Vita oltre la vita – Il Paradiso
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IL PARADISO
di don Giuseppe Tomaselli
INTRODUZIONE
Per completare il trattato sulla Vita Eterna credo opportuno scrivere anche sul Paradiso. Questo tema è più nobile e più confortante del precedente. Le fonti, alle quali attingo, sono: la Teologia Dommatica e la vita di diversi Santi. Ai fatti soprannaturali che si riportano si è tenuti a prestare solo la fede umana.
PRELUDIO
A principio della trattazione si espone un fatto storico, narrato e comprovato dall’autorità di un grande luminare della Chiesa, San Giovanni Bosco.
Nel 1881 il Conte Colle, di Tolone, pregò Don Bosco che andasse a benedire il figlio diciassettenne, Luigi, gravemente infermo. Il Santo si portò dall’ammalato e restò ammirato dell’ingenuità e del candore del giovane; sembrava un altro San Luigi Gonzaga. Dopo circa un mese, il Colle ricevette gli ultimi Sacramenti ed il 3 aprile moriva. Prima di spirare, disse ai genitori: Vado in Paradiso; me l’ha detto Don Bosco! – Il Santo Educatore scrisse un opuscolo su Luigi Colle, presentandolo quale modello alla gioventù.
Iddio permise che Luigi apparisse una ventina di volte a Don Bosco, facendogli conoscere la felicità che egli godeva in Paradiso. Tutto registrò Don Bosco e tutto oggi è pubblicato. Qui riporto i tratti salienti di qualche apparizione, lasciando la penna a Don Bosco.
e Mi apparve Luigi Colle in un mare di luce, bellissimo nell’aspetto, con vesti bianco-rosate e sul petto ricami d’oro, con una collana a vari colori, bianco, nero e rosso; ma con questi tre ve n’erano infiniti altri, da non potersi descrivere. Gli domandai: Perché vieni, caro Luigi?
– Non è necessario che io venga; non ho bisogno di camminare.
– Sei felice?
– Godo perfetta felicità.
– Soltanto la compagnia del babbo e della mamma.
– Perché non ti fai loro vedere?
– E perché vuol sapere quello che Dio ha riservato a sé? Ci vuole la permissione di Dio. Se io parlassi a loro, le mie parole, non otterrebbero il medesimo effetto. Bisogna che queste passino per lei.
– Cosa devo dire ai tuoi genitori? – Che si facciano precedere dalla luce e si procaccino amici nel Cielo.
Dice Don Bosco: Il volto di Luigi era radioso e di una luminosità che cresceva sino ad abbagliare la vista; i suoi lineamenti erano i medesimi che da vivo.
– Dimmi, Luigi: Tu sei morto o vivo? – Sono vivo.
– Eppure sei morto!
– Il mio corpo è sepolto; ma io vivo. – Non è il tuo corpo quello che io vedo?
– Non è il mio corpo. – È il tuo spirito?
– Non è il mio spirito. – È la tua anima? – No!
– Cosa è dunque ciò che io vedo? – È la mia ombra.
– Ma un’ombra come può parlare? – Per permissione di Dio.
– E l’anima tua dov’è?
– È presso Dio, sta in Dio e lei non può vederla.
– E tu in che modo vedi noi?
– In Dio si vedono tutte le cose; il passato, il presente e l’avvenire vi si vedono come in uno specchio.
– Che cosa fai in Cielo?
– Dico: “Gloria a Dio!” A Dio si rèndono grazie! Grazie a Colui che ci ha creati, a Colui dal quale tutto ha principio! Grazie! Lodi! Alleluia! …
Continua Don Bosco: Luigi prese a magnificare la grandezza delle opere di Dio, parlando in latino: Se si andasse in trenodiretto dalla terra al sole, vi s’impiegherebbe non meno di trecentocinquant’anni. Per arrivare poi all’altra parte del sole, vi sarebbe uguale distanza. Ogni nebulosa è cinquanta milioni di volte maggiore del sole, e la sua luce per giungere alla terra impiega dieci milioni di anni. La luce del sole percorre trecentomila chilometri al secondo …
Basta, basta! – esclamò Don Bosco. La mia mente non ti può più tener dietro.
– Eppure è soltanto il principio della grandezza delle opere di Dio!…
– Dimmi ancora: Come va che tu sei in Paradiso ed anche qui?
– Più presto della luce e con la rapidità del pensiero io vengo qui, nella casa dei miei genitori e altrove.
– Dimmi qualche cosa utile ai giovani!
– Bisogna che i fanciulli si comunichino con frequenza. Devi ammetterli presto alla Santa Comunione. Dio vuole che si nutrano della Santa Eucaristia.
– Ma come si fa a comunicarli, quando sono ancora troppo piccoli?
– Dai quattro ai cinque anni si mostri loro la Santa Ostia e preghino Gesù guardandola. I fanciulli devono essere ben compresi di tre cose: amore di Dio, Comunione frequente e amore al Sacro Cuore di Gesù.
– Prima di lasciarmi, dammi un’altra spiegazione! I tuoi genitori ed io pregammo perché tu non morissi. Perché non fu esaudita la nostra preghiera?
– Fu meglio che io non guarissi.
– Come mai? Avresti fatto opere buone, avresti dato molte consolazioni ai genitori, ti saresti occupato maggiormente a far glorificare Iddio …
– Ne è lei ben sicuro? Pronunziò lei stesso la sentenza, amara per me, amara per i miei genitori, ma tuttavia fu per il mio bene. Quando lei domandava il mio ristabilimento in salute, la Santa Vergine diceva a Gesù: Luigi adesso è mio figlio; lo voglio prendere ora che è mio!
– Quando ci dovremo preparare noi per venire in Paradiso?
– In seguito le darò la spiegazione che desidera … » –
L’apparizione cessò.
Quando Don Bosco fece la narrazione di tutto ai Conti Colle, osservò: È indicibile la bellezza degli ornamenti che rivestivano la persona di Luigi. La sola corona che gli cingeva la fronte, avrebbe richiesto non giorni o mesi, ma anni per esaminarla particolarmente, divenendo sempre più brillante e dilatandosi a misura che la si contemplava. –
La Contessa Colle prese appunti sulla narrazione avuta ed aggiunse: Don Bosco era commosso quando parlava ed i suoi occhi si bagnavano di lacrime. –
Il suddetto episodio farà meglio comprendere certi quesiti che verranno toccati nel corso della trattazione.
Veniamo alla dimostrazione dell’esistenza del Paradiso.
PARTE PRIMA
ESISTENZA
Ignoranza disastrosa.
Il treno era in moto. I viaggiatori scambiavano qualche parola; parlavano del più e del meno.
Una donna carica di acciacchi esclamò: Che vita! Meno male che si muore e ci si va a riposare in Paradiso! –
Un tale rispose: Ma che Paradiso! Quando si muore, tutto finisce! Non c’è Paradiso e neppure inferno!
– Scusate, signore, se m’intrometto io! Come Sacerdote sono tenuto a dire la mia parola. Avete detto: Non c’è Paradiso! Quest’affermazione è una conclusione e alle conclusioni si giunge dopo molto studio. A quali studi religiosi vi siete applicato per essere convinto di ciò che avete asserito?
– Non occorre studiare la Religione per avere delle convinzioni!
– Io invece ho studiato seriamente il problema religioso da cinquant’anni e sono sicuro di non errare, dicendo: « Il Paradiso c’è! v. Studiate, meditate, aprite gli occhi e sappiate guardare!
– Cosa intende dire?
– Che tanti parlano come voi, perché non sanno guardare! D’ordinario si guarda in basso, a destra o a sinistra, e si trascura di guardare dentro ed in alto!
– Spiegatevi meglio!
– Si guarda in basso per cercare denari, piaceri corporali, tutto ciò insomma che soddisfa momentaneamente. Si volgono gli occhi a destra ed a sinistra, per vedere come fanno gli altri: nel commercio, in famiglia, lungo le vie … Bisogna guardare anche dentro … nel proprio cuore, nella coscienza, per constatare il marciume morale e per scrutare il mistero della più grande aspirazione umana, che è la felicità! È necessario puntare lo sguardo in alto, per conoscere con l’intelligenza il Creatore di quest’universo meraviglioso! Se si guardasse meglio, si parlerebbe con più assennatezza!…
La ragione.
Il Paradiso, l’eterno godimento o felicità perfetta, deve esistere. La ragione umana ne vede la convenienza.
L’istinto è una forza misteriosa, naturale, che spinge a qualche cosa; finché un istinto non trova l’oggetto corrispondente, sta a disagio. Si avverte la sete; si va allora in cerca di acqua; il corpo vivente va in smania finché non si sia dissetato.
La natura creata, frutto d’infinita sapienza, non froda gli esseri nel loro istinto. Ad ogni istinto corrisponde l’oggetto adeguato. Si avverte la fame e c’è il pane; si hanno gli occhi ed esiste la luce; l’intelligenza tende alla verità e riesce a scoprirla; il cuore umano ha l’istinto di amare e trova l’oggetto del suo amore. Anche gli animali trovano l’oggetto del loro istinto: il gatto trova il topo e il cane la lepre. ..
Ma tra tutte le tendenze della creatura umana ce n’è una prepotente, incessante, tormentosa; è la sete della felicità, della gioia perfetta.
È un fatto che tutti cercano la felicità, o nell’amore o nella ricchezza o nella soddisfazione dell’amor proprio; ed è anche un fatto che nessuno sulla terra è felice. Si hanno dei momenti di gioia, misti quasi sempre a qualche amarezza. Ma chi può dire: Io ho trovato la gioia vera, perfetta, duratura? – Nessuno! Comunemente si esclama: La felicità non esiste; è una chimera! –
Se c’è in tutti gli uomini la tendenza alla felicità, necessariamente questa deve esistere. Se così non fosse, noi ci troveremmo davanti ad un assurdo: la natura, che non inganna gli esseri, neppure le bestie, nelle loro tendenze, ingannerebbe l’uomo, il re del creato!
Un fatto.
Persone bizzarre se ne incontrano.
Si racconta che un tale aveva allestito un grazioso villino. Sul cancello pose una targa con lo scritto: “Il proprietario cede gratuitamente il villino a chi è felice”.
Da lì a poco passò per quei pressi un bel giovane, novello sposo. Colpito dalla lusinghiera dicitura, esclamò: Il villino appartiene a me! Io sono felice! – Si presentò al padrone. Questi, sicuro del fatto suo, rivolse delle domande: Ma voi siete proprio felice?
– Sì! Sono giovane; godo ottima salute; ho bell’aspetto; sono anche ricco; ho trovato una sposa ideale …
– Eppure voi non siete felice; se veramente foste tale, non desiderereste il mio villino … I beni, di cui vi credete ricoperto, sono passeggeri. Sarete sempre giovane? Vi aspetta la vecchiaia. Avete la salute? Domani potreste essere a letto infermo. Siete ricco? Avete più preoccupazioni di un semplice benestante. La vostra sposa è ideale? Vedrete quanti crepacuori potrebbe darvi nella convivenza! … Dovete convenire con me a dire: Per il momento ho delle gioie, ma realmente non sono felice! –
La felicità deve esistere. Se la vita dell’uomo fosse soltanto terrena, cioè se tutto cessasse con la morte, l’uomo sarebbe un vero deluso. Si ha un’anima spirituale, intelligente e volitiva, distinta ma non separata dal corpo. Lo spirito non può essere distrutto nè dal tempo nè da forza materiale. L’anima sussiste anche dopo la separazione dal corpo e se non può trovare la felicità nella vita terrena, passeggera, deve trovarla fuori dal créato, nella vita dell’al di là.
L’assurdo.
Questa vita è incompleta. Ripugnano alla ragione gli assurdi. Se non ci fosse il Paradiso, o il premio nell’altra vita, perché
fare il bene e compiere atti di eroismo, sino ad affrontare la morte? Perché operare il bene, se non si aspetta una ricompensa? Sulla terra molte opere buone non sono ricompensate, anzi neppure conosciute. Il senso di giustizia esige che i malvagi siano puniti. Quanti malfattori restano invece impuniti nel mondo! Quanti onesti ed amanti della giustizia sono oppressi! Se tutto finisse con la morte, si dovrebbe dire: Meglio essere malvagi che onesti! – Ma questa proposizione è contraria alla retta ragione, la quale esige la ricompensa del bene e la punizione del male.
A certe verità, d’importanza capitale, quale sarebbe l’esistenza della felicità perfetta, l’intelligenza umana può portare solo un piccolo contributo, chiamato di convenienza. Ma gli argomenti fortissimi ed inconcussi li appresta la Rivelazione Divina.
Chi non crede al Paradiso? Taluni, per millanteria o per falsa convinzione, dicono che il Paradiso non esiste.
I motivi dell’incredulità sono:
1. L’ignoranza delle verità rivelate da Dio;
2. L’irriflessione sul problema o sul perché della esistenza dell’uomo sulla terra;
3. L’interesse personale.
Commentiamo il terzo punto.
Chi non osserva i Comandamenti di Dio e si lascia dominare dalle passioni, ha interesse di dire a sé ed agli altri: « Il Paradiso non c’è! », – perché, ammettendolo, deve necessariamente ammettere anche l’inferno, il che non gli fa comodo.
I più restii a credere al Paradiso sono coloro che vivono nell’impurità. Se si parla di questa verità ai giovanotti ed alle giovani di condotta poco morale ed anche a quelli che convivono senza il Sacramento del Matrimonio, o si arrabbiano, o rispondono con una risatina di scherno, o si allontanano crollando le spalle, ovvero esclamano: Sciocchezze! … Il Paradiso è solo in questa vita! –
Sono troppo sensuali e non possono assurgere allo spirituale. L’uomo animale non comprende le cose dello spirito di Dio!
La Rivelazione.
Che esista Iddio, Creatore dell’universo, è certo. Rimando il lettore ad una mia pubblicazione « Perché credo! ».
Che sia esistito Gesù Cristo, nessuno lo mette in dubbio, neppure i più insensati storici o filosofi; e poi, venti secoli di storia sono imperniati sul Cristo e l’attuale umanità o crede in Lui ovvero lo combatte.
La vita e gl’insegnamenti di Gesù sono stati e sono tuttora minuziosamente studiati dai più grandi geni. I quattro Vangeli, scritti in diversi luoghi e in diverse lingue dai discepoli di Gesù, concordano perfettamente; i primi lettori del Vangelo, testimoni dei fatti narrati, non poterono impugnare nulla, neppure i più accaniti nemici della dottrina del Cristo. Nessun fatto dell’umanità è cosi solido come la esistenza storica di Gesù.
Non mi propongo di dimostrare la Divinità di Gesù Cristo, avendo fatto ciò in altre pubblicazioni: « Il mistero della Trinità» e «Il Cristo… così ci amò! … ».
Alla mia tesi basta un rapido accenno. Gesù disse di essere il Figlio di Dio, uguale all’Eterno Padre, e di essere venuto al mondo per redimerlo dal peccato ed insegnare la via del Paradiso. Fu condannato a morte per questo motivo, quale bestemmiatore. Provò la sua Divinità con la sublimità della sua dottrina, che di certo non aveva appreso nella bottega di Nazaret. Si mostrò padrone di tutti gli elementi della natura, operando ad un semplice cenno innumerevoli e strepitosi miracoli; cambiare l’acqua in vino, moltiplicare i pani, calmare il mare in tempesta, imperare ai demoni, liberare da ogni malattia, chiamare a vita i morti e… risorgere Egli stesso da morte.
