Una bella testimonianza di redenzione – I parte
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Cari fratelli e sorelle mi chiamo Filippo, ho 41 anni sono originario di Pesaro, vivo ad Ala da 7 anni e mezzo. Porto la mia testimonianza al solo scopo di glorificare l’opera di Dio misericordioso nella mia vita, pregandovi di non cadere in giudizio.
Dall’età di 9 anni la domenica servivo la messa nella parrocchia del mio quartiere, mi piaceva cosi tanto che anche di sabato mi offrivo volontario alla chiesa della Madonna delle Grazie dove, oltre ai due presbiteri, ero l’unico chierichetto. Mi sentivo diverso dai miei coetanei che avevano altri interessi. I miei genitori mi dicevano di andare a giocare più spesso con i miei compagni ma io non vedevo l’ora che venisse il fine settimana per aiutare i sacerdoti a celebrare la Santa Messa, sentivo una gran gioia nel farlo e in segreto desideravo diventare anche io un prete.
Il mio sogno fu infranto una domenica, quando il parrocco, infastidito dai nostri sghignazzi adoloscenziali, mi ha dato uno schiaffo mentre ero inginocchiato davanti all’altare, la chiesa era piena, la vergogna che ho provato è stata immensa. Non ho più messo piede in chiesa per diciotto anni.
A quindici anni mi sono innamorato e fidanzato in casa ma dopo tre anni l’amore è finito e un altro grande sogno si è infranto. Non credevo più in niente, avevo problemi familiari e vedevo e sentivo tutte le ingiustizie della società così, ingannato dal nemico, credevo che Dio non esistesse e che la vita finisse nel sepolcro.
Ho cominciato a frequentare una compagnia numerosa, conosciuta in tutta la città e non solo, per essere la frangia violenta di un gruppo ultrà. Inizialmente mi sentivo molto diverso da loro e quello che facevano mi spaventava ma ben presto, mosso dalla rabbia e dall’effetto dell’alcol e di sostanze stupefacenti, sono diventato come loro e anche peggio divenendo poi conosciuto da tutti come capo-ultrà, ovvero col megafono, guidavo la curva nei cori dentro lo stadio e fuori, nelle malefatte, ero sempre parte attiva.
Questa vita ribelle senza regole fatta di perdizione, godimento, falso benessere ed esaltazione personale, inizialmente mi faceva sentire forte. Cercavo felicità, divertimento, amicizia e libertà ma invece ho trovato schiavitù, dipendenza da alcool e droghe, malessere fisico e mentale guai giudiziari e quando toccavo il fondo, gli amici scomparivano e gli unici ad aiutarmi erano i miei famigliari.
In questi dodici anni di vita di strada, Satana ha cercato di uccidermi per tre volte ma la Divina Provvidenza mi ha salvato. A trenta anni ero pieno di guai di ogni genere, non trovavo pace in nessun modo e così ho chiesto aiuto a Dio che mi ha soccorso chiamandomi a seguire il cammino Neocatacumenale al quale mi sono aggrappato con tutto me stesso, non mancando mai a nessun incontro.
Mi ero liberato dai vizi peggiori, mi ero rimesso in forma fisica facendo nuoto, avevo trovato un lavoro fisso e avevo abbandonato il mondo degli ultrà per vivere la vera fratellanza nella mia comunità cristiana Nell’estate del 2003 una ragazza di Ala che era diretta in Puglia, stanca del viaggio ha deciso di fermarsi in un campeggio sul mare che io frequentavo, dove ci siamo conosciuti e innamorati.
Dopo un anno di rapporto a distanza, visto che lei non aveva intenzione di lasciare le sue montagne, ho deciso di lasciare io il mio mare, anche se la cosa che mi dispiaceva di più abbandonare, oltre ai miei genitori, era la mia comunità cristiana e speravo vivamente di trovare lo stesso cammino di fede ad Ala o dintorni ma non è stato così. Il desiderio di vivere questo nuovo e ritrovato amore mi dava la forza di rischiare.
L’ambientamento è stato per me molto difficile e mi dedicavo interamente ad Erica e a nostra figlia Giorgia, nata un anno dopo. Dopo quasi cinque anni la situazione era andata peggiorando, le liti diventavano sempre più frequenti, le divergenze sempre più profonde e quando eravamo al punto di separarci sono nati Nicolas ed Ilaria, fratelli gemelli.
