Triduo Pasquale – Sabato Santo
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Sabato Santo
C’è un grande teologo, Karl Barth (noi non possiamo seguirlo fino a questo punto) che afferma addirittura che per l’esperienza vissuta dal Cristo sopra la croce, l’inferno è stato distrutto, perché Gesù ha portato sopra di sé la pena del danno di tutti i peccatori. Non si può accettare questa affermazione, perché la libertà di ciascuno di noi rimane. Dio non può impedire all’anima, se l’anima lo vuole, di rifiutare la sua grazia, di rifiutare il suo amore. Rimane vero però che proprio questa angoscia del Cristo sulla croce di per sé è quella che assicura una universale salvezza. C’è la possibilità reale della dannazione per ciascuno di noi, perché Dio non tocca la nostra libertà, ma in atto primo è proprio questa angoscia terribile che Gesù ha sofferto sulla croce che, per me, come per il Barth, dice la salvezza universale operata dal Cristo. Ha subito la pena di tutti i peccati e la pena di tutti i peccati è la separazione da Dio. Egli l’ha vissuta pur essendo Dio. Come è stato possibile? Dio è Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ora la separazione da Dio è il sentimento che il Padre lo ha abbandonato. Il Figlio di Dio, che è amore infinito verso il Padre, vive questo amore senza che il suo amore poi possa poggiare su colui che ama. È difficile parlarne; rimane quasi impossibile penetrare questo abisso di sofferenza e di angoscia.
Ne conoscono qualche cosa i santi e i santi ci hanno lasciato delle pagine terribili di questa loro esperienza interiore. Con noi Dio si contenta di farci provare un po’ di aridità, qualche difficoltà nella preghiera, il senso della solitudine, qualche volta anche come una specie di eclisse di Dio. Sentiamo come se Dio non ci fosse. Però per noi ci sono tante altre cose che possiamo mettere al posto di Dio, perché nessuno di noi può dire di essere totalmente staccato anche dalle creature. E fintantoché non siamo totalmente staccati come Gesù da tutte le creature per vivere unicamente l’amore di Dio, c’è sempre modo di appoggiarsi su qualche cosa come la salute, l’amicizia umana, i libretti di banca… ci si appoggia su tutto. Come è bello che il Signore ci tolga tutto! Non ci toglie tutto perché non abbiamo ancora la forza di sopportare poi la privazione di tutto. Questa povertà deve essere riempita poi da una presenza e questa presenza pura può essere sopportata soltanto da uno come S. Francesco d’Assisi. Credo che una delle esperienze più alte sia proprio quella di Francesco, che nella sua povertà vive una dedizione totale e un totale abbandono a Dio. Dio davvero è tutto per lui. “Deus meus et omnia” – “Mio Dio e mio tutto”: è la preghiera che egli fa durante tutta una notte. Dio è veramente il tutto per Francesco.
Noi diciamo che Dio è tutto; ma è qualche cosa avere dei soldi da parte; si dice che è tutto, ma per noi è qualche cosa anche avere la salute; si dice che è tutto, ma per noi è qualche cosa anche avere l’amicizia di qualcuno o l’amore di qualche altro o il godere della stima da parte degli altri. Siamo povere creature e ci attacchiamo anche agli uncini degli attaccapanni. È così!
Ma Gesù!… Per lui il Padre veramente era tutto; e nell’abbandono del Padre sperimenta veramente la pena del danno. (…) Noi possiamo vivere separati da Dio, ma non è la pena del danno. (…) Tutti noi abbiamo tanti uncini ai quali ci possiamo attaccare, ma Gesù nessuno. Dio era veramente tutto per lui. Ed ecco la pena del Cristo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?“
Non cerchiamo di edulcorare queste parole dando loro un senso minore di quello che hanno; anzi dobbiamo convincerci che una pienezza di senso a queste parole per noi è impossibile a darsi (…).
Il Padre ha abbandonato il Cristo, almeno sul piano psicologico; e il Cristo si abbandona al Padre. Ecco il supremo atto di fede del Cristo. A questo Padre che sembra non ascoltarlo, a questo Padre che sembra assente, che sembra averlo abbandonato, egli abbandona totalmente se stesso. Un abbandono puro, semplice, assoluto: “Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito”. A un abbandono risponde un altro abbandono; a un abbandono che è negatività risponde l’abbandono che è positività piena dell’amore, di un amore puro, di un amore pieno, di un amore senza limiti e senza misura.
don Divo Barsotti
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