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Testimoni di speranza

3 Gennaio 2016 | Filed under: Dipendenze
     

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Elisabetta

Mi chiamo Elzbieta e ven­go dalla Polonia. Ripen­tì sando alla mia storia non cam­bierei nulla, perché le gioie e sofferenze vissute, mi hanno per­messo di essere oggi una donna risorta, piena di doni di Dio, di voglia di vivere e sempre in cam­mino. Mio padre aveva il vizio dell’alcool ma, nonostante tut­te le sue povertà, insieme a mia madre ha cercato di trasmettere a mia sorella e a me i buoni valo­ri cristiani, dandoci sempre tutto quello di cui avevamo bisogno.

La dipendenza di mio padre ha lasciato in me tante ferite profon­de che nessuna persona o cosa materiale sono riuscite a guarire. Da bambina ero molto chiusa e facevo tanta fatica a parlare di me stessa, mi sentivo sempre in­feriore agli altri. Quando ho ini­ziato la scuola media ho deciso che dovevo essere la “numero uno”, la migliore, per sentirmi importante.

Ma paragonando­mi agli altri compagni di scuola, trovavo sempre qualcuno più bravo di me. Soprattutto mi pa­ragonavo a mia sorella maggio­re. La vedevo come la figlia per­fetta: brava a scuola, magra, alta,libera con gli altri, aveva l’atten­zione dei miei genitori ed io in­vece mi sentivo un “pasticcio”, sempre la seconda, sempre me­no di lei. Questo pensiero mi dava fastidio, era un tormento, e da lì è iniziata la mia ribellio­ne: se non riusciuo ad essere la migliore nelle cose buone, ho deciso di esserlo nelle cose sba­gliate.

Ho iniziato a bere, a fu­mare, a frequentare posti e amici sbagliati, solo per avere l’atten­zione degli altri. Con i problemi economici che avevamo a casa, mia mamma è dovuta andare a lavorare in Italia e così io ho avu­to tutta la mia libertà. Non c’era più nessuno che mi diceva cosa dovevo o non dovevo fare, e in quel periodo ho vissuto il peggio della mia vita. Ho iniziato anche a rifiutare il cibo e sono caduta prima nell’anoressia e poi nella bulimia. Quando la mia famiglia si è accorta che c’era qualcosa che non andava, che io mi sta­vo spegnendo, hanno provato ad aiutarmi attraverso psicologi e psichiatri.

Per un po’ di tempo tutto si è calmato. Ho ripreso a studiare, poi ho trovato un buon lavoro, amici sani, ho lasciato la vecchia vita. Tutto sembrava si­stemato e i miei familiari hanno creduto che finalmente avessi trovato la gioia di vivere, ma non era così. Dopo un po’ di tempo le ferite non guarite hanno inizia­to a farmi soffrire ancora di più e sono ricaduta nella trappola del male: lavoro, soldi, alcool, vita di strada. Questa volta è sta­ta mia sorella a dare l’allarme e ha iniziato a cercare aiuto.

i è ricordata della Comunità Cena­colo, che alcuni anni prima ave­vamo conosciuto a Medjugorje, e mi ha proposto di entrarci. In quel periodo avevo perso il la­voro, gli amici non volevano più avere niente a che fare con me e con la mia famiglia, ma la co­sa più forte che mi ha convinta a cambiare vita è stata quando una notte ho rischiato di morire per strada. Mia madre ha sem­pre pregato per me, non mi ha mai girato le spalle ed è venuta a cercarmi senza sapere dove fossi; mi ha trovata e mi ha riportata a casa. Quando mi sono svegliata mi sentivo morta, stanca di uiue-re. Un mese dopo sono entrata in Comunità Cenacolo.

All’inizio non credevo che la vita ordinata e disciplinata, unita alla preghie­ra, potesse aiutarmi a uscire dai miei problemi. Poi, pian piano, con l’aiuto delle sorelle ho capito che per guarire dovevo lavorare dentro di me per scoprire la vera radice del mio male. Ringrazio le ragazze che mi hanno insegnato a mettermi in ginocchio davanti a Gesù Eucaristia, “scavando” nella preghiera e con l’aiuto del Signore dentro di me. Anche se tante volte ancora oggi ho pau­ra di quello che trovo e spes­so non voglio vedere la rabbia, l’odio, la violenza, la gelosia… ho la certezza che Gesù trasfor­ma tutto questo in amore, pace, perdono, misericordia.

Quando sono arrivata in Comunità il mio cuore era di ghiaccio, non avevo più sentimenti, il mio volto era sempre uguale sia nei momenti di gioia che nelle sofferenze. Da anni avevo chiuso il “rubinetto delle lacrime”, questa era la mia difesa per far finta di non soffri­re. Nel cammino ho scoperto che il Signore mi ha donato un cuore grande, pieno di bontà e generosità, che sa gioire e sa sof­frire, che è capace di amare e di essere amato. Ho scoperto che Gesù è il mio migliore amico, a Lui posso affidare tutto quello che vivo e quello che sono.

Lui non mi delude mai, perché se Dio mi ha creata a sua immagi­ne io sono preziosa ai suoi occhi. Spesso succede che nella mia vita quotidiana mi arrabbio facil­mente, mostro ancora agli altri i lati negativi del mio carattere che vorrei non avere più, ma quando vado in cappella guardo Gesù e guardo la Madonna e sento che loro mi cambiano il cuore, mi fanno vedere dove ho sbagliato, mi spingono a chiedere scusa per prima. Con il mio orgoglio non è facile, ma stando in cappella trovo pace ed esco con il cuore sempre più buono, più dolce, più misericordioso.

Da un anno ho il dono grandioso e prezioso di poter vivere in una fraternità a Lourdes. Da quando sono arri­vata qui, Maria subito si è messa a “lavorare” sulle mie ferite ben “coperte” e non guarite. Mi ha messo davanti persone e situa­zioni che mi hanno fatto vede­re quanto sono ancora povera, quanto devo crescere nell’umiltà, nel chiedere aiuto, nel riconosce­re il bisogno degli altri per vive­re. Da quando sono entrata in Comunità quasi ogni giorno ho pregato per mio padre perché la Misericordia potesse raggiungere anche lui e lo aiutasse a cambiare vita.

Dopo quasi sei anni di pre­ghiera e di sacrifici di tutta la fa­miglia, mio padre alcuni mesi fa ha smesso di bere. Per Gesù non esiste sbaglio, dipendenza o feri­ta che non possa essere risanata! Ringrazio la Comunità perché mi ha insegnato ad apprezzare il dono della vita. Ringrazio il Si­gnore perché mi ha salvata. Non voglio più perdere le occasioni per amare, perché ogni attimo è unico e prezioso!

Elisabetta


     

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l'amore, la pace e la gioia.
Fa' che la nostra vita,
sia profondamente contemplativa,
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come il suo e possa aiutarci
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come Dio perdona le nostre.
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e a darti tutto ciò che ci chiedi
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