Testimoni di Geova – Lezione 133
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La Cena del Signore
PARTE PRIMA – LA VERITA’
La testimonianza di san Paolo
Le testimonianze più antiche sulla istituzione della Santa Messa, come pure sulla volontà del Signore di celebrarla fino alla sua seconda venuta, sono quelle di san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Mi riferisce a due testi in particolare, che vanno esaminati attentamente. Da questo esame risulterà in modo inequivocabile che la fede e il culto dell’Eucaristia sono preservati nella Chiesa Cattolica con la massima fedeltà agli insegnamenti del Signore.
1 Corinzi 10, 14-21
Il primo dei due testi paolini comprende i versetti 14-21 del capitolo 10 della Prima ai Corinzi. Riportiamo fedelmente le parole di san Paolo:
“Perciò, miei cari, fuggite il culto degli idoli. Parlo a voi come a gente assennata; giudicate voi stessi quanto io dico. Il calice di benedizione, che noi benediciamo, non è forse una comunione col sangue di Cristo? Il pane che spezziamo non è forse una comunione col corpo di Cristo? Dal momento che vi è un solo pane, noi, che siamo molti, formiamo un solo corpo; poiché noi tutti siamo partecipi di quest’unico pane. Guardate l’Israele terrestre! Non sono forse in comunione con l’altare, quelli che mangiano le vittime? Che intendo dunque dire? Che la carne immolata agli idoli abbia un qualche valore? Ovvero che un idolo sia qualcosa? No, ma che quanto sacrificano i pagani, lo sacrificano ai demoni e non a Dio. Ora, non voglio che voi siate in comunione con i demoni; non potete prendere parte alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni” (dalla Bibbia a cura di Salvatore Garofalo).
Cenni storici
I. – Come già accennato, la Prima Lettera ai Corinzi va collocata tra gli scritti più antichi del Nuovo Testamento, anteriore ai vangeli e agli Atti degli Apostoli. Secondo l’opinione più comune fu scritta nella primavera del 55 dopo Cristo, e forse anche prima, a distanza di appena venti anni dall’ultima Cena del Signore. Erano ancora in vita quasi tutti gli Apostoli e gran parte dei discepoli immediati di Gesù. Tutti predicavano la stessa dottrina (cf. 1 Corinzi 15,11). A riguardo poi della Cena del Signore, Paolo precisava nella stessa Lettera: “Ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (1 Corinzi 11,22).
2. – L’occasione della Prima ai Corinzi fu data a Paolo da informazioni giuntegli ad Efeso nella odierna Turchia dove si trovava, riguardanti anche certi abusi invalsi nella comunità di Corinto. Alcuni membri di quella chiesa provenienti dalla gentilità partecipavano a banchetti con amici pagani, in casa o presso il tempio, dove erano servite le carni immolate agli idoli con grande scandalo di altri (cf. 1 Corinzi 10,23-3:3).
La Santa Cena come sacrificio
In questo contesto l’apostolo espone la dottrina ricevuta dal Signore e fa chiaramente capire che la Santa Cena, celebrata dai primi cristiani durante le loro riunioni, in ogni tempo dello anno (cf. Atti 20,7, infra, pp. 26-30) ha un carattere sacrificale, è cioè un vero sacrificio.
1 – San Paolo spiega il suo pensiero con due riferimenti. Il primo riguarda gli Israeliti rimasti osservanti della Legge, ossia i Giudei non cristiani. “,Guardate l’Israele terrestre!”. Essi hanno i loro sacrifici e mangiano la carne delle vittime nella convinzione di entrare in comunione con l’altare, ossia con Dio.“Non sono forse in comunione con l’altare, quelli che mangiano le vittime?”
E’ chiaro che questo riferimento o piuttosto accostamento non è fatto a caso. Ha la sua motivazione. L’Apostolo vuol far capire che anche l’Israele di Dio – ossia i cristiani (cf. Galati 6,16) – hanno la loro vittima sacrificale e quindi il loro sacrificio. Come gli Israeliti, consumando la carne delle vittime, compivano un rito sacrificale, così i cristiani, consumando il Corpo e il Sangue di Cristo nella Santa Cena, compiono un rito sacrificale. Tutto questo suppone che la Cena del Signore o celebrazione eucaristica deve avere un carattere sacrificale, altrimenti il ragionamento o accostamento di Paolo non avrebbe senso.
