Vita oltre la vita – I morti risorgeranno
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I MORTI RISORGERANNO
Don Giuseppe Tomaselli
Introduzione
Sentir parlare di morte, d’inferno e di altre grandi verità, non sempre piace, specialmente a chi vuol godere la vita. Eppure è necessario pensarci! Tutti vor-rebbero andare in Paradiso, cioè nel godimento eterno; per arrivarci però bisogna anche meditare su certe verità, perché grande segreto per salvare la propria anima è il meditare i novissimi, cioè quanto ci attende subito dopo la morte. – Ricorda i tuoi novissimi, dice il Signore, e non peccherai in eterno! – La medicina è disgustosa, però dà la salute. Ho creduto bene fare un lavoro sul Giudizio Divino, perchè è uno dei novissimi che maggiormente scuote l’anima mia e penso che sarà utile a molte altre anime. Tratterò in modo speciale del Giudizio Universale, perchè non è conosciuto come merita dal popolo….. continua a leggere sotto
La risurrezione dei morti, che accompagnerà tale Giudizio, è una novità sbalorditiva per certe anime, come ho potuto constatare nell’esercizio del Sacro Ministero.
Spero di riuscire nell’intento col divino aiuto.
CHE COSA E’ LA VITA?
Chi nasce … ha da morire. Dieci, ven¬ti, cinquanta … cento anni di vita, sono un sofflo. Arrivato l’ultimo istante dell’e¬sistenza terrena, volgendo indietro le sguardo, si deve dire: Breve è la vita dell’uomo sulla terra!
Che cosa è la vita in questo mondo? Una lotta continua per mantenersi nella esistenza e per resistere al male. Giustamente questo mondo è chiama¬to «valle di lacrime », anche quando qualche raggio di gioia fugace e lusin¬ghiera rischiara l’umana creatura.
Chi scrive si è trovato centinaia e cen¬tinaia di volte al letto di moribondi ed ha avuto modo di meditare seriamente sulla vanità del mondo; ha visto spegner¬si giovani esistenze ed ha provato il fe¬tore del cadavere in putrefazione. E’ ve¬ro che ci si abitua a tutto, ma certi feno¬meni sogliono far sempre impressione.
Voglio farti assistere, o lettore, alla scomparsa di qualche persona dalla sce¬na del mondo.
LA MORTE
Un magnifico palazzo; una graziosa: villetta all’ingresso.
Un giorno quest’abitazione era l’attra¬zione dei gaudenti, perchè vi si passava il tempo in giuochi, in danze ed in ban¬chetti.
Ora la scena è cambiata: il padrone è gravemente ammalato e sta lottando con¬tro la morte. Il dottore al capezzale non lascia di confortarlo. Qualche amico fe¬dele lo visita, augurando la salute; i fa¬miliari lo guardano ansiosamente e la¬sciano sfuggire lacrime furtive. Il soffe¬rente intanto è silenzioso e osserva me¬ditando; mai ha guardato la vita come in questi momenti: tutto gli sembra fu¬nebre.
– Dunque, dice a se stesso il povero uomo, mi trovo in fin di vita. Il dottore non me lo dice, ma lo fa intravedere. Fra poco sarò morto! E questo palazzo?… Dovrò lasciarlo! e le mie ricchezze?… An¬dranno ad altri! Ed i piaceri?… Sono fi¬niti!… Sto per morire… Dunque tra non molto sarò inchiodato dentro una cassa e portato al cimitero!… La mia vita è sta¬ta un sogno! Del passato mi rimane solo il ricordo! –
Mentre così ragiona, entra il Sacerdo¬te, chiamato non da lui ma da qualche anima buona. – Volete, gli dice, ricon¬ciliarvi con Dio?… Pensate che avete una anima da salvare! –
Il moribondo ha il cuore nell’amarez¬za, il corpo tra gli spasimi ed ha poca vo¬glia di quanto gli dice il Sacerdote.
Tuttavia, per non essere scortese e per non lasciare l’impressione di aver rifiu¬tato i conforti religiosi, ammette il Mini¬stro di Dio al capezzale e più o meno fred-damente assentisce a quanto gli viene suggerito.
Il male intanto si aggrava ed il respiro si fa più affannoso. Tutti gli occhi dei presenti sono rivolti all’agonizzante, il quale impallidisce e con sforzo supremo emette l’ultimo respiro. – E’ morta! – dice il dottore. Quale strazio al cuore dei familiari!… Quante grida di dolore!
Pensiamo al cadavere dice qual¬cuno.
Mentre pochi minuti prima quel corpo era oggetto di cure premurose e veniva baciato teneramente dalle persone inti¬me, appena partita l’anima, quel corpo fa ribrezzo; non lo si vorrebbe più guar¬dare, anzi c’è chi non osa più mettere piede in quella stanza.
Si mette una benda intorno alla fac¬cia, affinché il volto rimanga meno sfor¬mato prima dell’irrigidimento; si veste per l’ultima volta quel corpo e si adagia sul letto con le mani giunti sopra il pet¬to. Gli si collocano quattro candele at¬torno e così la camera funebre è allestita.
Permettimi, o uomo, di fare delle ri¬flessioni salutari sul tuo cadavere, rifles¬sioni che forse tu mai hai fatto mentre eri in vita e che ti avrebbero potuto gio¬vare assai!
RIFLESSIONI
Dove sono, o ricco signore, i tuoi ami¬ci in questo momento?
Alcuni in questo istante forse sono tra gli spassi, ignari della tua sorte; altri at-tendono con i parenti nell’altra stanza. Tu sei solo… disteso sul letto!… Soltanto io ti sto vicino!
Questo tuo capo, leggermente piegato, ha perduto l’abituale alterigia e super¬bia! I tuoi capelli, oggetto di vanità ed un giorno tanto profumati, sono viscidi e scarmigliati! I tuoi occhi così pene¬tranti e abituati al comando… pascolati per tanti anni nell’immoralità, posati vergognosamente su cose e persone… que¬sti occhi ora sono spenti, di color vitreo e coperti per metà dalle palpebre!
Le tue orecchie, incartapécorite, si ri¬posano. Non sentono più le lodi degli a-dulatori!… Non prestano più ascolto ai discorsi scandalosi!… Già troppi ne hai udito!
La tua bocca, o uomo, lascia un po’ ve¬dere la lingua livida e quasi penzoloni, leggermente a contatto con i denti bavo¬si. Molto l’hai fatta lavorare… Imprecan¬do, mormorando e vomitando bestem¬mie… Le labbra, color paonazzo ed in silenzioso… illuminato internamente da debole lampada… un Crocifisso alla pare-te… alcune casse collocate qua e là… Qua¬le lugubre scena! Ah! se potessero par¬lare i morti e manifestare le proprie im¬pressioni della prima notte passata nel Cimitero!
– Chi sei tu, direbbe il ricco signore, chi sei tu che hai l’onore di stare vicino a me?
– Sono un povero operaio, vissuto nel lavoro e morto per infortunio!… – Al¬lora scostati da me, che sono uno dei più ricchi della città!… Scostati subito, per¬chè sei puzzolente e non resisto!… – Fra¬tello, par che dica l’altro, siamo ormai la stessa cosa! C’era distanza tra me e te fuori del Cimitero; qua dentro, no! La stessa cosa… lo stesso fetore… gli stessi vermi!…
L’indomani mattina, nelle prime ore, alcune fosse sono preparate nell’ampio Camposanto; le bare vengono tolte dal deposito e portate al luogo di sepoltura. I poveri sono seppelliti senza alcun ceri¬moniale, tranne la benedizione che dà il Sacerdote. Il ricco signore ancora merita un riguardo, che sarà l’ultimo. Per inca-rico della famiglia del defunto vengono due amici a fare la ricognizione del ca¬davere prima della sepoltura. Si apre la bara ed appare il nobile trapassato. I due amici si fanno violenza per guardarlo e subito ordinano di richiudere la cassa. Si son pentiti d’averlo mirato! E’ comin¬ciata già la dissoluzione del cadavere. Il volto si è enormemente gonfiato e la par¬te inferiore, dalle narici in giù, è cospar¬sa di sangue putrido, venuto fuori dal naso e dalla bocca.
La bara è calata giù; gli operai la rico¬prono di terra; fra non molto verranno altri operai a collocarvi un bel monu¬mento.
– O nobile uomo, eccoti nel seno della terra! Marcisci… servano le tue carni di pascolo ai vermi!… Col tempo le tue ossa si polverizzeranno! Si compie in te quan-to disse il Creatore al primo uomo: Ri¬cordati, uomo, che sei polvere ed in pol¬vere ritornerai!
I due amici, con lo spettro del cadavere nella mente, escono pensierosi dal Camposanto. – Come ci si riduce – e¬sclama uno. – Caro amico, cosa possia¬mo farci!… Così è la vita! – Non si cono¬sceva più il nostro amico!… Dimentichia¬mo tutto!… Guai se dovessimo pensare a ciò che abbiamo visto!
SANTA RISOLUZIONE
O lettore, la pallida descrizione di una scena funebre forse ti ha colpito. Hai ra-gione! Ma approfitta di questa tua im¬pressione salutare per prendere qualche risoluzione di vita migliore! Per quanti il pensiero della morte è stato il movente per fuggire un’occasione grave di pecca¬to;… per darsi alla pratica fervorosa del¬la Santa Religione… per distaccarsi dal mondo e dalle sue fallaci attrattive!
Alcuni anche si sono fatti Santi. Tra costoro si ricorda un nobile della conte di Spagna, il quale, aveva dovuto guar¬dare il cadavere della regina Isabella pri¬ma della sepoltura; rimase così colpito che risolvette di lasciare i piaceri della corte, si diede alla penitenza e si consa¬crò al Signore. Pieno di meriti partì da questa vita. E’ costui il grande San Fran¬cesco Borgia.
E tu cosa risolvi di fare?… Non hai niente da correggere nella tua vita?… Non accarezzi forse troppo il tuo corpo a discapito dell’anima?… Non accontenti forse illecitamente i tuoi sensi?… Ricor¬dati che hai da morire… e morrai quan¬do meno lo penserai… Oggi in figura, do¬mani in sepoltura!… Intanto tu vivi co¬me se non dovessi mai morire… Marcirà sotto terra il tuo corpo! E l’anima tua, che dovrà vivere eternamente, perchè non la curi di più?
IL GIUDIZIO PARTICOLARE
L’ANIMA
Appena il moribondo emette l’ultimo respiro, alcuni esclamano: E’ morto… tut¬to è finito!
Non è così! Se è finita la vita terrena, è cominciata però la vita eterna dello spi¬rito o dell’anima.
Noi siamo fatti di anima e di corpo. L’anima è il principio vitale per cui l’uo¬mo ama, vuole il bene ed è libero dei suoi atti, perciò responsabile del suo agire. Per mezzo dell’anima il corpo compie tut¬te le sue funzioni di assimilare, crescere e sentire.
Il corpo è lo strumento dell’anima; fin¬ché questa lo vivifica, abbiamo il corpo in piena efficienza; appena essa parte, ab¬biamo la morte, cioè il corpo diventa ca-davere, insensibile, destinato alla disso¬luzione. Il corpo non può vivere senza l’anima.
L’anima, fatta a immagine e somi¬glianza divina, è creata da Dio nell’atto della umana concezione; dopo una dimo¬ra più o meno a lungo su questa terra, ritorna a Dio per essere giudicata.
Il Giudizio Divino!… Entriamo, o let¬tore, in un argomento di massima impor¬tanza, di gran lunga superiore a quello della morte. Difficilmente mi commuovo, o lettore; il pensiero del Giudizio però rie¬sce a commuovermi. Dico questo affinché tu segua con particolare interesse l’argo¬mento che sto per trattare.
IL DIVIN GIUDICE
Dopo la morte del corpo, l’anima con¬tinua a vivere; è questa una verità di fe¬de insegnataci da Gesù Cristo, Dio e uo¬mo. Egli infatti dice: Non temete quelli che uccidono il corpo; ma temete piatto¬sto Colui che può perdere il corpo e l’ani¬ma vostra! – E parlando di un tale che pensava solo a questa vita terrena, am¬massando ricchezze, Egli dice: Stolto, questa notte tu morrai e l’anima tua ti sarà domandata! Quanto hai preparato di chi sarà? – Mentre è morente sulla Croce, dice al buon ladrone: Oggi sarai con me in Paradiso! – Parlando del ric¬co epulone, asserisce: Morì il ricco e fu sepolto nell’inferno.
Dunque, appena l’anima parte dal cor¬po, senza intervallo alcuno si trova da¬vanti all’eternità. Se essa fosse libera di scegliere, andrebbe senz’altro in Paradiso, perchè nessun’anima vorrebbe anda¬re all’inferno. E’ necessario quindi un giudice che assegni l’eterna dimora. Que¬sto giudice è Iddio stesso e precisamente Gesù Cristo, il Figliuolo Eterno del Pa¬dre. Egli stesso lo afferma: Il Padre non giudica alcuno, ma ogni giudizio ha ri¬messo al Figlio!
Si sono visti dei colpevoli a tremare davanti al giudice terreno, a sudar freddo ed anche a morire.
Eppure si tratta di un uomo che deve essere giudicato da un altro uomo. E che cosa sarà quando l’anima comparirà da¬vanti a Dio per ricevere la sentenza irre-vocabile per tutta l’eternità? Alcuni San¬ti tremavano al pensiero di questa com-parsa. Si racconta di un monaco, che a¬vendo visto nel sogno Gesù Cristo in at¬to di giudicarlo, ebbe tanto spavento, che i capelli gli divennero ad un trat¬to bianchi.
S. Giovanni Bosco prima di morire. al¬la presenza del Cardinale Alimonda e di parecchi Salesiani, cominciò a piangere. – Perchè piangete? – domandò il Car¬dinale. – Penso al giudizio di Dio! Pre¬sto comparirò al suo cospetto e dovrò rendergli conto di tutto! Pregate per me!
Se questo facevano i Santi, che cosa dovremmo fare noi che abbiamo la co¬scienza carica di tante miserie?
DOVE SAREMO GIUDICATI?
I Dottori di Santa Chiesa insegnano che il Giudizio Particolare sarà nel luo¬go stesso ove avviene la morte. Verità tremenda questa! Morire mentre si sta commettendo un peccato e comparire lì stesso davanti al Giudice Supremo offeso!
Pensa, o anima cristiana, a questa ve¬rità allorquando la tentazione ti assale! Vorresti fare una cattiva azione… E se tu morissi in quel momento?… Tu commet¬ti tanti peccati nella tua stanza… sopra quel letto… Pensa che tu probabilmente morrai su quel letto e che proprio là ve¬drai il Divino Giudice!… Tu perciò, o a¬nima cristiana, sarai giudicata da Dio dentro la tua stessa casa, se ivi ti coglie¬rà la morte!… Medita seriamente!…
LA DOTTRINA CATTOLICA
Il Giudizio che l’anima subisce appe¬na spira, si chiama «particolare» per di-stinguerlo da quello che avverrà alla fine del mondo.
Addentriamoci un po’ nel Giudizio Particolare, per quanto umanamente sa¬rà possibile. Il tutto avverrà in un batter d’occhio, come dice S. Paolo; noi però cerchiamo di descrivere lo svolgimento della scena in alcuni particolari più interessanti. Non sono io che invento que¬sta scena del Giudizio; sono i Santi che la descrivono, con a capo Sant’Agostino, appoggiati ai detti della Sacra Scrittura. E’ bene esporre prima la dottrina catto¬lica riguardo alla sentenza del Giudice supremo: « Dopo la morte, se l’anima è in grazia di Dio e senza resto di peccato, va in Pa¬radiso. Se è in disgrazia di Dio, va all’in¬ferno. Se ha ancora qualche debito da scontare presso la Divina Giustizia, va in Purgatorio finché non sia fatta degna di entrare in Paradiso ».
UN’ANIMA INFELICE
Assistiamo assieme, o lettore, al giudi¬zio che subisce dopo la morte un’anima cristiana, la quale, pur avendo ricevuto tante volte i Santi Sacramenti, abbia me-nato tuttavia una vita qua e là macchia¬ta di gravi colpe ed abbia peccato con la speranza di salvarsi lo stesso, pensando di morire almeno in grazia di Dio. Pur-troppo è stata colta dalla morte mentre era in peccato mortale ed eccola ora da-vanti al Giudice Eterno.
LA COMPARSA
Gesù Cristo Giudice non è più il tenero Bambino di Betlemme, il dolce Messia che benedice e perdona, l’Agnello man¬sueto che va alla morte sul Calvario sen¬za aprire bocca; ma è il fiero Leone di Giuda, il Dio di tremenda maestà, da¬vanti al quale cadono in adorazione i più eletti Spiriti Celesti e tremano le poten¬ze infernali.
I Profeti intravvidero in qualche modo nelle loro visioni il Divin Giudice e ce ne diedero delle immagini. Essi ci raffigura¬no Cristo Giudice con la faccia splenden¬te come il sole, con gli occhi scintillanti come fiamme, con la voce simile al rug¬gito del leone, con il furore a guisa di un’orsa alla quale siano stati rubati i fi¬gli. Al fianco ha la giustizia con due giu¬stissime bilance: una per le opere buone e un’altra per le cattive.
L’anima peccatrice a vederlo, vorrebbe slanciarsi verso di Lui, per possederlo in eterno; per Lui è stata creata ed a Lui tende; ma ne viene trattenuta da forza misteriosa. Vorrebbe essa annientarsi od almeno fuggire per non sostenere lo sguardo di un Dio sdegnato; ma non le è concesso. Intanto vede davanti a sé il cumulo dei peccati commessi in vita, il demonio, a fianco, che sghignazza pron¬to a trascinarla con sé e vede al di sotto la terribile fornace dell’inferno.
Prima ancora di ricevere la sentenza, già l’anima ne prova l’atroce strazio, sti-mandosi da se stessa degna del fuoco eterno.
– Che cosa, penserà l’anima, che cosa dovrò dire al Divin Giudice, essendo così misera?… Quale patrono ho da supplica¬re affinché mi aiuti?… Oh! me infelice!
L’ACCUSA
Comparsa l’anima davanti a Dio, nel medesimo istante comincia l’accusa. Ecco il primo accusatore, il demonio! – Signore, dice, siate giusto!… Voi mi avete condannato all’inferno per un solo peccato! Quest’anima ne ha commessi tanti!… Fatela bruciare con me eterna¬mente!… O anima, non ti lascerò più!… Tu mi appartieni!… Sei stata mia schia¬va tanto tempo!… – Ah! bugiardo e tra¬ditore! – dice l’anima. Mi hai promesso la felicità, presentandomi in vita il calice del piacere ed ora per te son perduta! Intanto il demonio, come dice Sant’A¬gostino, rinfaccia all’anima le colpe com¬messe e con aria di trionfo le ricorda il giorno, l’ora e le circostanze. – Ricordi, anima cristiana, quel peccato… quella persona… quel libro… quel luogo?… Ricordi come ti eccitavo al male?… Come eri ubbidiente alle mie tentazioni! Ecco farsi avanti l’Angelo Custode, co¬me dice Origene. – O Dio, esclama, quanto ho fatto per la salvezza di que¬st’anima!… Molti anni ho passato al suo fianco, custodendola amorosamente… Quanti buoni pensieri le ho ispirato!… Dapprima, quando era innocente, mi a¬scoltava. In seguito, cadendo e ricaden¬do nella grave colpa, è diventata sorda alla mia voce!… Sapeva essa di far ma¬le… e tuttavia preferiva il suggerimento del demonio!