Gesù con i miracoli intendeva dimostrare che era il Figlio di Dio Incarnato, vero Dio e contemporaneamente vero uomo, e per conseguenza presentava la sua dottrina come divina, assolutamente vera, pena l’inferno a chi l’avesse rigettata.
Il premio divino.
Gesù insegnò la sua celeste dottrina, perfetta sotto tutti gli aspetti, conforme alla retta ragione, apportatrice di vera pace, però richiedente sacrifici, ed anche gravi, quali sarebbero la perfetta purezza anche nei pensieri e l’amore dei nemici.
Per invogliare a seguirlo, era necessario presentare un premio, in qualche modo adeguato ai sacrifici; e Gesù, non una volta, ma di continuo diceva: Il premio sarà eterno! … Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca ad uno di questi piccoli, perché mio discepolo, in verità vi dico, che non perderà la sua ricompensa (S. Matteo, XI, 42).
Il maestro per eccitare gli alunni allo studio, ricorda loro gli esami e la promozione; il capitano ricorda ai soldati, pronti alla battaglia, il frutto della vittoria: la gloria e la libertà. Osserviamo come Gesù si sia comportato durante la vita pubblica nel promettere il premio delle buone opere.
Le Beatitudini.
Gesù, vista la folla, salì sul monte e, come fu seduto, gli si accostarono i suoi discepoli. Allora egli cominciò ad ammaestrarli, dicendo:
Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli.
Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che piangono, perché saranno consolati.
Beati i famelici ed i sitibondi della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il Regno dei Cieli.
Beati voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e, mentendo, diranno di voi ogni male per cagione mia. Rallegratevi ed esultate, ché grande sarà la vostra ricompensa in Cielo (S. Matteo, V, 1…).
Episodio Evangelico.
Un giovane si accostò a Gesù e gli disse: Buon Maestro, che dovrò fare di bene per avere la vita eterna? – E Gesù gli rispose: Se vuoi entrare nella vita (in Paradiso), osserva i Comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre ed ama il prossimo tuo come te stesso. –
Ed il giovane a Lui: Tutto questo l’ho osservato sin da fanciullo. Che altro mi manca?
– Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto hai, dàllo ai poveri e avrai un tesoro nel Cìelo; poi vieni e seguimi! – Ma il giovane, udito ciò, si allontanò contristato assai, perché era molto ricco.
Allora Gesù disse ai discepoli: In verità vi dico che difficilmente un ricco entrerà nel Regno dei Cieli! E vi dico di più: È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel Regno dei Cieli! –
Udito questo, i discepoli esclamarono: Chi potrà dunque salvarsi? –
E Gesù, guardatili, disse loro: Questo è impossibile all’uomo; ma a Dio è possibile tutto (S. Matteo, XIX, 16).
San Pietro, riflettendo sulle parole di Gesù, desideroso di andare in Paradiso, ma nello stesso tempo timoroso di non salvarsi, chiese al Maestro a nome dei discepoli: Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Che cosa ce ne verrà? – Gesù soggiunse: In verità vi dico che voi che mi avete seguito, nella rigenerazione, quando il Figlio dell’uomo sederà sul trono della sua gloria, sederete anche voi sopra dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. E chi avrà lasciato casa, fratelli o sorelle, padre o madre, o moglie o figli o i campi per amore del mio nome, riceverà il centuplo in questo secolo e poi avrà la vita eterna! (S. Matteo, XIX, 27).
Incoraggiamento.
Gesù Cristo per incoraggiare tutti ad andare in Paradiso, portò la parabola degli operai. Un padrone uscì di buon mattino in cerca di operai per la sua vigna; trovatili, pattuì la paga del giorno. Uscì anche all’ora terza e poi all’ora sesta ed alla nona; trovati degli uomini oziosi, li mandò nella sua vigna. Verso il tramonto, cioè un’ora prima che finisse il lavoro, mandò altri alla vigna. Alla fine della giornata, tutti ricevettero la paga.
Questa parabola dimostra che il Paradiso è riservato non solo a quelli che sin dall’infanzia si danno a Dio, ma pure a quelli che si rimettono sulla buona strada nella gioventù o nella virilità o nella vecchiaia; possono salvarsi pure coloro che nell’ultima ora della vita detestano il male e ritornano a Dio.
Gesù provò questa verità, allorché dall’alto della Croce disse al ladrone pentito: Oggi sarai con me in Paradiso! (S. Luca, XXIII, 43).
Minaccia divina.
Come il pastore rivolge tutte le premure al gregge e lo guida e conduce al pascolo, sopportando il caldo ed il freddo, attraversando valli e burroni ed esponendo anche la vita per difendere una sola pecorella, così Gesù, Pastore Eterno delle anime, ha dato la vita per procurare loro il Paradiso. Tra quelli che ascoltavano i suoi divini insegnamenti, c’erano i Farisei, che con la loro ipocrisia falsavano la legge di Dio, vivevano male essi e spingevano gli altri ad imitarli. Gesù vedeva nei Farisei dei lupi rapaci e li rimproverò fortemente minacciandoli di non ammetterli in Paradiso:
– Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti, perché serrate in faccia alla gente il Regno dei Cieli; né ci entrate voi, né lasciate enentrare chi è alla porta! (S. Matteo, XXIII, 13). –
Il servo vigilante.
Gesù desiderava che il pensiero del Paradiso fosse dominante in ognuno e perciò raccomandava la vigilanza continua:
– State vigilanti! Beato quel servo che il padrone, venendo, troverà vigilante. Vi dico in verità che lo preporrà a tutti i suoi beni (S. Luca, XII, 43).
Portò la parabola dei talenti, per invogliare a lavorare per l’altra vita: Disse il padrone al servitore: Bene, servo buono e fedele! Poiché sei stato fedele nel poco, ti darò autorità sul molto. Entra nel gaudio del tuo Signore (in Paradiso). (S Matteo, XXV, 21).
I beni.
Il padre desidera il vero bene dei figli. Sapendo Gesù che gli uomini corrono facilmente dietro ai beni della terra, cioè alla ricchezza ed ai piaceri, esorta i suoi seguaci ad arricchirsi dei beni celesti, eterni: Non vogliate accumulare tesori sulla terra, dove la ruggine e la tignola consumano ed i ladri dissotterrano e rubano; ma fatevi dei tesori nel Cielo! (S. Matteo, VI, 19), – Fatevi degli amici col mammona d’iniquità (cioè, fate elemosina), affinché quando morrete essi vi ricevano negli Eterni Tabernacoli (S. Luca, XVI, 9). –
La via del Cielo.
Gesù parla all’umanità con autorità divina, cioè con sicurezza assoluta; perciò dice: Io sono la via, la verità e la vita! (S. Giovanni XIV, 6). – … Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce di vita! (S. Giovanni, VIII, 12). – Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché, chi vorrà salvare la sua vita, la perderà e chi sacrificherà la sua vita per amar mio, la salverà! (S. Matteo, XVI, 4).
– Il Regno dei Cieli si acquista con la forza e se ne impossessano i violenti! (S. Matteo, XI, 12).
– Se la tua mano o il tuo piede ti sono occasione di scandalo, tagliali e gttali lontano da te! È meglio per te entrare nella Vita (in Cielo) monco o zoppo, che non essere gettato con le due mani ed i due piedi nelle geenna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo occhio è per te occasione di scandalo, càvalo e gèttalo via da, te! È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella geenna del fuoco! (S. Marco, IX, 42).
Con queste frasi Gesù insegna che per andare in Paradiso bisogna essere disposti a qualunque sacrificio, anche al più grave, quale sarebbe l’amputazione d’un membro. La dottrina di Gesù Cristo non è basata sulle esteriorità, ma più che tutto e pratica, è osservanza della legge di Dio, è compimento dei voleri divini. Gesù dunque afferma: Non chi dice: « Signore, Signore! … » entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi avrà fatto la volontà del Padre mio che è nei Cieli, questi entrerà nel Regno dei Cieli … Chi pertanto ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà paragonato ad un uomo avveduto, che fondò la sua casa sulla roccia (S. Matteo, VII; 21). –
Salita faticosa.
La via del Paradiso, secondo il pensiero di Gesù, è paragonabile alla via del Calvario, salita faticosa. Tuttavia, benché siano molte le tribolazioni dei giusti, Dio non manca di assisterli con la sua grazia, affinché abbiano a perseverare. Se i seguaci del Celeste Condottiero, Gesù, devono stare vicino alla Croce, con la vigilanza e le rinunzie all’amor proprio ed alla sensualità, non di meno godono spiritualmente, perché hanno la vera pace del cuore, la pace dei figli di Dio, mentre i gaudenti del mondo ed i dissoluti hanno come retaggio su questa terra l’amarezza ed il rimorso.
Il Giudice Supremo. Gesù afferma esserci il Paradiso, ne insegna la via e proclama essere Lui ad assegnare agli uomini il posto dell’eternità: Paradiso oppure inferno.
Parlando Egli della fine del mondo e della risurrezione dei morti, soggiunge: – Quando verrà il Figlio dell’uomo nella sua maestà, con tutti i suoi Angeli, siederà sul trono della sua gloria. E si raduneranno dinnanzi a Lui tutte le genti e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa gli agnelli dai capretti; e metterà gli agnelli alla sua destra ed i capretti alla sinistra. Allora il Re dirà a quelli che sono alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio; prendete possesso del Regno, preparato per voi sin dalla costituzione del mondo! … Ed i giusti andranno alla Vita Eterna (S. Matteo, XXV, 1).
II Tabor.
Accennando il Signore spesso al Paradiso, gli Apostoli ardevano del desiderio di possederlo. Con bontà più che paterna Gesù li assicurava che si sarebbero salvati: Rallegratevi che i vostri nomi stanno scritti in Cielo! (S. Luca, X, 20).
Volle dare un saggio del Paradiso durante la sua vita terrena, però soltanto a tre Apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni.
Un giorno Egli li condusse in disparte, sopra un alto monte, sul Tabor, e si trasfigurò alla loro presenza. Le sue vesti divennero sfolgoranti e candidissime come la neve, quali nessun tintore della terra sarebbe capace di fare. Apparvero Elia e Mosè a discorrere con Gesù.
I tre Apostoli, a vedere la bellezza sovrumana del Maestro, furono presi da spavento; rimasero a contemplare estatici, dimentichi di tutto, disposti a rimanere sempre su quel monte. Pietro esclamò: Maestro, è bene per noi stare qui! Facciamo tre tende: una per te, una per Mosè ed una per Elia! – Ma non sapeva ciò che dicesse, tanto era sbigottito.
La scena si protrasse; poi si levò una nube ad avvolgerli e dalla nube uscì una voce: Questi è il mio Figlio diletto; ascoltatelo! –
Ad un tratto gli Apostoli, guardatisi attorno, videro Gesù con loro, com’era prima della trasfigurazione.
Credo … la Vita Eterna
Gesù Cristo, Dio-uomo, assicura che dopo questa vita ce n’è un’altra, la Vita Eterna.
Taluni invece, ignoranti di Religione ed altri dediti al vizio, dicono: Non esiste la Vita Eterna!
A chi bisogna credere, a Gesù Cristo ovvero agli uomini perversi? …
Non c’è dubbio su questa grande verità di fede, che noi professiamo nel Credo, o Simbolo Apostolico: Credo … la Vita Eterna.
Chi nega il Paradiso o lo mette in dubbio volontariamente, commette peccato.
Gli Angeli
Come l’inferno è provato oltre che dall’insegnamento diretto di Dio anche dalla esistenza dei demoni, così il Paradiso è provato pure dall’esistenza degli Angeli, i quali, dopo Maria Santissima, sono le più eccelse creature uscite dalla mente di Dio. Gli Angeli sono nel gaudio eterno sin dall’istante della loro creazione.
Che gli Angeli esistano e che siano apparsi in sembianza umana su questa terra, è fuori dubbio. Non mi dilungo sull’argomento; solo invito il lettore a leggere un opuscolo di mia pubblicazione a “Gli Angeli”.
II culto dei Santi.
Se il Paradiso non esistesse, non dovrebbe esserci sulla terra il culto della Madonna; cessata la vita terrena della Madre di Gesù Cristo, avrebbe dovuto cessare la sua potenza d’intercessione al trono di Dio. Come spiegare allora le innumerevoli apparizioni della Vergine Santissima, i prodigi immensi che ha operato e che continua ad operare?
Neppure si dovrebbe ammettere il culto dei Santi; se non ci fosse il Paradiso, essi non dovrebbero più esistere. Noi invece sappiamo che i Santi intercedono presso Dio e che i miracoli si perpetuano sulla terra, mercé la loro potenza presso il Creatore.
Dio vuole tutti in Cielo.
Da persone poco riflessive, e spesso miopi spiritualmente, si sente dire: Il Padiso c’è! … Il Paradiso sarà bello, ma non è fatto per noi! –
Si fa male a parlare così! Il Cielo è fatto per tutti; se ne privano soltanto coloro che non vogliono andarvi. Dio vuole che tutti si salvino, perché Gesù Cristo ha dato la sua vita per tutti.
Leggiamo nel Vangelo: La volontà del Padre che mi ha mandato è questa: che io non perda nemmeno uno di quelli che mi ha dato, ma che li risusciti nell’ultimo giorno. E la volontà del Padre che mi ha mandato è che chiunque conosce il Figlio e crede in Lui, abbia la Vita Eterna! (S. Giovanni, VI, 39).
San Paolo, l’Apostolo delle Genti, ripieno di Spirito Santo, scriveva al Vescovo Timoteo: Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità. Ora, v’è un solo Dio e un solo Mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, il quale diede se stesso in redenzione per tutti (1° Timoteo, 11, 5).
Ma tutti si salvano?
Per rispondere a questo grave quesito, riporto una pagina del mio opuscolo « L’inferno c’è! ».
Gli Apostoli chiesero a Gesù: Maestro, sono molti quelli che si salvano? – Gesù rispose, ma in modo evasivo, non volendo che l’uomo penetrasse quest’arcano: Entrate per la porta stretta, perchè quella larga e spaziosa conduce alla perdizione e molti s’incamminano per essa. Quanto stretta è invece la porta ed angusta la via che conduce alla Vita e pochi sono quelli che la trovano (S. Matteo, VII, 13).
Quale significato dare alle parole del Divin Maestro?
La via del bene è aspra, perché si tratta di frenare le innate passioni.
La via del male, che mena all’inferno, è comoda ed è battuta da molti.
– Dunque, dirà qualcuno, la massima parte degli uomini non andrà in Paradiso? –
Si risponde: Non si sa!
I Santi Padri, ed in generale i Moralisti, affermano che i più si salvano. Eccone le ragioni:
Iddio dà a tutti i mezzi per raggiungere l’eterna felicità; chi si appiglia ad essi, facilmente si salva.
La Sacra Scrittura dice: “E’ abbondante la Redenzione presso di Lui” (Salmo 129).
Possono essere molti coloro che usufruiscono della Redenzione del Figlio di Dio.
Uno sguardo all’umanità: Un terzo circa degli uomini suole morire prima dell’uso di ragione, cioè quando non è in grado di commettere il peccato grave. I bambini battezzati vanno subito in Paradiso; i non battezzati vanno al Limbo.
I così detti «irreligiosi … libertini… perversi» non tutti finiscono male, perché nella vecchiaia, diminuendo il fuoco delle passioni, facilmente ritornano a Dio. Molti cattivi si rimettono in grazia durante il dolore … in un lutto di famiglia … in un pericolo di vita … Quanti muoiono bene negli ospedali, sui campi di battaglia, nelle prigioni, in seno alla famiglia! Non sono di certo molti coloro che rifiutano i conforti religiosi in fine di vita, perché allora, davanti alla morte, si sogliono aprire gli occhi e sfumano certe prevenzioni e spavalderie.
