Testimonianza di Papa Benedetto sull’Eucaristia
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Ai primi di novembre dell’anno 1995 (3.11), a conclusione del Simposio internazionale tenutosi a Roma per ricordare i 30 anni del decreto conciliare sul Sacerdozio, il Papa Giovanni Paolo II ha offerto, con parole toccanti, la sua personale testimonianza di sacerdote da quasi 50 anni. Ha fatto con tutto il suo entusiasmo di prete e di papa questa pubblica confessione: “La santa messa è in modo assoluto il centro della vita e di ogni mia giornata”. Ha colto nel segno quando ha definito il Sacerdote come uomo dell’Eucaristia, uomo di preghiera, testimone dell’Assoluto di Dio e della realtà invisibile. È questa, la vera identità del prete, non solo davanti a se stesso, ma anche davanti agli uomini, che in lui altro non cercano che l’uomo di Dio e il testimone del suo amore attraverso la Chiesa.
E accanto a questa definizione teologica, Giovanni Paolo II ha aggiunto un’altra persuasione meno dottrinale ma più umana, affermando che il sacerdozio dev’essere una vocazione anche all’allegria, non superficiale ma profonda. E ha voluto aggiungere un’arguta precisazione: “Forse in italiano non si dovrebbe dire allegria, ma gioia. Ma io preferisco sempre allegria. Magari, quella che fa cantare?! E poi il Santo Padre ha detto a tutti i Sacerdoti: “Abbraccio ciascuno con cordiale riconoscenza, i presbiteri diocesani e i presbiteri religiosi, specialmente quanti sono anziani, malati e stanchi.
Grazie per la vostra testimonianza spesso silenziosa e non facile; grazie per la vostra fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. Conosco le gioie e le preoccupazioni delle vostre fatiche apostoliche d’ogni giorno. Vi sono vicino con la preghiera e con l’affetto. Grazie, grazie dì cuore”. Parole confortanti che escono dal cuore del Padre comune. Un particolare incoraggiamento il Papa ha poi riservato a quei Sacerdoti che di fronte ad un mondo così laicizzato e arido, o a gente che umilia e disprezza, che calunnia e respinge, si vanno chiedendo: Ma c’è ancora bisogno di noi? “Il segreto – risponde il Papa – per vincere questa vostra stanchezza, cari sacerdoti, voi lo conoscete: ed è confidare nel sostegno divino e tendere costantemente alla santità”.
Il resto di aiuto verrà dal popolo di Dio, perché in una vera comunità cristiana tutto quello che riguarda il sacerdote, deve necessariamente coinvolgere anche i fedeli laici. Ed io stasera ringrazio tutti coloro che hanno stima, affetto, rispetto per tutti i ministri dell’altare e pregano per noi tutti. Ringrazio le mamme, le sorelle, i piccoli, i malati, i vecchi, i soli, i carcerati. Pensate: se Dio, per nostra infinita disgrazia, ci lascia un giorno senza vocazione, senza sacerdoti, che cosa sarebbe di tutti? Diceva il Santo Curato d’Ars: “Se togliete il prete da una chiesa, da un paese, poco tempo dopo si finirà per adorare le bestie”……..
…….. Pensate! Se mancassero i preti, chi celebrerebbe la messa? Saremmo, per sempre, senza Gesù Eucaristico! Perché fratelli e sorelle una volta si baciavano le mani ai sacerdoti? Perché toccando Gesù, tengono Gesù fra le mani sante e il profumo di Gesù resta nelle loro mani sante. Infatti chi è che ci prepara l’Eucaristia e ci dona Gesù? È il Sacerdote. Se non ci fosse il Sacerdote non esisterebbero ne il sacrificio della messa, ne la Comunione, ne la Presenza reale di Gesù nei tabernacoli.
Gregorio Nìsseno scriveva: Il Sacerdote non è un semplice uomo, ma un angelo non un arcangelo, non una potenza, ma è un uomo di Dio che lo Spirito Santo investe dall’alto, e la sua dignità – aggiungeva S. Cassiano – è celestiale, è divina, è infinita, perché all’altare diviene Creatore del suo Creatore. E San Gregorio Nazianzeno completava: quando il Sacerdote celebra il sacrificio divino, gli Angeli stanno vicini a lui e in coro intonano un cantico di lode in onore di Colui che si immola. San Giovanni Bosco esortava tutti così: “Vi raccomando un sommo rispetto ai sacerdoti; scopritevi il capo in segno di riverenza quando parlate con essi o li incontrate per la strada e baciate loro ossequiosamente la mano.