A questo punto l’anima, tormentata dal rimorso e dalla rabbia, non sa contro chi avventarsi! – Sì, dirà, la colpa è mia!
L’ESAME
Ancora non ha avuto luogo il rigoroso interrogatorio. Illuminata dalla luce che emana da Gesù Cristo, l’anima vede tut¬to l’operato della sua vita nei minimi particolari.
« Dammi conto, dice il Divin Giudice, delle tue opere malvage! Quante profa-nazioni del giorno festivo!… Quante man¬canze contro il prossimo… approfittando della roba altrui… imbrogliando nel lavo¬ro… dando in prestito denaro ed esigen¬do più del giusto!… Quante falsificazioni nel commercio, alterando la merce ed il peso!… E quelle vendette prese dopo la tale e la tal altra offesa?… Tu non volevi perdonare e pretendevi il mio perdono!
« Dammi conto delle colpe contro il se¬sto Comandamento!… Ti avevo dato un corpo anche te ne servissi in bene e tu invece l’hai profanato!… Quante libertà indegne di una creatura!
« Quanta malizia in quegli sguardi scandalosi!… Quante miserie in gioven¬tù… nel fidanzamento… nella vita di ma¬trimonio, che avresti dovuto santifica¬re!… Credevi, o infelice anima, che tutto fosse lecito!… Non pensavi che io vedevo tutto e ti avvertivo della mia presenza con il rimorso!
Le città di Sodoma e di Gomorra furo¬no incenerite da me per mezzo del fuoco a motivo di questo peccato; anche tu eternamente sarai bruciata nell’inferno e sconterai quei cattivi piaceri presi; per poco arderai da sola, dopo verrà pure il tuo corpo!
« Dammi conto di quegl’insulti che mi lanciavi nella collera, quando dicevi: Id¬dio non fa le cose giuste!… E’ sordo!… Non sa ciò che fa!… Misera creatura, hai osato trattare così il tuo Creatore!… Ti avevo dato la lingua per lodarmi e te ne sei servita per insultare me e per offen¬dere il prossimo!… Rendimi ragione ora delle calunnie… delle mormorazioni… dei segreti che hai manifestati… delle impre-cazioni… delle bugie e dei giuramenti!… Di tutto voglio conto anche delle tue pa-role oziose!… – Signore, esclama atter¬rita l’anima, anche di questo?… E si? Non hai letto nel mio Vangelo: Di ogni parola oziosa che gli uomini avranno detto, mi daranno canto nel giorno del Giudizio!…?
« Dammi conto anche dei pensieri, dei desideri impuri volontariamente tenuti nella mente… dei pensieri di odio e di godimento del male altrui!..:
« Come hai adempiuti i doveri del tuo stato!… Quanta trascuratezza!… Ti sei sposata!… Ma perchè non hai soddisfat¬to ai gravi obblighi inerenti?… Rifiutasti i figliuoli che avrei voluto donarti!… Di qualcuno, che hai accettato, non hai a¬vuto la debita cura spirituale!… Ti ho ricoperta di favori particolari dalla na¬scita alla morte… tu stessa lo hai ricono¬sciuta… e mi hai corrisposto con tanta ingratitudine!… Avresti potuto salvarti, e invece!…
«Ma il conto più stretto lo esigo delle anime che hai scandalizzate!… Miserabi¬le creatura, per salvare le anime sono sceso dal Cielo in terra e son morto in Croce!:.. Per salvarne una sola, se fosse necessario, farei altrettanto!… E tu, in¬vece mi hai rapite le anime con i tuoi scandali!… Ricordi quei discorsi scanda¬losi… quei gesti… quelle provocazioni al male?… In tal modo hai spinto al pec¬cato anime innocenti!… Costoro hanno insegnato anche ad altre il male, aiutan¬do l’opera di Satana!… Dammi conto di ciascuna anima!… Tu tremi!… Dovevi prima tremare, pensando a quelle mie terribili parole: Guai a chi dà scandalo! Sarebbe meglio che venisse legata al col¬lo dello scandaloso una macina da muli¬no e fosse precipitato nel profondo del mare! – Signore, dice l’anima, ho pec¬cato, è vero! Però non sono stata sola¬mente io!… Anche altre hanno operato come me! – Le altre avranno il loro giu-dizio!… Anima perduta, perchè non la¬sciasti a suo tempo quelle amicizie cat¬tive?… Il rispetto umano, o paura della critica, ti ha trattenuto nel male ed in¬vece di aver vergogna di dare scandalo… ridevi scioccamente!… Ma vada l’anima tua all’eterna perdizione per le anime che hai rovinate! Soffri tanti inferni, quanti sono coloro che hai scandalizzato!
– Dio di tremenda, giustizia, riconosco di aver mancato!… Ma tenete conto delle passioni che mi hanno violentato!… – E perchè non toglievi le occasioni? Tu in¬vece mettevi la legna al fuoco!… Ogni di¬vertimento, lecito o no, lo facevi tuo!…
– Nella vostra giustizia infinita, ricor¬datevi, o Signore, delle opere buone da me compiute!… – Sì, hai compiute delle opere buone… ma non le hai fatte per amor mio! Operavi per farti vedere… per guadagnare la stima o la lode altrui!… Hai ricevuto la tua ricompensa in vita!… Hai fatte altre opere buone però ti tro¬vavi in stato di peccato-mortale e quan¬to facevi non era meritorio!… L’ultimo peccato grave commesso… quello che stol¬tamente speravi di confessare prima di morire… quell’ultimo peccato ti ha spo¬gliato di ogni merito!…
– Quante volte, o Dio misericordioso; in vita mi avete perdonato!… Perdonate¬mi anche ora! – E’ finito il tempo della misericordia!… Già troppo hai abusato della mia bontà… e per questo ti sei per¬duta!… Peccavi e ripescavi… pensando: Iddio è buono e mi perdona!… Anima sciagurata, con la speranza del perdono ritornavi a trafiggermi!… E correvi dal mio Ministro per avere l’Assoluzione!… Quelle tue Confessioni non mi erano ac¬cette!… Ricordi quante volte nascondevi per vergogna qualche peccato?… Quando pur lo confessavi, non ne eri del tutto pentita e subito vi ricadevi!… Quante Confessioni mal fatte!… Quante Comu¬nioni sacrileghe!… Tu, o anima, eri sti¬mata come buona e pia dagli altri ma io che conosco l’intimo del cuore, ti giu¬dico come perversa!…
LA SENTENZA
– Giusto siete, o Signore, esclama l’a¬nima, e retto è il vostro giudizio!… Me¬rito la vostra ira!… Ma non siete voi il Dio tutto amore?… Non spargeste per me il vostro Sangue sulla Croce?… Questo Sangue propiziatore invoco su di me!… – Sì, scenda esso punitore su di te dalle mie Piaghe!… E va’, maledetta, lontano da me, nel fuoco eterno, preparato al dia¬volo ed ai suoi seguaci!
Questa sentenza di eterna maledizione è per la misera anima la maggiore pena! Sentenza divina, immutabile, eterna!
In meno che si dica, data la sentenza, ecco l’anima afferrata dai demoni e tra¬scinata con scherno dentro al supplizio eterno, tra le fiamme, che bruciano e non consumano. Ove cade l’anima, ivi rima¬ne! Ogni tormento piomba, sopra di es¬sa; il maggiore pero è il rimorso, il ver¬me roditore di cui ci parla il Vangelo.
NON C’E’ ESAGERAZIONE
In questo giudizio mi sono espresso u¬manamente; la realtà però è di gran lun¬ga superiore ad ogni umana parola. Può sembrare esagerata la condotta di Dio nel giudicare l’anima peccatrice; tutta¬via bisogna persuadersi che la Divina Giustizia è severa punitrice del male. Ba¬sta osservare i castighi che Iddio manda all’umanità a motivo dei peccati, e non solo per i gravi, anche per i leggeri. Così leggiamo nella Sacra Scrittura che il re Davide fu punito per un sentimento di vanità con tre giorni di peste nel suo re¬gno; il Profeta Semefa fu sbranato da un leone per una disobbedienza agli ordini ricevuti da Dio; la sorella di Mosè fu col¬pita dalla malattia della lebbra per una mormorazione fatta contro il fratello; Anania e Saffira, marito e moglie, furo¬no puniti con la morte improvvisa per una semplice menzogna detta a S. Pietro. Ora, se Iddio giudica degni di tanta castigo coloro che commettono una pieccola mancanza volontaria, che cosa farà di chi commette peccati gravi?
E se nella vita terrena, che suole es¬sere tempo di misericordia, il Signore è così esigente, che cosa sarà dopo la mor¬te quando non ci sarà più misericordia?
Del resto basta ricordare un poco qual¬che parabola che Gesù Cristo racconta in proposito, per convincerci della serietà, del suo giudizio.
LA PARABOLA DEI TALENTI
Un signore, dice Gesù nel Vangelo, pri¬ma di allontanarsi dalla sua città, chia¬mò i servitori e diede loro dei talenti: a ¬chi cinque, a chi due ed a chi uno, a cia¬scuno secondo la propria capacità. Dopo un certo tempo ritornò e volle fare i con¬ti con i servitori. Venne a lui quegli che aveva ricevuto cinque talenti e gli disse: Ecco, o signore, ho guadagnato altri cin¬que talenti! – Bravo, servo buono e fe¬dele! Poiché sei stato fedele nel poco, ti costituisco padrone sul molto! Entra nel gaudio del tuo signore!
Similmente disse a colui che aveva ri¬cevuto due talenti e ne aveva guadagna¬to altri due.
Gli si presentò chi ne aveva ricevuto uno solo e gli disse: Signore, io so che voi siete uomo severo, perchè esigete ciò che non avete dato e raccogliete ciò che non avete seminato. Avendo paura di perdere il vostro talento, sono andato a sotterrar¬Io. Ecco ve lo restituisco tale e quale! – Servo iniquo, disse il signore, ti condan¬no con le tue stesse parole! Tu sapevi che sono uomo severo!… Perchè dunque non consegnavi alle banche il talento e così al mio ritorno avresti percepito gli interessi?… – e diede ordine che il mi¬sero servo venisse legato mani e piedi e fosse gettato nelle tenebre esteriori, tra il pianto e lo stridore dei denti.
Questi servitori siamo noi. Abbiamo ricevuto i doni da Dio con varietà: vita, intelligenza, corpo, ricchezza, ecc.
Al termine della carriera mortale se il nostro Sommo Donatore vede che abbia¬mo fatto del bene, ci giudica benigna¬mente e ci premia. Se invece vede che bene non ne abbiamo operato, anzi ab¬biamo trasgredito i suoi ordini e l’abbia¬mo offeso, allora il suo giudizio sarà tre¬mendo: l’eterna prigione!
UN ESEMPIO
E qui è da notare che Iddio è giustis¬simo e nel giudicare non guarda in fac¬cia ad alcuno; dà a ciascuno quanto spetta, senza tenere conto delle dignità umane.
Il Papa è il rappresentante di Gesù Cristo in terra; dignità sublime. Ebbene, anche lui viene giudicato da Dio come gli altri uomini, anzi con più rigore, poi¬chè a chi più è stato dato, più sarti ri¬chiesto.
Il Sommo Pontefice Innocenzo III fu uno dei più grandi Papi. Fu zelantissimo della gloria di Dio e compì opere meravi¬gliose a bene delle anime. Però commise nelle mancanze leggere, che, come Papa, avrebbe dovuto evitare. Appena morto, fu severamente giudicato da Dio. Com¬parve allora a Santa Lutgarda, tutto cir¬condato di fiamme e le disse: Sono stato giudicato colpevole di alcune cose e sono stato condannato al Purgatorio sino al giorno del Giudizio Universale!
Il Cardinale Bellarmino, divenuto poi Santo, rabbrividiva pensando a questo fatto!
FRUTTO PRATICO
Quanta cura non si ha degli affari tem¬porali! I mercanti e coloro che gestisco¬no qualche azienda, mettono tanta sol¬lecitudine per guadagnare; non contenti di ciò, la sera sogliono dare uno sguardo al libro dei conti e di tanto in tanto fan¬no i calcoli più accurati e, se è il caso, prendono provvedimenti. Perché non fai, o anima cristiana, altrettanto per gli af¬fari spirituali, per i conti della tua co¬scienza?… Se non lo fai è perché hai po¬ca cura della tua salvezza eterna!… Giustamente Gesù Cristo dice: I figli di que¬sto secolo sono, nel loro genere, più av¬veduti dei figli della luce!
Ma se per il passato, o anima, sei sta¬ta trascurata, non esserlo per l’avvenire! Fa’ una rivista della tua coscienza; sce¬gli però il tempo più tranquillo per fare ciò. Se riconosci di avere ì conti in regola con Dio rimani tranquilla e segui la buo¬na via sulla quale ti trovi. Se al contrario vedi che c’è qualche cosa da mettere a posto, apri l’anima tua a qualche Sacer¬dote zelante per avere l’assoluzione e ri¬cevere un esatto indirizzo della vita mo¬rale. Prendi fermi propositi di vita mi¬gliore e non indietreggiare più!… Tu sai come è facile morire!… Da un momento all’altro protesti trovarti al divin tribu¬nale!
RENDERSI AMICO GESU’
Gesù amava Gerusalemme, la città santa. Quanti miracoli non vi operò! Es¬sa avrebbe dovuto corrispondere a sì grandi benefizi, ma non lo fece. Gesù ne rimase molto addolorato e un giorno pianse sulla sua sorte.
Gerusalemme, disse, Gerusalemme, quante volte io volli radunare i tuoi fi¬gliuoli come la gallina raduna i suoi pul¬cini sotto le ali e non hai voluto!… Oh! se tu conoscessi e proprio in questo gior¬no quello che giova alla tua pace! Invece ora sono cose nascoste ai tuoi occhi. Ma ci sarà per te la punizione, poichè ver¬ranno giorni, nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno trincee, ti circonderan¬no e stringeranno te e i tuoi figliuoli che sono in te e non lasceranno pietra su pietra!
Gerusalemme, o anima, è immagine tua. Gesù ti ha ricoperta di benefici spi¬rituali e temporali; tu però hai corrispo¬sto con ingratitudine, offendendolo. Ge¬sù forse piange sulla tua sorte, dicendo: Povera anima, ti ho amata, ma un gior¬no, quando avrò da giudicarti, dovrò ma¬ledirti e condannarti all’inferno!
Convertiti, dunque, una buona volta! Tutto Gesù ti perdona, avessi pure comemesso tutti i peccati del mondo, purché sia pentita! Tutto Gesù perdona a chi realmente lo vuole amare, come genero¬samente perdonò alla Maddalena, donna scandalosa, dicendo di lei: Molto le è sta¬to perdonato, perchè molto ha amato.
Bisogna amare Gesù non a parole, ma coi fatti, osservando la sua divina legge. E’ questo il mezzo per renderselo amica per il giorno del Giudizio.
UN MIO BISOGNO
A te ho rivolto la parola, o lettore; nello stesso tempo ho inteso rivolgerla a me stesso, perchè anch’io ho un’anima da salvare ed avrò da comparire al cospetto di Dio. Convinto di quanto dico agli al¬tri, sento il bisogno d’innalzare a Cristo Giudice una calda preghiera, affinché mi sia propizio nel giorno del mio rendiconto.
INVOCAZIONE
– O Gesù, mio Redentore e mio Dio, ascoltate l’umile preghiera che viene dal profondo del mio cuore!… Non entrate in giudizio col vostro servo, perchè nes¬suno può giustificarsi dinanzi a Voi! Pen¬sando al giudizio che mi attende, tremo… e giustamente! Mi avete segregato dal mondo e mi fate vivere in un convento; però questo non basta a togliermi la pau¬ra del vostro giudizio!
Verrà il giorno in cui partirò da que¬sto mondo e a Voi mi presenterò. Quan¬do aprirete il libro della mia vita, abbia¬te pietà di me!… Io che sono così misera¬bile, che cosa potrò dirvi in quel momen¬to?… Voi solo potete salvarmi, o Re di tremenda maestà… Ricordatevi, o pieto¬so Gesù, che per me siete morto in Cro¬ce! Perciò non mandatemi tra i dannati! Meriterei un giudizio inesorabile! Ma Voi, Giudice di giusta vendetta, datemi il perdono dei peccati, prima ancora del giorno del mia rendiconto!… Pensando alle mie miserie spirituali, dovrei pian¬gere e sento che il mio volto si riempie di vergogna. Perdonate, o Signore, a chi umilmente Vi supplica! la mia preghie¬ra so che non è degna; Voi però esaudi¬tela! Vi supplico con cuore umiliato! Datemi quanto ardentemente vi chiedo: non permettete che io commetta un solo pec¬cato mortale!… Se prevedete questo, man¬datemi prima qualunque genere di mor¬te!… Datemi spazio di penitenza e fate che con l’amore e con le sofferenze abbia a purificare l’anima mia prima di pre¬sentarmi a Voi!
O Signore Voi siete chiamato Gesù, che significa Salvatore! Salvate perciò que-st’anima mia! O Maria Santissima, a Voi mi affido perchè siete il rifugio dei peccatori!
IL GIUDIZIO UNIVERSALE
E’ morto un tale. Il corpo è stato sep¬pellito; l’anima è stata giudicata da Dio ed è andata all’eterna dimora, o Paradi¬so o inferno.
E’ tutto finito per il corpo? No! Dopo che saranno passati dei secoli… alla fine del mondo dovrà ricomporsi e risuscitare. E per l’anima la sorte sarà mutata?
No! Il premio o la pena sono eterni. Però alla fine del mondo l’anima uscirà momentaneamente dal Paradiso o dall’in¬ferno, si riunirà al corpo ed andrà ad as-sistere al Giudizio Universale.
PERCHE’ UN SECONDO GIUDIZIO?
Sembrerebbe superfluo un secondo Giudizio, dato che la sentenza che Iddio dà all’anima dopo la morte è inesorabil¬mente immutabile. Eppure è convenien¬te che ci sia quest’altro Giudizio, chia¬mato Universale, perchè fatto a tutti gli uomini riuniti assieme. La sentenza, che l’Eterno Giudice allora pronunzierà, sarà la solenne conferma della prima, avuta nel Giudizio Particolare.
La nostra ragione stessa trova dei moti¬vi perchè ci sia questo secondo Giudizio.
LA GLORIA DI DIO
Oggi il Signore è bestemmiato. Nessu¬na persona è tanto insultata quanto la Divinità. La sua Provvidenza, che opera continuamente, anche nei minimi parti-colari, a bene delle creature, la sua Provvidenza, che per quanto misteriosa è sem-pre adorabile, viene oltraggiata vergo¬gnosamente dal vile uomo, quasi Iddio non sapesse governare il mondo, o l’a¬vesse abbandonato a se stesso. – Iddio ci ha dimenticati! – si esclama da tanti nel dolore. – Egli non sente più e non vede niente di quanto succede nel mon¬do! Perché non fa vedere la sua potenza in certe gravi situazioni sociali di rivo¬luzioni o di guerre? -¬
E’ giusto che il Creatore, alla presenza di tutti i popoli, faccia conoscere il per¬ché della sua condotta. Da questo ne guadagnerà la gloria di Dio, poiché nel giorno del Giudizio tutti i buoni accla¬meranno ad una voce: Santo, Santo, San¬to è il Signore, il Dio degli eserciti! A lui sia gloria! Benedetta sia la sua provvi¬denza!
