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Testimoni di Geova – Lezione 135

16 Gennaio 2015 | Filed under: Testimoni di Geova
     

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La Cena del Signore

I vangeli sinottici
Bibbia dei cristiani
Matteo 26,26-28:  Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”.
Marco 14,22-24: Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo” Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti”.
Luca 22,19-20: Poi preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”.

Bibbia dei tdG
Matteo 26,26-28: Mentre continuavano a mangiare, Gesù prese un pane e, dopo aver detto una benedizione, lo spezzò e, dandolo ai suoi discepoli, disse: “Prendete, mangiate. Questo significa il mio corpo”. E prese un calice e, avendo reso le grazie, lo die de loro, dicendo: “Bevetene, voi tutti; poiché questo significa il mio ‘sangue del patto’, che deve essere versato a favore di molti per il perdono dei peccati”.
Marco 14-22-24:  E mentre continuavano a mangiare, egli prese un pane, disse una benedizione, le spezzò e lo diede loro, e disse: “Prendete, questo significa il mio corpo”. E preso un calice, rese le grazie e lo diede loro, e tutti ne bevvero. E disse loro: “Questo significa il mio ‘sangue del patto’, che deve essere versato a favore di molti”.
Luca 22,19-20:  E preso un pane, rese grazie, lo spezzò, e lo diede loro, dicendo: “Questo significa il mio corpo che dev’essere dato in vostro favore. Continuate a far questo in ricordo di me”. E, il calice nella stessa maniera, dopo che ebbero preso il pasto serale, dicendo: “Questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue, che sarà versato in vostro favore”.
La presenza reale

Secondo il racconto di Luca, nell’istituzione dell’Eucaristia le cose sono andate così: verso la fine della Cena Gesù prese un pane azzimo, ossia non lievitato, come esigeva il rito pasquale, e oltre alla consueta formula “prendete e mangiate”, pronunziò parole nuove d’una estrema semplicità e chiarezza. Questo è il mio corpo. Poi ripeté lo stesso gesto sulla coppa del vino, pronunziando parole analoghe: Questo è il mio sangue (cf. Luca 22,19- 20; Marco 14,22-24; Matteo 26,26-28).
La Chiesa Cattolica e tanti altri cristiani hanno sempre creduto (e credono) che in virtù delle parole del Signore Questo è il mio corpo si attua una presenza reale della Persona di Gesù nel pane consacrato. Identico processo nel vino dopo le parole Questo è il mio sangue. Il verbo greco estìn ha il significato di è in senso reale, e non già di significa con senso simbolico come traducono e intendono i geovisti. Non poche ragioni militano a favore della interpretazione cattolica. Vediamone alcune:
a) La Bibbia si spiega con la Bibbia. San Paolo ha indubbiamente visto un sano realismo nelle formule eucaristiche.  Egli vuole  che  i  cristiani  distinguano  bene tra pane comune e  pane-Corpo, e tra vino e contenuto di quel Calice. Con questa convinzione l’apostolo incrimina di reato contro il Corpo e Sangue di Cristo coloro che ricevono quel pane e quel vino senza le dovute disposizioni. Tutto il ragionamento dell’Apostolo non avrebbe senso, se nel pane e nel vino consacrati non fossero realmente presenti il Corpo e il Sangue del Signore.
b) Alla stessa conclusione ci fa arrivare l’analisi logica delle parole di Gesù. Dal racconto evangelico appare chiaro che quelle parole erano riferite a un pane e a un vino ben determinati, quelli appunto che Gesù aveva nelle mani e offriva a tutti i presenti. Gesù ha detto: Questo, cioè il pane che ho in mano, e non altro, è  il mio Corpo. In modo simile del vino.
In proposizioni come queste la logica del discorso esige che ciò che esprime il predicato sia realmente contenuto nel soggetto, altrimenti colui che parla commette un errore oppure inganna, perché afferma una cosa non vera, una identità non esistente.
Facciamo un esempio. Se un professore di scienze naturali ha tra le mani un oggetto sconosciuto agli alunni e dice: “questo (la cosa che ho nelle mani) è un pezzo di lava”, onestà e logica esigono che quell’oggetto sia veramente lava. Tra soggetto “questo” e predicato “lava” deve esistere una identità oggettiva. Il verbo è ha una significato reale, ed esprime questa identità, altrimenti il professore o inganna o cade in errore.
Certo il professore non trasforma in lava ciò che ha nelle mani. Egli afferma solo una identità reale, di cui è consapevole e di cui vuol far consapevoli gli alunni. Questi accettano l’affermazione del loro maestro perché sono sicuri che egli sa quel che dice e non vuole ingannare. L’oggetto che il professore mostra è veramente un pezzo di lava.
Identica esigenza logica nelle parole di Gesù: Questo (il pane che ho nelle mani) è il mio corpo. Tra soggetto “questo” e predicato “mio corpo” vi deve essere una identità reale, altrimenti Gesù avrebbe ingannato i suoi discepoli, affermando una cosa non vera. I discepoli non potevano neppur lontanamente pensare che il loro Maestro dicesse una cosa non vera o volesse ingannare.
Certo né il pane né il vino erano Corpo e Sangue di Cristo prima che egli pronunziasse quelle parole. Ma appena egli disse che era così, i discepoli hanno dovuto pensare che Gesù avesse effettuato una meravigliosa mutazione, al di sopra delle possibilità d’una creatura. A Dio tutto è possibile! (cf. Luca 1,37). Non molto tempo prima, davanti a un sepolcro, quello stesso Gesù aveva detto parole semplici e onnipotenti: “Lazzaro, vieni fuori!” E la vita cominciò a rifluire nell’uomo morto da quattro giorni (cf. Giovanni 11,43).
c) A conferma, ricordiamo che Gesù istituiva un rito sacrificale, mediante il quale l’immolazione sulla Croce potesse essere rinnovata fino alla sua seconda venuta. La Santa Cena è il memoriale della morte del Signore. E non vi può essere sacrificio senza la presenza del sacerdote e della vittima.
Il pane e il vino, dunque, su cui Gesù ha pronunziato quelle parole nell’Ultima Cena e su cui i suoi discepoli, in virtù d’un suo ordine, ripeteranno la stessa formula, rendono presente la sua persona d’una presenza reale, benché misteriosa. A Dio nulla è impossibile!
La Cena vero sacrificio

