I Testimoni di Geova – lezione X
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Il servo fedele ed accorto (Matteo 24, 45-51)
Oltre ad Apocalisse 7, 4-7 e 14, 1-4 finora analizzata, i tdG strumentalizzano anche la parabola del servo fedele ed accorto:
“Chi, dunque, è quel servo fedele ed accorto che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici perché dia loro il cibo a suo tempo? Beato quel servo se il padrone, alla sua venuta, lo troverà occupato. In verità vi dico: gli affiderà tutti i suoi beni. Ma se è un servo malvagio che dice in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e si mette a picchiare i servi dei suoi compagni, a mangiare e bere con gli ubriaconi, il padrone del servo verrà nel giorno in cui quello non l’aspetta e nell’ora che quello non conosce, e lo punirà severamente, facendogli subire la sorte degli ipocriti; là sarà il pianto e lo stridor dei denti” (Matteo 24, 45-51, Garofalo; cf. Luca 12, 35-48; Marco 13, 33-37)
A parere dei tdG, “il servo fedele ed accorto” sarebbe la classe dei 144.000, a cui Geova avrebbe affidato il compito di distribuire il cibo spirituale, ossia di insegnare, di governare, di amministrare gli averi della congregazione. Ma la Bibbia non dice così.
La verità
a) In questa parabola, come nelle altre, Gesù non parla d’una classe di privilegiati. Egli tratta unicamente e ripetutamente della vigilanza che tutti i suoi discepoli devono avere, e della loro fedeltà al proprio dovere, nell’attesa della sua venuta per il giudizio finale. A tal fine, Gesù porta come esempio la vigilanza del padrone di casa per non essere colto all’improvviso dal ladro (cf. Matteo 24, 42-44;Luca 12, 39-40), oppure quella dei servi o delle vergini che aspettano lo sposo (cf. Luca 12, 35-38; Matteo 25, 1-2) oppure quella dell’uomo che affida i suoi beni ai propri servi (Matteo 25, 14-30).
Il servo fedele ed accorto non è simbolo d’una classe di privilegiati, ma di colui – di ogni discepolo di Cristo – che si preoccupa di fare il suo dovere nell’attesa del ritorno del suo padrone: fare il suo dovere, qualunque esso sia.
b) Nel testo parallelo di san Luca (cf. Luca 12, 41-48) la parabola è introdotta da una domanda di Pietro:
“Disse allora Pietro: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?” (Luca 12, 41).
La parabola, a cui Pietro si riferisce, è quella del padre di famiglia che vigila contro un’eventuale ladro (cf. Luca 12, 39-40). Questa domanda introduce, o forse crea un passaggio, al brano seguente, cioè alla parabola del servo fedele ed accorto. In altre parole, la domanda di Pietro dà occasione a Gesù di precisare il suo pensiero nei termini seguenti: quello che costituisce un dovere per tutti (vigilanza e fedeltà), vale a maggior ragione, per chi nella comunità ha il peso della responsabilità.
c) A conferma vale il fatto che “il servo fedele ed accorto” ha l’incarico di dare il cibo a suo tempo “ai servi suoi compagni” (greco conservi, Mt. 24, 49). Dunque egli non rappresenta una categoria a parte, ma uno dei tanti, uno di tutta la servitù, aventi tutti un unico Padrone (= il Signore Gesù). Che se poi si vuole vedere in questi suoi compagni la classe dei 144.000, ne segue che il cibo a suo tempo va dato solo a loro, e non agli altri. Infatti è volontà del padrone che dia cibo e abbia rispetto per i suoi conservi.
d) In san Luca la parabola del “servo fedele ed accorto” si conclude con due versetti che ne fanno capire meglio il significato (cf. Luca 12, 47-48). Gesù insiste che il monito alla vigilanza e alla fedeltà è per tutti, sia per quelli che conoscono bene la volontà del padrone, ossia le guide della comunità, sia per quelli che non la conoscono, perché ” a chi molto fu dato, molto sarà domandato” (Luca 12, 48).
Lo scopo dunque della parabola o delle parabole non è quello di indicare chi sia il Corpo Direttivo e tanto meno un numero di privilegiati ristretto a 144.000, ma di inculcare a tutti i credenti in Cristo il senso della vigilanza e della fedeltà al proprio dovere, qualunque esso sia, nell’attesa del ritorno del Signore. Il quale scruta i beni ed i cuori e retribuirà a ciascuno secondo le proprie opere (cf. Apocalisse 2, 23).
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