L’ONORE DI GESU’ CRISTO
Il Figlio Eterno di Dio, Gesù, fattosi uomo pur restando vero Dio, subì la più grande umiliazione venendo in questo mondo. Per amore degli uomini si assog-gettò a tutte le miserie umane, tranne che a quella del peccato; visse in una bot-tega come umile falegname. Avendo pro¬vato al mondo la sua Divinità per mezzo di un numero stragrande di miracoli, tut¬tavia per gelosia venne condotto davan¬ti ai tribunali ed accusato di essersi fat¬to Figlio di Dio. In tale occasione fu spu¬tacchiato, schiaffeggiato, chiamato be¬stemmiatore ed indemoniato, battuto a sangue sulle nude spalle, coronato di spi¬ne, paragonato all’assassino Barabba e posposto a lui; condannato ingiustamen¬te dal Sinedrio e dal Pretorío alla morte di croce, la più umiliante e dolorosa, e lasciato morire ignudo fra gli spasimi e gl’insulti dei carnefici.
E’ ben giusto che l’onore di Gesù Cri¬sto sia riparato pubblicamente, come pubblicamente fu umiliato.
Il Divin Redentore pensava a questa grande riparazione quando era davanti ai tribunali; difatti, rivolto ai suoi giu¬dici, disse: Vedrete il Figlio dell’uomo se¬dere alla destra della potenza di Dio e venire sulle nubi del cielo! Questa venuta sulle nubi del cielo è il ritorno di Gesù Cristo sulla terra alla fine del mondo per giudicare tutti.
Inoltre Gesù Cristo è stato e sarà sem¬pre il bersaglio dei cattivi, che per isti¬gazione diabolica lo combattono con la stampa e con la parola nella sua Chiesa, che è il suo Corpo Mistico. E’ vero che la Chiesa Cattolica è sempre vittoriosa, benché sempre combattuta; ma è convenien¬te che il Redentore si mostri solennemen¬te a tutti i suoi avversari riuniti e che li umilii al cospetto del mondo intero, con¬dannandoli pubblicamente.
LA SODDISFAZIONE DEI BUONI
Spesso si vedono i buoni tribolati ed i cattivi trionfanti.
I tribunali umani, pur dicendo di ri¬spettare la giustizia, non raramente la calpestano. Difatti il ricco, colpevole e prepotente, riesce a corrompere i magi¬strati col denaro e dopo il delitto conti¬nua a vivere in libertà; il povero, perché privo di mezzi, non può far risplendere la sua innocenza e perciò passa la vita nell’oscura prigione. Nel giorno del Giu¬dizio Universale è bene che vengano smascherati i fautori del male e che ri¬splenda l’innocenza dei buoni calunniati.
Milioni e milioni di uomini, donne e bambini, nel corso dei secoli hanno su¬bito la sanguinosa persecuzione per la causa di Gesù Cristo. Basta ricordare i primi tre secoli del Cristianesimo. Un am¬pio anfiteatro; migliaia di spettatori avi¬di di sangue; leoni e pantere in grande irrequietezza per la fame ed attendono la preda… la carne umana. Si spalanca la porta di ferro e le bestie feroci sbuca¬no, si avventano contro una schiera di Cristiani, che in ginocchio nel centro del¬l’anfiteatro, muoiono per la Santa Reli¬gione. Costoro sono i Martiri, i quali so¬no stati spogliati dei propri beni e ten¬tati in diversi mogli per far loro rinne¬gare Gesù Cristo. Essi però hanno pre-ferito perdere tutto e farsi sbranare dai leoni, anziché rinnegare il Redentore. E non è ben giusto che il Cristo dia a questi Eroi la meritata soddisfazione?… si!… La darà in quel giorno supremo, da¬vanti a tutti gli uomini ed a tutti gli Angeli dei Cielo!
Quanti trascorrono la vita nelle priva¬zioni, tutto sopportando con rassegnazio¬ne al volere di Dio! Quanti vivono nel¬l’oscurità esercitando le virtù cristiane! Quante anime vergini, rinunziando ai piaceri passeggeri del mondo, sostengo¬no per anni e anni la dura lotta dei sen¬si, lotta conosciuta soltanto da Dio! La forza e l’intima gioia di costoro è l’Ostia Santa, la Carne Immacolata di Gesù, di cui con frequenza si nutrono nella Co¬munione Eucaristica. Per queste anime dovrà esserci il condegno onore! Che ri¬splenda davanti al mondo il bene opera¬to nel segreto! Niente vi è di occulto, di¬ce Gesù, che non sia manifestato.
LA CONFUSIONE DEI CATTIVI
– Il vostro pianto, dice ai buoni il Si¬gnore, si convertirà in gaudio! – Per il contrario, la gioia dei cattivi dovrà cam¬biarsi in pianto. Ed è conveniente che i ricchi vedano risplendere nella gloria di Dio quei poveri, ai quali hanno negato il tozzo di pane, come l’epulone vide Laz¬zaro nel seno di Abramo; che i persecu¬tori contemplino le loro vittime nel tro¬no di Dio; che tutti i dispregiatori della Santa Religione, mirino lo splendore e¬terno di coloro, che in vita hanno deriso, chiamandoli bigotti e gente sciocca che non ha saputo godere la vita!
Il Giudizio Universale porta con sè la risurrezione dei corpi, cioè la riunione dell’anima con il compagno della vita mortale. Il corpo è lo strumento dell’ani¬ma, strumento di bene oppure di male.
E’ giusto che il corpo, il quale ha coo¬perato al bene compiuto dall’anima, sia glorificato mentre quello che è servito a fare il male sia umiliato e punito.
Ed è proprio l’ultimo giorno quello che Iddio ha riservato a tale scopo.
VERITA’ DI FEDE
Essendo il Giudizio Universale una grande verità che dobbiamo credere, non basta la sola ragione a convincersene, ma è necessario il lume della fede. Per mez¬zo di questa luce soprannaturale noi cre¬diamo una sublime verità, non per l’evi¬denza di essa, ma per l’autorità di Colui che la rivela, che è Dio, il quale non può ingannarsi e non vuole ingannare.
Essendo il Giudizio Universale una ve¬rità rivelata da Dio, la Santa Chiesa l’ha inserita nel Credo, o Simbolo Apostolico, che è il compendio di quanto dobbiamo credere. Eccone le parole: Credo… che Ge¬sù Cristo, morto e risuscitato, salì al Cie-lo… Di là ha da venire (alla fine del mon¬do) a giudicare i vivi ed i morti, cioè i buoni che sono considerati vivi, ed i cat¬tivi che sono morti alla, grazia di Dio. Credo inoltre la risurrezione della carne, cioè credo che nel giorno del Giudizio Universale i morti usciranno dal sepol¬cro, ricomponendosi per divina virtù e riunendosi all’anima.
Chi nega o mette in dubbio questa ve¬rità di fede, pecca.
INSEGNAMENTO DI GESU’ CRISTO
Diamo uno sguardo al Vangelo per ve¬dere quello che il Divin Redentore inse¬gna riguardo al Giudizio Universale, il quale è chiamato dalla Santa Chiesa « giorno di ira, di sventura e di miseria; giorno grande e molto amaro ».
Affinché ciò che insegna potesse restare più impresso, Gesù adoperava delle parabole o paragoni; così anche i poco intellettuali potevano comprendere le più eccelse verità. Riguardo al grande Giudizio portò diversi paragoni, secondo le circostanze in cui Egli parlava.
PARABOLE
Passando Gesù Cristo lungo il mare di Tiberiade, mentre la folla lo seguiva per ascoltare la divina parola, avrà visto dei pescatori intenti a ritirare i pesci dalle reti. Volse l’attenzione degli uditori a quella scena.
– Ecco, Egli disse, il regno dei Cieli è simile ad una rete che si getta in mare e raccoglie ogni genere di pesci. I pescatori dopo si seggono presso la riva e ne fanno la scelta. I pesci buoni vengono messi dentro i recipienti, mentre i catti¬vi sono gettati via. Così sarà alla fine del mondo.
Un’altra volta, attraversando la cam¬pagna, a vedere dei contadini applicati alla trebbiatura del grano, colse l’occa¬sione per ricordare il Giudizio Universale.
– Il regno dei Cieli, disse, è simile al¬la raccolta del grano. I contadini sepa¬rano il grano dalla paglia; il primo vie¬ne conservato nei granai ed invece la pa¬glia è messa da parte per essere brucia¬ta. Gli Angeli separeranno i buoni dai malvagi e costoro andranno nel fuoco eterno, ove sarà pianto e stridore di den¬ti, mentre gli eletti andranno alla vita eterna.
A vedere qualche pastore presso la mandria, Gesù trovò un’altra parabola per la fine del mondo.
– Il pastore, Egli disse, separa gli a¬gnelli dai capretti. Così sarà nell’ultimo giorno. Manderò i miei Agnelli, i quali separeranno i buoni dai cattivi!
ALTRE PROVE
E non soltanto nelle parabole ricorda¬va Gesù il Giudizio Universale, chiaman¬dolo anche « l’ultimo giorno », ma nei suoi discorsi spesso ne faceva accenno. Così a vedere l’ingratitudine di alcune città da Lui beneficate, esclamò: Guai a te, Coròzain, guai a te Betsaida! Se in Tiro e in Sidone si fossero operati i mi¬racoli in voi compiuti, avrebbero fatto penitenza! Perciò vi dico che le città di Tiro e di Sidone nel giorno del Giudizio saranno trattate con minor rigore!
Così pure, vedendo Gesù la malizia de¬gli uomini nell’operare, disse ai suoi di-scepoli: Quando il Figlio dell’uomo verrà nella gloria dei suoi Angeli, allora darà a ciascuno secondo le proprie opere!
Unitamente al Giudizio, Gesù ricorda¬va anche la risurrezione dei corpi. Così nella Sinagoga di Cafarnao per far cono¬scere la missione affidatagli dall’Eterno Padre, disse: E’ questa la volontà di Co¬lui che mi ha mandato nel mondo, il Pa¬dre, che tutto ciò che Egli mi ha dato non abbia io a perderlo, ma invece lo ri¬susciti nell’ultimo giorno!… Chiunque crede in me ed osserva la mia legge, avrà la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ul¬timo giorno!… E chi mangia la mia Car¬ne (nella Santa Comunione) e beve il mia Sangue, ha la vita eterna; ed io lo risu¬sciterò nell’ultimo giorno!
LA RISURREZIONE DEI MORTI
Ho accennato già alla risurrezione dei morti; ma è bene trattare l’argomento diffusamente.
San Paolo, prima persecutore dei Cri¬stiani e poi divenuto grande Apostolo, predicava ovunque si trovasse sulla ri¬surrezione dei morti. Non sempre però era ascoltato volentieri su tale argomen¬to: difatti nell’Areopago di Atene, quan¬do cominciò a trattare della risurrezione, alcuni se ne risero; altri gli dissero: Ti ascolteremo un’altra volta su questa dot¬trina.
Non credo che il lettore voglia fare al¬trettanto, cioè stimare l’argomento del¬la risurrezione dei morti degno di essere deriso, oppure di ascoltarlo mal volentie¬ri. Il fine principale di questo scritto è la dimostrazione dommatica di quest’arti¬colo di fede: I morti dovranno tutti risu¬scitare alla fine del mondo.
UNA VISIONE PROFETICA
Si legge nella Sacra Scrittura la se¬guente visione che ebbe il Profeta Eze¬chiele, parecchi secoli prima della venu¬ta di Gesù Cristo nel mondo. Eccone la narrazione:
– La mano del Signore venne sopra il me e mi condusse in ispirito in mezzo ad un campo pieno di ossa. Mi fece cammi¬nare tra le ossa, che erano sovrabbondan¬ti e molto secche. Il Signore mi disse: O uomo, credi tu che queste cose divente¬ranno vive? – Voi lo sapete, o Signore Iddio! – così io risposi. Ed egli disse a me: Profetizzerai intorno a queste ossa e dirai: Ossa secche, ascoltate la parola del Signore! Io manderò a voi lo spirito e vi¬vrete! Vi darò i nervi, vi farò crescere la carne, stenderò su voi la pelle, vi darò l’anima e ritornerete in vita. Così sapre¬te che io sono il Signore.
Parlai a nome di Dio come mi era sta¬to comandato; le ossa si accostarono alle ossa e ciascuno andava alla propria giun¬tura. E mi accorsi che sopra le ossa era¬no andati i nervi, la carne e la pelle; pe¬rò non c’era l’anima.
– Il Signore, continua Ezechiele, mi disse. Parlerai nel mio nome allo spirto e dirai: Il Signore Iddio dice questo: Vie¬ni, o spirito, dai quattro venti e va’ sopra questi morti affinché risorgano!
Feci come mi era stato ordinato; entrò l’anima in quei corpi ed ebbero vi¬ta; infatti si rizzarono in piedi e si formò una grandissima moltitudine.
Questa visione del Profeta ci dà l’idea di quanto avverrà alla fine del mondo.
LA RISPOSTA AI SADDUCEI
Gli Ebrei erano a conoscenza della ri¬surrezione dei morti. Però non tutti l’am-mettavano; infatti tra i dotti si forma¬rono due correnti o partiti: Farisei e Sad¬ducei. I primi ammettevano la risurre¬zione, i secondi la negavano.
Venne Gesù Cristo nel mondo, iniziò la vita pubblica con la predicazione e fra le tante verità insegnava essere cosa cer¬ta che i morti avranno da risuscitare.
Si riaccese allora la questione più vi¬va che mai, fra Farisei e Sadducei. Que¬sti ultimi però non volevano cedere e cer¬cavano argomenti da contrapporre a quanto Gesù Cristo insegnava in propo¬sito. Credettero un giorno di aver trova¬to un argomento molto forte e lo propo¬sero pubblicamente al Divin Redentore.
Gesù era tra i suoi discepoli e tra la moltitudine che lo accalcava. Si fecero avanti alcuni dei Sadducei e lo interro¬garono: Maestro, Mosè ci lasciò scritto: Se il fratello di qualcuno morrà essendo ammogliato e non avrà figli, il fratello sposi la moglie di lui e susciti il seme di suo fratello. Adunque ci furono sette fra¬telli; il primo prese moglie e morì senza figli. Il secondo sposò la donna ed anche egli morì senza figli. Allora la sposò il terzo e similmente in seguito la sposa¬rono tutti e sette i fratelli, i quali mori¬rono senza lasciare figli. In ultimo mora tinche la danna. Nella risurrezione dei morti questa donna di chi dovrà essere moglie, avendola avuta tutti e sette?
Pensavano i Sadducei di chiudere la bocca a Gesù Cristo, somma sapienza, e di sfatarlo davanti al popolo. Ma si sba¬gliarono!
Con calma Gesù rispose: Voi v’ingan¬nate, perchè non conoscete le Sacre Scrit¬ture e neanche la potenza di Dio! I figli di questo secolo si sposano e si maritano; nella risurrezione dei morti non ci saran¬no né mariti né mogli; né in seguito po¬tranno più morire, infatti saranno come gli Angeli e saranno figli di Dio, essendo figli della risurrezione. Che i morti risor¬geranno, lo dichiara anche Mosè trovan¬dosi presso il roveto ardente, quando di¬ce: Il Signore è il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Non è dun¬que il Dio dei morti, ma dei vivi, poiché tutti vivono per Lui.
Udendo tale risposta, alcuni degli Scri¬bi dissero: Maestro, hai eletto bene! Il popolo intanto rimaneva estasiato da¬vanti alla dottrina sublime del Messia.
GESU’ RISUSCITA I MORTI
Gesù Cristo provava la sua dottrina con i miracoli. Egli, essendo Dio, poteva comandare al mare e al vento e farsi ub¬bidire; nelle sue mani si moltiplicavano i pani ed i pesci; ad un suo cenno l’acqua diventava vino, i lebbrosi guarivano, i ciechi riacquistavano la vista, i sordi l’u¬dito, i muti la loquela, gli zoppi si rad-drizzavano ed i demoni uscivano dagli ossessi.
Davanti a questi prodigi, operati con¬tinuamente, il popolo restava avvinto a Gesù ed ovunque per la Palestina si escla¬mava: Mai si son viste tali cose!
Ad ogni nuovo miracolo, una nuova meraviglia della folla. Quando però Ge¬sù risuscitava qualche morto, lo stupore dei presenti arrivava al colmo.
Risuscitare un morto… vedere un ca¬davere, freddo, in via di putrefazione, dentro la bara oppure disteso sul letto… e subito dopo, ad un cenno del Cristo. ve¬derlo muovere, alzarsi, camminare… quanto stupore non doveva destare!
Gesù risuscitava i morti per dimostra¬re che era Dio, padrone della vita e del¬la morte; ma voleva anche provare in tal modo essere. possibile la risurrezione dei corpi alla fine del mondo. Era questa la migliore risposta alle difficoltà che mettevano avanti i Sadducei.
I morti da Gesù Cristo chiamati alla vita furono molti; però gli Evangelisti ci tramandarono solamente le circostanze di tre defunti risuscitati. Non è superfluo riportare qui la narrazione.
LA FIGLIA DI GIAIRO
Il Redentore Gesù era disceso dalla barca; la gente, appena lo vide, corse a Lui. Mentre era ancora vicino al mare, si fece innanzi un tale di nome Giairo, Arcisinagogo. Era un padre di famiglia, molto addolorato perché la figliuola di dodici anni stava per morire. Che cosa non avrebbe fatto per salvarla!?… Aven¬do visto inutili i mezzi umani, pensò di rivolgersi a Gesù, l’operatore di prodigi. Dunque l’Arcisinagogo, senza rispetto umano, si gettò ai piedi di Gesù con le lacrime agli occhi e disse: O Gesù Naza¬reno, la mia figliuola è in agonia! Vieni subito a casa, imponi su di essa la tua mano affinchè sia salva e viva!
Il Messia esaudì la preghiera del padre e si avvio alla casa di lui. La moltitudine che era grande, lo seguiva. Lungo il cam¬mino, la veste di Gesù fu toccata con fe¬de da una donna che da dodici anni sof¬friva perdita di sangue. Sull’istante fu risanata. Gesù dopo le disse: O figlia, la tua fede ti ha salvata; va’ in pace!
Mentre diceva questo, ecco venire al¬cuni dalla casa dell’Arcisinagogo annun¬ziando la morte della fanciulla. – E’ inu¬tile che tu, o Giairo, disturbi il Divin Maestro! La tua figliuola è morta!
Il povero padre era in preda al dolore; ma Gesù lo confortò dicendo: Non aver paura; soltanto abbi fede! – intendendo dire: Per me è la stessa cosa il far guarire da una malattia o il richiamare in vita un morto!
Il Signore si staccò dalla folla e dai di¬scepoli e volle che lo seguissero soltanto i tre Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni.
Giunti all’abitazione di Giairo, Gesù vide molte persone che piangevano. – Perchè piangete? – disse loro. La fan¬ciulla non è morta, ma dorme!
ī parenti e gli amici, che di già aveva¬no contemplato il cadavere, a sentire queste parale, lo presero per pazzo. Gesù diede ordine che tutti restassero fuori e volle con sè nella camera della defunta il padre, la madre ed i tre Apostoli.
Realmente la fanciulla era morta. Per il Signore il richiamare in vita era facile come per noi svegliare uno che dorme. Gesù infatti, avvicinatosi al cadavere, ne prese la mano e disse: Talitha cum!! – cioè, fanciulla, te lo dico io, alzati! – A queste divine parole l’anima ritornò nel cadavere e la . fanciulla poté alzarsi e camminare per la stanza.