Il racconto dei sinottici è in perfetta armonia con la testimonianza di san Paolo anche per quanto riguarda la natura sacrificale della Santa Cena.
a) Tenendo presente il racconto di san Luca (cf. Luca 22,20), notiamo che egli esplicita la formula di Matteo e di Marco “Questo è il mio corpo” con l’aggiunta: “che è dato per voi”. E’ una aggiunta che rende il vero significato delle parole di Gesù, un significato appunto sacrificale. In effetti, il pane-Corpo dato per essere mangiato dà chiaramente l’idea del sacrificio in uso presso gli Ebrei, che mangiavano parte delle vittime immolate al fine di partecipare ai benefici scaturiti dal sacrificio (cf. 1 Corinzi 10,18).
b) Il valore sacrificale appare assai chiaro nella formula di consacrazione del vino. Tutti e tre i sinottici riportano le parole di Gesù nel modo seguente: “Questo è il mio sangue sparso per molti o per voi” (Matteo 26,28; Marco 14-24, Luca 22,20)’ Ora il sangue sparso per molti comporta necessariamente l’idea del sacrificio, tanto più che Matteo specifica: “In remissione dei peccati” (26,28). Il peccato o i peccati sono rimessi mediante il sacrificio (cf. Ebrei 9,22). E Gesù dice le parole “sparso per voi” con riferimento al contenuto del calice, anche se la sua natura o valore sacrificale non può essere disgiunta dall’effusione cruenta sulla Croce.
Tra Corpo dato per voi e Sangue sparso per voi vi è certamente un parallelismo, che obbliga a dare alle due espressioni lo stesso significato. Questo vuol dire che nella Santa Cena e nella ripetizione di essa nella Santa Messa Gesù si colloca in uno stato di offerta, compie cioè un rito sacrificale.
c) Il comportamento di Gesù è divinamente ingegnoso. Sarebbe stata cosa innaturale dar da mangiare ai suoi discepoli la sua carne, e da bere il suo sangue per farli partecipi dell’unico sacrificio che ci salva: quello della sua vita. Nella sua sapienza e onnipotenza divina ha fatto possibile questa partecipazione e i vantaggi o benefici che essa comporta mediante i segni reali ed efficaci del pane-Corpo e del vino-Sangue.
Questi non sono dunque solo simboli o emblemi. Cristo non è solo rappresentato nel pane e nel vino: egli è presentato. Non è solo ricordato, ma anche comunicato.
A conferma vale il fatto che tutti e tre i sinottici connettono il vino-Sangue con la Nuova Alleanza, che è certamente un richiamo al rito sacrificale mediante il quale era stata stipulata l’Antica o Prima Alleanza (cf. Esodo 24,8).
Padre Nicola Tornese s.j.


     

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