Sul letto di morte la grazia di Dio suole essere molto abbondante, mercé la preghiera ed i sacrifici dei parenti e di tante persone pie, che giornalmente pregano per gli agonizzanti.
Da tutto ciò appare che, quantunque molti battano la via del male, non di meno tanti ritornano a Dio prima di entrare nell’eternità.
I due peccati.
Tra i peccati contro lo Spirito Santo, e quindi tra i più gravi, ce n’è due che vanno per il caso nostro.
La disperazione della salvezza eterna e la presunzione di salvarsi senza merito. Gravemente resta offeso lo Spirito Santo, Spirito di Verità e Santificatore, quando un’anima dice: Io non mi salverò! … Non riuscirò ad andare in Paradiso! … È inutile che io faccia opere buone! … Se sono destinato a dannarmi, invano spero di salvarmi!… –
È pure peccato dire: Io certamente mi salverò, ancorché commetta i peccati!… Non occorre fare opere buone, pregare e resistere alle passioni! … Dio è Padre di misericordia e non permetterà che io vada all’inferno! … -
Come appare, è necessario bandire dall’animo sia la disperazione che la presunzione. Chi fa ciò che può, appigliandosi ai mezzi lasciati da Dio, giungerà ai gaudi eterni. Ma è proprio necessaria la cooperazione umana? Sant’Agostino, Dottore di S. Chiesa, afferma: Chi ti ha creato. senza di te, cioè senza la tua cooperazione, non ti salverà senza di te, se non fai cioè la tua parte.
La Santa Chiesa presenta ai fedeli una preghiera, che purtroppo non tutti recitano e che non sempre è abbastanza approfondita; è l’Atto di Speranza: Mio Dio, spero dalla bontà vostra, per le vostre promesse e per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore, la Vita Eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. Signore, che io non resti confuso in eterno! –
Comollo.
Ci si chiede: Qualcuno dei mortali ha visto mai il Paradiso? È venuto alcuno dall’altra vita a dire: Il Paradiso c’è! … ?
A soddisfazione dei lettori si riporta qualche fatto storico. Il primo lo rilevo dalla vita di San Giovanni Bosco. Scrive Don Bosco: Nel Seminario di Chieri contrassi una santa amicizia col Chierico Luigi Comollo, da Cinzano. Nelle nostre amichevoli relazioni, seguendo ciò che avevamo letto in alcuni libri, avevamo pattuito fra di noi di pregare l’uno per l’altro e che colui, il quale per primo fosse chiamato all’eternità avrebbe portato al superstite notizie dall’altro mondo. Più volte noi confermammo la promessa, mettendo la condizione: Se Dio lo permetterà e se sarà di suo gradimento. Tale cosa allora si fece come una puerilità, senza conoscerne l’importanza; tuttavia fra di noi si ritenne sempre sul serio, quale sacra promessa. Nel corso della malattia del Comollo si rinnovò più volte la promessa e, quando egli venne a morire, se ne attendeva l’adempimento, non solo da me, ma anche da alcuni compagni che ne erano informati.
Era la notte del 4 aprile 1839, notte che seguiva il giorno della sua sepoltura, ed io riposavo con i Chierici del Corso Teologico in quel dormitorio, che dà nel cortile a mezzodì. Ero a letto, ma non dormivo. Sullo scoccare della mezzanotte, si udì un cupo rumore in fondo al corridoio, rumore che rendevasi più sensibile, più cupo e più acuto mentre si avvicinava. Pareva il rumore di un treno. Non saprei esprimermi, se non col dire che formava un complesso di fragori così vibrati e violenti, da recare spavento e togliere la parola. Man mano che si avvicinava, lasciava dietro di sé rumoreggianti le pareti, la volta, il pavimento del corridoio, come se fossero costruiti di lastre di ferro, scosse da potentissima forza.
I seminaristi di quel dormitorio si svegliarono, ma nessuno parlava. Io ero impietrito dal timore.
Intanto il rumore si avanza, ma sempre più spaventoso; è presso al dormitorio; si apre da sé violentemente la porta del medesimo; continua più veemente il fragore senza che alcuna cosa si veda, eccetto una languida luce, di vario colore, che pareva regolatrice di quel fracasso.
Ad un certo momento si fa improvviso silenzio, splende più viva quella luce e si ode distintamente risuonare la voce del Comollo: Bosco! Bosco! Bosco! Io sono salvo! –
In quel momento il dormitorio divenne più luminoso; il cessato rumore si fece sentire di nuovo e di gran lunga più violento, quasi tuono che sprofondasse la casa, ma tosto cessò ed ogni luce disparve.
I compagni, balzati da letto, fuggirono senza sapere dove; si raccolsero alcuni in qualche angolo del dormitorio, altri si strinsero attorno al prefetto di camerata, che era Don Giuseppe Fiorito da Rivoli; tutti passammo la notte aspettando ansiosamente il sollievo della luce del giorno.
Io soffri assai e fu tale il mio spavento, che in quell’istante avrei preferito morire. Da qui incominciò una malattia, che mi portò all’orlo della tomba e mi lasciò così male andato in salute, che non ho potuto più riacquistarla se non molti anni dopo.
Avverto che dopo molti anni da questa apparizione, sono ancora vivi alcuni testimoni del fatto.
Io mi contento di averlo esposto nella sua integrità, ma raccomando a tutti di non fare tali convenzioni, perché, trattandosi di mettere in relazione le cose naturali con le soprannaturali, la povera umanità ne soffre gravemente. –
Fin qui San Giovanni Bosco.
San Paolo.
Non si può pretendere che ogni uomo, finché è in vita, vada a vedere il Paradiso e faccia, per così dire, una gita nell’al di là per assicurarsi. All’uomo deve bastare, per credere, ciò che Dio ha rivelato.
Tuttavia il Signore, per fini particolari, ha concesso a qualche mortale sì grande favore.
Saulo, giovane ardente, perseguitava i primitivi Cristiani. Mentre era sulla via di Damasco, d’improvviso una luce del cielo gli sfolgoreggiò dintorno. Caduto per terra dal cavallo, sentì una voce che gli disse: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? – Ed egli chiese: Chi sei, Signore? – Io sono Gesù, che tu perseguiti! Dura cósa è per te ricalcitrare contro il pungolo! – Signore, che vuoi ch’io faccia? – Alzati ed entra in città. Il mio discepolo Anania ti dirà quello che devi fare! –
Da quel momento Saulo, ovvero Paolo, divenne il Vaso di elezione, l’Apostolo dei pagani, il banditore più zelante del Vangelo di Gesù Cristo. Più volte fu lapidato, battuto con verghe, cercato a morte, imprigionato … finché gli fu troncata la testa a Roma.
Gesù volle premiare il fedele Apostolo, ammettendolo a visitare il Paradiso mentre era ancora in vita.
Fu interrogato a narrare ciò che avesse visto in Cielo e rispose: Son cose che l’occhio mai vide, l’orecchio mai udì, cose che mai entrarono nel cuore dell’uomo, quelle` che Dio ha preparato a coloro che lo amano! (18 Corinti, II, 9).
Queste parole dell’Apostolo manifestano la sublimità dei gaudi eterni e l’impotenza dell’uomo a riprodurre con parole le gioie soprannaturali.
L’Apocalisse.
S. Giovanni Evangelista, l’Apostolo prediletto, colui che posò il capo sul petto di Gesù nell’ultima cena, potè mirare delle scene di Paradiso e le descrisse nel libro dell’Apocalisse:
– Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, mi trovai nell’isola di Patmos. Fui rapito in estasi in giorno di domenica ed udì dietro a me una voce potente, come di tromba, la quale mi diceva: Quello che vedi, scrivilo in un libro e màndalo alle sette Chiese dell’Asia…
Mi voltai per vedere chi mi parlava e vidi sette candelabri d’oro ed in mezzo c’era uno simile al Figlio dell’uomo, vestito in abito talare e cinto il petto d’una fascia d’oro. Aveva il capo ed i capelli candidi come neve; i suoi occhi erano come il fuoco fiammante. i suoi piedi simili a rame arroventato; la sua voce era come il rumore di molte acque; la sua faccia era come il sole, quando risplende in tutta la sua forza … Io caddi ai suoi piedi come morto ed egli, posata sopra di me la sua destra, mi disse: Non temere! Io sono il primo e l’ultimo; sono il Vivente e fui morto; ed ecco io vivo nei secoli dei secoli ed ho le chiavi della morte e dell’inferno …
Dopo guardai ed ecco una porta aperta nel Cielo e la voce che avevo udito prima mi parlò di nuovo: Sali qua e ti farò vedere le cose che dovranno accadere. – E subito fui rapito in spirito; ed ecco un trono innalzato nel Cielo. Colui che vi stava a sedere era nell’aspetto simile alla pietra di diaspro e di sardio ed intorno al trono era un’iride simile a smeraldo. Dal trono spartivano folgori e voci e dinanzi stavano sette lampade ardenti, che sono i sette spiriti di Dio. Ed in faccia al trono era come un mare di vetro simile a cristallo…
Ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all’Assiso dinanzi al trono, dicendo: Degno sei, o Signore nostro Dio, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu creasti tutte le cose e per volere tuo esse esistono! …
Mirai ed udi intorno al trono la voce di molti Angeli, numerosi a migliaia di migliaia, che dicevano: L’Agnello che è stato immolato è degno di ricevere la potenza, la divinità, la sapienza, la fortezza, l’onore, la gloria e la benedizione! …
E tutte le creature che sono in cielo, le senti tutte dire: All’Assiso sul trono ed all’Agnello onore, gloria e potenza per tutti i secoli! …
Dopo di questo guardai e vidi l’Agnello e con Lui centoquarantaquattro mila persone, che avevano scritto in fronte il suo nome e quello del Padre suo. Udì un suono, che era come un concerto di arpisti che suonano i loro strumenti, e si cantava un cantico nuovo dinanzi al trono, cantico che nessuno poteva imparare, se non quei centoquarantaquattro mila riscattati dalla terra, quelli cioè che si sono mantenuti vergini. Essi seguono l’Agnello dovunque vada…
Poi vidi un’immensa folla, che nessuno poteva contare, d’ogni nazione e tribù e popolo e linguaggio. Essi stavano davanti al trono e davanti all’Agnello, in bianche vesti e con palme in mano e dicevano: La salute al nostro Dio, che siede sul trono ed all’Agnello! – Un Angelo mi disse: Scrivi: Beati ooloro che sono stati chiamati al banchetto nuziale dell’Agnello! – Io mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo, ma egli mi disse: Guardati dal farlo! Adora soltanto Dio! …
Un altro Angelo mi portò in spirito sopra un monte grande e sublime e mi fece vedere la Città Santa, la Celeste Gerusalemme. Essa aveva lo splendore di Dio e la sua luce era simile a pietra preziosa. Le mura della Città avevano dodici fondamenti, sui quali erano i nomi dei dodici Apostoli dell’Agnello. Le mura erano di diaspro, la città era di oro puro, simile a terso vetro. I fondamenti delle mura della Città erano ornati d’ogni sorta di pietre preziose; il primo fondamento era diaspro; il secondo zaffiro; il terzo calcedonio, il quarto smeraldo; il quinto sardonice; il sesto sardio; il settimo crisolito; l’ottavo berillo; il nono topazio; il decimo crisopràso; l’undicesimo giacinto; i1 dodicesimo ametisto. Le dodici porte sono dodici perle ed ogni porta è d’una sola perla.
In essa non vidi alcun Tempio, perché il suo Tempio è il Signore Dio onnipotente e l’Agnello. La Città non ha bisogno di sole, perché la illumina lo splendore di Dio. In essa non entrerà nulla d’impuro….
Ed udì un’altra gran voce: Ecco il Tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro. Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più morte, né lutto, né grida; non vi sarà più alcun dolore! …
E Colui che sedeva sul trono disse: L’iniquo seguiti a fare il male; l’impuro seguiti nell’immondezza; chi è giusto, diventi ancora più giusto; e chi è santo, si faccia ancora più santo. Ecco io vengo presto e porto meco la ricompensa per darla a ciascuno secondo le sue opere. Io sono alfa ed omega, primo ed ultimo, principio e fine! Beati coloro che lavano le loro vesti nel Sangue dell’Agnello, per entrare nelle porte di questa Città! Chi sarà vincitore, possederà queste cose ed io gli sarò Dio ed egli mi sarà figliuolo. Ma per i paurosi, per gl’increduli, per gli esacrati, per gli omicidi, per gl’impuri, per i venefici, per gl’idolatri e per tutti gli amanti della menzogna il posto assegnato sarà nello stagno ardente di fuoco e zolfo, cioè avranno la seconda morte. –
Quanti insegnamenti si trovano in questi brani dell’Apocalisse! Ognuno li mediti secondo i bisogni dell’anima propria!
Santo Stefano
Iddio, quando crede bene, per incoraggiare i suoi seguaci sino all’eroismo o per premiare la loro virtù, fa vedere temporaneamente il Paradiso.
Nei primissimi tempi della Chiesa, quando era molto accanita la lotta tra i Giudei ed i discepoli di Gesù Cristo, sorse Stefano uno dei sette Diaconi. Questi era pieno di grazia e di fortezza e faceva grandi prodigi in mezzo al popolo. Poiché predicava essere Gesù il Figlio di Dio, alcuni della Sinagoga l’afferrarono e lo trassero al Sinedrio per farlo condannare.
Mentre si presentavano le false accuse, guardandolo fisso tutti quelli che sedevano nel consiglio, videro il volto suo simile a quello di un Angelo. Subito dopo Stefano parlò del Cristo e concluse: Uomini di dura cervice ed incirconcisi di cuore e di orecchio, voi resistete allo Spirito Santo; come i padri vostri, così anche voi! Quale dei Profeti non perseguitarono i padri vostri? Uccisero persino quelli che preannunziavano la venuta del Messia, del quale voi siete stati i traditori e gli assassini! –
I Giudei, udendo queste cose, fremevano e digrignavano i denti contro di lui, pronti ad ammazzarlo. Subito dopo Stefano doveva essere trascinato fuori della città per essere lapidato. Iddio volle premiare la fortezza del Diacono e gli fece vedere il Paradiso, ove fra breve sarebbe entrato.
Stefano fissò gli occhi in cielo e vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio. Inondato di gaudio, esclamò: Ecco, io vedo aperti i Cieli e vedo il Figlio dell’uomo stare alla destra di Dio! –
Rafforzato da tale visione, Stefano affrontò il martirio e, mentre diceva: Signore Gesù, ricevi il mio spirito e non imputare loro questo peccato! – si addormentava nel Signore.
Santa Caterina da Siena.
Una delle più grandi Sante della Chiesa Cattolica è Santa Caterina da Siena, proclamata già Patrona principale d’Italia. La sua vita fu un intreccio meraviglioso di soprannaturale; chi legge la sua biografia (e se ne raccomanda la lettura) resta colpito dalla tenerezza che Gesù le dimostrava. Le disse un giorno Gesù: Ti amo tanto, che chiunque mi chiederà grazie in tuo nome, le otterrà! –
Fu stimmatizzata, ebbe la scienza infusa, scrutava i cuori, trascorse lunghi periodi col solo Cibo Eucaristico e fu ammessa a fare lo Sposalizio Mistico con Gesù.
Appena morta, entrò nel Cielo. Vide la maestà di Dio, la bellezza della Corte Celeste, l’oceano di felicità riservata ai Beati. Spinta dalla fiamma dell’amor di Dio, desiderosa di procurare il Paradiso a molte altre anime, supplicò Gesù che le concedesse di ritornare sulla terra. La preghiera fu esaudita.