I presenti furono presi da grande stu¬pore,e dapprima neanche volevano cre¬dere ai propri occhi; ma Gesù li rassicu¬rò e affinché si convincessero meglio, or¬dinò che si desse da mangiare alla fan¬ciulla.
Quel corpo, pochi istanti prima freddo cadavere, era divenuto vegeto e poteva compiere le sue ordinarie funzioni.
IL FIGLIO DELLA VEDOVA
Si portava a seppellire un giovanetto; era figlio unico di madre vedova. Il cor¬teo funebre era giunto alla porta della .città di Naim. Il pianto della madre toc¬cava il cuore di tutti. PoVera donna! A¬veva perduto ogni bene con la morte del¬1’unico figlio; era rimasta sola al mondo!
In quel momento faceva il suo ingres¬so a Naim il buon Gesù, seguito al solito da una grande folla. Il Cuore Divino non restò insensibile alle grida della madre: Avvicinatosi: Donna, le disse, non pian¬gere!
Gesù ordinò ai portatori della bara di fermarsi. Tutti gli occhi si fissarono sui Nazareno e sulla bara, ansiosi di vedere qualche prodigio. Ecco vicini l’autore del¬la vita e la morte. Basta che il Redentore lo voglia e subito la morte cederà la pre¬da. Quella mano onnipotente toccò la ba¬ra ed ecco il miracolo.
– Giovinetto, disse Gesù, te lo coman¬do io, alzati!
Le aride membra si scuotono, gli occhi si aprono ed il risuscitato si alza, met-tendosi a sedere sulla, bara.
– O donna, avrà soggiunto il Cristo, te lo avevo detto di non piangere! Eccoti il figlio!
E’ più da immaginare che da descri¬vere ciò che la madre abbia fatto a ve¬dere il figliuolo tra le braccia! Dice l’E¬vangelista: A vedere ciò tutti furono pie¬ni di timore e glorificarono Iddio.
LAZZARO DI BETANIA
La terza ed ultima risurrezione che il Vangelo narra nei minimi particolari è quella di Lazzaro; la narrazione è tipica e merita di essere riportata integral¬mente.
A Betania, villaggio poco distante da Gerusalemme, abitava Lazzaro con le due sorelle, Maria e Marta. Maria era stata pubblica peccatrice; ma pentitasi del ma¬le fatto, si era data completamente alla sequela di Gesù; e volle anche offrire a Lui la propria abitazione per ospitarlo. Il Divin Maestro volentieri alloggiava in quella casa, ove trovava tre cuori retti e docili ai suoi insegnamenti: Lazzaro si era ammalato gravemente. Le due sorelle, sapendo che Gesù non era in Giudea; mandarono alcuni per avvi¬sarlo.
– Maestro, costoro gli – dissero, colui che tu ami, Lazzaro, è gravemente in¬fermo!
Udendo ciò, Gesù rispose: Questa in¬fermità non è per la morte, ma per la gloria di Dio, affinché per essa sia glori¬ficato il Figlio di Dio. – Tuttavia Egli non andò subito a Betania e si tratten¬ne ancora due giorni nella regioni del Giordano.
Dopo di questo, disse ai suoi discepoli: Andiamo di nuovo in Giudea… Il nostro
amico Lazzaro già dorme; ma vado io a. svegliarlo. – I discepoli gli osservarono: Signore, se dorme, certamente sarà in. salvo! – Gesù però non intendeva par¬lare del sonno naturale, bensì della mor¬te dell’amico; perciò chiaramente lo dis¬se: Lazzaro è già morto ed io sono con¬tento di non essermi trovato ivi, affinché voi crediate. Adunque, andiamo da lui!
Quando Gesù arrivò, da quattro gior¬ni il morto era stato seppellito.
Essendo la famiglia di Lazzaro conosciuta e tenuta in considerazione, spar¬sasi la notizia della morte, molti Giudei erano andati a trovare le sorelle Marta e Maria per consolarle.
Intanto Gesù era giunto presso il vil¬laggio, ma non vi era entrato. La notizia della sua venuta arrivò subito all’orec¬chio di Marta, la quale lasciò tutti senza dirne il motivo e corse incontro al Re¬dentore. Maria ignara del fatto, rimase in casa con le persone amiche venute a confortarla.
Marta, visto Gesù, esclamò con le la¬crime agli occhi: O Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe mor¬to!
– Le rispose Gesù: Tuo fratello ri¬sorgerà nella risurrezione alla fine del mondo! – Soggiunse il Signore: lo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche morto, vivrà! E chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?
– Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo, venuto in questo mondo!
Gesù le disse di andare a chiamare la sorella Maria. Ritornò Marta a casa e disse alla sorella sottovoce: E’ venuto il Divino Maestro e desidera parlarti; è an¬cora all’ingresso del villaggio.
Maria, udendo questo, subito si alzò e andò da Gesù. I Giudei, che erano a far¬le visita, a vedere improvvisamente alza¬re Maria ed uscire frettolosa da casa, dis¬sèro: Certamente va al sepolcro del fra¬tello per piangere. Andiamo anche noi con essa!
Giunta Maria dove era Gesù, a veder¬lo, si gettò ai suoi piedi, dicendo: Se tu, o Signore, fossi stato qui, mio fratello – non sarebbe morto!
Gesù, come Dio, non poteva commuoversi, perchè niente era capace di tur¬barlo; però come uomo, avendo cioè un corpo ed un’anima come l’abbiamo noi, era suscettibile a commozione. E difatti, a vedere Maria che piangeva ed i Giudei, venuti con lei, pure piangenti, fremette Egli nel suo spirito e si turbò. Allora dis¬se: Dove avete seppellito il morto? – Signore, gli risposero, vieni e vedrai!
Gesù era profondamente commosso e cominciò a piangere. I presenti a questa scena si meravigliarono e dissero: Si ve¬de che amava assai Lazzaro! – Alcuni soggiunsero: Ma se ha fatto tanti mira¬coli, non poteva impedire che il suo ami¬co morisse?
Si giunse al sepolcro, il quale consi¬steva in una grotta con una pietra al¬l’ingresso.
La commozione di Gesù aumentò; Egli . allora disse: Allontanate la pietra dal-l’ingresso del sepolcro! – Signore, escla¬mò Marta, il cadavere è in putrefazione e puzza! E’ seppellito da quattro gior¬ni! – Ma non ti ho detto, replicò Gesù, che se tu crederai, vedrai la gloria di Dio?
La pietra fu rimossa; ed ecco apparire Lazzaro, disteso sopra un rialzo, avvolto in un lenzuolo, mani e piedi legati fe¬tore del cadavere era segno evidente che la morte aveva cominciato l’opera sua distruggitrice.
Gesù, rivolti gli occhi in alto, disse: O Eterno Padre, ti ringrazio che mi hai esaudito! Io lo sapevo che tu sempre mi ascolti; ma ho detto questo per il popolo che mi circonda, affinché creda che mi hai mandato nel mondo!
Detto questo, con gran voce Gesù gri¬dò: Lazzaro, vieni fuori/ – Sull’istante il corpo in putrefazione si rianimò. II Signore dopo disse: Ora scioglietelo e fa¬te che esca dal sepolcro!
Nel vedere Lazzaro vivo, fu per tutti immensa meraviglia! Quale consolazione per le due sorelle il ritornare a casa col fratello! Quanta riconoscenza verso il Redentore, Autore della vita!
Lazzaro visse ancora molti anni. Dopo l’Ascensione di Gesù Cristo, venne in Eu-ropa e fu vescovo di Marsiglia.
LA PROVA MAGGIORE
Oltre a risuscitare gli altri, Gesù volle risuscitare anche lui stesso e fece que¬sto per provare in modo chiarissimo la, sua Divinità e per dare all’umanità una idea del corpo risuscitato.
Contempliamo la morte e la risurre¬zione di Gesù Cristo nei suoi particolari.. Il numero sterminato di miracoli com¬piuti dal Redentore avrebbe dovuto con¬vincere tutti della sua Divinità. Ma al¬cuni non volevano credere e volontaria¬mente chiudevano gli occhi alla luce; tra costoro erano i Farisei superbi, i quali erano invidiosi della gloria del Cristo.
Un giorno essi si presentarono a Gesù e gli dissero: Ma dacci un segno che tu vieni dal Cielo! – Egli rispose che segni ne aveva dato tanti e che tuttavia ne avrebbe dato uno speciale: Come il Profe¬ta Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così Il Figlio dell’uomo starà tre giorni e tre notti nelle viscere della terra e poi risorgerà!… Distruggete questo tempio, parlava del suo corpo, e dopo tre giorni lo riedificherò!
Già si era sparsa la notizia che Egli sarebbe morto e poi risuscitato. I suoi nemicî se ne ridevano. Gesù dispose le cose in modo che la sua morte fosse pub¬blica ed accertata e che fosse provata dai nemici stessi la sua gloriosa risurrezione.
LA MORTE DI GESU’
Chi avrebbe potuto far morire Gesù Cristo, come uomo, se Egli non a¬vesse voluto? Lo aveva detto in pubbli¬co: Nessuno può togliermi la vita se io non lo voglio; ed io ho il potere di dare la mia vita e di riprenderla. – Tuttavia volle morire per fare avverare quanto i Profeti avevano predetto di Lui. E quan¬do San Pietro volle difendere con la spa¬da il Maestro nell’Orto del Getsemani, Gesù disse: Metti nel fodero la spada! Tu credi che io non possa avere a dispo¬sizione più di dodici eserciti di Angeli? – Questo disse per significare che sponta¬neamente andava a morire.
La morte di Gesù Cristo fu quanto mai atroce. Il suo corpo fu dissanguato a mo¬tivo del sudore di sangue nell’orto, della flagellazione, della coronazione di spine e della crocifissione con i chiodi. Mentre era in agonia, i suoi nemici non cessava¬no d’insultarlo e fra le altre cose gli di¬cevano: Hai salvato gli altri; ora salva te stesso!… Tu hai detto che puoi distrug¬gere il tempio di Dio e in tre giorni la riedifichi!… Scendi dalla croce, se sei il Figlio di Dio!
Avrebbe potuto il Cristo scendere dal¬la croce, ma Egli aveva stabilito di mo¬rire per risorgere poi gloriosamente. Pe¬rò anche stando in croce, Gesù mostrò la sua Divinità con l’eroica fortezza con cui tutto soffrì, con il perdono che invocò, dall’Eterno Padre ai suoi crocifissori, con il far commuovere tutta la terra per mez-zo di un terremoto nell’atto in cui man¬dò l’ultimo respiro. Contemporaneamen¬te il grande velo del tempio di Gerusa¬lemme si squarciò in due parti e molti corpi di persone sante uscirono risusci¬tati dai sepolcri e comparvero a molti.
Vedendo quello che accadeva, coloro che custodivano Gesù cominciarono a tremare e dissero; Veramente costui era il Figlio di Dio!
Gesù era morto. Vollero però accertar¬si meglio prima di lasciar deporre dalla croce il suo corpo: A tale fine uno dei sol¬dati con la lancia gli aprì il costato, tra-passandogli il cuore e dalla ferita uscì un po’ di sangue e acqua.
GESU’ RISORGE
La morte di Gesù Cristo non ammette dubbio. Ma è proprio vero che Egli sia risuscitato? Che non sia stato un trucco dei suoi discepoli l’aver messo fuori que¬sta diceria?
I nemici del Divin Nazareno, quando videro la vittima spirare in croce, si cal-marono. Ricordarono le parole che in pubblico Gesù aveva detto, accennando alla propria risurrezione; ma credevano impossibile che egli stesso potesse ridar¬si vita. Tuttavia, temendo qualche tra¬nello da parte dei suoi discepoli, si pre¬sentarono al Procuratore Romano, Pon¬zio Pilato, ed ottennero dei soldati da mettere a custodia del sepolcro del Na¬zareno.
Il corpo di Gesù deposto dalla croce fu imbalsamato, secondo il costume giudai¬co, e avvolto in un bianco lenzuolo; fu ben seppellito in un sepolcro nuovo, sca¬vato nella viva pietra, poco distante dal luogo della crocifissione.
I soldati da circa tre giorni guardava¬no il sepolcro, il quale era stato suggel¬lato e non era lasciato incustodito nep¬pure un istante.
Giunto il momento volato da Dio, al¬l’alba del terzo giorno, ecco avvenire la risurrezione predetta! Un forte terremo¬to fa balzare la terra, la grossa pietra sug-gellata davanti al sepolcro si abbatte, una luce vivissima appare… ed il Cristo, Trionfatore della morte, fa la sua prima comparsa, mentre fasci di luce si sprigio-nano da quelle membra divine!
I soldati restano tramortiti per lo spa¬vento e poi, riprese le forze, scappano a raccontare tutto.
LE APPARIZIONI
Maria Maddalena, la sorella di Lazza¬ro risorto, la quale aveva seguito Gesù Cristo sino al monte Calvario e lo aveva visto morire, non trovava conforto alcu¬no stando lungi dal Divin Maestro. Non potendolo avere vivo, si contentava di sta¬re, piangendo, vicino al sepolcro.
Ignara della risurrezione avvenuta, quella stessa mattina con alcune donne si era recata di buon’ora al sepolcro; tro¬vò rimossa la pietra d’ingresso e non vi¬de dentro il corpo di Gesù. Le pie donne erano rimaste lì a guardare in grande costernazione, quando apparvero due Angeli sotto forma umana in bianca ve¬ste e sfolgoranti di luce. Prese dallo spa¬vento, abbassarono gli occhi non soppor¬tando quello splendore. Ma gli Angeli le rassicurarono: Non temete!… Ma perchè venite a cercare tra i morti Colui che è vivo? Egli non è più qui; è risuscitato!
Dopo questo, Maria Maddalena e le al¬tre andarono ad avvisare di tutto gli A¬postoli e gli altri discepoli; ma non fu¬rono credute. L’Apostolo Pietro volle an¬dare personalmente al sepolcro e trovò secondo che le donne gli avevano detto.
Intanto Gesù appariva a questa e a quella persona sotto diverse sembianze. Apparve a Maria Maddalena sotto forma di giardiniere e chiamatala per nome, si fece conoscere. Apparve sotto sembianze di pellegrino a due discepoli che andava-no al Castello di Emmaus; mentre erano a tavola, si manifestò e scomparve.
Gli Apostoli erano raccolti in una stan¬za. Gesù, entrato a porte chiuse, si fece vedere dicendo: La pace sia con voi! Non abbiate paura; sono io! – Atterriti di ciò, essi credevano di vedere un fantasma; ma Gesù li rassicurò: Perché vi turbate? Che cosa pensate mai?… Sono io, il vo¬stro Maestro! Guardate le mie mani ed miei piedi! Toccatemeli! Il fantasma non ha la carne e le ossa, come vedete che ho io! – E siccome erano titubanti e pieni di orgasmo per la gioia, Gesù con¬tinuò: Avete qui qualcosa da mangia¬re? – Gli presentarono del pesce e un favo di miele. Il Divin Redentore, con bontà infinita, prese di quel cibo e lo mangiò; con le sue stesse mani ne diede anche agli Apostoli. Dopo disse loro: Di quanto ora vedete, ve ne avevo già par¬lato. Era necessario che il Figlio dell’uo¬mo patisse e che il terzo giorno risorges¬se dai morti.
In questa apparizione non si trovava l’Apostolo Tommaso; quando gli fu rife¬rito tutto, egli non volle credere. Però Gesù apparve di nuovo, presente Tom¬maso; e gli rimproverò la sua increduli¬tà, dicendo: Tu hai creduto perché hai visto! Ma beati coloro ché senza aver vi¬sto hanno creduto!
Queste apparizioni si protrassero per quaranta giorni. In questo periodo Gesù stava tra i suoi Apostoli e gli altri disce¬poli come durante la sua vita terrena, confortandoli, impartendo istruzioni, af¬fidando loro la missione di perpetuare l’opera sua redentrice nel mondo. In fi¬ne sul Monte Oliveto, mentre tutti gli facevano corona, Gesù si sollevò da terra e benedicendo scomparve per sempre, av-volto da una nube.
Abbiamo visto pertanto che ci sarà il Giudizio Universale e che i morti risor-geranno.
Cerchiamo ora di farci un concetto del come avverrà la fine del mondo.
LA DISTRUZIONE DI GERUSALEMME
Un giorno verso il tramonto usciva Gesù dal tempio di Gerusalemme in com¬pagnia dei discepoli.
Il magnifico tempio aveva il tetto for¬mato di lamine d’oro e tutto rivestito di candidissimo marmo; in quel momento colpito dai raggi del sole morente, pre-sentava un quadro degno di ammirazio¬ne. I discepoli, fermatisi a contemplare, dissero al Signore: Guarda, o Maestro, che magnificenza di fabbriche! – Gesù diede uno sguardo e poi soggiunse: Ve¬dete tutte queste cose? In verità vi dico che non resterà pietra su pietra senza che sia distrutta!
Giunti sul monte, ove solevano ritirar¬si la sera, alcuni discepoli si accostarono a Gesù, che già si era messo a sedere, e gli chiesero quasi segretamente: Ci hai detto che il tempio sarà distrutto. Ma di’ a noi, quando succederà questo?
Gesù rispose: Quando vedrete l’abomi¬nazione della desolazione, predetta dal Profeta Daniele, posta nel luogo santo, allora coloro che si trovano nella Giu¬dea; fuggano ai monti; e chi si trova nel solaio, non discenda per prendere qual¬che cosa di casa sua e ehi sta nel campo, non ritorni a pigliare la sua veste. Ma guai alle donne che avranno bambini al petto in quei giorni! Pregate che non ab¬biate a fuggire d’inverno o in giorno di sabato, poichè allora sarà grande la tri¬bolazione!
La predizione di Gesù Cristo si avverò sessantotto anni dopo. Vennero allora i Romani per ordine di Tito e cinsero d’as¬sedio Gerusalemme. Furono rotti gli ac-quedotti; non potè entrare cibo in città. Ci fu la disperazione! Lo storico Giusep¬pe Flavio narra che per la fame alcune madri arrivarono a mangiare i propri fi¬gli. Dopo non molto, i Romani poterono entrare nella città e fecero strage orri¬bile. Gerusalemme era allora rigurgitan¬te di popolo, poichè un numero stragran¬de di pellegrini vi era pervenuto in oc¬casione della Pasqua.
La storia dice che durante l’assedio, di Ebrei ne furono uccisi circa un milione e cento mila: chi fu messo in croce, chi fu passato di spada e chi fu fatto a pezzi; novantasette mila inoltre vennero condotti a Roma, schiavi.
Il grandioso tempio in preda alle fiam¬me, fu distrutto completamente.
Le parole di Gesù Cristo si avveraro¬no. E qui non è fuor di posto una nota. L’imperatore Giuliano, che rinnegò la Religione Cristiana e venne chiamato l’Apostata, volendo dare una smentita alle parole del Divin Nazareno riguardo al tempio, ordinò ai suoi soldati di riedi¬ficare il tempio di Gerusalemme sul luo¬go ove sorgeva e possibilmente con del materiale primitivo. Mentre si scavava¬no le fondamenta, uscirono ammassi di fuoco dal seno della terra e molti per¬dettero la vita. L’infelice imperatore do¬vette desistere dalla sua empia idea.
LA FINE DEL MONDO
Ritorniamo a Gesù che sul monte par¬lava ai discepoli. Egli si servi della pre¬dizione della distruzione di Gerusalem¬me per dare una idea della distruzione di tutto il mondo, in occasione del Giu¬diio Universale. Ascoltiamo ora con som¬ma riverenza quanto Gesù ha predetto per la fine del mondo. E’ Iddio che parla!