2. – All’Apostolo, tuttavia, sta maggiormente a cuore il dissuadere i cristiani da eventuali abusi idolatrici. A tal fine egli fa un altro accostamento, ma questa volta su base antitetica ossia di contrasto. Ammette che anche i pagani hanno i loro sacrifici e mangiano le carni immolate agli idoli. Ma precisa di non voler dire con ciò che i sacrifici dei pagani siano veri sacrifici. In se stessi, ossia oggettivamente, non sono sacrifici. Sono infatti immolazioni fatte agli idoli, che sono un nulla, e come gli idoli anche i sacrifici sono un nulla. Anzi vi è di peggio: sono riti diabolici perché sotto o dietro l’idolo si cela il demonio. I pagani, comunque, credono che si tratti di veri sacrifici.
Al contrario, i cristiani hanno il vero sacrificio e la comunione con l’unico vero Dio nella Santa Cena, dove consumano la vera vittima offerta a Dio mediante il pane e il vino consacrati:
“Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo?” (1 Corinzi 10,16).
Da questa constatazione l’apostolo dichiara la incompatibilità per il cristiano di partecipare ai banchetti dei pagani: “Non potete bere il calice dei Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni” (1 Corinzi 10,20).
L’Apostolo dunque fa un raffronto-contrasto tra “il calice del Signore” e “il calice dei demoni”, tra “la mensa del Signore” e “la mensa dei demoni”. Ma alla base di questo raffronto-contrasto vi è la convinzione che ì cristiani hanno il vero sacrificio nella celebrazione della Cena del Signore. Egli afferma chiaramente la natura sacrificale della Santa Messa.
La presenza reale
Nel testo di 1 Corinzi 10,14-21, oltre alla natura sacrificale della Santa Cena, l’apostolo insegna anche la presenza reale del Corpo e Sangue di Cristo nel pane e nel vino consacrati.
a) In effetti, san Paolo dichiara senza il minimo dubbio che tra il calice della benedizione, ossia il vino consacrato, e il Sangue di Cristo vi è una identità oggettiva. La stessa cosa è affermata del pane rispetto al Corpo di Cristo. Scrive l’apostolo.
“Parlo come a persone intelligenti; giudicate voi stessi quello che dico: il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo” (1 Corinzi 10,1,5.16).
Da queste chiare parole s’impone una conclusione certa al di là d’ogni dubbio, vale a dire che bere il vino consacrato equivale a comunicare con il Sangue di Cristo; parimenti mangiare il pane spezzato, ossia offerto nella Santa Cena, vuol dire nutrirsi del Corpo di Cristo. E com’è possibile tutto questo senza che il Sangue e il Corpo del Signore siano realmente, anche se misteriosamente, presenti nel vino e nel pane consacrati?
b) Notate come l’apostolo parla indifferentemente di pane e di Corpo, come se fossero la stessa realtà. Coloro che si cibano di quel pane si trasformano nel Corpo Mistico di Cristo. Contrariamente a quanto avviene in natura, dove il cibo e la bevanda si trasformano in colui che li riceve, nella comunione eucaristica il credente si trasforma nel cibo e nella bevanda, ossia nel Cristo. L’albero domestico assimila a sé il ramo selvatico (cf. Romani 11,17). Questa trasformazione è possibile perché Cristo è veramente presente nel pane e nel vino consacrati. Il suo sangue è vera bevanda e la sua carne, vero cibo (cf. Giovanni 6,55).
Si tratta dunque d’una presenza reale, benché misteriosa, non meramente simbolica. Ma reale non vuol dire carnale, sensibile, materiale, come falsamente spiegano i tdG, ripetendo il grossolano errore dei Giudei di Cafarnao (cf. Giovanni 6,52).
1 Corinzi 11, 17-29
Il secondo testo eucaristico della Prima Lettera ai Corinzi si trova nel capitolo 11, dal versetto 17 al 29. Riportiamo le parole dell’Apostolo nella traduzione fedele dei veri cristiani con a fianco quella infedele dei tdG. In corsivo le principali differenze o distorsioni dei geovisti:
Bibbia dei cristiani
E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio.
Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. E’ necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi.
Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? 0 volete gettare il discredito sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
lo, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse:
“Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte dei Signore finché egli venga. Per. ciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice, sarà reo del corpo e ;del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. (Traduzione della Conferenza Episcopale Italiana – CEI).
Padre Nicola Tornese s.j.
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