Il Cadavere di Santa Caterina da circa sei ore stava adagiato sul letto circondato dai numerosi familiari; all’improvviso si mosse e riprese la vita normale. Intensificò l’apostolato; uomini, donne, Ecclesiastici, letterati … tutti ascoltavano la vergine sienese e la chiamavano mamma spirituale.
Un giorno un grande peccatore resisteva alla grazia di Dio; assolutamente non voleva troncare la vita di peccato.
– Figlio mio, le disse la Santa, se sapessi quale sacrificio io abbia fatto per te! Lasciai temporaneamente il Paradiso, ove avrei potuto godere senza misura, e sono ritornata in terra, a patire, per procurare anche a te l’eterna felicità. –
Parlò con tanto slancio del Paradiso, che il peccatore si convinse a ritornare a Dio.
Santa Geltrude.
I Santi sono coloro che praticano le virtù cristiane in grado eroico. La loro vita, ordinariamente, è un Calvario. Quante persecuzioni, umiliazioni, assalti diabolici! Quante sofferenze fisiche e spirituali! Tutto sopportano per testimoniare il loro amore a Gesù. Il Signore non si lascia vincere in generosità e perciò concede a tanti Santi durante la vita di contemplare qualche raggio della gloria celeste. Che cosa sono le estasi o celesti visioni o rapimenti? Sono momenti di Paradiso, che possono durare minuti oppure ore.
È in circolazione un libro « L’Araldo del Divino Amore » o « Vita di Santa Geltrude ». Lo scritto narra molte visioni e qui ne riporto qualcuna.
La Santa, giudicandosi indegna di tanti favori celesti, esclamò un giorno: Oh, mio Dio, il più grande dei tuoi miracoli è che la terra sostenga una peccatrice come sono io! – Ma Gesù le rispose: È ben giusto che la terra ti sorregga, poiché persino il Cielo, nella sua, magnificenza, aspetta con ansia gioiosa l’ora felice, in cui avrà l’onore di possederti! –
Scrive Santa Geltrude: Nella seconda domenica di Quaresima l’anima mia si trovò investita da uno stupendo lampo di luce divina. Vidi, o Gesù, il tuo sacro volto vicino al mio. In questa bella visione i tuoi occhi, lucenti come il sole, si fissarono direttamente sui miei. Senti compenetrata l’anima e tutte le mie potenze da tale soavità che può essere nota a te solo. Desidero esprimere ciò che la mia piccolezza ha gustato in quella deliziosa visione, affinché, se qualcuno dei lettori ricevesse grazie consimili, sia eccitato a sentimenti di gratitudine ed io stessa, rievocando ore di Paradiso, dissipi la nebbia delle mie negligenze ed attesti la mia perenne gratitudine a quel Sole divino, specchio di giustizia, che su me dardeggia i suoi fultidissimi raggi! Avendo tu, dunque, accostato a me il tuo sacratissimo volto, che diffonde l’abbondanza della beatitudine, che dai tuoi occhi divini irradiava un’incomparabile soave luce. Essa, passando per i miei occhi e penetrando l’intimo del mio essere, produceva in tutte le membra un effetto oltremodo ammirabile, dapprima, quasi vuotando le midolle delle ossa e poi annientando il corpo.
Sentivo tutto il mio essere trasformato in un divino splendore, che porgeva all’anima mia soavità incomparabile e serena letizia. Tutta l’eloquenza del mondo non sarebbe sufficiente ad esprimere questo modo sublime di contemplarti che non avrei mai creduto potesse esistere, neppure nella gloria celeste, se la tua degnazione, o mio Dio, non mi avesse indotto ad ammetterlo per mia dolcissima esperienza. Il gaudio di tale visione è così grande, che è necessario un aiuto speciale per sostenere la creatura terrena, giacché sarebbe impossibile ad una anima godere tale favore, anche per un solo istante, e restare ancora viva. Dovessi io vivere mille anni, sempre al ricordo di ciò che mi hai fatto provare, o Dio; gusterei gioie inenarrabili. –
Un altro giorno Santa Geltrude, rapita in estasi, vide Gesù circonfuso di luce. Si gettò sul suo sacro petto ma stava per morire sotto l’azione divina. Subito esclamò: O Dio, la mia debolezza non può sopportare la vista di queste meraviglie d’amore! –
Il Signore attenuò allora lo splendore di quella luce e si fece vedere circondato da una moltitudine grande di Angeli, i quali lasciavano trasparire l’immensa letizia. Apparve pure il coro degli Apostoli, poi quello dei Martiri e dei Confessori ed infine il corodelle Vergini. Mentre Santa Geltrude si beava di tale visione, poté contemplare una luce speciale, bianchissima, che risplendeva fra Gesù ed il coro delle Vergini; questa luce sembrava unire le privilegiate creature al loro Sposo Celeste con un vincolo di dolcissima tenerezza e col gioioso incanto di una familiarità tutta divina.
(Vedi « L’Araldo del Divino Amore » Convento Romite Ambrosiane – S. Monte di Varese – Lombardia).
Anime privilegiate.
Se volessi passare in rassegna i Santi e le Sante che godettero in vita le dolcezze delle celesti visioni, dovrei scrivere dei grossi volumi; accenno soltanto a Santa Teresa D’Avila, a San Giovanni della Croce, a S. Maria Maddalena De’ Pazzi … e a Santa Gemma Galgani; le visioni di quest’ultima sono raccolte in un volume «Autobiografia ed Estasi». Non è fuor di proposito una parola sulle anime privilegiate. Gesù, per convertire i peccatori, richiede sofferenze e amore generoso. Si degna scegliere, direttamente e personalmente, delle anime, che perciò sono dette privilegiate, e con loro fa dei patti di amore. Richiede un cumulo di sofferenze, di ogni genere, fa dono dei dolori della sua Passione, trasporta talune di esse nell’oltretomba, temporaneamente, perché soffrano nel Purgatorio ed anche nell’inferno. Tuttavia Gesù concede a tali anime gioie di Paradiso, facendo pregustare innanzi tempo la beatitudine eterna. Per comprendere tutto ciò, converrà leggere « Invito all’amore » « Hosephax Menendez), e la biografia di Santa Margherita Alacoque, di Marta Chambon, della Serva di Dio Suor Benigna Consolata Ferrero, di Suor Consolata Betrone, di Lucia Mangano …
Di anime privilegiate ce n’è anche al presente, e forse più di quanto si possa pensare. D’ordinario Gesù richiede che durante la vita esse siano nel nascondimento; qualche volta ne permette la pubblicità, come si constatò in Teresa Neuman, la stinimatizzata di Baviera, ed in Padre Pio.
Nella sua infinita misericordia e per i suoi santi fini, Gesù ha permesso che lo scrivente sia a contatto con un’anima privilegiata e la diriga.
L’anima di cui parlo e di cui non posso fare il nome, soffre in modo indicibile; è atto di carità aiutarla con la preghiera. Ma chi può dire quanto goda, allorché Gesù le lascia intravvedere il Paradiso? Riporto una scena, avvenuta in questo stesso mese, luglio 1955, mentre stendo queste pagine:
Diario: 2 luglio. Festa della Visitazione di Maria Santissima.
– Recitavo le ultime preghiere; erano le ore 22 Mi umiliavo davanti a Dio e baciai la terra. All’improvviso la mia celletta s’illuminò ed in un bagliore di luce vidi una bella Signora. Temendo fosse uno scherzo diabolico, dapprima presi l’acqua benedetta ed aspersi la celletta. La Signora sorrise. Trovandomi ancora nel dubbio, seguendo il suo consiglio, la invitai a pregare ed Ella pregò bene, anzi molto bene. Terminata la preghiera, la Signora continuò a sorridermi ed avvicinatasi mi disse: Hai fatto bene! Non temere, figlia mia! Sono la tua diletta Mamma Celeste! … Fiorellino, caro al Cuore del mio Figlio Gesù, tu spesso piangi. Non affliggerti tanto e non preoccuparti del tuo avvenire! Faresti un torto al Signore. Egli ti custodisce e ti tiene sul Cuore; tutto dispone per il compimento dei suoi disegni divini. – La Signora s’inchinò, mi accarezzò e mi baciò in fronte, tenendomi stretta. Poi continuò: Le sofferenze e le lacrime sono le gemme preziose, che orneranno la corona nel Regno dei Beati, ove tu, figlia mia prediletta, per dono gratuito della misericordiosa bontà del Signore brillerai di gran luce. Io, tua dolcissima Madre, ti aiuterò sino alla fine con materno interesse e tu stimati fortunata di essere la sposa prediletta dell’Onnipotente mio Figlio; ma non insuperbirti per sì gran dono, anzi voglio che tu, mentre da un lato consideri la tua dignità di sposa prediletta, dall’altro le tue labbra ripetano le parole che io dissi alla mia carissima cugina Elisabetta: « Fecit mihi magna qui potens est! » – confesso la mia grandezza, ma annunzio che è tutta opera dell’Onnipotente. Ripeti ancora: Le perle che mi adornano, le ho ricevute da Colui che senza mio merito mi ha amata. Egli mi ha eletta fra mille. A Lui, a Lui solo, ogni onore e gloria! – Questo sentimento di umiltà ti è necessario, figlia mia, come alla nave sono necessarie le vele ed i remi. Guai se ti appropriassi quello che non è tuo o il vento della superbia cominciasse a commuoverti! Tutto è frutto dell’amore misericordioso di Gesù, mio Figlio, che potendo scegliere tante altre anime, forse migliori di te, che avrebbero corrisposto con più fedeltà, ha voluto scegliere te, perché sei la più miserabile; e se ne avesse un’altra più indegna di te, l’avrebbe scelta … La tua vita è stata spinosa e ringraziane Gesù; pregalo incessantemente di darti la forza per continuare il doloroso cammino da Lui tracciato, per potere giungere là … guarda in quel luogo! (Padre mio, che belle cose ho visto!). Mi è sembrato di trovarmi già in Paradiso: era un’immensa distesa come il mare, di cui non si poteva vedere il limite. Quanto sfolgorio di luce, che non so descrivere! E poi, canti melodiosi e moltissime schiere di Angeli attorno a Gesù e numerose anime predilette. Una portava il nome scritto su una fascia attaccata al petto « Santa Gemma Galgani »; il mio Angelo Custode teneva pure una fascia con il mio nome. Furono momenti di Paradiso, che non so descrivere. La Madonna continuò: In quel dolce riposo ti attendiamo, io e mio Figlio. La fiducia, l’amore a Gesù ed alle anime, la generosità, l’ubbidienza, la sofferenza continua e l’umiltà, ti porteranno al regno dei Beati. Mi sei cara e mi sarai sempre più cara, se così sarai sempre. Ti benedico e benedico tutti quelli che ti aiutano in questo doloroso cammino. –
Conclude il diario: Dopo questo colloquio, per ubbidire al mio Direttore Spirituale, mi sono messa a tavolino e ho scritto; il mio Angelo Custode, che mi stava a fianco, mi ha aiutato per non dimenticare nulla.
PARTE SECONDA
ESSENZA
La Beatitudine.
Il Paradiso, insegna il Catechismo, è il godimento di Dio, nostra felicità, ed in Lui di ogni altro bene, senza alcun male.
Il nome “Paradiso” viene dalla lingua persiana ed ebraica e significa “giardino” o luogo di delizia.
La beatitudine, dice la Teologia, è lo stato perfetto di tutti i beni; è il godimento completo ed assoluto. La beatitudine in Paradiso consiste essenzialmente nel vedere Dio Creatore, faccia a faccia, come è, e nell’amarlo intensamente.
Nel mondo si ha il godimento naturale, che è parziale e passeggero; è sempre misto a delle amarezze, o per la poca durata, o per la stanchezza che produce, o per i sacrifici che richiede il conseguimento del piacere.
Il godimento del Paradiso è soprannaturale, supera cioè le forze della natura umana, abbraccia tutte le gioie ed appaga completamente tutte le aspirazioni.
Possiamo noi farci un’idea adeguata dei godimenti celesti? È impossibile! Possiamo solo averne una pallida idea, per analogia, facendo un misero confronto con i godimenti terreni.
Se, per un’ipotesi strana, come dice Sant’Alfonso, si dicesse ad un cavallo della scuderia reale: Il re t’invita alla sua mensa! – la bestia, se ragionasse, direbbe: Chi sa alla tavola del sovrano che paglia, che erba e che crusca si porterà! – Ma come non c’è paragone tra i cibi del cavallo e quelli del re, quantunque gli uni egli altri siano della stessa natura, così non si possono confrontare le gioie di questo mondo con quelle del Paradiso. Tutti i godimenti naturali, messi insieme, non sono paragonabili ad un solo godimento soprannaturale.
Visione e amore beatificato.
Le facoltà dell’anima sono essenzialmente: l’intelligenza, che tende alla verità, e la volontà, che tende all’amore. Nell’appagamento perfetto di queste facoltà consiste la beatitudine del Paradiso.
L’anima in Cielo vede Dio, il Creatore dell’universo, tale quale è. Dice San Paolo: Ora vediamo Dio come in uno specchio, in modo enigmatico; ma allora lo vedremo faccia a faccia; ora conosco parzialmente; allora conoscerò come sono conosciuto (1° Corinti, XIII, 12).
Su questa terra conosciamo Dio indirettamente, per mezzo della fede; in Cielo cesserà la fede ed avremo la realtà. Per mezzo della ragione, attraverso il creato assurgiamo al Creatore; la bellezza della luce, del mare, dei fiori, delle creature … ci spinge a. pensare: Se tanta bellezza c’è nell’universo, come dev’essere bello Colui che è la fonte di ogni bellezza? –
Il primo godimento, dunque, dell’anima in Paradiso è la visione beatifica e l’amore beatifico di Dio. Conosciuto infatti il Sommo Bene, spontaneamente l’anima è portata a possederlo. Dal possesso del Bene Infinito, fortemente amato, scaturisce il gaudio eterno, giocondissimo, o perfetta felicità.
Il lume di gloria.
L’intelligenza umana, naturalmente, non ha la capacità di vedere Dio direttamente; resterebbe, per così dire, oppressa ed abbagliata dalla luce divina, come non può resistere l’occhio davanti ad una lampada elettrica luminosissima. Iddio dà allora una virtù soprannaturale, permanente, che perfeziona l’intelligenza e la rende atta a vedere direttamente la Divinità. Questa virtù speciale si chiama « lume di gloria ».
Con questo dono l’anima può contemplare l’Eterna Luce.
I Teologi portano un paragone. Un otre può contenere cento litri d’acqua; perché possa contenere di più, è necessario che le pareti dell’otre, si rendano elastiche; più aumenta l’elasticità e più aumenta la capacità. Questa elasticità misteriosa e soprannaturale, o lume di gloria, è indispensabile all’anima nella visione beatifica di Dio.
Bellezza angelica.
Come si è detto innanzi, quando San Giovanni Evangelista si trovò davanti ad un Angelo che gli mostrava le scene della Apocalisse, rimase così colpito dalla sua. bellezza e maestà, che si prostrò per adorarlo. Ma l’Angelo gli disse: Non fare ciò! Adora Dio! – (Apocalisse, XIX, 10).
Se tale è la bellezza di un solo Angelo, quale godimento non apporta in Paradiso la vista di miliardi di Angeli? Sono innumerevoli schiere di Puri Spiriti che popolano il Cielo e sono distribuiti in nove cori: Angeli, Arcangeli, Principati, Potestà, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini.