IL PRINCIPIO DI DOLORI
Sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre. Badate di non turbarvi, poichè é impossibile che queste cose non succe¬dano; però non è ancora la fine. Infatti si solleverà popolo contro popolo e regno contro, regno e vi saranno pestilenze, ca-restie e terremoti in questa e in quella parte. Ma tutte queste cose sono il prin¬cipio dei dolori.
Le guerre mai sono mancate nel corso dei tempi; quella però di cui parla Ge¬sù, dovrà essere pressocché universale. La guerra porta seco malattie, causate dallo spavento e dalla putrefazione dei cadaveri. Attendendo alle armi, non si coltivano i campi e si va incontro alla fame, aumentata dalla difficoltà delle co¬municazioni. Gesù parla di carestie e fa comprendere che la mancanza di piog¬gia farà aumentare la fame. I terremoti, che mai sono mancati, saranno allora più frequenti e in diversi luoghi.
Questa situazione angosciosa non sarà altro che il preludio di quanto di terri¬bile starà per accadere nel mondo.
LE PERSECUZIONI
Allora vi getteranno nella tribolazione e vi faranno morire; e sarete odiati da tutte le nazioni per causa del nome mio. Molti patiranno scandalo e rinnegheran¬no la fede; l’uno tradirà l’altro e si odie¬ranno a vicenda!
L’ANTICRISTO
Se qualcuno allora vi dirà: Ecco qui, o ecco là, il Cristo! – non date retta. Sor-geranno infatti falsi Cristi e falsi profeti e faranno grandi miracoli e prodigi, da ingannare anche gli eletti, se’ fosse pos¬sibile. Ecco io ve l’ho predetto.
Oltre ai dolori già descritti, piombe¬ranno sull’umanità altre miserie morali, che renderanno sempre più angosciosa la situazione. Satana, che sempre ha osta¬colato l’opera di bene nel mondo, in quel¬l’ultimo tempo metterà in atto tutte le sue arti maligne. Si servirà di uomini malvagi, i quali diffonderanno false dot¬trine riguardo alla Religione e alla mo¬rale, dicendo di essere mandati da Dio ad insegnare ciò.
Sorgerà allora l’anticristo, il quale fa¬rà di tutto per mostrarsi come un Dio. San Paolo, scrivendo ai Tessalonicesi, lo chiama uomo di peccato e figlio della perdizione. L’anticristo combatterà tutto ciò che riguarda il vero Dio e farà di tut¬to per entrare nel tempio del Signore e proclamarsi Dio. Lucifero lo appoggerà talmente da fargli operare miracoli falsi. Ci saranno di coloro che si lasceranno trascinare sulla strada dell’errore.
Contro l’anticristo si leverà Elia.
ELIA
In questo tratto di Vangelo non parla Gesù di Elia; però in altra circostanza ne parla chiaramente: Prima verrà Elia a riordinare ogni cosa.
Era costui uno dei più grandi Profeti, vissuto nei secoli prima di Gesù Cristo. La Sacra Scrittura dice che egli fu preservato dalla morte comune e scomparve dal mondo in modo misterioso. Trovavasi in compagnia di Eliseo presso il Giorda¬no, quando apparve un carro di fuoco. Elia in un attimo si trovò sul carro e salì al Cielo in mezzo al turbine.
Adunque prima della fine del mondo verrà Elia e, dovendo egli riordinare ogni cosa, svolgerà la sua missione con le ope¬re e con la parola specialmente contro l’anticristo. Come San Giovanni Battista preparò la strada al Messia per la sua pri-ma venuta nel mondo, così Elia prepare¬rà tutto per la seconda venuta del Cristo sulla terra in occasione del Giudizio Uni¬versale.
La comparsa di Elia sarà uno stimolo per gli eletti a perseverare nel bene in mezzo alle prove.
LO SFACELO
In terra ci sarà la costernazione dei popoli per lo sbigottimento prodotto dal mare. Si consumeranno gli uomini per la paura e per l’aspettazione di quanto sarà per accadere in tutto l’universo, poi¬ché le potenze del cielo saranno sconvol¬te: il sole si oscurerà, la luna non darà più luce e cadranno dal cielo le stelle.
Tutto l’universo si sconvolgerà prima del giudizio. Il mare sta adesso dentro i confini tracciati da Dio; in quel tempo invece le onde si riverseranno sulla ter¬ra. Il terrore sarà grande sia per il rumo¬reggiare furioso del mare sia per le inon¬dazioni. Gli uomini fuggiranno a ripa¬rarsi sui monti. Ma essi, dal presente pre¬sagendo il futuro molto più terribile, sa¬ranno in grande affanno. La tribolazione sarà grande, quale mai fu dal principio del mondo. La disperazione s’imposses¬serà degli uomini; e se Iddio, in grazia degli eletti non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe.
Immediatamente dopo ciò, il sole per¬derà la sua energia e si oscurerà; per con-seguenza anche la luna, che manda alla terra la luce riflessa del sole, resterà al buio. Gli astri del firmamento oggi se¬guono la legge del Creatore e danzano con ordine meraviglioso attraverso gli spazi. Prima del Giudizio il Signore to¬glierà alle stelle la legge di attrazione e
di repulsione, da cui sono governate, ed andranno a cozzare le une contro le al¬tre producendo il caos.
Ci sarà anche il fuoco distruggitore. La Sacra Scrittura infatti dice: Prece¬derà innanzi a Dio il fuoco… La terra e le cose che sono in essa saranno bruciate. Quanta desolazione!
UNA RIFLESSIONE
In conseguenza di tutto ciò la terra sa¬rà simile al deserto e silenziosa come uno sterminato cimitero.
E’ ben giusto che la terra, testimone di tutte le iniquità umane, venga purifi¬cata prima che il Divin Giudice faccia la sua gloriosa comparsa.
E qui faccio una riflessione. Gli uomi¬ni si affaticano per guadagnare un pal¬mo di terreno. Si fabbricano. palazzi, si costruiscono ville, s’innalzano monumen¬ti. Dove andranno a finire queste cose?… Serviranno ad alimentare il fuoco fina¬le!… I re si fanno guerra e spargono il sangue per ingrandire i loro stati. In quel giorno di distruzione tutti i confini scompariranno.
Oh, se gli uomini meditassero queste cose, quanto male potrebbero evitare!
Si sarebbe meno attaccati alle cose di questo mondo, si agirebbe con più giu¬stizia, non si verserebbe tanto sangue!
L’ANGELICA TROMBA
Il Figlio dell’uomo manderà i suoi An¬geli con tromba e voce molto sonora, i quali raduneranno i suoi eletti dai quat¬tro venti, da un’estremità all’altra dei cieli.
Gli Angeli, servitori fedeli di Dio, da¬ranno di piglio ad una tromba misterio¬sa e faranno sentire la loro voce in tut¬to il mondo. Sarà questo il segno della risurrezione universale.
Pare che tra questi Angeli debba es¬serti anche San Vincenzo Ferreri. Era questi un Sacerdote Domenicano, il qua¬le predicava frequentemente sul Giudi¬zio Universale. La sua predicazione ave¬va luogo, come si usava ai suoi tempi, an¬che lungo le piazze. Si narra nella sua vita che, trovandosi egli un giorno a predicare all’aperto sul Giudizio davanti ad una grande moltitudine, passava un cor¬teo funebre. Il Santo fece fermare i por¬tatori della bara e disse al defunto: In nome di Dio, o fratello, alzati e dici a questo popolo se è vero quanto io ho pre¬dicato sul Giudizio Universale! – Per di¬vina virtù il morto si rianimò, si alzò sul¬la bara e disse: Quanto egli insegna è ve¬ro! Anzi Vincenzo Ferreri sarà uno di quegli Angeli che, alla fine del mondo, suoneranno la tromba per far risorgere i morti! – Detto questo, si ricompose sulla bara. In conseguenza di ciò, S. Vin¬cenzo Ferreri viene rappresentato nei quadri con le ali alle spalle e con una tromba in mano.
Dunque, appena gli Angeli suoneran¬no ai quattro venti, ci sarà un muoversi dappertutto, poiché le anime usciranno dal Paradiso, dall’inferno e dal Purgatorio, ed andranno a riunirsi al proprio corpo.
Diamo ora, o lettore, uno sguardo a queste anime ed uno sguardo ai corpi, facendo qualche. pia riflessione.
I BEATI
Saranno passati cinquanta, cento, mil¬le anni… dacché le anime si trovano in Paradiso, in quell’oceano di felicità. Un secolo, per loro è meno di un minuto, poiché il tempo nell’altra vita non si computa.
Iddio si manifesta alle anime beate, inondandole di gioia perfetta; e pur es¬sendo le anime tutte felici, ciascuna pe¬rò gode in rapporto al bene operato nel¬la vita. Sono sempre sazie e sempre avi¬de di felicità. Iddio è così infinitamente grande, buono e perfetto, che le anime vi trovano sempre nuove meraviglie da contemplare. L’intelligenza, fatta per la verità, s’inabissa in Dio, Verità per es¬senza, e gode senza misura penetrando le divine perfezioni. La volontà, fatta per il bene, si unisce intimamente a Dio, Sommo bene, e lo ama senza limite; in questo amore trova perfetta sazietà.
Oltre a ciò, le anime godono la com¬pagnia della Corte Celeste. Sono eserciti sterminati di Angeli distribuiti in nove cori, che risplendono di luce arcana, emanata da Dio, che fanno echeggiare il Pa¬radiso di melodie ineffabili, cantando lo-di al Creatore. Maria Santissima, la Re¬gina del Paradiso, splendendo in supe¬riorità su tutti i Beati come il sole sugli astri, incanta con la sua eccelsa bellez¬za! Gesù, l’Agnello Immacolato, imma¬gine perfetta dell’Eterno Padre, rischiara il Paradiso, mentre le anime che lo han¬no servito in terra, lo vanno lodando e benedicendo!
Sono schiere d’innumerevoli vergini che seguono il Divino Agnello ovunque vada. E sono martiri e confessori e peni¬tenti, che in vita hanno amato Iddio, i quali tutti si uniscono ad osannare alla Santissima Trinità, dicendo: Santo, San¬to, Santo è il Signore, Dio degli Eserciti. A Lui sia gloria per tutta l’eternità!
Ho dato una pallidissima idea di ciò che godono i beati in Paradiso. Sono co¬se che non si possono descrivere. San Paolo fu ammesso a vedere il Paradiso menare era in vita e interrogato a dire ciò che aveva visto, rispose: Occhio uma¬no mai vide, orecchio umano mai udì, cuore umano non può comprendere ciò che Iddio ha preparato a coloro che lo armano! – Insomma, tutte le gioie di questo mondo, prodotte dalla bellezza, dall’amore, dalla scienza e dalla ricchez¬za, messe assieme, son ben piccola cosa in confronto a quello che gode ogni istan¬te un’anima in Paradiso! Ed è così, per¬chè le gioie ed i piaceri del mondo sono di ordine naturale, mentre quelli del Cie¬lo sono di ordine soprannaturale, il che richiede una superiorità pressocché infinita.
Dunque, mentre le anime in Paradiso saranno immerse nella felicità più per¬fetta, ecco sentirsi il suono misterioso della tromba che chiamerà al Giudizio. Tutte le anime allora usciranno festanti dal Paradiso ed andranno ad informare il proprio corpo, il quale per virtù divina si ricomporrà in un batter d’occhio. Il corpo acquisterà nuove perfezioni e sarà simile al Corpo risorto di Gesù Cristo. Come sarà ineffabile quell’incontro! – Vieni, dirà l’anima beata, vieni, corpo, a riunirti a me!… Queste mani mi serviro¬no per lavorare a gloria di Dio ed a bene del prossimo; questa lingua mi aiutò a pregare, a dare buoni consigli; queste membra furono ubbidienti a me in con¬formità alla retta ragione!… Fra poco, dopo il Giudizio, andremo assieme in Pa¬radiso! Sapessi quanto è grande la ricom¬pensa di quel poco di bene fatto sulla terra! Ti ringrazio, o corpo mio!
Da parte sua, il corpo dirà: ed io ti so¬no grato, o anima, perchè in vita mi go-vernasti bene!… Tu tenevi a freno i miei sensi, affinché non operassero male! Tu mi mortificavi con la penitenza e così ho potuto custodire la purezza! Tu mi nega¬vi i piaceri illeciti.. ed ora vedo che i go¬dimenti che mi sono preparati sono di gran lunga superiori… e li avrò eterna¬mente!.. O felice penitenza! Felici ore passate nel lavoro, nell’esercizio della ca¬rità e nella preghiera!
LE ANIME DEL PURGATORIO
Nel Purgatorio, o luogo di espiazione, saranno a penare le anime in attesa del Paradiso. Suonata che sarà la tromba del Giudizio, cesserà per sempre il Purgato-rio. Usciranno allora festanti le anime, non solo perchè sarà finito il patire tem-poraneo, ma molto più perchè subito le attenderà il Paradiso. Completamente purificate, belle della bellezza di Dio, an¬ch’esse si uniranno al corpo per assistere al Giudizio Universale.
I DANNATI
Saranno trascorse decine di anni e di secoli dacché le anime sono piombate nell’inferno. Per esse il dolore e la dispe¬razione sono immutabili. Caduta in quel-l’abisso infernale, l’anima è costretta a stare in mezzo al fuoco inestinguibile, il quale brucia e non consuma. Oltre al fuo¬co l’anima soffre altre orribili pene, poi¬chè l’inferno è chiamato da Gesù Cristo: Il luogo dei tormenti. Sono le urla dispe¬rate dei dannati, sono le scene terrifican¬ti, che senza alcuna tregua o diminuzio¬ne rendono l’anima straziata! Più che tutto è la maledizione che sente risuo¬narsi continuamente: Anima perduta, sei stata creata per godere Iddio ed inve¬ce devi odiarlo e soffrire eternamente!… Quanto tempo durerà questo tormento? – dice l’anima disperata. – Sem¬pre! – rispondono i demoni. – In preda allo strazio la misera rientra in se stessa e sente il rimorso di essersi dannata vo¬lontariamente. – Sono qui per colpa mia… per i peccati che io ho fatto!… E dire che avrei potuto essere felice per sempre!
Mentre i dannati nell’inferno così sof¬frono, ecco echeggiare il suono delle trombe angeliche: E’ l’ora del Giudizio Universale! …Tutti davanti al Giudice Supremo!
Le anime subito dovranno uscire dal¬l’inferno; però le loro pene non avranno sosta, anzi il tormento sarà maggiore, pensando a ciò che le attenderà.
Ecco l’incontro dell’anima dannata col corpo, il quale sbucherà dal sepolcro in forma orribile, mandando un fetore inau¬dito. – Corpo miserabile, dirà l’anima, carne putrida, osi ancora stare con me?… Per colpa tua mi sono dannata!… Tu in vita mi trascinavi nel fango dei vizi!… Sono parecchi secoli che tra le flamme ed i rimorsi incessanti sconto quei pia¬ceri che tu, o corpo ribelle, mi chiedesti!
Ed ora dovrò riunirmi a te?… Ma, sia pu¬re! Così, o corpo dissoluto, verrai anche tu a spasimare nel fuoco eterno!… Così pagheranno il male fatto e le impurità commesse queste due mani invereconde, questa lingua scandalosa e questi occhi impuri!… Sciagurato compagno… pochi istanti di godimento sulla terra… un’eter-nità di pene e di disperazione!
Il corpo sentirà orrore di unirsi all’ani¬ma, la quale sarà orribile come il demo¬nio… ma la forza maggiore li riunirà.
DELUCIDAZIONI
E’ bene chiarire qualche difficoltà ri¬guardo alla risurrezione dei corpi. Come si è detto avanti, è verità di fede rivelata da Dio che i morti risorgeranno. Il tutta avverrà in modo miracoloso. La nostra intelligenza si domanda: Abbiamo in na¬tura qualche esempio o paragone di que¬sta rinnovazione dei corpi? – E sì! Però i paragoni calzano sino ad un certo pun¬to, specialmente nel campo soprannatu¬rale. Consideriamo perciò il chicco di frumento messo sotto terra. Esso poco per volta marcisce, sembra che tutto sia andato a male… quando un bel giorno il germoglio rompe la zolla del terreno e si presenta pieno di energia alla luce del sole. Consideriamo l’uovo della gallina, che comunemente è preso come simbolo della Pasqua o della risurrezione di Gesù Cristo. L’uovo non ha la vita di per sé, ma la possiede in germe. Un giorno o l’al¬tro il guscio dell’uovo si rompe ed ecco uscirne un bel pulcino, pieno di vita. Co¬sì sarà al giorno del Giudizio. I silenziosi cimiteri; albergo dei cadaveri, al suono della tromba angelica si popoleranno di esseri viventi, poiché i corpi si ricompor¬ranno ed usciranno dal sepolcro pieni di vita.
Si dirà: Stando il corpo umano sotto terra decine e decine di anni e di secoli, si ridurrà in minutissima polvere e si con¬fonderà con gli elementi del terreno. Co¬me potrà alla fine del mondo ricomporsi l’intero corpo?… E quei corpi umani la¬sciati insepolti perché in balìa delle onde del mare, andati poi in pasto ai pesci, i quali pesci a loro volta saranno stati mangiati da altri… questi corpi umani potranno ricomporsi?… Certamente! In natura, dicono gli scienziati, niente si distrugge; i corpi possono cambiare sol¬tanto forma… Perciò gli elementi costi¬tutivi del corpo umano, pure essendo sog¬getti a molte variazioni, non perderanno niente nella risurrezione universale. Se poi qualche deficienza dovesse esserci, l’onnipotenza divina supplirà coprendo ogni lacuna.
I CORPI RISORTI
I corpi degli eletti perderanno i difetti fisici avuti casualmente nella vita terre¬na e saranno, come dicono i teologi, in età perfetta. Perciò non saranno ciechi, zoppi, sordo-muti, ecc…
Inoltre i corpi glorificati, come inse¬gna San Paolo, acquisteranno nuove qua¬lità. Essi saranno impassibili, cioè non potranno soffrire più e resteranno im¬mortali. Saranno risplendenti, perchè la luce della gloria eterna, di cui saranno rivestite le anime beate, ridonderà anche nei corpi; questo splendore dei vari corpi sarà maggiore o minore in rapporto, al grado di gloria conseguito da ciascu¬n’anima. I corpi glorificati saranno an¬che agili, cioè in un attimo potranno an¬dare da un luogo all’altro, sparire e ri¬comparire. Inoltre saranno spiritualizza¬ti, come dice S. Tommaso, e perciò non saranno soggetti alle funzioni proprie dei corpo umano. In virtù di questa spiritua¬lità i corpi glorificati faranno a meno del¬la nutrizione e della generazione e po¬tranno attraversare qualunque corpo senza alcun ostacolo, come vediamo, ad esempio, nei raggi “X” che attraversano i corpi. Cosa Gesù Risorto potè entrare a porte chiuse nel Cenacolo, ove stavano gli Apostoli timorosi.
I corpi dei dannati invece non godran¬no nessuna di queste doti, anzi saranno deformati in rapporto alla malvagità del¬l’anima cui appartenevano.