L’amore per queste tre dolci creature ci ha riuniti di nuovo ma poi, i gravi problemi nel nostro rapporto sono tornati a galla ancora più fortemente. La situazione stava precipitando; le liti erano diventate continue, l’odio tra noi era aumentato a tal punto che non ci guardavamo in faccia se non per insultarci. Il nostro amore era finito; stavamo insieme per il bene dei figli ma poi la situazione è peggiorata e cosi abbiamo deciso di separarci.
Era settembre del 2010 quando sono andato a vivere da solo in montagna, in un appartamentino di fortuna, con l’acqua che penetrava dal pavimento. Il 13 ottobre la mia dolce mamma è passata ad altra vita. Il mondo mi è crollato addosso. Vedevo i miei figli soffrire. Giorgia aveva 5 anni, si raccomandava di mantenere il segreto, si vergognava di essere figlia di genitori separati, piangeva disperatamente per ogni piccola cosa e faceva disegni della nostra famiglia felice e circondata di cuori e stelle; il suo sogno era infranto ma la sua speranza no.
Un giorno, non trovavo mio figlio Nicolas di 2 anni, era nascosto in un angolo della casa, pallido che piangeva, è stato straziante. Ero solo, guardavo la foto di mia madre e piangevo ogni giorno, la sentivo sempre più lontana, si perchè mi stavo allontanando dal Paradiso. Cercavo di non pensare bevendo, vizio che non avevo mai perso ma solo limitato.
L’odio tra me ed Erica era immenso e ci sentivamo solo per i figli. Ero distrutto così avevo deciso di andare a Madjugorie a chiedere aiuto alla Madonna. Un giorno Erica mi ha detto che aveva casualmente letto che Marja, una delle veggenti di Medjugorie sarebbe venuta a Riva del Garda, così senza pensarci due volte, sono andato a prendere tutta la famiglia per andare all’incontro.
Arrivati là, ho chiesto se i miei due figli piccoli potevano stare o se avessero disturbato e mi è stato risposto che i bambini avevano la precedenza su tutti; avevo subito capito che eravamo in un posto speciale. Ho fatto sedere mia figlia Giorgia vicino al palco, insieme ad altri bimbi ed Erica ed io, a turni, controllavamo i due gemelli che correvano avanti e indietro sotto il palco dell’auditorio.
Ad un certo punto mentre ero seduto ho notato che Marja, da lontano, mi fissava, tanto che mi sono un po’ imbarazzato. Durante il Rosario Ilaria, la gemellina, si è avvicinata ad una bimba in sedia a rotelle, l’ha baciata e si sono abbracciate; sua madre ed io ci siamo commossi e salutati con un sorriso. Poi ho preso Ilaria e abbiamo raggiunto Erica e durante l’apparizione, guardandola negli occhi ho percepito una presenza negativa.
Alla fine mentre stavamo uscendo mi chiama un amico ultrà di Pesaro per dirmi che in un agguato, avevano rubato lo striscione del gruppo che io avevo idolatrato per tredici anni ogni domenica. Tornato a casa pensavo ai canti, ai devoti che inginocchiati pregavano fiduciosi il Santo Rosario e a quelle strane coincidenze e percezioni.
In quel periodo avevo appena finito di arredare e sistemare l’appartamento, convinto di crearmi una nuova vita ma qualcosa dentro di me stava cambiando, l’odio e l’orgoglio stavano lasciando spazio all’amore e al perdono così, dopo aver parlato con Erica, ho deciso di ritornare dalla mia famiglia per la gioia di tutti, soprattutto dei nostri tre figli.
Il 24 agosto 2011, sono andato con mio padre e mio fratello a Medjugorie, con un viaggio organizzato dalla parrocchia dove da piccolo servivo la messa. Volevo ringraziare la Madonna e cercare di sapere dove era l’anima di mia mamma ed ho trovato non solo lei ma anche un’altra mamma e un altro papà che mi amano ancora di più dei miei genitori perché il loro è un amore divino, perfetto, immenso come l’amore di un padre e una madre per i loro figli e dei figli per i genitori, moltiplicato all’infinito.
Filippo Spadoni
(continua)
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