Ogni Angelo si differenzia dall’altro, come sulla terra si differenziano i fiori. Che felicità poter contemplare queste creature superiori e godere in eterno della loro compagnia! Una gioia particolare apporta la conoscenza e la vicinanza dell’Angelo Custode, che è stato l’amico fedele nel pellegrinaggio della vita.
I Beati.
La vista dei Beati è, anche sorgente di felicità. Ogni anima nel Paradiso brilla come astro nel firmamento. Chi può enumerare i fortunati abitatori del Cielo? Il loro numero aumenta sempre di più essendo copioso il frutto della Redenzione. Ad ogni anima che entra in Paradiso, alla conversione di un peccatore sulla terra, segue un aumento di felicità nella Corte Celeste, come afferma Gesù: Si fa festa dinanzi agli Angeli di Dio per un peccatore pentito. – (S. Luca, XV, 10).
Quando sulla terra c’è una festa, la gioia cresce se sono presenti le persone più care. Che gioia a trovarsi in Paradiso con i propri cari! I genitori con i figli, gli amici con gli amici … tutti circonfusi e compenetrati dalla luce che proviene da Dio!
Martiri, Dottori, Vergini.
Risplendono in Cielo di luce particolare i Martiri, i Dottori ed i Vergini.
I Martiri, affrontando la morte per Gesù Cristo, hanno vinto il mondo, perciò, come dice l’Apocalisse, stanno davanti al trono di Dio. L’Agnello, che è nel mezzo del trono, li governa e li guida alle fonti delle acque di vita. – (Apocalisse,VII, 17).
Gesù ha detto: Chi avrà confessato me davanti agli uomini, anch’io lo confesserò davanti al Padre mio. (S. Matteo, X, 32). I Martiri hanno confessato Gesù, rendendo testimonianza a Lui col massimo dei sacrifici, che è la morte, e quindi formano una schiera eletta tra gli eletti.
I Dottori sono coloro che con l’esempio e con la parola hanno contribuito alla salvezza eterna di molti. Dice Dio per mezzo del Profeta Daniele: Quelli che saranno stati dotti (nella legge di Dio) rifulgeranno come la luce del firmamento e quelli che insegnano la giustizia alla moltitudine, risplenderanno come stelle per tutta l’eternità. (Daniele, XII, 3).
I Vergini hanno trionfato sull’attrattiva della carne, lottando quotidianamente; meritano per questo una corona particolare, cantano in eterno un inno che soltanto a loro è lecito cantare e seguono l’Agnello Divino ovunque vada. (Apocalisse, XVI, 3).
La Santa Chiesa ricorda questa prerogativa, quando nella liturgia canta ad onore dí un’anima vergine: Vieni, o Sposa di Cristo! Ricevi la corona eterna, che il Signore ti ha preparata!
Straordinario è lo splendore del coro dei dodici Apostoli! Eletti direttamente da Gesù quali seminatori del Vangelo nel mondo, hanno in Cielo un’eminente corona, quale si addice a chi ha il potere di giudicare con il Figlio di Dio le dodici tribù d’Israele.
La Regina del Paradiso.
La vista della Corte Celeste, sempre in festa, allieta senza interruzione l’anima che entra nell’eterna beatitudine. Ma come la luce del sole fa’ eclissare la luce delle stelle, così in qualche modo avviene in Cielo per la presenza della Vergine Maria, Regina del Paradiso.
Tutta la bellezza degli Angeli e dei Beati, messa assieme, è di certo inferiore a quella che risplende nell’anima e nel corpo della Madonna, Madre del Redentore, capolavoro della Divinità. I più grandi tesori divini sono riversati a torrenti su Colei, che sulla terra fu intimamente unita al Figlio di Dio e che con Lui cooperò alla Redenzione, immolandosi misticamente sul Calvario.
Maria Vergine è la Porta del Paradiso “Ianua Coeli” e tutti vi entrano per l’aiuto che Ella apporta ad ogni anima. Tutti i Beati, per riconoscenza, fissano estasiati la Madre di Dio, lodandola e benedicendola.
Quando Bernadetta Souberous ed i tre fanciulli di Fatima dovettero narrare davanti alle autorità le visioni avute, non trovavano parole adatte e solo dicevano, descrivendo la Madonna: La Signora era ella … bella … bella! … -.
Guardando in volto i fanciulli, tanti esclamavano: Fortunati questi occhi, che hanno mirato la Madonna! –
Quale beatitudine è il contemplare la Vergine non per pochi istanti, ma per tutta l’eternità, nel massimo del suo splendore!
DIO
I Beati, gli Angeli e la Madonna riflettono, in diversa misura, la luce di Dio; ma il vero Paradiso consiste nella visione diretta del Creatore e nella contemplazione delle sue infinite perfezioni.
– Padre, diceva Gesù nell’ultima preghiera prima della Passione, Padre, questa è la Vita Eterna: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo! – (S. Giovanni, XVII, 3). La visione beatifica di Dio nessun mortale può descriverla; è assolutamente impossibile; soltanto è lecito balbettare qualche parola in proposito. Il genio di Sant’Antoníno potè scrivere: Se Dio facesse vedere la sua faccia ai dannati, l’inferno si cambierebbe subito in un delizioso Paradiso; e se un’anima uscita da questa vita dovesse scegliere o vedere Dio e stare nelle pene dell’inferno, oppure non vedere Dio ed essere liberata dall’inferno, sceglierebbe piuttosto di vedere Dio e stare poi nei tormenti eterni. – (Apparecchio alla morte – S. ALFONSO).
Dio è Luce.
La Santa Chiesa, pregando per i defunti che sono in Purgatorio, dice: « Lux perpetua luceat eis! » la Luce Eterna risplenda ad essi, cioè: vedano lo splendore di Dio. Dio è Luce!
Diceva Gesù Cristo, mentre era su questa terra: Io sono la luce del mondo! (S. Giovanni, VII, 12).
San Giovanni scrive nel suo Vangelo: Gesù era la vera luce, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. (S. Giovanni, 1, 9). Lo stesso Apostolo dice nell’Apocalisse: La Città Eterna non ha bisogno di sole, perché la illumina lo splendore di Dio. –
Afferma ancora la Sacra Srittura: « Et in lumine tuo videbimus Lumen » cioè nella tua luce, o Dio, vedremo te, che sei la Luce. – (Salmi, XXXV).
Tra le cose più belle che Dio abbia creato nel mondo materiale, è da mettere la luce. Il sole, da che è stato creato, quanta luce ha emessa e quanta ne emetterà! Esso è una stella; ci sono stelle più grandi e più luminose del sole.
Se si mettesse assieme la luce, passata, presente e futura, del sole, degli astri dell’universo ed anche quella che possono produrre le energie elettriche, tutto questo splendore sintetizzato sarebbe un nulla a confronto della luce del Creatore, luce soprannaturale, divina, infinita, eterna! .
Iddio in Paradiso fa risplendere la sua luce sui Beati e questi si fissano in Lui per conoscerlo ed amarlo.
I Misteri Divini.
Alla luce di Dio i Beati possono contemplare i misteri divini e le perfezioni dell’Essere Supremo. Dio è infinito e le creature sono limitate; il finito non può abbracciare l’Infinito totalmente, bensì parzialmente; perciò i Beati conoscono le divine perfezioni in quella misura di cui sono capaci.
Si può penetrare in qualche modo il mistero della Santissima Trinità. Dice San Pier Damiani, Dottore di Santa Chiesa: In Paradiso vedremo in che modo l’Eterno Padre generi ineffabilmente il Figlio e come lo Spirito Santo proceda dal Padre e dal Figlio. Conosceremo come Dio possa essere presente, non in parte, ma totalmente ovunque. Vedremo in che modo Dio, che regna in Cielo, possa sostenere i cardini degli abissi, penetrare le cose più intime del mondo e circondare tutti gli esseri. (De coelesti visione).
Iddio fa conoscere il mistero dell’Incarnazione del Verbo, cioè come ha potuto il Figlio dell’Altissimo farsi uomo, pur restando vero Dio; come sia uscito dal seno dell’Eterno Padre per prendere l’umana natura e contemporaneamente sia rimasto indissolubilmente unito al Padre; l’amore infinito di Gesù per l’umanità decaduta, sino a spargere tutto il suo Sangue ed a restare Prigioniero d’amore nei mille Tabernacoli sulla terra …
I Beati, contemplando Dio, vedono nell’Eterno Padre l’amore che lo spinse alla creazione, nel Figlio vedono il Re dell’eterna gloria, il Dominatore della vita e della morte, il Redentore delle anime; nello Spirito Santo vedono l’Operatore della Santificazione, che li ha illuminati e sostenuti nelle prove della vita.
Le divine perfezioni risplendono in modo mirabile, specialmente la bontà che tutto sopporta e perdona; la provvidenza, che ha cura di ogni essere, guidandolo al proprio fine; la sapienza, che tutto dispone al maggior bene di ogni creatura; l’onnipotenza, l’immensità, l’amore eterno …
In Dio sono tutti gli esseri, come nel protótipo. Vedendo il Creatore, i Beati vedono in Lui anche l’universo creato, persone e cose. Come in uno specchio noi possiamo contemplare le cose vicine e distanti, che stiano alle nostre spalle, così ma in modo perfetto, chi è in Paradiso può vedere in Dio quanto avviene nell’universo al presente e quanto avverrà nel futuro, perché il futuro nostro è presente nella mente di Dio. Si richiami quanto disse Luigi Colle, apparendo a San Giovanni Bosco: In Dio si vedono tutte le cose; il passato, il presente e l’avvenire vi si vedono come in uno specchio. –
In Paradiso si vedono le cose create, contemplando il Figlio di Dio.
Dice San Paolo: Gesù Cristo è l’Immagine dell’invisibile Dio, il Primogenito di tutte le creature, perché in Lui sono state fatte tutte le cose in Cielo e in terra, visibili ed invisibili, siano Troni o Dominazioni o Principati o Potestà; tutto è stato creato per mezzo di Lui ed in vista di Lui. (Colossesi, 1, 15).
Chi entra in Paradiso, oltre a conservare la scienza acquistata sulla terra, riceve anche la scienza infusa.
È nulla.
Mi sono sforzato a far comprendere cosa sia la visione beatifica che si gode in Cielo; ma quanto ho esposto è nulla. Ho fatto come quel fanciullo che dice: Volete comprendere cosa siano i mari e gli oceani Guardate questa goccia d’acqua che pende dal contagocce! –
Dio è Amore.
Si è parlato del godimento dell’intelligenza nella visione di Dio e delle sue perfezioni. Accenniamo ora alla volontà, che di certo è più nobile dell’intelligenza.
La volontà tende all’amore, più che il ferro alla calamita; non può trovare riposo se non possiede l’oggetto che ama.
Sulla terra si ama poco Dio, perché poco si conosce; ma quando l’anima entra in Paradiso e conosce Dio, contemplandolo direttamente, in modo irresistibile è attratta ad inabissarsi nell’oceano infinito dell’amore. Dio è il Sommo Amore, Colui che solo può saziare la creatura. L’anima allora ama in misura inconcepibile, secondo tutta la sua capacità, e si accorge di aver trovata la vera felicità, piena, quella felicità che invano cercava nel mondo.
Il Creatore è sorgente di ogni bene. Ad ogni uomo che mette all’esistenza dà una semplice scintilla d’amore, tale da fargli raggiungere il fine per cui l’ha creato. L’amore è quanto di più prezioso, dolce e delicato si trovi nel mondo; è la leva di ogni attività ed il segreto di ogni sacrificio ed eroismo.
Si metta assieme tutto l’amore della umana generazione, dei genitori verso i figli, di questi verso i genitori, quello degli sposi, degli amici… tutto cià è povera immagine dell’amore che prova uno solo dei Beati in un salo istante. L’amore del Beato è eterno, totale, soprannaturale e sgorgante da una volontà perfetta, elevata dalla potenza divina ad una grande capacità di amare.
Amare fortemente Dio: ecco il Paradiso! Non poterlo amare, anzi odiarlo: ecco l’inferno!
Ora si può comprendere quello che disse un demonio a Santa Caterina da Genova. Costei un giorno, vedendoselo apparire, gli chiese: Tu chi sei? – Io sono quel perfido; privato dell’amore di Dio! – Un’anima privilegiata, vittima riparatrice, portata misteriosamente da mano invisibile a contemplare i dannati dell’inferno, (come avveniva spesso a Suor Josepha Menendez), così scrive: Ho visto un’anima nell’inferno; era una donna. Così gridava: Il mio più gran tormento è di non potere amare Colui che dobbiamo odiare! La fame di amare mi consuma… ma è troppo tardi!
Veemenza d’amore
Certe anime sante hanno potuto gustare la gioia dell’amore divino mentr’erano ancora nei legami del corpo; senza una grazia particolare non avrebbero potuto resistere un solo istante.
S. Filippo Neri, preso da questo amore, sentiva palpitare il cuore con tanta veemenza, da restare con due costole del petto incurvate, ed un giorno, non potendo più sostenere la fiamma dell’amore, cominciò a gridare: Signore, basta!… Per carità… basta!… Io muoio!… –
Santa Teresa del Bambino Gesù dice nella sua « Storia di un’anima »: Mi trovavo davanti al Tabernacolo; Gesù mi fece sentire il fuoco del divino amore; sarei morta, se quei momenti si fossero prolungati.
Differenza di gloria.
La conoscenza diretta ed il possesso del Sommo Bene formano il perfetto gaudio dei Beati, chiamati così perché godono senza interruzione.
Quantunque tutti in Paradiso siano felici, non tutti però hanno lo stesso grado di felicità. Più meriti porta l’anima nell’eternità, più gode nel possesso di Dio; così pure per l’inferno: chi più ha peccato, più ha da soffrire.
Dunque in Cielo non ha la stessa gloria il bambino morto nelle fasce ed il Martire che ha sparso il sangue per Gesù Cristo. Coloro che hanno praticato le virtù cristiane in grado eroico, quali sono i Canonizzati, godono più del semplice Cristiano e di colui che si è rimesso in grazia di Dio sul letto di morte. Certamente la Madonna gode più di tutti gli altri Beati.
– Nella casa del Padre mio, dice Gesù, ci sono molte mansioni! (San Giovanni, XIV, 2). Questo passo evangelico dichiara che in Cielo ci sono molti posti ed anche molta varietà di posti.
Porto un paragone illustrativo. Di sera splende la luna nel firmamento. Un miope la guarda e si contenta della luce lunare, senza però distinguere bene l’astro. Un altro, di buona vista, fissa la luna e gode a contemplarne la luce e le così dette macchie lunari. Un terzo guarda al telescopio e gode più dei due precedenti, perché osserva nella luna le montagne, le rocce sporgenti sui monti, i burroni, le pianure … Più aumenta la potenza visiva, più cose si scorgono e più soddisfazioni si provano.
Tutti i Beati vedono Dio e lo godono, ma in diversa misura.
Niente gelosia.
Data la differenza di felicità, in Cielo può esserci la gelosia tra i Beati? Non è ammissibile! La gelosia apporta dispiacere, malcontento, rabbia… ed allora il Paradíso non sarebbe più Paradiso. Tutti sono felici, pienamente felici, e non invidiano la gioia altrui; sono contenti della propria gloria.
In una famiglia si fanno indossare gli abiti nuovi a tutti i figli. Il bambino di cinque anni è contento del suo abitino e non invidia e non desidera il vestito del fratello di venti anni, perché non sarebbe adatto per lui.