LA VALLE DEL GIUDIZIO
Ove sarà il carname, ivi si raduneran¬no le aquile. Dato il segno della risurrezione, sorge¬ranno le creature da ogni angolo della terra, dai Cimiteri, dai mari, dalle mon-tagne e dalle pianure; tutte andranno In un medesimo luogo. E dove? Nella valle del Giudizio. Nessuna creatura resterà indietro o si smarrirà, poichè tutte sa¬ranno attratte misteriosamente a para¬gone del carname. Egli dice: Come gli uccelli di rapina sono attratti dall’odore della carne in putrefazione ed ivi si ra¬dunano, così nel giorno del Giudizio fa¬ranno gli uomini !
LE DUE SCHIERE
Prima ancora che Gesù Cristo appaia in Cielo, scenderanno i suoi Angeli e se-pareranno i buoni dai cattivi, facendone due grandissime schiere. E qui è bene ri-cordare le parole del Redentore gìà, cita¬te: Come i pastori separano gli agnelli dai capretti, i contadini nell’aia il grano dalla paglia, i pescatori i pesci buoni dai cattivi, così faranno gli Angeli di Dio al¬la fine del mondo.
La separazione sarà netta ed inesorabi¬le: gli eletti a destra, i dannati a sinistra. Come dovrà essere straziante quella separazione! Un amico a destra, l’altro a sinistra! Due fratelli tra i buoni, uno tra i cattivi! La sposa tra gli Angeli, lo sposo tra i dèmoni! La madre nella schie¬ra luminosa, il figlio in quella tenebrosa dei malvagi… Chi potrà mai dire l’im¬pressione dei buoni e dei cattivi a guar¬darsi vicendevolmente?!
TUTTO SARA’ MANIFESTATO
La schiera dei buoni sarà risplendente, poiché coloro che la comporranno saran¬no luminosi. Il sole nel meriggio ne è de¬bole immagine. Tra i buoni si vedranno uomini e donne di ogni razza, età e con¬dizione. I peccati da loro commessi in vi¬ta non appariranno perchè già perdona¬ti. Lo dice il Signore: Beati coloro, i cui peccati sono stati coperti!
La schiera dei dannati al contrario sa¬rà orribile a guardarsi! Vi si troverà ogni categoria di peccatori, senza distinzione di classe o dignità, in mezzo ai demoni che tormenteranno.
I peccati dei reprobi appariranno tut¬ti, nella loro malizia. – Niente, dice Ge¬sù, vi è di nascosto che non venga mani¬festato!
Quale umiliazione non ne proverrà ai cattivi a vedersi svergognati pubblica¬mente!
I buoni, puntando lo sguardo sui dan¬nati, diranno: Ecco là quella persona a¬mica! Sembrava tanto buona, e devota, frequentava con me la Chiesa… la stima¬vo un’anima santa!… Guarda invece che peccatacci commetteva!… Chi l’avrebbe mai detto?… Ha ingannato le creature con la sua ipocrisia, ma non ha potuto ingannare Iddio!
– Ecco là mia madre!… La stimavo una donna esemplare… eppure era tut¬t’altro! Quante miserie!…
– Quanti conoscenti scorgo tra i dan¬nati!… Mi furono amici nella giovinezza, perduti per peccati taciuti in Confessio¬ne! Compagni di lavoro, vicini di casa! Si sono dannati!… Quante, impurità commesse!… Infelici!… Non avete voluto ma-nifestare in Confessione al Mnistro di Dio nel massimo segreto i vostri peccati ed ora avete la vergogna di farli cono¬scere a tutto il mondo… e per di più vi siete dannati!…
– Ecco là due figli miei… e lo sposo!… Oh! Quante volte li scongiurai a rimet¬tersi sulla buona strada!… Non hanno voluto ascoltarmi e si sono dannata! –
D’altra parte i malvagi, contemplando con rabbia infernale i fortunati della schiera di destra, esclameranno: Oh! in¬sensati che siamo stati! …
…Credevamo stoltezza la vita di costo¬ro e senza onore la loro fine ed eccoli ora annoverati tra i figli di Dio!
– Guarda là, dirà un dannato, come è felice quel povero cui negavo la carità! – Come sono splendenti, dirà un altro, quei tali miei conoscenti!.. Li schernivo quan¬do andavano in Chiesa… li deridevo quan¬do non pigliavano parte a discorsi scan-dalosi… li chiamavo sciocchi perchè non si davano come me agli spassi mondani… ed ora… essi salvi… ed io no… Ah, se po¬tessi nascere di nuovo!… Ma non mi re¬sta ora che la disperazione! – Ecco là, esclama un terzo, un complice dei miei falli!… Abbiamo peccato assieme!… Lui – ora in Paradiso ed io all’inferno!… For¬tunato lui che si è pentito ed ha cam¬biato condotta!… Io invece, sentivo il ri¬morso e continuavo a peccare.
… Ah!.. Avessi seguito l’esempio dei buoni… avessi ascoltato i consigli del con-fessore… avessi lasciato quell’occasio¬ne!… Ormai per me tutto è finito; mi re¬sta l’eterno rimorso!
CALDA RACCOMANDAZIONE
Mamme, che avete figli traviati e che tuttavia amate; giovani ferventi, che ve¬nerate i genitori, i quali tuttavia non os¬servano la legge di Dio; o voi tutti, che amate svisceratamente qualche persona, ricordate di far di tutto per convertire chi è lontano dal Signore! Diversamente, sarete assieme alla persona amata in que¬sta breve vita e dovrete poi separarvene eternamente nell’altra!
Lavorate dunque con zelo attorno ai vostri cari, spiritualmente bisognosi! Per la loro conversione pregate, fate l’e¬lemosina, fate celebrare Sante Messe, ab¬bracciate penitenze e non datevi pace finchè non riuscirete nell’intento, alme¬no procurando loro una buona morte!
VUOI SALVARTI?
Come vorrei in questo momento penetrare nel tuo cuore, o lettore, e toccare le corde intime dell’animo tuo!… Ricorda che chi prima non pensa, in ultimo so¬spira!
Io che scrivo e tu che leggi, avremo da trovarci in quel giorno tremendo in quel¬le, schiere. Saremo tutti e due tra i bea¬ti?… Saremo tra i demoni?… Sarai forse tu tra i buoni ed io annoverato fra i mal¬vagi?
Come è preoccupante questo pensie¬ro!… Per assicurarmi un posto tra gli e¬letti, ho abbandonato tutto in questo mondo, anche le persone più care e la libertà; volontariamente vivo nel silen¬zio di un convento. Tutto questo però è poco; potessi fare di più, lo farei, purchè possa assicurarmi l’eterna salvezza!
E tu, o anima cristiana, che cosa fai per ottenere un posto nella schiera degli eletti?… Vuoi salvarti senza sudore?… Vuoi goderti la vita e poi pretendere di salvarti?… Ricordati che si raccoglie ciò che si è seminato; e chi semina vento, raccoglie tempesta!
IL PENSIERO DEL GIUDIZIO
Un letterato illustre, filosofo e grande conoscitore di lingue, viveva a Roma li-beramente e non si risparmiava piaceri: La sua vita non piaceva a Dio. Il rimorso spesso gli toccava il cuore, finché egli si arrese alla voce del Signore. Il pensiero del Giudizio Universale lo atterriva gran¬demente e non tralasciava di meditare spesso quel gran giorno. Per assicurarsi un posto tra, gli eletti, egli lasciò Roma e gli spassi della vita e andò a ritirarsi nella solitudine. Ivi si diede a fare pe¬nitenza dei suoi peccati e nell’ardore del pentimento batteva il petto con un sas¬so. Con tutto questo gli restava una gran paura del Giudizio e perciò esclamava: Ahimè! Tutti i momenti mi sembra di avere negli orecchi il suon di quella trom¬ba che si farà sentire nel giorno del Giu¬dizio: « Sorgete, o morti, venite al Giu¬dizio ». E là, quale sorte mi toccherà?… Sarò io con gli eletti oppure coi danna¬ti?… Avrò la sentenza di benedizione ov¬vero di maledizione?
Il pensiero del Giudizio, profondamen¬te meditato, gli diede la forza di perseve¬rare nel deserto, di troncare le cattive abitudini e di arrivare alla perfezione. Costui è San Girolamo, divenuto per i suoi scritti uno dei più grandi Dottori della Chiesa Cattolica.
LA CROCE
– Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e piangeranno tutte le tribù della terra!
E’ la Croce il segno di Gesù Cristo; e questa apparirà in testimonianza a tutti i popoli. Quella Croce del Nazareno fu intrisa di Sangue Divino, di quel Sangue che avrebbe potuto cancellare con una goccia sola tutti i peccati dell’umanità!
Ebbene quella Croce alla fine del mon¬do farà la sua comparsa gloriosa in Cie¬lo! Sarà luminosissima. Tutti gli sguar¬di degli eletti e dei dannati saranno ri¬volti ad essa.
– Vieni, diranno i buoni, vieni, o Cro¬ce benedetta, prezzo del nostro riscatto! Ai tuoi piedi c’inginocchiammo a prega¬re, attingendo forza nelle prove della vi¬ta! O Croce di redenzione, nel tuo bacio morimmo, sotto il tuo segno aspettam¬mo nel sepolcro la sospirata risurrezione!
Per l’opposto, i cattivi a mirare la Cro¬ce tremeranno, pensando esser prossima la comparsa del Cristo.
Quel Sacro Segno portante le fessure dei chiodi, ricorderà loro l’abuso fatto del Sangue sparso unicamente per la lo¬ro salvezza eterna. Guarderanno perciò la Croce non come segno di redenzione, ma di eterna riprovazione. A tale vista, come dice Gesù, i dannati di tutte le tribù del mondo piangeranno… non per pen¬timento, bensì per, disperazione e verse¬ranno lacrime di sangue!
IL GRAN RE
I popoli vedranno il Figlio dell’Uomo scendere sulle nubi del cielo con potestà e maestà grande.
Subito dopo la comparsa della Croce, mentre ancora gli sguardi saranno rivol¬ti in alto, ecco aprirsi il Cielo e compa¬rire sulle nubi il Gran Re, Iddio fatto uo¬mo; Gesù Cristo. Verrà nello splendore della sua gloria; circondato dalla Corte Celeste ed in compagnia degli Apostoli, per giudicare le dodici tribù d’Israele. Gesù, Splendore del Padre, si mostrerà allora, come è da pensare, con le cinque Piaghe emananti torrenti di luce celeste.
Prima che il Gran Re, così ama chia¬marsi Gesù stesso in tale occasione, pri¬ma ancora che il Gran Re rivolga la pa¬rola alle creature, Egli avrà parlato loro con la sola presenza.
– Ecco Gesù, diranno i buoni, Colui che servimmo in vita! Egli fu la nostra pace nel tempo… il nostro cibo nella San¬ta Comunione… la forza nelle tentazio¬ni!.. Nell’osservanza della sua legge pas¬sammo i giorni della prova!… O Gesù, vi apparteniamo! Nella vostra gloria eter¬namente rimarremo!
– O Dio delle misericordie, diranno anche i tuoni già penitenti, o Dio Gesù, anche noi vi apparteniamo, quantunque un tempo peccatori! Dentro le Vostre Sante Piaghe ci rifugiammo dopo la col¬pa e potemmo piangere le nostre mise¬rie!… Ora, o Signore, siamo qui, preda del vostro amore misericordioso!… Eter¬namente canteremo le vostre misericor¬die!
Quelli della schiera sinistra non vor¬ranno guardare il Divin Giudice, ma sa¬ranno costretti a farlo per maggior con¬fusione. A vedere il Cristo sdegnato, di¬ranno: O monti, cadeteci addosso! E voi, o colli, schiacciateci!
Quale non sarà la confusione dei dan¬nati in quel momento?!? … Nel suo stori¬co linguaggio il Giudice dirà: Sono Colui che voi, o reprobi, bestemmiavate… io… il Cristo!… Sono io Colui del quale voi, o cristiani di solo nome, vi vergogna¬vate dinanzi agli uomini… ed ora io mi vergogno di voi dinanzi ai miei Angeli!… Sono io, il Nazareno, quello che voi ol¬traggiaste in vita ricevendo sacrilegamen¬te i Sacramenti!… Sono io, il Re dei Ver¬gini, Colui che voi, o principi della terra, perseguitaste uccidendo milioni di miei seguaci!
Ecco, o Ebrei, sono io, il Messia che voi posponeste a Barabba!… O Pilato, o Ero¬de, o Caifa,… sono il Galileo deriso dalla plebaglia e condannato da voi ingiusta¬mente!… O miei crocifìssori, o voi che conficcaste i chiodi in queste mani ed in questi piedi,… guardatemi adesso e rico¬noscetemi per vostro Giudice!… –
Dice San Tommaso: Se nell’Orto di Getsemani nel dire Gesù Cristo “Sono io”, caddero a terra tramortiti tutti i sol¬dati che erano andati a legarlo, che cosa sarà quando Egli, sedendo da Giudice su¬premo dirà ai dannati: Ecco, sono io que¬gli che voi disprezzaste!…?
IL PRECETTO DELLA CARITA’
Il Giudizio Universale riguarderà tut¬ti i mortali e tutte le loro opere. Però Ge¬sù Cristo in quel giorno concentrerà il suo giudizio in modo particolare sul pre¬cetto della carità.
– Il Re dirà a quelli che sono alla sua destra:
– Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato a voi fin dalla fondazione del mondo; per¬ché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegri¬no e mi ricoveraste; ignudo e mi rivesti¬ste; ammalato e mi visitaste; carcerato e veniste a trovarmi! – Allora i giusti ri¬sponderanno: Signore, ma quando ti ve¬demmo affamato e ti demmo da mangia¬re, assetato e ti demmo da bere? Quando ti vedemmo pellegrino e ti ricevemmo, ignudo e ti rivestimmo? E quando ti ve¬demmo ammalato? – Risponderà: In ve¬rità vi dico che ogni qualvolta faceste qualche cosa ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo faceste a me!
Dopo i1 Re dirà a coloro che saranno alla sinistra: Via da me, o maledetti; an¬date nel fuoco eterno, che fu preparato a Satana ed ai suoi seguaci; poichè ebbi fa¬me e non mi deste da mangiare; ebbi se¬te e non mi deste da bere. Ero pellegrino e non mi riceveste; ignudo e non mi rive¬stiste; ammalato e carcerato e non mi visitaste! – Anche i cattivi gli risponde¬ranno: Signore, ma quando ti vedemmo affamato o sitibondo o pellegrino o ignu¬do o ammalato o carcerato e non ti dem¬mo assistenza? Allora risponderà loro così: In verità vi dico che ogni volta che non faceste ciò ad uno di questi piccoli, non lo faceste nemmeno a me!
Queste parole di Gesù non hanno bi¬sogno di commento.
L’ETERNA SEPARAZIONE
– Ed andranno i giusti alla vita eter¬na, mentre i reprobi andranno all’eterno supplizio.
Chi potrà mai esprimere la gioia che proveranno i buoni, quando Gesù pro¬nunzierà la sentenza di eterna benedi¬zione!?… In un baleno si solleveranno tutti e voleranno al Paradiso, facendo corona a Cristo Giudice, assieme a Ma¬ria Santissima ed a tutti i cori degli An¬geli. Nuovi inni di gloria echeggeranno, poichè il Gran Trionfatore farà il suo ingresso in Cielo con una sterminata schiera di eletti, frutto della sua reden¬zione.
E chi potrà mai descrivere la coster¬nazione dei dannati a sentire dire dal Divin Giudice, col volto infiammato di furore: Andate, maledetti, nel fuoco e¬terno! – Essi vedranno i buoni sollevar¬si verso il Cielo, vorranno poterli segui¬re… ma la maledizione divina li tratterrà.
Ed ecco aprirsi una profonda voragine, che metterà capo nell’inferno! Le fiam¬me, accese dall’ira di Dio oltraggiato, cir¬conderanno quei miserabili ed eccoli tut¬ti precipitare nell’abisso: irreligiosi, be¬stemmiatori, ubriaconi, disonesti, ladri, omicidi, peccatori e peccatrici di ogni specie! Si richiuderà l’abisso e non si aprirà mai più in eterno.
O voi che entrate, lasciate ogni spe¬ranza di uscire!
TUTTO SI AVVERERA’!
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno!
Tu, o anima cristiana, hai seguito la narrazione del Giudizio finale. Non cre¬do che sia rimasta indifferente! Sarebbe questo un cattivo segno! Temo però che il demonio venga a toglierti il frutto del¬la considerazione di una verità così ter-rificante, col farti pensare che in questo scritto ci sia dell’esagerazione. Io ti pre-munisco contro di ciò. Quello che ho det¬to a proposito del Giudizio è una piccola cosa; la realtà sarà di gran lunga supe¬riore. Io non ho fatto altro che commen¬tare brevemente le stesse parole del Si¬gnore.
Affinché nessuno possa mettere in dub¬bio i particolari del Giudizio Universale, Gesù Cristo conchiude la predicazione della fine del mondo, con una conferma assoluta: Il cielo e la terra potranno ve¬nir meno, ma delle mie parole nessuna verrà meno! Tutto si avvererà!
NESSUNO SA IL GIORNO
Se tu, o lettore, fossi stato presente al discorso di Gesù riguardo al Giudizio, forse gli avresti domandato il tempo del¬l’avveramento; e la domanda sarebbe sta¬ta naturale. Noi sappiamo che uno dei pre¬senti al discorso domandò a Gesù: In qual giorno sarà il Giudizio Universa¬le? – Gli fu risposto: Quanto poi a quel giorno ed a quell’ora, nessuno lo sa, nem¬meno gli Angeli del Cielo, eccetto l’Eter¬no Padre.
Tuttavia Gesù diede qualche indizio per argomentare della fine del mondo, dicendo: Sarà predicato questo Vangelo per tutta la terra, come testimonianza a tutte le nazioni; ed allora verrà la fine.
Il Vangelo ancora non è stato predica¬to ovunque. In questi ultimi tempi però le Missioni Cattoliche hanno preso un grande sviluppo e tanti popoli hanno già ricevuto la luce della Redenzione.
IL PARAGONE DEL FICO
Gesù, dopo aver parlato dei segni pre¬cursori della sua venuta gloriosa nel mondo, portò un paragone, dicendo: Dal¬la pianta del fico imparate questa simi¬litudine. Quando il ramo del fico intene¬risce e spuntano le foglie, voi sapete che l’estate è vicina; così ancora, quando ve¬drete tutte queste cose, sappiate che il Figlio dell’Uomo è alle porte.
Il Signore vuole che gli uomini vivano nell’aspettazione del gran giorno finale; perchè questo pensiero deve rimettere sulla retta via e far perseverare nel bene; gli uomini però attaccati all’interesse ed al piacere, non si danno premura di ciò; ed anche quando la fine del mondo si av¬vicinerà, essi, o almeno molti di essi, non ne faranno caso. Gesù; prevedendo ciò, ricorda a tutti una scena scritturale.
COME AL TEMPO DI NOE’
Si legge nella Sacra Scrittura che Id¬dio, a vedere la corruzione morale dell’u¬manità, decise di distruggerla per mezzo del diluvio.
Però risparmiò Noè, perché uomo giu¬sto, ed anche la sua famiglia.
Noè ebbe l’incarico di fabbricarsi una arca, che potesse galleggiare sulle acque. La gente se ne rideva della preoccupazio¬ne di lui nell’aspettare il diluvio e conti¬nuava a vivere nei vizi più vergognosi.
Gesù Cristo, dopo aver preannunziato il Giudizio, disse: Come nei giorni avanti al diluvio, gli uomini se ne stavano man¬giando e bevendo, sposando e dando a marito le donne sino a quel giorno in cui Noè entrò nell’arca e non si dettero pen¬siero finché venne il diluvio che uccise tutti, così sarà alla venuta del Figlio del¬l’uomo.
