Triduum Paschale Giovedì Santo
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Dobbiamo prepararci per la celebrazione della Messa del Giovedì Santo. (…) Ora, se la liturgia importa sempre la presenza del Cristo, questa presenza è particolarmente solenne e viva nei giorni del Triduum Paschale . Quello che prima di tutto si impone per una degna celebrazione di questi giorni santi è la fede viva nella presenza reale del Cristo, in una presenza reale che non è soltanto la presenza di Gesù nell’Eucaristia, ma è la presenza di Gesù in quanto compie l’azione liturgica. (…).
L’assemblea liturgica è dunque il mistero di una presenza del Cristo. «Ho desiderato grandemente di mangiare con voi questa Pasqua prima della mia morte», dice Gesù. Le parole di Gesù hanno una eco in tutti i secoli, o piuttosto, risuonano, si fanno presenti, riempiono tutto lo spessore del tempo che precede non solo la sua Morte ma la fine del mondo. Perché in fondo, se la storia della Chiesa non è che il dilatarsi della vita del Cristo, anche la Morte di Gesù ha il suo compimento ultimo nella fine di tutte le cose. E allora tutta la vita del tempo non è che l’assidersi di Gesù in mezzo ai suoi per mangiare la Pasqua prima della fine.
(…) Gli apostoli mangiavano la Pasqua e la Pasqua veniva celebrata per loro prima della Morte cruenta, prima della fine; ma la manducazione della Pasqua era già, in anticipazione, la raccolta del frutto di quella Morte che avrebbe seguito all’ultima cena. Essi vedevano già, in quell’ora trepida della vigilia, la Redenzione che era frutto della Morte che ancora doveva venire. Essi vivevano già l’intimità più profonda con Gesù; essi, le membra, vivevano già l’unione più intima con Lui, loro capo. Si ricordi che proprio dopo l’ultima cena Gesù parla della vite e dei tralci. Vivevano questa intima unione che era frutto della sua Passione, prima ancora che Egli soffrisse. E altrettanto avviene per noi: noi viviamo l’unione più intima col Cristo, viviamo già la Pasqua eterna, viviamo già nella vita presente il raccolto che segue alla morte. In altre parole, prima della morte gli apostoli vivevano l’unione con Cristo; prima della fine del mondo l’umanità vive la sua unione indefettibile con Lui. Nel mistero della cena pasquale, nel mistero dell’intimità dei Dodici, raccolti insieme con Cristo a una medesima mensa, loro vivevano già il frutto della Resurrezione. Noi viviamo e possediamo già una certa anticipazione, un certo possesso della beatitudine futura. (…)
Che cosa vuol dire dunque per noi vivere oggi la Pasqua, raccoglierci intorno al Cristo presente che ci comunica il Suo Corpo e il Suo Sangue, che ci dona a mangiare Se stesso perché di Lui ci nutriamo? Che cosa vuol dire se non precisamente, non solo che è giunta l’era messianica, ma che già noi siamo i convitati all’eterno banchetto del cielo, che noi già viviamo con Lui una intimità che è propria dei santi? Raccoglierci nell’assemblea liturgica vuol dire per noi già anticipare la vita celeste. L’anticipiamo sotto il segno dell’umiltà e nella trepida attesa di una morte che deve venire; ma la morte che deve venire, ma l’umiltà di questo raccoglierci intorno a Lui, in questa sera – come per gli apostoli in quella sera – non toglie a noi, come non toglieva a loro, di essere divenuti una sola cosa con Lui; di vivere con Lui già un’intimità più che di fratelli: nella intimità di un medesimo corpo, nella intimità di una medesima vita. È la vita del Cielo. (…)
L’ora non è ancora venuta, diceva Gesù a Maria, all’inizio della vita pubblica; ma ora è venuta. Anche se il banchetto si compie prima della morte, l’ora è già venuta. E lo dice Gesù con un accento così trionfante, iniziando la sua preghiera sacerdotale! L’ora è venuta! (…) Il ricordo della Passione del Signore non può né deve alimentare pensieri di tristezza, sentimenti di pena. (…) Nell’ultima cena non certo era estraneo a Gesù il pensiero della morte imminente, non era estraneo nemmeno ai discepoli: e tuttavia questo pensiero non bastava a turbare la dolcezza dell’ora. Se il pensiero della morte era presente, era più presente la pace e la dolcezza di un amore immenso. Era più presente questa anticipazione della gioia futura nella unità di un amore che fondeva gli uni gli altri e faceva di tutti una sola vita, un solo corpo.
(…) La prima cosa che ci chiede la celebrazione della Messa di stasera è che noi siamo consapevoli che non commemoriamo un avvenimento passato; perché Gesù è sempre con noi. È qui, ora, con noi, più vicino e più reale di sempre. È lui che ci convoca ed è Lui che, convocandoci, si apre per parlarci nel suo linguaggio di amore, per donarsi a noi nel suo Corpo e nel suo Sangue divino.
don Divo Barsotti
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