Sopra un tavolo stanno diversi bicchieri di differente capacità. Si riempiono di acqua. Il bicchiere più piccolo non può contenere l’acqua di quello più ampio. Tuttí però restano perfettamente pieni.
Questi esempi materiali dànno qualche idea dello stato di serenità dei Beati. Eternità. Per i dannati dell’inferno un pensiero tormentoso è: Queste pene non avranno mai fine! – Il peso dell’eternità gravita tutto in ogni istante sul dannato, come il peso di una grossa palla gravita tutto sopra il punto sul quale poggia.
Per i Beati il pensiero che la loro felicità durerà sempre, in eterno, li rende sommamente ripieni di gaudio. Non sarebbe perfetta la felicità in Cielo, se si pensasse: Un giorno queste gioie finiranno!
Nel mondo, allorché si ha una grande gioia, passate le prime emozioni, l’entusiasmo diminuisce; se dovesse il piacere durare a lungo, potrebbe generare l’indifferenza ed anche la noia. « Ab assuetis non fit passio! » così dicevano gli antichi; quando ci si abitua a qualche cosa, cessa l’entusiasmo. In Paradiso non è così. Quantunque le gioie siano densissime ed eternamente durature, non apportano né indifferenza né noia. I Beati sono sempre sazi… sempre avidi… sempre accontentati dalla munificenza divina.
– Ma, dirà taluno, dopo molti secoli di Paradiso, cosa si potrà vedere o godere di nuovo? –
Si risponde che l’eternità non potrà esaurire l’infinità di Dio. La mente umana si perde a considerare ciò, perché è limitata e non può abbracciare l’infinito. Tuttavia spero di chiarire il concetto.
La nostra terra, il globo, è molto estesa e popolata di tanti esseri. A volere studiare tutte le specie e tutti i singoli esseri, animali, vegetali e minerali, a volere esplorare palmo a palmo le viscere della terra e la immensità degli oceani, a volere scrutare tutte le leggi che governano la natura … un semplice uomo quanti secoli dovrebbe impiegare? Dopo millenni che la terra esiste, dopo studi e ricerche fatte da sterminato numero di sapienti e scienziati, ci sono sempre nuove scoperte da fare e il vero scienziato è costretto a dire: Io so di sapere niente o molto poco! – Se poi si volessero studiare uno ad uno i microbi ed uno ad uno gli atomi che compongono il globo, sarebbe difficile enumerarne i secoli.
La terra, nei rapporti con l’universo, è come una goccia d’acqua nei rapporti col mare. Il sole è un milione e settecentomila volte più grande del nostro globo; il sole è una stella. Nella sola Via Lattea si scorgono al telescopio più di quattro miliardi di stelle; più potente è il telescopio e più stelle si vedono. E che dire delle centinaia di galassie, formata ognuna di centinaia di sistemi solari?… A studiare tutti gli esseri e gli atomi dell’universo, basterebbero centinaia di miliardi di millenni? …
L’universo creato, benché immenso, è ben poca cosa, anzi un nulla davanti all’Infinito, che è Dio. L’Essere Supremo, il Creatore, è così grande e vario, che per tutta l’eternità i Beati lo contemplano e lo amano e mai potranno dire: Abbiamo conosciuto appieno tutte le divine perfezioni! –
Il corpo in Cielo.
Ho parlato dei godimenti dell’anima nell’eternità. L’anima però è stata creata per stare unita al corpo; starne separata, essendo innaturale, dovrebbe apportare una certa qual pena. Non è così! L’anima in Cielo, anche senza il corpo, può godere la visione beatifica di Dio; nulla si oppone a questo. Si riunirà al corpo nella risurrezione universale. Nel frattempo, l’anima non prova alcuna pena a stare lontana dal corpo, perché la sua volontà è pienamente conforme al beneplacido divino, che così dispone; inoltre, non spera, ma è sicura del gaudio completivo della risurrezione. Alla fine del mondo, in quel giorno che Gesù Cristo chiama « suo », i morti risorgeranno. Per divina potenza si ricomporranno i corpi e saranno informati dall’anima gloriosa.
Insegna San Paolo: In un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba, i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo cambiati. Giacché bisogna che questo corpo corruttibile si rivesta dell’incorruzione e questo corpo mortale si rivesta dell’immortalità. (la Corinti, XV, 52).
Il corpo, appartenente all’anima gloriosa acquisterà allora nuove perfezioni e sarà simile a Gesù risorto. L’anima rifletterà allora nel corpo le quattro caratteristiche, proprie dei corpi degli eletti: la spiritualità, l’agilità, lo splendore e l’incorruttibilità.
Il corpo è servito all’anima quale strumento di bene nella prova del mondo; è giusto che anch’esso vada nel gaudio eterno.
Piaceri soprannaturali.
Quali godimenti avrà il corpo nell’eternità? Non possiamo precisare nulla; è certo che andrà in Cielo per godere. I piaceri terreni del corpo sono materiali; nell’eterna beatitudine i piaceri saranno corporali, cioè propri del corpo, ma soprannaturali. Dice infatti Gesù Cristo: Nella risurrezione, né si ammoglieranno né si mariteranno, ma saranno come Angeli di Dio in Cielo (S. Matteo, XXII, 30). Tuttavia ciascun senso sarà perfettamente appagato dall’oggetto corrispondente ad esso, come ad esempio: l’occhio dalle visioni celesti, l’udito dalle armonie angeliche, eccetera….
Possiamo farci soltanto vaga idea, per analogia, di ciò che può, godere il corpo in Paradiso, riflettendo sui piaceri terreni.
Armonie celesti.
Nel 1954, in occasione dei solenni festeggiamenti in onore di Sant’Agata, Patrona di Catania, ebbe luogo un concerto nella Villa Bellini. Le tre principali bande musicali d’Italia, invitate per l’occasione, eseguirono contemporaneamente dei pezzi scelti, sotto la direzione d’un unico maestro. Inappuntabile l’esecuzione! La moltitudine degli uditori assaporava le ispirate armonie. Sembrava di ascoltare un organo. Intanto si esclamava da molti: È musica di Paradiso! … Che bellezza!… –
La musica è qualche cosa di divino e certamente in Cielo allieta i Beati. Ma quale differenza tra le armonie prodotte dall’uomo e quelle che scaturiscono direttamente da Dio!
Santa Teresa d’Avila ebbe 1’appazizione di un Cherubino; questi volle darle un saggio della musica celeste e le fece udire il suono d’un violino. Fu tale la dolcezza e l’emozione, che alle prime arcate la Santa svenne.
San Giovanni Bosco, nelle sue visioni, poté udire più di una volta della musica; non era proprio quella del Paradiso, ma qualche cosa di simile. Quando narrò ai giovani ed ai superiori l’apparizione avuta del Giovane Santo, Domenico Savio, disse fra l’altro: Mentre contemplavo la bellezza di ciò che mi stava innanzi, ecco diffondersi una musica soavissima. Erano centomila strumenti e tutti davano un suono differente l’uno dall’altro; a questi si univano le armonie dei canti. –
Si può in qualche modo concepire, sebbene lontanamente, ma non si può esprimere, il diletto che prova l’udito in Paradiso ad assaporare le armonie che si sprigionano dalle Schiere Angeliche e dai Beati, armonie intensificate ed abbellite dalla potenza e dalla bontà di un Dio! Che cosa è la musica umana davanti a quella divina?… Quanto si dice dell’udito, si estenda agli altri sensi del corpo.
PARTE TERZA
CONCLUSIONI PRATICHE
La considerazione del Paradiso deve portare alle conclusioni pratiche. Quest’ultima parte è la più importante dello scritto. Prima non esistevamo; per sua bontà Iddio ci ha creati e si è prefisso un fine.
Nel Catechismo, tra le prime domande fondamentali, troviamo: Per qual fine Dio ci ha creati? – Per conoscerlo, con la ragione e più che tutto con la fede; per amarlo e servirlo, con l’osservanza della sua legge; e per andarlo a godere in Paradiso, come premio della fedeltà. Il tutto si compendia: Siamo in questo mondo per salvarci l’anima.
L’affare unicamente necessario e strettamente personale per tutti è il conseguimento del Paradiso. Il non tendere al fine principale o perderlo spesso di vista, significa non saper fare il proprio interesse. I nostri cuori siano fissi là, ove sono i veri gaudi!
Il tempo.
Perché gli uomini possano guadagnare l’eternità beata, Iddio ha dato loro un mezzo: il tempo.
Il tempo è un dono prezioso del Creatore, il quale, secondo i suoi fini provvidenziali, lo dà in diversa misura, a chi più ed a chi meno, raccomandando di non sprecarlo. Si legge nel Libro dell’Ecclesiastico: Figlio, custodisci il tempo! (Eccl. IV, 23).
– Viene la notte, dice Gesù Cristo, quando nessuno può operare. (S. Giovanni, IX, 4). – La notte indica la morte; soltanto nel giorno della vita si può operare per il Paradiso. L’operaio che spreca nell’oziosità una sola ora lavorativa, non sa fare il suo interesse.
Eppure nel mondo quale uso si fa del tempo? Un terzo della vita si dedica al sonno; è una necessità e la necessità è volontà di Dio. Una parte notevole è dedicata alla ricerca del pane quotidiano. Ma quante ore giornaliere si rendono inutili! Si cerca il passatempo! Non si sa cosa fare per ammazzare il tempo! …
San Domenico Savio, morto a quindici anni, lavorava indefessamente per arricchirsi di meriti per il Paradiso. Prima che si ammalasse gravemente, un compagno gli disse: Ma riposati! Tutto il bene quest’anno vuoi fare? E gli altri anni cosa ti resterà a fare? – Rispose il Santo: Opero il bene ora, che ne ho il tempo! –
Il tempo più utile per l’eternità è quello che s’impiega a compiere opere buone: pregare, soddisfare al proprio dovere, esercitare la carità, lottare contro le cattive tendenze.. ..
Per i mondani il tempo migliore è quello dei divertimenti. Usciva una donna dalla Chiesa, dopo avere ascoltata la Messa. Fu fermata da una conoscente, ch’era di passaggio.
– Quanto tempo tu sprechi in questa Chiesa! Ma cosa ne guadagni? I Preti ti danno forse denaro? Cosa porti a casa? … La mattina vai a Messa, al pomeriggio alla Benedizione ed alla sera dici il Rosario! Si vede che sei sfaccendata! Almeno a questa età impara ad impiegare bene il tempo! Se comandassi io a casa tua! … –
La pia donna lasciava dire; poi rispose: Comincia tu a non sprecare il tempo, col dirmi ciò che non hai diritto di dirmi e col piantarmi qui sulla strada! … Io devo dare conto a Dio e non a te! A casa rendo certamente più di te! … Perché non pensi al tempo che perdi quando stai allo specchio, con i continui passeggi, con l’andare ogni sera al cinema? …
– Quello non è tempo perduto, perché mi diverto!
– Tu ti diverti con queste sciocchezze, io invece con cose più serie. Ricordati però che il tempo passato non ritorna più; arriverà l’ultimo giorno per me e per te. Quando entreremo nell’eternità, mi saprai dire chi di noi due ha sprecato il tempo! . . –
Il « presente ».
Spigolo dal libretto « Colloquio interiore » qualche suggerimento, che Gesù si è degnato dare ad un’anima privilegiata, Suor Maria della Trinità:
– Mio Dio, disse la Suora, comincio oggi la mia povera vita! Ho tanto sprecato i vostri doni! Quanto tempo ho perduto! Non voglio più occuparmi che di Voi e dei doveri del mio stato.
– Sì, figlia mia, quando sprechi del tempo, mi offendi; disprezzi i miei doni, perché « il presente » è un dono che il mio amore presenta alla generosità. Però non ti agitare; chi si agita, spreca. Pensa alla Madre mia! Chi fu ricoperta di più gravi responsabilità di Lei? Eppure era sempre calma e sorridente. Io, tuo Dio, sono l’ordine e la calma perfetta, pur essendo vita, movimento ed azione…. È perduto tutto il tempo che si occupa lontano da me. Tu sii vigilante e prega! –
Le varie biografie di S. Giovanni Bosco, specialmente le Memorie Biografiche, sono ricche di ammaestramenti. Molto mi ha colpito un pensiero del Santo della gioventù: Daremo conto a Dio anche di un po’ di tempo che avremo sprecato per colpa nostra! – In vista di ciò Don Bosco, non solo lavorava densamente, ma utilizzava i così detti di ritagli di tempo »; quando non poteva fare altro, sollevava la mente a Dio e pregava.
Per comprendere la stima che avevano del tempo i Santi, è bene ricordare S. Alfonso De’ Liguori. Questi fece voto, per tutta la vita, di non sprecare alcuna briciola di tempo. Quanti meriti poté guadagnare! Non si consiglia ad alcuno tale voto, però si raccomanda di occupare santamente il tempo, per tesoreggiare per l’eternità.
Tutta la vita, volendo, potrebbe divenire una catena ininterrotta di opere buone, col buon uso del tempo. Ad ognuna di esse corrisponde un merito proporzionato ed a questo un nuovo grado di gloria in Paradiso.
Dice S. Lorenzo Giustiniani: Il tempo, in qualche modo, vale quanto l’eternità beata; soltanto con l’impiegarlo in opere buone, potremmo un giorno giungere a godere Dio in Cielo. –
Chi si trovasse alla riva d’un rapido fiume ricco di oro, di perle, di gemme e senza curarsi di tanti tesori se ne stesse a raccogliere alghe, sassi o putrido fango, non sarebbe un insensato? … Eppure questo avviene nel mondo! Il fiume raffigura il tempo, il quale scorre pieno di tesori inapprezzabili, che sono a nostra disposizione, purché ne vogliamo approfittare. Tanti invece non se ne curano e vanno dietro a frivolezze ed a vanità, che in sostanza sono sabbia è vile fango.
Se i Beati in Cielo potessero desiderare qualche cosa, sarebbe questa: avere un po’ di tempo disponibile, per venire sulla terra a guadagnare qualche altro grado di gloria. Ciò fu rivelato ad un’anima da Santa Maria Maddalena De’ Pazzi.
In pratica:
1. Compiere molte opere buone, approfittando delle occasioni, che Dio giornalmente presenta.
2. Considerare come tempo meglio impiegato, quello che si trascorre nella preghiera e nella cura dell’anima propria.
3. Pur dando alla natura umana, che è debole, il necessario svago per sollevarsi, non si sprechi il tempo in divertimenti prolungati e snervanti e in conversazioni inutili ed interminabili …
4. Utilizzare i ritagli di tempo: nei viaggi, nell’attendere a lungo qualche persona … servendosi della corona del Rosario, leggendo un buon libro o alzando spesso la mente ed il cuore a Dio.
Conseguire il “proprio posto”!
Ho sentito dire a pie persone: Spero di andare in Paradiso! … Mi contenterò anche di un cantuccio! … Starò bene pure nell’ultimo posto!… L’essenziale è che entri in Cielo! – Dire questo, non piace a Dio!
Diceva Gesù a Suor Maria della Trinità: Molte anime si preoccupano di andare in Cielo e di evitare l’inferno. Si sbagliano! Vorrei che si preoccupassero meno di andare in Cielo, che di occuparvi il posto che io ho preparato per loro, cioè di corrispondere in tutto e per tutto ai miei desideri. Vorrei che ogni anima comprendesse quanto il suo destino sia grande ed unico! –
Ecco il significato delle parole di Gesù: Nel corpo umano non tutti i sensi sono dello stesso valore; la vista è più nobile del tatto e dei gusto. Sulla terra gli uomini non hanno la stessa bellezza fisica o lo stesso grado d’intelligenza. Nel firmamento non tutti gli astri hanno la stessa luce e la stessa grandezza. Si riscontra in tutti gli esseri una grande varietà, il che accresce la bellezza del creato. Così in Paradiso Iddio assegna ad ogni anima un posto particolare nel Regno dei Cieli e desidera che l’anima cooperi per meritarlo. A tal fine dà ad ogni anima dei talenti, a chi uno, a chi due, a chi cinque; a chi più dà, più domanderà. Iddio è libero dei suoi doni e non fa ingiustizia ad alcuno agendo così.