TRAGICA FINE
Si racconta di un grande tiranno, Mao¬metto Secondo, che nel dare gli ordini era di un rigore eccessivo. Aveva coman¬dato che nessuno facesse la caccia nel parco imperiale.
Un giorno scorse dal palazzo due gio¬vanetti, che andavano su e giù per il par¬co. Erano i suoi due figli, i quali, creden¬do che la proibizione della caccia non si estendesse a loro, si divertivano innocen¬temente.
L’imperatore non poté distinguere a distanza la fisionomia dei due trasgres¬sori ed era ben lungi dal pensare essere quelli i propri figli. Chiamò un vassallo e gli ordinò di arrestare subito i due cac¬ciatori.
– Voglio sapere, gli disse, chi siano questi trasgressori e dopo saranno mes¬si a morte!
Il vassallo, ritornato, non sentivasi il coraggio di parlare; ma costretto dallo sguardo fiero dell’imperatore, disse: Mae¬stà, i due giovanetti sono chiusi in pri-gione però sono i vostri figli! – Non im¬porta, esclamò Maometto; hanno trasgre-dito un mio ordine e perciò devono mo¬rire!
– Maestà, soggiunse il vassallo, mi permetto farvi notare che se farete uc¬cidere tutti e due i vostri figli, chi sarà il vostro erede nell’impero? – Ebbene, conchiuse il tiranno, si tirerà la sorte: uno morrà e l’altro sarà l’erede. –
Fu preparata una camera per il sor¬teggio; le pareti erano a lutto. Nel mez¬zo di essa trovavasi un tavolo con una piccola urna; a destra del tavolo stava la corona imperiale, a sinistra una spada.
Maometto, assiso in trono e circondato dalla sua corte, diede ordine che venis¬sero introdotti i due colpevoli. Quando li ebbe alla sua presenza disse: Non crede¬vo che voi, figli miei, poteste trasgredire i miei ordini imperiali! La morte era de¬cretata per tutti e due. Essendo necessa¬rio un erede, ognuno di voi pigli una po¬lizza da questa urna; su di una è scritto: « vita », sull’altra « morte ». Fatta l’estra¬zione il fortunato metterà sul capo la corona e l’altro riceverà un colpo di spada! –
A tali parole i due giovanetti comin¬ciarono a tremare fino al delirio. Stesero la mano ed estrassero la pro¬pria sorte. Un momento dopo, uno veni¬va acclamato come l’erede al trono, mentre l’altro, ricevuto un colpo ferale, gia¬ceva morto allagato nel proprio sangue.
CONCLUSIONE
Se ci fosse una piccola urna con den¬tro due polizze, « Paradiso » e « Inferno » e tu dovessi prenderne una, oh! come tre¬meresti per la trepidazione, più che non i figli di Maometto!
Ebbene se vuoi andare in Paradiso, pensa spesso al Giudizio Divino e regola la tua vita alla luce di questa grande verità.
ANNA E CLARA
(Lettera dall’Inferno)
IMPRIMATUR
E Vicariatu Urbis, die 9 aprilis 1952
+ OLOYSIUS TRAGLIA
Archie.us Caesarien. Vicesgerens
INVITO
Il fatto qui esposto ha un’importanza eccezionale. L’originale è in lingua tede¬sca; delle edizioni sono state eseguite in altre lingue.
Il Vicariato di Roma ha dato il per¬messo di pubblicare lo scritto. L’«Impri¬matur» dell’Urbe è garanzia della tradu¬zione dal tedesco e della serietà del tre¬mendo episodio.
Sono pagine svelte e terribili e raccon¬tano un tenore di vita in cui vivono mol¬te persone dell’odierna società. La mise¬ricordia di Dio, permettendo il fatto qui narrato, solleva il velo del più spaven¬toso mistero che ci attende al termine della vita.
Ne sapranno approfittare le anime?…
PREMESSA
Clara e Annetta, giovanissime, lavoravano in una: Ditta commerciale a*** (Germania).
Non erano legate da profonda amici¬zia, ma da semplice cortesia. Lavoravano. ogni giorno l’una accanto all’altra e non poteva mancare uno scam¬bio di idee: Clara si dichiarava aperta¬mente religiosa e sentiva il dovere di i¬struire e richiamare Annetta, quando questa si dimostrava leggera e superfi¬ciale in fatto di religione.
Trascorsero qualche tempo assieme; poi Annetta contrasse matrimonio e si allontanò dalla Ditta. Nell’autunno di quell’anno, 1937, Clara trascorreva le va-canze in riva al lago di Garda. Verso la metà di settembre la mamma le mandò dal paese natio una lettera: « E’ morta Annetta N… E’ rimasta vittima di un in-cidente automobilistico. L’hanno sepolta ieri nel “Waldfriedhof” ».
La notizia spaventò la buona signori¬na, sapendo che l’amica non era stata tanto religiosi. Era preparàta a presen¬tarsi davanti a Dio?… Morendo all’im-provviso, come si sarà trovata?…
L’indomani ascoltò la S. Messa e fece anche la Comunione in sud suffragio, pregando fervorosamente. La notte se¬guente, 10 minuti dopo la mezzanotte, ebbe luogo la visione…
«Clara, non pregare per me! Sono dannata. Se te lo comunico e te ne rife¬risco piuttosto lungamente; non. credere che ciò avvenga a titolo di’ amicizia: Noi qui non amiamo più nessuno. Lo faccio come costretta. Lo faccio come « parte di quella potenza che sempre vuole il ma¬le e opera il bene ».
In verità vorrei vede»e anche te ap¬prodare a questo stato, dove io ormai ho gettato l’àncora per sempre:
Non stizzirti di questa intenzione. Qui, noi pensiamo tutti così. La nostra volon¬tà è impietrita nel male- in, ciò oche voi appunto chiamate « male ». Anche quando noi facciamo qualche cosa di «be¬ne», come io ora, spalancandoti gli occhi sull’inferno, questo non avviene con buo¬na, intenzione.
Ti ricordi ancora che quattro anni fa ci siamo conosciute a * * *? Contavi allora; 23 anni e ti trovavi colà. da mezz’anno quando ci arrivai io.
Tu mi hai levata da qualche impiccio; come a principiante, mi hai dato dei buo¬ni indirizzi. Ma che vuol dire «buono»?
Io lodavo allora il tuo « amore del pros¬simo». Ridicolo! Il tuo soccorso derivava da pura civetteria, come, del resto, lo so¬spettavo già fin d’allora. Noi non ricono-sciamo qui nulla di buono. In nessuno.
Il tempo della mia giovinezza lo cono¬sci. Certe lacune le riempio qui.
Secondo il piano dei miei genitori, a dire il vero, non sarei neanche dovuta e¬sistere. « Capitò loro appunto una disgra¬zia ». Le mie due sorelle contavano già 14 e 15 anni, quando io tendevo alla luce.
Non fossi mai esistita! Potessi ora an¬nientarmi e sfuggire a questi tormenti! Nessuna voluttà uguaglierebbe quella con cui lascerei la mia esistenza, come un vestito di cenere, che si perde nel nulla.
Ma io devo esistere. Devo esistere così come mi son fatta io: con una esistenza fallita.
Quando papà e mamma, ancora giova¬ni, si trasferirono dalla campagna in cit¬tà ambedue avevano perduto il contatto con la Chiesa. E fu meglio così.
Simpatizzarono con gente non legata alla chiesa. Si erano conosciuti in un ri¬trovo danzante e mezz’anno dopo « do¬vettero » sposarsi.
Nella cerimonia nuziale rimase attac¬cata a loro tant’acqua santa, che la mam¬ma si recava in chiesa alla Messa dome¬nicale un paio di volte l’anno. Non mi ha mai insegnato a pregare davvero. Si e¬sauriva nella cura quotidiana della vita, benché la nostra situazione non fosse di¬sagiata.
Parole, come pregare, Messa, istruzio¬ne religiosa, chiesa, le dico con una ripugnanza intera senza pari. Aborrisco tut¬to, come’ odio: chi frequenta la chiesa e in genere tutti gli uomini e tutte le cose.
Da tutto, infatti, ci deriva tormento. Ogni cognizione ricevuta in punto di morte, ogni: ricordo di cose vissute o sa¬pute, è per noi una fiamma pungente.
E tutti i ricordi ci mostrano quel lato che, in ,essi: era grazia. e che noi sprezzam-mo. Quale tormento è questo! Noi non mangiamo, non dormiamo, non cammi-niamo coi :piedi. Spiritualmente incate¬nati, guardiamo inebetiti « con urla e stridor di denti » la nostra vita andata 1n fumo: : odiando e tormentati!
Senti? Noi qui beviamo l’odio come ac¬qua. Anche l’uno verso l’altro. Soprattutto noi odiamo Dio.
Te lo voglio..rendere comprensibile.
I -Beati in ,cielo devono, amarlo, perché essi lo vedono senza velo, nella sua bel¬lezza abbagliante. Ciò li beatífica talmen¬te, da non poterlo descrivere. Noi lo sap¬piamo e questa cognizione ci rende fu¬ribondi. .
Gli uomini in terra che conoscono Dio dalla creazione e dalla rivelazione, pos¬sono amarlo; ma non ne sono costretti. Il credente – lo dico digrignando i denti – il quale, meditabondo, contem¬pla Cristo in croce, con le braccia stese, finirà con l’amarlo.
Ma colui al quale Dio si avvicina solo nell’uragano; come punitore, come giu¬sto vendicatore, perché un giorno fu da lui ripudiato, come avvenne di noi, co¬stui non può che odiarlo, con tutto l’im¬peto della sua malvagia volontà, eterna¬mente, in forza della libera accettazione di esseri separati da Dio: risoluzione con la quale, morendo, abbiamo esalato l’a¬nima nostra e che neppure ora ritiriamo e non avremo mai la volontà di ritirare.
Comprendi ora perché l’inferno dura eternamente? Perché la nostra ostinazio¬ne ‘giammai si scioglierà da noi.
Costretta, aggiungo che Dio è miseri¬cordioso persino verso di noi. Dico « co¬stretta ». Poiché, anche se dico queste cose volutamente, pure non mi è permes¬so di mentire, come volentieri vorrei. Molte cose le affermo contro la mia volontà. Anche la foga d’improperi, che vor¬rei vomitare la devo strozzare.
Dio fu misericordioso verso di noi col non lasciare esaurire sulla terra la no¬stra malvagia volontà, come noi sarem¬mo stati pronti a fare. Ciò avrebbe au¬mentato le nostre colpe e le nostre pene. Egli ci fece morire anzitempo, come me, o fece intervenire altre circostanze mi¬tiganti.
Ora egli si dimostra, misericordioso verso di noi col non costringerci ad avvi¬cinarci a lui più di quanto lo siamo in questo remoto luogo infernale; ciò dimi¬nuisce il tormento.
Ogni passo che mi portasse più vicino a Dio, mi cagionerebbe una pena mag¬giore di quella che a te recherebbe un passo più vicino a un rogo ardente.
Ti sei spaventata, quando io una vol¬ta, durante il passeggio, ti raccontai che mio padre, pochi giorni avanti la mia prima Comunione, mi aveva detto: « An¬nettina, cerca di meritarti un bel vesti¬tino; il resto è una montatura ».
Per il tuo spavento quasi mi sarei per¬fino vergognata. Ora ci rido sopra. L’unica cosa ragionevole in quella montatura era che ci si ammetteva alla Comunione solo a dodici anni. Io allora, ero già abbastanza presa dalla mania dei divertimenti mondani, così che sen¬za scrupoli mettevo in un canto le cose religiose e non diedi grande importanza alla prima Comunione.
Che parecchi bambini vadano ora alla Comunione già a sette anni, ci mette in furore. Noi facciamo di tutto per dare a intendere alla gente che ai bambini man¬ca una cognizione adeguata. Essi devono prima commettere alcuni peccati mortali.
Allora la bianca Particola non fa più in essi così gran danno, come quando nei loro cuori vivono ancora la fede, la spe¬ranza e la carità – puh! questa roba ¬ricevute nel battesimo. TI ricordi come abbia già sostenuto sulla terra questa opinione?
Ho accennato a mio padre. Egli era so¬vente in lite con la mamma. Te ne feci allusione solo raramente; me ne vergognavo. Cosa ridicola la vergogna del ma¬le! Per noi, qui tutto è lo stesso.
I miei genitori neanche dormivano più nella medesima camera; ma io con la mamma, e il papà nella camera attigua, dove poteva rincasare liberamente a qualsiasi ora. Beveva molto; in tal modo scialacquava il nostro patrimonio. Le mie sorelle erano ambedue impiegate e abbisognavano esse stesse, dicevano, del denaro che guadagnavano. La mamma, cominciò a lavorare per guadagnare qual¬che cosa.
Nell’ultimo anno di vita papà batteva spesso la mamma, quando lei non gli vo¬leva dar nulla. Verso di me, invece. fu sempre amorevole. Un giorno – te l’ho raccontato e tu, allora, ti sei urtata del mio capriccio (di che cosa non ti sei ur¬tata nei miei riguardi?) – un giorno do¬vette portare indietro, per ben due volte, le scarpe comprate, perchè la forma e i tacchi non erano per me abbastanza mo¬derni.
La notte, in cui mio padre fu colpito da apoplessia mortale, avvenne qualche cosa che io, per timore di una interpretazione disgustosa, non riuscii mai a con¬fidarti. Ma ora devi saperlo. E’ importan¬te per questo: allora per la prima volta fui assalita dal mio spirito tormentatore attuale.
Dormivo in camera con mia madre. I suoi respiri regolari dicevano il suo pro¬fondo sonno.
Quand’ecco mi sento chiamare per no¬me. Una voce ignota mi dice: « Che sarà se muore papà? ».
Non amavo più mio padre, dacché trattava così villanamente la mamma; come, del resto, non amavo fin d’allora assolutamente nessuno, ma ero ‘solamen¬te affezionata ad alcune persone, che e¬rano buone verso di me. L’amore senza speranza di contraccambio terreno, vive solo nelle anime in stato di Grazia. E io non lo ero.
Così risposi alla misteriosa domanda, senza darmi conto donde venisse: « Ma non muore mica! ».
Dopo una breve pausa;, di nuovo la stes¬sa domanda chiaramente percepita. « Ma
non muore mica! » mi scappò ancora di bocca, bruscamente.
Per la terza volta fui richiesta: « Che sarà se muore tuo padre? ». Mi si presen¬tò alla mente come papà spesso veniva a casa piuttosto ubriaco, strepitava, mal-trattava la mamma, e come egli ci aveva messi in una condizione umiliante dinan¬zi alla gente. Perciò gridai indispettita. ¬« E gli sta bene! ».
Allora tutto tacque.
La mattina seguente, quando la mam¬ma volle mettere in ordine la stanza del babbo, trovò la porta chiusa a chiave. Verso mezzogiorno si forzò la porta. Mio padre, mezzo vestito, giaceva cadavere sul letto. Nell’andare a prendere la birra in cantina, doveva essersi buscato qual¬che accidente. Era già da lungo tempo malaticcio. (*)
(*) Aveva forse Dio legato la salvezza del padre all’opera buona della figlia, verso la quale quell’uo¬mo era stato pur buono? Quale responsabilità per ognuna, lasciar perdere l’occasione di fare del bene al prossimo!
Marta K … e tu mi avete indotta a entrare nell’ « Associazione delle Giova¬ni ». Veramente non ho mai nascosto che trovavo abbastanza intonate con la mo¬da, parrocchiale le istruzioni delle due di¬rettrici, le signorine X …
I giuochi erano divertenti. Come sai vi ebbi subito una parte direttiva. Ciò mi andava a genio.
Anche le gite mi piacevano. Mi lasciai perfino indurre alcune volte ad andare alla Confessione e alla Comunione.
A dire il vero, non avevo nulla da con¬fessare. Pensieri e discorsi per me non avevano importanza. Per azioni pi gros¬solane, non ero ancora abbastanza cor¬rotta.
Tu mi ammonisti una volta: « Anna, se non preghi, vai alla perdizione! ». Io pregavo davvero poco e anche que¬sto, solo svogliatamente.
Allora tu avevi purtroppo ragione. Tut¬ti coloro che bruciano nell’inferno non hanno pregato, o non hanno pregato abbastanza.
La preghiera è il primo passo verso Dio. E rimane il passo decisivo. Special¬mente la preghiera a colei che fu la Ma¬dre di Cristo, il nome della quale noi non nominiamo mai.
La devozione a lei strappa al demonio innumerevoli anime, che il peccato gli consegnerebbe infallibilmente nelle mani.
Proseguo il racconto consumandomi d’ira e solo perchè devo. Pregare è la cosa più facile che l’uomo possa fare sulla ter¬ra. E proprio a questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di ognuno.
A chi prega con perseveranza egli a poco a poco dà tanta luce, lo fortifica in maniera tale, che alla fine anche il pec¬catore più impantanato si può definiti-vamente rialzare. Fosse pure ingolfato nella melma fino al collo.
Negli ultimi anni della mia vita non ho più pregato come di dovere e così mi sono privata delle grazie, senza le quali nessuno può salvarsi.
Qui non riceviamo più nessuna grazia. Anzi, quand’anche le ricevessimo, le ri¬
fiuteremmo cinicamente. Tutte le flut¬tuazioni dell’esistenza terrena sono ces¬sate in quest’altra vita.
Da voi sulla terra l’uomo può salire dallo stato di peccato allo stato di Gra¬zia e dalla Grazia cadere in peccato: spes¬so per debolezza, talvolta per malizia.
Con la morte questa salire e scendere finisce, perchè ha la sua radice nella im-perfezione dell’uomo terreno. Ormai. ab¬biamo raggiunto lo stato finale.
Già col crescere degli anni i cambia¬menti divengono più rari. E’ vero, fino alla morte si può sempre rivolgersi a Dio o voltargli le spalle. Eppure, quasi trasci¬nato dalla corrente, l’uomo, prima del trapasso, con gli ultimi deboli resti nella volontà, si comporta come era abituato nella vita.
La consuetudine, buona o cattiva, di¬viene una seconda natura. Questa lo tra¬scina con sè.
Così avvenne anche a me. Da anni vi¬vevo lontana da Dio. Per questo nell’ultima chiamata della Grazia mi risolvetti contro Dio.
Non fu il fatto che peccassi spesso a esser fatale per me, ma che io non volli più risorgere.
Tu mi hai più volte ammonita, di ascol¬tare le prediche, di leggere libri di pietà. « Non ho tempo », era la mia risposta ordinaria. Non ci mancava altro per au-mentare la mia incertezza interna!
Del resto devo constatare questo: dal momento che la cosa era ormai così avan-zata, poco prima della mia uscita dalla « Associazione delle Giovani », mi sareb¬be riuscito enormemente gravoso metter¬mi su un’altra via. Io mi sentivo malsi¬cura e infelice. Ma davanti alla conver¬sione si ergeva una muraglia.
Tu non lo devi aver sospettato. Tu te l’eri rappresentata così semplice quando un giorno mi dicesti: « Ma fa una buona Confessione, Anna, e tutto è a posto ».
Io sentivo che sarebbe stato tosi. Ma il mondo, il demonio, la carne mi teneva¬no già troppo saldamente nei loro artigli. All’influsso del demonio non credetti mai. E ora attesto che egli influisce ga¬gliardamente sulle persone che si trova¬no nella condizione in cui mi trovavo io allora.
