad analizzare e comprendere come si utilizza questo sito Web. Questi cookie verranno memorizzati nel tuo browser solo con il tuo consenso. Hai anche la possibilità di disattivare questi cookie. La disattivazione di alcuni di questi cookie può influire sulla tua esperienza di navigazione.
Necessary
Sempre abilitato
I cookie necessari sono assolutamente essenziali per il corretto funzionamento del sito Web. Questa categoria include solo cookie che garantiscono funzionalità di base e funzionalità di sicurezza del sito Web. Questi cookie non memorizzano alcuna informazione personale.
ACCETTA E SALVA