Dato che in Paradiso ci sono molte mansioni, ognuno deve far di tutto per arricchirsi di molti meriti, tendendo il più possibile alla perfezione.
Preziosità dell’atto umano.
Si dice: Il Paradiso non è fatto per i poltroni! – Si dice anche: In Cielo non si va in carrozza!
Pretendere di ricevere da Dio il premio eterno, ed in grado eminente, ed intanto trascorrere il tempo nell’inoperosità, è assurdo.
Si danno ora dei suggerimenti morali ed ascetici. Iddio premia l’atto umano buono, che può essere: un pensiero, un desiderio, una parola, un’azione. Di tali atti durante la vita se ne possono compiere un’infinità; occorre non sprecarli.
Non è molto, trovandomi a Palermo, ebbi l’opportunità di visitare la Mostra Atomica. Nel primo reparto, a sinistra entrando, era esposto un oggetto di forma cilindrica, di colore nero, dal volume di un pugno di bambino. Sotto era scritto: « Un chilogrammo di Uranio ».
Un profano di scienza atomica, a vedere quell’uranio, avrebbe detto: Che valore potrebbe avere quest’oggetto? Non vi spenderei dieci lire per acquistarlo!
Eppure, è stragrande la preziosità di un chilogrammo di uranio! Osservando la mostra, potei vedere i suoi effetti meravigliosi, attraverso le illustrazioni. Un piccolo quantitativo, un semplice chilo di uranio:
1. Può produrre un’energia uguale a due milioni e mezzo di chili di carbone.
2. Può mantenere accesa una lampadina per dodici mila anni.
3. Può fornire energia per illuminare e risoaldare una città di cento mila abitanti, per un mese e mezzo.
4. Può far muovere un treno per centodieci mila chilometri, pari a tre volte il giro del mondo.
Assai preziosa è dunque l’energia atomica.
Sprecare un pezzo di uranio, sarebbe da pazzi!
L’atto umano buono, sebbene di poca entità, è infinitamente più prezioso dell’uranio, perchè i suoi effetti dureranno eternamente nell’altra vita. Lo spreco volontario di un solo atto umano è una gran perdita.
Le due condizioni.
L’atto umano, perché meriti ricompensa in Cielo, non basta che sia buono, ma occorre farlo:
1° In grazia di Dio.
2° Con retta intenzione.
Le opere buone, che compiono coloro che sono in peccato mortale, sono perdute per l’eternità; la loro utilità è solo questa: muovere la misericordia di Dio a dare qualche aiuto particolare per ritornare nell’amicizia divina.
Oh, come sono insensati e da compiangere quelli che, commesso un grave peccato, non si danno premura di rimettersi in grazia di Dio e lasciano passare settimane e mesi, e forse anni, nella più assoluta sterilità! Quanti quintali di uranio spirituale sprecano! Eppure, è tanto facile andare a confessarsi o, essendone impediti, emettere un atto di dolore perfetto, col proposito di manifestare le proprie miserie morali al Ministro di Dio al più presto possibile!
La seconda condizione essenziale perché un atto umano meriti davanti a Dio, è che sia fatto con rettitudine d’intenzione, cioè, non per fini puramente umani, quali sarebbero: gli interessi personali, la lode umana, la simpatia … Gli Scribi ed i Farisei compivano molte opere buone; pregavano a lungo, digiunavano con rigore, davano abbondanti elemosine … eppure Gesù Cristo disse: Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli! Infatti essi fanno le loro opere per essere visti dagli uomini. In verità vi dico che hanno ricevuta la loro ricompensa! – (S. Matteo, VI, 1).
Quante opere buone si sprecano, non vigilando sul retto fine dell’agire! Esorto il lettore a leggere uno dei miei più importanti scritti, «La vera ricchezza », trattato sulla retta intenzione, per conoscere a fondo il segreto di arricchirsi per il Paradiso. Vi s’insegna come utilizzare per l’eternità, non solo gli atti buoni, ma anche gl’indifferenti.
Non sprecare le occasioni!
Spesso Gesù nel Vangelo dice: State vigilanti! … Beato quel servo che, venendo il padrone, sarà trovato vigilante! (S. Matteo, XXIV, 46), Vigilante significa « fare attenzione » « riflettere » « tenere gli occhi aperti ».
Chi vuol arricchire davvero, non va avanti alla carlona, ma approfitta delle occasioni e, se non si presentano, le cerca o le suscita.
Iddio, in vista della gloria eterna, affinché le anime si arricchiscano sempre più, non fa mancare 1e occasioni, specialmente alle anime che predilige.
Disse un giorno Gesù a Suor Maria della Trinità: Io vi do le occasioni di acquistare le virtù e vi presento le circostanze, che potete utilizzare per sviluppare la vostra vita interiore. Se mi lasciaste agire, farei cose grandi per l’eternità! –
Leggendo le biografie dei Santi; si constata un fatto curioso o, per dire meglio, provvidenziale: vicino ad ognuno di loro si trova qualche persona che ha fatto da martello. San Tommaso d’Aquino ebbe dei fratelli, che misero a dura prova la sua purezza; Santa Margherita Alacoque visse con certe Consorelle, che la bistrattavano oltre ogni dire; San Giovanni Bosco ebbe nell’apostolato le continue lotte dei protestanti e la misteriosa incomprensione del suo Arcivescovo; Santa Teresa del Bambino Gesù dovette sottostare a Madre Gonzaga, superiora di forte carattere, ma spesso strana ed insopportabile…. Iddio, affinché i suoi Santi abbiano modo di tesoreggiare per l’eternità con continui atti di virtù, li mette nelle occasioni di esercitare spesso l’umiltà, la pazienza, la carità….
Le anime pie non sono trattate diversamente da Gesù. Quell’uomo, veramente cristiano, è deriso dalla moglie irreligiosa e superba; quella donna, tanto devota, deve sopportare per tutta la vita il marito bestemmiatore ed ubbriaco; quei buoni sposi hanno da fare con un figlio perverso; quella pia figliuola è schernita dalla sorella mondana o dai fratelli irreligiosi…. È necessario stare vigilanti, tenere gli occhi aperti, per approfittare di quanto la Provvidenza permette in noi ed attorno a noi.
Esempio di una Santa.
Ho accennato a Santa Teresina. Questa raggiunse un alto grado di perfezione, seguendo il programma: tesoreggiare per il Cielo, non lasciando sfuggire occasione alcuna.
Scrive la Santa nell’Autobiografia: La mia Superiora, Madre Gonzaga, è tanto buona e mi vuole molto bene. Ma quanti rimproveri mi dà! Quante umiliazioni mi fa subire! Mi dà un ordine, che procuro di eseguire esattamente, poi mi rimprovera di averlo eseguito. Poveretta, dimentica facilmente! Le sono stata grata, perché sono venuta nel monastero per santificarmi. Che sarebbe di me, se io fossi l’idolo della Comunità? Sarò in eterno grata alla mia superiora, perché mi dà modo di arricchire di gemme preziose la mia corona del Paradiso. Sul letto di morte, l’ultimo mio sorriso sarà per Madre Gonzaga. –
Quando la campana del monastero di Lisieux chiamò a raccolta le Suore attorno al letto di Santa Teresina morente, accorse anche la Madre Gonzaga, che si pose in ginocchio. La Santa volse lo sguardo sulla Comunità orante; fissò poi gli occhi sull’antica superiora ed atteggiò le labbra a sorriso, per dire: Grazie a te, che mi hai arricchita! –
La Santa del Carmelo di Lisieux sia di esempio a tutti, nelle grandi e nelle piccole occasioni.
Chiudo l’argomento con un bel pensiero della stessa Santa: Quando Gesù mi presenta l’opportunità di compiere un atto di virtù, sopportare un difetto, ricevere un rimprovero, frenare un sentimento di simpatia, faccio di tutto per non perdere quel tesoro; mi abbasso, raccolgo la gemma celeste… e la presento a Gesù! –
Oh, se tutte le anime sapessero approfittare delle cento occasioni che si presentano ogni giorno, in casa e fuori, quanta gloria si acquisterebbe in Cielo! Come bisognerebbe essere grati a chi ci dà motivo, di compiere atti di virtù!
Le sofferenze.
Quando Gesù, dopo la risurrezione, apparve ai due di Emmaus, così parlò: O stolti e tardi di cuore a credere! Non doveva forse il Cristo patire e così entrare nella sua gloria? – (S. Luca, XXIV, 25).
Per entrare nella gloria del Paradiso è dunque necessario patire.
Poiché tutti abbiamo l’istinto di evitare la sofferenza, Iddio misericordioso la somministra a tutti, sebbene in diverse dosi. Se si comprendesse il valore di un sacrificio nei rapporti del Cielo, si andrebbe avidamente in cerca di sofferenze. Questa verità si comprenderà nell’altra vita, quando si vedrà il frutto del patire:
Si legge in «Colloquio Interiore»: In Cielo avrete piena conoscenza della misericordia divina; quaggiù voi dovete soprattutto contemplare il mistero della croce…. Quando vi mando delle croci, è perché voi doniate la vostra parte di fede e di generosità, necessaria alla vostra salvezza. Voi le potete subire passivamente o le potete anche abbracciare con amore, seguendo l’Uomo dei dolori…. La sofferenza è il privilegio della vostra vita sulla terra. Oh, se poteste capire!… E tu, figlia mia, (Suor Maria della Trinità), ricorda che ben presto ti chiamerò in Cielo ed allora ti rincrescerà di non avere amato, con più amore e con più audacia, le sofferenze della terra! … Per giungere al Cielo, bisogna passare per la crocifissione! –
La Serva di Dio, Lucia Mangano, anima privilegiata, morta a S. Giovanni La Punta (Catania) pochi anni or sono, apprese alla scuola diretta di Gesù il valore del patire. Una sua amica mi confidava: Lucia una volta mi disse: Se io dovessi augurare a persona cara quanto di meglio ci sia, vorrei augurarle croci sopra croci! .. . –
In base al fin qui detto, si raccomanda di non sprecare nessuna delle sofferenze che Dio manda.
Le tentazioni.
Le malattie, le indisposizioni, gli acciacchi … presto o tardi colpiscono tutti. Per avere forza a soffrire si pensi al Paradiso; non ci si ribelli alla volontà di Dio, per non privarsi di tanti gradi di gloria.
Le sofferenze morali sono più pesanti di quelle fisiche. Si utilizzino perciò le incomprensioni e le umiliazioni.
Chi può esprimere il martirio di colui il quale si trovi nello stato di aridità di spirito? Buio, fitte tenebre nella mente, cuore desolato nel servizio di Dio! … Oh, se si apprezzassero di più queste sofferenze, che Gesù non ha risparmiato neppure alle anime più elette, come a Santa Teresa D’Avila ed a Santa Rosa da Lima!
E le tentazioni non sono una croce quotidiana? Bisogna guardarle alla luce del Cielo, per sfruttarle come Dio desidera!
Dio non tenta alcuno, ma permette la tentazione affinché l’anima gli dia la prova d’amore e meriti così l’eterna gloria. Guai però a chi cerca la tentazione, mettendosi volontariamente nel grave pericolo! Ci si rende già colpevoli. Iddio nega ai presuntuosi la sua assistenza ed eccoli cadere nel male!
La tentazione non voluta, ma sopportata, combattuta e vinta, apporta la corona di gloria.
Dice lo Spirito Santo per mezzo di San Pietro: Benedetto sia Dio, il quale nella sua grande misericordia, per la risurrezione di Gesù Cristo da morte, ci ha fatto rinascere ad una viva speranza dell’eredità incorruttibile, senza macchia, inalterabile, riservata nei Cieli per voi. A questo pensiero voi esulterete, se ancora per poco dovete essere afflitti da varie tentazioni, affinché la prova della vostra fede, molto più preziosa dell’oro (che si prova nel fuoco), sia trovata degna di lode e di gloria e di onore, quando apparirà Gesù Cristo. (1a S. Pietro, 1,3).
Nella Lettera di San Giacomo Apostolo si legge: Beato l’uomo che soffre tentazioni, perché, quando sarà stato provato, riceverà la corona di vita, da Dio promessa a quelli che lo amano. Nessuno, quando è tentato, dica di essere tentato da Dio, perché Dio non può tentare a fare il male; ma ciascuno è tentato, attratto ed adescato dalla propria concupiscenza. (S. Giacomo l, 12).
La lotta nelle tentazioni richiedé sacrifici, cioè rinunzie e privazioni. Se diletta il pensiero del Paradiso, si sia pronti a tutto, anche a dare la vita. Così hanno fatto i Martiri, che oggi trionfano in Cielo.
ll premio si deve meritare!
Al tempo dell’imperatore Adriano, infieriva la persecuzione contro i Cristiani. Un certo Getulio, fu barbaramente trucidato. La moglie, Sinforosa, pensando al Paradiso, non ebbe rincrescimento di restare vedova. In seguito fu arrestata lei ed i suoi otto figli: o rinunciare alla fede o la morte! Sinforosa, piena d’amor di Dio e sorretta dalla grazia divina, disse ai figli: Pensate al Paradiso! Qualunque tormento è nulla di fronte al premio eterno che vi è preparato!
Arrabbiati i carnefici, le legarono un macigno al collo e la gettarono nel Tevere. I suoi figli subirono diversi tormenti: Crescenzio ebbe trapassata la gola da una spada; a Nemesio fu trapassato il cuore; Primitivo fu sventrato; Giustino fu segato membro a membro; Statteo, legato al palo, fu crivellato di frecce; Eugenio fu segato in due parti.
Ecco, per meritare il Paradiso, cosa ha sopportato Santa Sinforosa ed i suoi figli, e con loro … milioni e milioni di Martiri!
Quanti Cristiani oggi, pur volendo andare in Paradiso, non sanno rinunziare ad un film pericoloso, ad una rivista poco morale, ad un attacco al cuore, ad una visita, ad un divertimento poco lecito! Si pretende il Paradiso, ma senza sforzi. Si ricordi che il Cielo non è fatto per i poltroni!
Diceva Gesù a Suor Benigna Consolata: Scrivi quanto io ti dico; le anime leggeranno e potranno approfittare e tu ne avrai merito. –
Del bene che facciamo, Dio ci compenserà, dandoci la gloria promessa nella eternità; del bene che altri fanno per opera nostra, riceveremo anche il premio.
Più anime salviamo, più risplenderemo di gloria in Cielo. La più bella corona celeste sarà formata da coloro che si salvano per opera nostra.
Com’è facile rovinare le anime, se non si fa attenzione, così è facile salvarle con un po’ di buona volontà.
Offrire preghiere e sacrifici per i peccatori, industriarsi perchè un moribondo riceva i Sacramenti, trattenere una persona da un passo pericoloso, dare un buon consiglio, far leggere un libro spirituale … quanti si possono aiutare ad andare in Paradiso!