Soltanto molte preghiere, di altri e di me stessa, congiunte con sacrifici e sof-ferenze, mi avrebbero potuta strappare da lui.
E anche ciò, solo a poco a poco. Se ci sono pochi ossessi esternamente, di os, sessi internamente ce n’è un formico¬laio. Il demonio non può rapire la libera volontà a coloro che si dànno al suo in¬flusso. Ma in pena della loro, per dir to¬si, metodica apostasia da Dio, questi per¬mette che il « maligno» si annidi in essi.
Io odio anche il demonio. Eppure egli mi piace, perchè cerca di rovinare voial¬tri; lui e i suoi satelliti, gli spiriti caduti con lui al principio del tempo.
Essi si contano a milioni. Girovagano per la terra, densi come uno sciame di moscerini, e voi neanche ve ne accorgete¬
Non tocca a noi riprovati di tentarvi; questo è, ufficio degli spiriti decaduti. Veramente ciò accresce ancor più il loro tormento ogni volta che essi trascina¬no quaggiù all’inferno un’anima umana. Ma che cosa non fa mai l’odio?
Benché io camminassi per sentieri lon¬tani da Dio, Dio mi seguiva.
Preparavo la via alla Grazia con atti di carità naturale che compivo non di rado per inclinazione dei mio tempe¬ramento.
Talvolta Dio mi attirava in una chie¬sa. Allora sentivo come una nostalgia. Quando curavo la mamma malaticcia, nonostante il lavoro d’ufficio durante il giorno, e in certo modo mi sacrificavo davvero, questi allettamenti di Dio agi¬vano potentemente.
Una volta, nella chiesa dell’ospedale, in cui tu mi avevi condotta durante la pausa del mezzogiorno, mi venne qual¬cosa addosso che sarebbe bastato un so¬lo passo per la mia conversione: io piansi!
Ma poi la gioia del mondo passava di nuovo come un torrente sopra la Grazia.
Il grano soffocava tra le spine.
Con la dichiarazione che la religione è affare di sentimento, come si diceva sem¬pre in ufficio, cestinai anche questo invi¬to della Grazia, come tutti gli altri.
Una volta tu mi rimproverasti, perchè invece di una genuflessione fino a terra, feci appena un informe inchino, piegan¬do il ginocchio. Tu lo ritenesti un atto di pigrizia. Non sembrasti neppur sospetta¬re che io fin d’allora non credevo più nel¬la presenza di Cristo nel Sacramento.
Ore, ci credo, ma solo naturalmente, come si crede in un temporale di cui si scorgono gli effetti.
Intanto mi ero accomodata io stessa una religione a mio modo.
Sostenevo l’opinione, che da noi in uf¬ficio era comune, che l’anima dopo la morte risorga in un altro essere. In tal modo continuerebbe a pellegrinare sen¬za fine.
Con ciò l’angosciosa questione dell’al di là era insieme messa a posto e resa a me innocua.
1 Perche tu non mi hai ricordato la parabola del ricco epulone e del povero Laz-zaro, in cui il narratore, Cristo, manda, immediatamente dopo la morte, l’uno al-l’inferno e l’altro in paradiso?… Del re¬sto, che cosa avresti ottenuto? Nulla di più che coti gli altri tuoi discorsi di bi¬gottismo!
A poco a poco mi creai io stessa un Dio: sufficientemente dotato da essere chia-mato Dio; lontano abbastanza da me da non dover mantenere nessuna relazione con lui; vago abbastanza da lasciarsi, se¬condo il bisogno, senza mutar la mia re-ligione; rassomigliare a un Dio pantei¬stico del mondo, oppure da lasciarsi poe-tizzare come un Dio solitario.
Questo Dio non aveva nessun paradi¬so da regalarmi e nessun inferno da in-fliggermi. Lo lasciavo in pace. In ciò con¬sisteva la mia adorazione per lui.
A ciò che piace si crede volentieri. Nel corso degli anni mi tenni abbastanza con-vinta della mia religione. In questo mo¬do si poteva vivere.
Una cosa soltanto mi avrebbe spezzato la cervice: un lungo, profondo dolore. E
questo dolore non venne!
Comprendi ora cosa vuol dire: « Dio castiga quelli che amai »?
Era una domenica di luglio, quando l’Associazione delle giovani organizzò u¬na gita a * * *. La gita mi sarebbe piaciu¬ta. Ma quegli insulsi discorsi, quel fare da bigotti i
Un altro simulacro ben diverso da quel¬lo della Madonna di * * * stava da poco tempo sull’altare del mio cuore. L’aitan¬te Max N…. del negozio attiguo. Poco tempo prima avevamo scherzato più volte.
Appunto per quella, domenica, egli mi aveva invitata a una gita. Quella con cui andava di solito, giaceva, malata all’o¬spedale.
Egli aveva ben capito che gli avevo messo gli occhi addosso. Sposarlo non ci pensavo ancora allora. Era bensi agiato, ma si comportava troppo gentilmente con tutte le ragazze. E io, fino a quel tem¬po, volevo un uomo che appartenesse unicamente a me. Non sola essere moglie, ma moglie unica. Un certo galateo natu-rale, infatti, l’ebbi sempre.
Nella suaccennata gita Max si profuse in gentilezze. Eh! già, non si tennero mi¬ca delle conversazioni pretesche come tra voialtre!
Il giorno seguente; in ufficio, tu mi fa¬cesti dei rimproveri, perchè non ero ve¬nuta con voi a * * *. Io ti descrissi il mio divertimento di quella domenica.
La tua prima domanda fu: « Sei stata alla Messa? » Sciocchina! Come potevo, dato che la partenza era fissata per le sei?!
Sai ancora, come io, eccitata aggiunsi: « Il buon Dio non ha una mentalità così piccina come i vostri pretacci! ».
Ora devo confessare: Dio, nonostante la sua infinita bontà, pesa le cose con maggior precisione che tutti i preti.
Dopo quella prima gita con Max, venni ancora una volta sola all’Associazione: a Natale,’ per la celebrazione della festa. C’era qualche cosa che mi allettava a tor-nare. Ma internamente mi ero già allontanata da voialtre:
Cinema, ballo, gite si avvicendevano senza tregua. Max e io bisticciammo alcune volte, ma seppi sempre incatenarlo di nuovo a me.
Molestissima mi riuscì l’altra amante, che, tornata dall’ospedale, si comportò come un’ossessa. Veramente per mia for¬tuna; poiché la mia nobile calma fece potente impressione su Max, che fini col decidere, che io fossi la preferita.
Avevo saputo rendergliela odiosa, par¬lando freddamente: all’esterno positiva, nell’interno vomitando veleno. Tali sen¬timenti e tale contegno preparano eccel-lentemente ‘per l’inferno. Sono diabolici nel più stretto senso della parola.
Perchè ti racconto ciò? Per riferire co¬me io mi staccai definitivamente da Dio. Non già, del resto, che tra me e Max si sia arrivati molto spesso fino agli estre¬mi della familiarità. Comprendevo che mi sarei abbassata ai suoi occhi, se mi fossi lasciata andare del tutto, prima del tempo; perciò mi seppi trattenere.
Ma in sé, ogni volta che lo ritenevo utile, ero sempre pronta a tutto. Dovevo conquistare Max. A tale scopo nulla era troppo caro. Inoltre, a poco a poco ci a-mavamo, possedendo ambedue non po¬che preziose qualità, che ci facevano sti¬mare vicendevolmente. Io ero abile, ca¬pace, di piacevole compagnia. Così mi tenni saldamente in mano Max e riuscii, almeno negli ultimi mesi prima del ma¬trimonio, a essere l’unica, a possederlo.
In ciò consistette la mia apostasia dar Dio: elevare una creatura a mio idolo. In nessuna cosa può avvenire questo, in mo¬do che abbracci tutto, come nell’amore di una persona dell’altro sesso, quando quest’amore rimane arenato nelle soddi-sfazioni terrene. E’ questo che forma la. sua attrattiva, il suo stimolo e il suo, veleno.
L’ « adorazione », che io tributavo a me stessa nella persona di Max, divenne per, me religione vissuta.
Era il tempo in cui in ufficio mi sca¬gliavo velenosa contro i chiesaioli, i pre¬ti, le indulgenze, il biascichìo dei rosari e simili sciocchezze.
Tu hai cercato, più o meno argutamen¬te, di prendere le difese di tali cose. Ap-parentemente senza sospettare che nel più intimo di me non si trattava, in ve¬rità, di queste cose, io cercavo piuttosto un sostegno contro la mia coscienza – allora avevo bisogno di un tale sostegno – per giustificare anche con la ragione la mia apostasia.
In fondo in fondo, mi rivoltavo contro Dio. Tu non lo comprendesti; mi ritene¬,vi ancora per cattolica. Volevo, anzi, es¬sere chiamata così; pagavo perfino le tas¬se ecclesiastiche. Una certa « contro-assi¬curazione», pensavo, non poteva nuocere.
Le tue risposte può darsi alle volte ab¬biano colpito nel segno. Su di me non fa-cevano presa, perché tu non dovevi ave¬-re ragione.
A causa di queste relazioni falsate fra noi due, fu meschino il dolore del nostro distacco, allorché ci separammo in occa¬sione del mio matrimonio.
Prima dello sposalizio mi confessai e comunicai ancora una volta, Era prescrit¬to. Io e mio marito su questo punto la pensavamo ugualmente. Perchè non a¬vremmo dovuto compiere questa forma¬lità? Anche noi la compimmo, come, le altre formalità.
Voi chiamate indegna una tale Comu¬nione. Ebbene, dopo quella Comunione « indegna », io ebbi più calma nella co¬scienza. Del resto fu anche l’ultima.
La nostra vita coniugale trascorreva, in genere, quanto mai in grande armo¬nia. Su tutti i punti di vista noi eravamo dello stesso parere. Anche in questo: che non volevamo addossarci il peso dei figli. Veramente mio marito ne avrebbe volen¬tieri voluto uno; non di più, si capisce. Alla fine io seppi stornarlo anche da que¬sto desiderio.
Vesti, mobili di lusso, ritrovi da thè, gite e viaggi in auto e simili distrazioni m’importavano di più.
Fu un anno di piacere sulla terra quel¬lo trascorso tra il mio sposalizio e la mia repentina morte.
Ogni domenica andavamo fuori in au¬to, oppure facevamo visite ai parenti di mio marito. Di mia madre ora mi vergo¬gnavo. Essi galleggiavano alla superficie dell’esistenza, né più né meno di noi.
Internamente, si capisce, non mi sen¬tii mai felice, per quanto esternarnente ridessi. C’era sempre dentro di me qual¬cosa di indeterminato, che mi rodeva. Avrei voluto che dopo la morte, la quale naturalmente doveva essere ancora mol¬to lontana, tutto fosse finito.
Ma è proprio tosi, come un giorno, da bambina, sentii dire in una predica: che Dio premia ogni opera buona che uno compie, e quando non la potrà ricom¬pensare nell’altra vita, lo fa sulla terra.
Inaspettatamente ebbi un’eredità dal¬la zia Lotte. A mio marito riuscì felice¬mente di portare il suo stipendio a una cifra notevole. Così potei ordinare la nuo¬va abitazione in modo attraente.
La religione non mandava più che da lontano la sua luce, scialba, debole e in¬certa.
I caffè della città, gli alberghi, in cui andavamo durante i viaggi, non ci portavano certamente a Dio.
Tutti coloro, che frequentavano quei luoghi, vivevano, come noi, dall’esterno. all’interno, non dall’interno all’esterno.
Se nei viaggi delle ferie visitammo qualche chiesa, cercavamo di ricrearci. nel contenuto artistico delle opere. L’ali¬to religioso che spiravano, specialmente quelle medioevali, sapevo neutralizzarlo col criticare qualche circostanza accesso¬ria: un frate converso impacciato o vesti¬to in modo non pulito, che ci faceva da cicerone; lo scandalo che dei monaci, i quali volevano passare per pii, vendesse¬ro liquori; l’eterno scampanio per le sa¬cre funzioni, mentre non si tratta che di far soldi…
Così seppi continuamente scacciare da, me la Grazia ogni volta che bussava Lasciavo libero sfogo al mio malumore in modo particolare su certe rappresen-tazioni medioevali dell’inferno nei cimi¬teri o altrove, nelle quali il demonio ar-rostisce le anime in brage rosse e incan¬descenti, mentre i suoi compagni, dalle lunghe code, gli trascinano nuove vitti¬me. Clara! L’inferno si può sbagliare a disegnarlo, ma non si esagera mai.
Il fuoco dell’inferno l’ho sempre preso di mira in modo speciale. Tu lo sai come durante un alterco, in proposito ti tenni una volta un fiammifero sotto il naso e ti dissi con sarcasmo: «Ha questo odore?» Tu spegnesti in fretta la fiamma. Qui non la spegne nessuno.
Io ti dico: il fuoco di cui si parla nella Bibbia, non significa tormento della coscienza. Fuoco è fuoco! E’ da intendersi letteralmente ciò che ha detto lui: «Via da me, maledetti, nel fuoco eterno! ». Letteralmente.
«Come può lo spirito essere toccato da fuoco materiale? », domanderai. Come può l’anima tua soffrire sulla terra quan¬do tu metti il dito sulla fiamma? Difatti non brucia l’anima; eppure che tormen¬to ne prova tutto l’individuo!
In modo analogo noi qui siamo spiritualmente legati al fuoco, secondo la no¬stra natura e secondo le nostre facoltà. L’anima nostra è priva del suo naturale
battito d’ala; noi non possiamo pensare ciò che vogliamo né come vogliamo. Non meravigliarti di queste mie paro¬le. Questo stato, che a voialtri non dice nulla, mi riarde senza consumarmi.
Il nostro maggior tormento consiste nel sapere con certezza che noi non vedremo mai Dio.
Come può questo tormentare tanto, dal momento che uno sulla terra rimane così indifferente?
Fintanto che il coltello giace sulla tavola, ti lascia fredda. Si vede quanto è affilato, ma non lo si prova. Immergi il coltello nella carne e ti metterai a gri¬dare dal dolore.
Adesso noi sentiamo la perdita di Dio; prima la pensavamo soltanto.
Non tutte le anime soffrono in misura eguale.
Con quanta maggior cattiveria e quan¬to più sistematicamente uno ha peccato, tanto più grave pesa su di lui la perdita di Dio e tanto più lo soffoca la creatura di cui ha abusato.
I cattolici dannati soffrono di più che quelli di altre religioni, perchè essi, per lo più, ricevettero e calpestarono più. grazie e più luce.
Chi più seppe, soffre più duramente di chi conobbe meno.
Chi peccò per malizia, patisce più acuratamente di chi cadde per debolezza.
Mai nessuno patisce più di quello che ha meritato. Oh, se non fosse vero ciò, io avrei un motivo d’odiare!
Tu mi dicesti un giorno che nessuno va all’inferno senza saperlo: ciò sarebbe stato rivelato a una santa.
Io me ne risi. Ma poi mi trincerai dietro questa dichiarazione.
« Così, in caso di necessità, rimarrà abbastanza tempo per fare una «voltata», mi dicevo segretamente.
Quel detto è giusto. Veramente, prima della mia subitanea fine, non conobbi l’inferno com’è. Nessun mortale lo conosce. Ma io ne avevo la piena coscienza: « Se muori, vai nel mondo di là dritta come una freccia contro Dio. Ne porterai le conseguenze ».
Io non feci dietro-front, come ho già detto, perchè trascinata dalla corrente dell’abitudine. Spinta da quella. conformità per cui gli uomini, quanto più in-vecchiano, tanto più agiscono in una stessa direzione.
La mia morte avvenne così.
Una settimana fa – parlo secondo il vostro computo, perchè rispetto al dolore, potrei dire benissimo che son già dieci anni che brucio nell’inferno – una settimana fa, dunque, mio marito e ia facemmo di domenica una gita, l’ultima per me.
Il giorno era spuntato radioso. Mi sentivo bene quanto mai. M’invase un sini¬stro sentimento di felicità, che serpeggiò in me per tutta la giornata.
Quand’ecco all’improvviso, nel ritorno, mio marito fu abbacinato da un’auto che veniva di volata. Perdette il controllo.
« Jesses » (*), mi scappò dalle labbra con un brivido. Non come preghiera, solo come grido.
(*) Storpiamento di Jesus, usato frequentemente fra alcune popolazioni di lingua tedesca.
Un dolore straziante mî compresse tutta. – In confronto con quello presente una bagatella. – Poi perdetti i sensi.
Strano! Quella mattina era sorto in me, in modo inspiegabile, questo pensiero: «Tu potresti ancora una volta anda¬re a Messa ». Suonava come un’implorazione.
Chiaro e risoluto, il mio «no» troncò il filo dei pensieri. « Con queste cose bisogna farla finita una volta. Mi addosso tutte le conseguenze! ». – Ora le porto.
Ciò che avvenne dopo la mia morte, già lo saprai. La sorte di mio marito, quella di mia madre, ciò che accadde del mio cadavere e lo svolgimento del mio funerale mi son noti nei loro particolari mediante cognizioni naturali che noi qui abbiamo.
Quello, del resto, che succede sulla terra noi lo sappiamo solo nebulosamente. Ma ciò che in qualche modo ci tocca da vicino, lo conosciamo. Così vedo anche dove tu soggiorni.
Io stessa mi risvegliai improvvisamen¬te dal buio, nell’istante del mio trapasso. Mi vidi come inondata da una luce abbagliante.
Fu nel luogo medesimo dove giaceva il mio cadavere. Avvenne come in un tea¬tro, quando nella sala d’un tratto si spen¬gono le luci, il sipario si divide rumorosamente e si apre una scena inaspettata, orribilmente illuminata. La scena della mia vita.
Come in uno specchio l’anima mia si mostrò a me stessa. Le grazie calpestate dalla giovinezza fino all’ultimo «no» di fronte a Dio.
Io mi sentii come un assassino, al quale, durante il processo giudiziario, vien portata dinanzi la sua vittima esanime. – Pentirmi? Mai! – Vergognarmi? Mai!
Però non potevo neppure resistere sotto gli occhi di Dio, da me rigettato. Non
mi rimaneva che una cosa: la fuga. Come Caino fuggi dal cadavere di Abele, così l’anima mia fu spinta via da quel¬la vista di orrore.
Questo fu il giudizio particolare: l’irivisibile Giudice disse: « Via da me! ». Allora la mia anima, come un’ombra gialla di zolfo, precipitò nel luogo dell’eterno tormento.
CONCLUDE CLARA
La mattina, al suono dell’Angelus, ancora tutta tremante per la notte spaven-tosa, mi alzai e corsi per le scale nella cappella.
Il cuore mi pulsava fin sulla gola. Le poche ospiti, inginocchiate vicino a rne, mi guardarono; ma forse pensarono che fossi così eccitata per la corsa fatta giù per le scale.
Una signora bonaria di Budapest, che mi aveva osservata, mi disse dopo sorridendo:
– Signorina, il Signore vuole essere servito con calma, non di corsa!
Ma poi si accorse che qualcosa d’altro mi aveva eccitato e mi teneva ancora in agitazione. E mentre la signora mi rivolgeva altre buone parole, io pensavo: Dio solo mi basta!
Sì, egli solo mi deve bastare in questa e nell’altra vita. Voglio un giorno poterlo godere in Paradiso, per quanti sacrifici mi possa costare in terra. Non voglio andare all’inferno!
Don Giuseppe Tomaselli
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