Guardatevi principalmente dal disprezzarli con fatti o con parole. Chi non rispetta i sacri ministri, deve temere un gran castigo dal Signore”. Pregate perciò per noi, fratelli e sorelle e se qualche volta ci vedete sbagliare o peccare, abbiate misericordia di noi e pregate per la nostra conversione. Quanto bene ci farete, se pregando, ci aiutate ad essere santi! Grazie. Dico questo perché davvero qualche sacerdote, non coltivandosi nello spirito può cadere nella trascuratezza, nell’abitudine, nell’infedeltà, come successe un giorno a Siena, in quel lontano 1330.
Un sacerdote era in cura d’anime e gli fu richiesto di portare la comunione ad un contadino ammalato. Non troppo devoto quel prete prese una particela consacrata dal tabernacolo e poi con esecranda tranquillità la mise fra due pagine del Breviario e poi se lo mise sotto braccio e andò per comunicare quel contadino. Ecco! Direte subito voi, ecco! Se voi, per primi non avete rispetto di Gesù Eucaristia ben vi meritate il nostro rimprovero per il cattivo esempio che ci date! Se fate così voi, per cosa vi lamentate poi di noi?
No, no, non dite subito così. Aspettate che finisca di narrarvi il nono miracolo eucaristico e poi capirete. Intanto preghiamo, ripariamo e ascoltiamo. Giunto al casolare del contadino malato, il prete si apprestò dal dirgli certe parole buone, e poi aprendo il breviario per dargli la comunione, vide esterrefatto che la sacra particela si era liquefatta e quasi tutta rossa di sangue. Il prete vedendo questo segno terribile della divina presenza per la trasandata poca fede, rinserrò il breviario e ancora mettendoselo sotto il braccio, scappò via dicendo: “Preparatevi meglio, ritornerò un’altra volta”. E andò a rifugiarsi nel Convento di Sant’Agostino in Siena dove stava proprio predicando un santo frate, padre Simone, uomo dottissimo e pio.
Al termine della predica, il prete si portò alla sacrestia e gettandosi ai piedi di p. Simone raccontò il fatto tremendo che gli era successo. Il santo predicatore fu prudente e accompagnò il prete nella sua cella e poi strappando le due pagine del miracolo dal Breviario. Là tenne con sé, liberando quell’incauto prete, che se ne andò, triste. Il beato Simone ripartì facendo ritorno al convento di Perugia dove era la sua comunità e delle due pagine del breviario intrise di sangue, una fu consegnata dal beato Simone al suo convento di Perugia e l’altra, quella su cui era rimasta aderente le particella, fu data in dono al convento di Sant’Agostino a Cascia, città natale del servo beato Simone Fidati.
Cascia: su uno sperone del monte Meraviglia, nella variegate chiostra dei monti umbri, è accoccolata Cascia, in provincia di Perugia, patria di Santa Rita, la santa degli impossibili. È conservate proprio nel Santuario della veneratissima Santa la reliquia dell’insigne miracolo eucaristico avvenuto a Siena nel 1330. Lo sapevate? Sventuratamente la parte della reliquia lasciata a Perugia dopo un lungo periodo di grande venerazione, andò irrimediabilmente perduta a causa della soppressione degli Ordini Religiosi. Migliore fortuna toccò alla parte della reliquia che finì a Cascia. Essa sopravvisse alla bufera della storia.
Quando nel 1810 il governo francese emanò la legge di soppressione degli Ordini religiosi il convento di Sant’Agostino dove si conservava la reliquia, fu affidato ad un certo Luigi Cittadini, mentre il vescovo di Spoleto, il Card. Facchinetti ottenne, per un miracolo di S. Rita, che il suo santuario rimanesse aperto. In esso perciò furono trasportati e custoditi il corpo del beato Simone e la santa reliquia eucaristica.
Giovanni Paolo II
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