Una propagandista di buona stampa mi scriveva in questi giorni: Ho conosciuto una signorina, intelligente ed istruita, però atea. Ho pensato di darle a leggere un buon libro nella speranza che si convertisse. In realtà la luce di Dio è entrata nel suo cuore. Ha lasciato la via del male, ha cominciato a frequentare i Sacramenti ed al presente si comunica tutti i giorni. Ormai si è data all’apostolato e porta anime a Dio. È tanto zelante! –
Un giorno la propagandista di cui parlo, com’è da sperare, andrà in Paradiso; riceverà la corona di gloria. Ma quale aumento di felicita le sarà riservato per l’atea convertita e per le anime da costei ritratte dal male! Iddio le dirà: Quel libro buono dato a leggere, è stato la salvezza di tanti! A te un premio eterno particolare! –
I Santi compresero tutto ciò ed erano avidi di apostolato. San Giovanni Bosco fu un vero cacciatore di anime. San Francesco Saverio si diceva disposto ad andare in capo al mondo, pur di salvare un peccatore…. Oggi in Cielo sono circondati da coloro che salvarono. Come i pianeti nel firmamento fanno corona al sole, aumentandone la magnificenza, così in Paradiso le anime da noi salvate formeranno la nostra mistica corona di gloria. Beati coloro che si danno all’apostolato! In Cielo comprenderanno la preziosità della loro vita.
O voi che militate nelle file dell’Azione Cattolica, e voi tutti che v’industriate di convertire i peccatori, non scoraggiatevi se non vedete sulla terra i frutti del vostro apostolato! Spargete ovunque il seme evangelico: in famiglia, nei laboratori, nelle officine … e lasciate che la Provvidenza fecondi questo seme! Un’opera di apostolato se non frutta oggi, potrà fruttare domani oppure fra anni…. Nell’ipotesi che un seme non fruttasse, il Padrone Eterno darebbe sempre la ricompensa al servo attivo; l’agricoltore merita lode anche quando non ha fatto un buon raccolto, purché abbia seminato e lavorato bene le sue terre.
Il cuore… miniera preziosa.
Ogni mortale ha nel proprio cuore una miniera preziosissima; si tratta di sfruttarla con l’intelligenza e con la fatica. Chi poco comprende, poco guadagna; chi poco si affatica, poco raccoglie; chi semina vento, raccoglie tempesta. Chi sa utilizzare la vita presente per il Paradiso, raggiunge il fine della creazione. – L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore cava fuori il bene; poiché dall’abbondanza del cuore parla la sua bocca (Luca, 6, 45). –
Tante volte avevo contemplato le zone che circondano la città di Ragusa. Spesso dicevo tra me. Quanto terreno sprecato! Poca produzione! Almeno si alimentano le vacche e le pecore con il pascolo! – I proprietari, per tanti secoli, si contentavano di un po’ di utile.
Persona intelligente studiò a fondo la zona ragusana; mise in attività l’esperienza propria e l’altrui; sondò qua e là il terreno; non si fermò davanti agli ostacoli; nella speranza di trovare il petrolio, impiegò la sua ricchezza. In fine, l’esito fu felice.
Allorché quest’anno, recatomi a Ragusa volli visitare la zona storica, su cui oggi puntano gli occhi i migliori industriali del mondo, in un bivio dello stradale lessi la targa « A.B.C.D. » (cioè: Asfalto – Bitume – Catrame-Derivati). Poco distante scorsi i pozzi di petrolio. Erano in attività le macchine. Altri pozzi erano in lavorazione. A vedere una imponente trivella, domandai: Questo pozzo è pronto? – No! Ancora la sonda è a m. 1600 sottoterra; forse bisognerà arrivare a m. 2000; ma il petrolio è sicuro! –
Quale non fu la mia meraviglia a vedere il tubo di un pozzo attivo! Solo due operai assistevano, non per lavorare ma per controllare. Veniva su la materia prima, a getto continuo, ancora calda e spumeggiante, nerissima….
– Sempre così è il getto del petrolio? – Sempre, notte e giorno!
Conclusi tra me: Quanti miliardi vengono fuori dalle viscere della terra! Quanto vantaggio all’umanità! … Il tesoro qui c’è stato sempre, ma inutilizzato! È stata necessaria l’intelligenza e la fatica per trovarlo! –
Se si sapessero sfruttare tutte le energie del cuore umano, quanti tesori si troverebbero per l’eternità, più preziosi del petrolio di Ragusa! Ci vuole intelligenza, per approfondire le grandi verità che Dio ha rivelate; se manca questo, manca la base: Non si lavora da tutti per il Paradiso, perché non si medita e si spreca il dono dell’intelligenza solo negli affari materiali!
Il cuore… miniera d’iniquità.
Il cuore è anche una miniera d’iniquità, se non si tengono a freno le passioni. Dice Gesù: Dal cuore dell’uomo vengono i cattivi pensieri, gli adulteri, le fornicazioni, gli omicidi, i furti, le avarizie, le iniquità, le frodi, la libidine, l’invidia, le bestemmie, la superbia; la stoltezza (S. Marco, VII, 21).
Mentre sto per chiudere questo scritto mi trovo sull’Etna, il primo vulcano d’Europa. Il cratere è in attività ed i continui boati giungono a me. Voglio provare l’emozione dell’eruzione. Mi spingo a m. 3300 d’altezza, sul ciglione del cratere centrale; un apparecchio sorvola all’intorno per fotografare; un rappresentante della «Incom » fa dei cortometraggi per i documentari cinematografici. Io contemplo, distante dalla bocca eruttiva un centinaio di metri, il terribile getto dei lapilli: Assicurato dalla direzione del getto, emozionato guardo e medito: Miriadi di masse di fuoco, dopo l’esplosione, che produce un forte terremoto, escono dalle viscere della terra e si lanciano a centinaia di metri; dopo qualche istante, si ripete l’esplosione; la lava, che pare inferocita, si riversa in torrentelli di fuoco e scorre fuori dal cratere. Il puzzo, dello zolfo, il calore del fuoco e più che tutto la paura che mi si apra il suolo sotto i piedi, mi costringono ad allontanarmi. Intanto penso: Dal sottosuolo di Ragusa viene fuori la ricchezza; da qui invece viene fuori il fuoco, che apporta il terrore in tutta la zona e la distruzione dei vigneti e di qualche cittadina! … Così il cuore umano! –
Quanti, uomini e donne, sono come crateri in eruzione! Mettono fuori dal loro cuore: bestemmie, calunnie, discorsi immorali, scandali! … Costoro seminano la distruzione in famiglia e in società. Per tale gente la vita è una terribile preparazione al fuoco eterno. Oh, aprissero gli occhi almeno un’ora prima del loro ingresso nell’eternità!
Non c’è via di mezzo: o Paradiso o inferno! Tutti corriamo verso l’eternità; ogni giorno è un passo verso l’eterna dimora. La vita è come un viaggio in treno; chi scende prima e chi dopo. È pazzo quel viaggiatore che, vedendo una cosa bella, scende dal treno, dimentico del fine per cuì viaggia.
I viaggiatori sogliono portare la valigia; più vi si mette dentro e più vi si trova. Così per l’eternità!
Buona volontà.
San Tommaso D’Aquino con i suoi scritti spingeva le anime all’eterna felicità. Una sua sorella, nella speranza di avere un consiglio straordinario per salvarsi, gli chiese per lettera: Qual è la cosa principale per andare in Paradiso? – Il Santo le rispose con due semplici parole: “Basta volerlo!”.
Tuttavia, per assicurarci sempre più il Cielo, appigliamoci ai mezzi che la Provvidenza ci appresta:
l. Fare bene e rinnovare le Nove Comunioni dei Primi Venerdí.
2. Comunicarsi sempre nei Primi Sabati ad onore del Cuore Immacolato di Maria, per avere la protezione della Regina del Cielo in vita e specialmente in punto di morte.
3. Fare ogni giorno un po’ di meditazione, anche pochi minuti, perché chi medita seriamente le grandi verità rivelate, difficilmente pecca e, se avesse la disgrazia di cadere, subito si rialzerebbe.
Suggerimento di un Santo.
Il 4 febbraio, 1861, Don Bosco andò a predicare gli Esercizi Spirituali nel Seminario di Bergamo. Predicando, fra l’altro disse:
In una certa occasione potei domandare a Maria Santissima la grazia di avere presso di me in Paradiso migliaia e migliaia di anime e la Madonna me ne fece promessa. Se anche voi desiderate appartenere a tal numero, io ne sono lieto, a patto che ogni giorno, per tutta la vostra vita, recitiate un’Ave Maria, possibilmente nel tempo che ascolterete la S. Messa, anzi nel momento della Consacrazione. –
La proposta fu accolta con gioia, perché già si conosceva la santità di Don Bosco e le relazioni che aveva col soprannaturale.
Un certo Stefano Scaini, allora Chierico nel Seminario di Bergamo e poi Sacerdote Gesuita, non tralasciò 1’Ave Maria suggerita da Don Bosco, convinto che la stessa Madonna avesse suggerita la cosa al suo Servo. Lo Scaini il 3 gennaio, 1882, andò a trovare Don Bosco a Torino e così gli disse: Se mi permette, vorrei domandarle schiarimento sopra una cosa, che mi sta molto a cuore. Ricorda quando lei venne a predicare gli Esercizi nel Seminario di Bergamo?
– Sì!
– Ricorda di averci parlato d’una grazia domandata alla Madonna, cioè dell’Ave Maria da recitare durante la Consacrazione?
– Ricordo bene!
– Io quell’Ave Maria l’ho sempre recitata e la reciterò sempre! –
Allora Don Bosco rispose con grande sicurezza: Continui a recitare quell’Ave Maria e ci troveremo assieme in Paradiso! –
Quante anime, fiduciose nella parola di San Giovanni Bosco, recitano ogni giorno quest’Ave Maria!
Si diffonda molto questa pia pratica.
APPENDICE
1. Offerta di vittima.
Gesù cerca un esercito di “anime vittime”.
Si consiglia a chi vuole andare incontro ai desideri di Gesù, la lettura del libretto “Anime ostie”. Riporto una pagina di tale scritto:
Scegli, o anima pia, una data solenne per fare a Gesù la tua offerta di vittima; conviene che ti prepari con un devoto novenario. In questi nove giorni purificherai il tuo cuore con una Confessione particolare ed offrirai le opere buone in riparazione dei peccati commessi, in ringraziamento dei benefici ricevuti e per impetrare nuove grazie.
Quando sarai ben preparata, dopo di aver ricevuta la Santa Comunione farai la seguente offerta:
“O Dio, onnipotente ed eterno, che mi hai creata per amarti con tutte le mie forze, dégnati ricevere l’umile mia offerta!
Alla presenza della Vergine Maria, del mio Angelo Custode e di tutta la Corte Celeste, mi offro a te come vittima di amore e di riparazione per i peccatori. So che sono debole, ma so pure che tu sarai la mia forza. Eccomi disposta ad accettare con umile sottomissione le croci, che nella tua bontà vorrai mandarmi, intendendo con ciò venire in aiuto a tanti poveri peccatori.
Maria Santissima ed il mio Angelo Custode ti offrano continuamente tutto ciò che faccio e dico; specialmente le sofferenze.
Intendo rinnovare quest’atto ad ogni palpito del mio cuore. Amen!”
Ogni anno è bene rinnovare con solennità l’offerta dì vittima, facendola precedere sempre da un triduo privato.
Dopo che avrai fatto questa consacrazione, lavorerai con più intensità nel tuo spirito.
inizierai così un nuovo periodo della tua vita spirituale.
(Da “Anime Ostie”).
2. Triduo particolare.
Ci sono delle anime, che alla fine dell’anno sogliono fare un piccolo triduo privato con le seguenti intenzioni:
1° – 29 dicembre: Riparare le infedeltà commesse durante l’anno.
2° – 30 dicembre: Ringraziare Dio dei benefici ricevuti nel corso dell’anno.
3° – 31 dicembre: Implorare la Benedizione di Dio per il nuovo anno.
Questo triduo si consiglia anche in occasione del proprio compleanno.
3. (Coroncina) di Offerta del Divin Sangue.
Grani grossi
Eterno Padre, Eterno Amore, Vieni a noi col tuo Amore e distruggi del nostro cuore tutto ciò che ti dà dolore. Pater…
Grani piccoli
Eterno Padre, io vi offro per il Cuore Immacolato di Maria il Sangue di Gesù Cristo, per la santificazione dei Sacerdoti e la conversione dei peccatori, per i moribondi e le anime del Purgatorio.
Alla fine
10 Gloria al Padre…
S. Maria Maddalena De’ Pazzi offriva ogni giorno il Divin Sangue per 50 volte. Gesù, apparendole, disse: Da che tu fai questa offerta, non puoi immaginare quanti peccatori si siano convertiti e quante anime siano uscite dal Purgatorio!
Si raccomanda ogni giorno l’offerta di cinque piccoli sacrifici in onore delle Cinque Piaghe, per la conversione dei peccatori.
4. Domeniche santificate.
La Comunione di Pasqua, una volta l’anno, non è sufficiente a vivere da buoni Cristiani. Il Concilio di Trento dichiarò che è desiderio della Chiesa che i fedeli, ogni qualvolta assistono alla Messa, si accostino alla Comunione.
La domenica si va a Messa; si consiglia quindi di comunicarsi ogni domenica. Vantaggi.
La Comunione domenicale:
1) Soddisfa al desiderio di Gesù, che dice nella Messa: “Prendete e mangiatene tutti!”. 2) Fa partecipare attivamente al Divin Sacrificio.
3) Santifica il giorno del Signore.
4) Dà la forza di vivere cristianamente durante la settimana.
Invito. I fedeli, almeno una volta nella vita, per un anno intero, santifichino le domeniche con l’accostarsi alla Comunione.
Scopo. Ognuno metta un’intenzione, ad esempio: Riparare i peccati che si fanno nella domenica … Liberare qualche anima dal Purgatorio … Convertire qualche peccatore … Fare un buon matrimonio … Riparare i peccati propri e della famiglia … Assicurare la buona morte a sè ed ai propri cari … ecc. …
Norme pratiche
1) Comunicarsi per un anno intero ogni domenica.
La pratica può iniziare nella prima domenica dell’anno, ovvero in qualunque altra, purché le domeniche raggiungano il numero annuale.
2) Chi fosse impedito a comunicarsi la domenica, potrebbe supplire in altro giorno della settimana.
3) Gli ammalati cronici e coloro che per gravi motivi non potessero comunicarsi ogni domenica, basta che ricevano la Comunione cinque volte durante l’anno, in ossequio alle cinque Piaghe di Gesù, ed offrano le loro sofferenze: per la pace del mondo, per il Sacerdozio Cattolico e per la conversione dei peccatori.
4) L’essenza dalla pia pratica è la Comunione domenicale. Il resto si lascia alla generosità dei fedeli.
5) Si consiglia di seguire le direttive suggerite nell’apposito libretto « Domeniche santificate ».
Pro unione Chiese Separate
Uno dei più grandi problemi religiosi è la Conciliazione delle Chiese Cristiane Separate con la Chiesa Cattolica. La Chiesa di Gesù Cristo non è ancora un solo Ovile sotto un solo Pastore.
Si compia la pratica delle Domeniche Santificate per impetrare dallo Spirito Santo la luce divina ai capi delle Chiese Scismatiche, Ortodosse e Protestanti. affinché riconoscano la suprema autorità del Papa, legittimo Successore di San Pietro nella Sede di Roma.
Nessun Cattolico resti indifferente davanti a questo urgente problema!
Le anime zelanti diffondano, a voce e, per iscritto, i vantaggi di questa Crociata. Pratica. Ogni fedele sia un apostolo e trovi almeno una decina di persone da disporre alla Comunione domenicale.
(Da « Domeniche Santificate »)
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