Un libro da leggere: “L’economia che non uccide”
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Il saggio di Antonello Giannotti che ora viene portato all’attenzione e alla valutazione del lettore, tratta di un tema oggi di centrale e straordinaria rilevanza: come e cosa fare affinché l’economia di mercato possa tornare a svolgere il ruolo che agli inizi (XIV e XV secolo) essa ha svolto: mirare alla prosperità inclusiva per lo sviluppo umano integrale. Scritte con linguaggio piano a tutti accessibile e con dovizia di informazioni, queste pagine suggeriscono una strategia per avviare un progetto trasformazionale degli attuali assetti istituzionali, al fine di raccogliere e vincere le grandi sfide di questo tempo. Cioè, l’aumento endemico delle disuguaglianze sociali; la distruzione sistematica dell’ambiente naturale; il progressivo indebolimento del principio democratico.
A partire dallo straordinario evento dell’Economia di Francesco, Giannotti non esita ad indicarci le tre principali azioni che occorre mettere in campo per dare vita ad una “Economia che non uccide”. Primo, si tratta di mutare l’impianto culturale che fino a tempi recentissimi ha sorretto l’elaborazione del pensiero economico e ha guidato l’azione di politica economica.
È al paradigma dell’economia civile – un paradigma squisitamente italiano sviluppato nella seconda metà del Settecento – che occorre volgere lo sguardo. Secondo, è urgente dare vita ad opere che mostrino fattualmente che è possibile stare sul mercato, e pure con successo, senza rinunciare a difendere valori fondamentali come libertà, equità, rispetto della dignità umana. Infine, va combattuto – ci dice Giannotti – l’individualismo di singolarità, che è quella particolare forma di individualismo,sviluppatasi nel corso dell’ultimo quarto di secolo, e bene resa dall’aforisma “volo, ergo sum”. Come sappiamo, è il progetto transumanista ad aver lanciato e propagandato il singolarismo, a partire dalla California dove un quindicennio fa è stata fondata la Università della Singolarità.
Se ben note sono le difficoltà e le insidie a procedere in tale direzione, del pari noto è che il “senso di possibilità” (R. Musil) dipende non solo dalle opportunità e dalle risorse, ma anche dalla speranza. Due sono i modi errati di affrontare le sfide odierne. L’uno è cedere alla tentazione di restare al di sopra della realtà attraverso l’utopia; l’altro è non contrastare la tendenza a rimanere al di sotto della realtà con la rassegnazione. Dobbiamo evitare trappole del genere. Il messaggio di speranza che promana dalla Fratelli Tutti è che nonostante le tante negatività, “oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli” (n. 77). La straordinaria circostanza che ci aiuta a recepire tale messaggio è la pandemia che ha assunto i contorni di un experimentum crucis della nostra condizioneumana. La grande sfida da raccogliere è allora come non perdere il senso soggettivo della libertàe insieme non tradire lo spazio dell’altro, non solo non invadendolo, ma contribuendo al suo arricchimento.
Ha scritto La Rochefoucauld, celebre moralista francese del XVII secolo: “Il male che facciamo non ci attira tante persecuzioni e tanto odio quanto ce ne procurano le nostre buone azioni”. È proprio così, purtroppo: si è pronti a giustificare e a perdonare le malefatte degli altri, perché ci fanno sentire superiori, ma non si riesce a riconoscere e ad apprezzare il bene da loro fatto. È quel che accade a tantiimprenditori civili e a tutti coloro che partecipano attivamente al variegato mondo dell’associazionismo.
Per questo vanno sostenuti e la loro opera fatta conoscere affinché il loro esempio finisca con il contagiare il comportamento dei molti altri. Ebbene, il saggio che il lettore ha per mano e al quale auguro il successo che merita, è un importante contributo che mira proprio a tale fine.
Stefano Zamagni
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