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La deriva transumanista

20 Agosto 2016 | Filed under: Attualità
     

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CyberFashion. Abstract techno backgrounds

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La recente questione dell’ideologia Gender, che ha investito la scuola pubblica e il mondo civile in genere, ha riacceso l’attenzione verso un altro aspetto riguardante la rivoluzione antropologica in atto. “Il gender edifica un ‘transumano’ in cui l’uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità”,

con queste parole, lo scorso marzo, il card. Bagnasco ha definito questa “deriva antropologica” ormai messa in atto e verso la quale bisogna agire in fretta e in maniera determinata.

In questi mesi, inoltre, ha creato particolare scalpore il libello promosso dalla Federazione Italiana Sessuologia Scientifica, con il placet dell’ufficio regionale per l’Europa dell’OMS, riguardante le nuove linee guida per l’Educazione Sessuale in Europa. Proprio in questo controverso documento, oltre che alle ormai già note teorie circa la doverosità di esporre il concetto di sessualità nelle scuole nella sua dimensione più diretta, passando dalla masturbazione infantile precoce a parlare dei rapporti sessuali completi già all’età di nove anni, è presente anche una riflessione circa “la pianificazione familiare in armonia con quella lavorativa”.

I mass media, come era ovviamente prevedibile e auspicabile, si sono concentrati su quegli aspetti riguardanti proprio l’educazione sessuale nelle scuole, tralasciando un elemento altrettanto inquietante presente nel documento, ovvero il riferimento alla questione dell’utilizzo della genetica. Nella tabella riassuntiva posta alla fine del documento fa capolino, tra i molteplici aspetti trattati, un punto: “bambini ‘su misura’, genetica”. Il card. Bagnasco, facendo proprio riferimento al concetto di ‘transumano’, ha volontariamente posto l’accento su un aspetto, che in maniera sempre più pervasiva, si fa presente nella coscienza delle future generazioni.

L’idea, in sintesi, che un domani prossimo sarà possibile, letteralmente, fabbricare la vita “su misura”. Non solo quella dei nostri figli, ma anche e soprattutto la nostra. Cosa sta infatti alla base della filosofia transumanista? La possibilità, trasformata in certezza grazie all’evoluzione della scienza e della tecnologia, di operare un cambiamento radicale all’essere umano, tale da farlo diventare un nuovo essere capace non solo di autodeterminarsi, ma di poter decidere come e fino a quanto vivere.

Una rivoluzione antropologica oltre l’inimmaginabile, poggiata però su solide basi filosofiche. Nella “Lettera a Madre Natura”, che di fatto rappresenta il manifesto della rivoluzione transumanista, viene delineata la nuova “costituzione umana”, ovvero un elenco di sette emendamenti che indicano finalità e modi di operare affinché si giunga quanto prima all’epoca dell’oltre-umanità. Tra le righe è facile scorgere parte di quel retaggio darwiniano per cui tutto è sempre in evoluzione, uomo compreso.

E visto che Madre Natura sembra aver perso interesse per lo sviluppo e la crescita della razza umana è arrivato forse il momento, secondo i filosofi e gli scienziati transumanisti, che l’uomo diventi adulto e prenda su di sé la responsabilità attiva del suo cambiamento. In un crescendo di fusione fra corpo, macchine e biotecnologia sarà possibile fabbricare una nuova forma di vita che supererà le abilità percettive di ogni altra creatura. Così recita il quinto emendamento: “Non saremo più schiavi dei nostri geni. Ci assumeremo la responsabilità dei nostri programmi genetici e otterremo il totale controllo dei nostri processi biologici e neurologici. Porremo rimedio a tutti i difetti individuali e della specie lasciatici in eredità della nostra storia evolutiva. Ma non ci fermeremo qui: potremo scegliere sia la forma del nostro corpo che le sue funzioni, raffinando ed aumentando le nostre abilità fisiche ed intellettuali, fino a livelli mai raggiunti da nessun altro essere umano nella storia”.

Il concetto di natura che ne emerge è in fondo quello degli ultimi cinquecento anni, ovvero quello che vede l’uomo, sulla scia della rivoluzione scientifica, ridotto ad essere un pezzo di natura, quantificabile, misurabile e per questo manipolabile. La vittoria dell’arte sulla natura, che Bacone, nel Novum Organum, aveva auspicato da tempo. “Il meccanicismo, ricorda Andrea Aguti (Natura Umana, 2010), ovvero quella concezione che considera la natura come materia suscettibile di trasformazioni puramente meccaniche dettate da precise leggi, opera in effetti un vero e proprio ribaltamento del modello tradizionale, per cui non è più la macchina ad essere costruita sulla base del modello offerto dalla natura, ma il contrario. In questo modo si realizza la fusione tra naturale e artificiale”.

Ed oggi è proprio questo il principio che non solo sembra essersi affermato a livello scientifico, ma ormai anche antropologico. L’uomo utilizza la propria ragione non più per riconoscere ciò che la natura gli mostra e che egli deve accogliere, ma come potere fabbricante la propria persona e, conseguentemente, la propria realtà. Quest’ultima, proprio perché partorita dalla mente e dalle mani dell’uomo attraverso l’uso della sua ragione diventa, a pieno titolo, “naturale”, ovvero frutto dell’evoluzione della natura. È in questo slancio prometeico che va quindi inquadrata non solo la così detta ideologia Gender, ma il desiderio radicale dell’uomo di autodeterminarsi.

La genetica diventa, infine, lo strumento pratico attraverso la quale questa rivoluzione si rende effettiva. Genetica, che vale la pena ricordarlo, si trasforma in eugenetica, ovvero in una selezione tesa a migliorare la condizione genetica della specie umana. Questo filo rosso che unisce modernità a post-modernità passa proprio attraverso il riconoscimento che la mia natura, quello che io sono, non solo viene deciso dai miei sentimenti e dalla percezioni sempre più soggettiva che io ho di me stesso, ma dalla realizzazione che lo sviluppo tecnologico permette e che contemporaneamente muta, a sua volta, la mia percezione. La via d’uscita a questa forma oppressiva di autodeterminismo, per usare le parole del filosofo americano Micheal J. Sandel, sta nel rimettere al centro il concetto di dono e gratuità, ma soprattutto di limite insito nella natura umana.

“Invece di impiegare le nostre nuove possibilità genetiche per raddrizzare il ‘legno storto dell’umanità’, dovremmo fare il possibile per creare assetti sociali e politici più accoglienti nei confronti dei doni, e dei limiti, di noi imperfetti esseri umani” 

Matteo Carletti LeP


     

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