Tempo di Quaresima – Catechesi liturgica
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Il periodo quaresimale è considerato dalla Chiesa uno dei «Tempi forti» dell’Anno Liturgico. Attraverso opere di penitenza e di purificazione, ascolto della Parola di Dio e partecipazione vissuta alle Sacre Liturgie, il cristiano si prepara all’incontro con Cristo, nella gioia della Pasqua di Risurrezione.
Questo cammino di conversione inizia nel giorno che segue il “martedì grasso”, con il rito dell’imposizione delle Sacre Ceneri (perciò è detto “mercoled’ delle ceneri”), e si conclude con il triduo pasquale: Giovedi Santo (in Coena Domini), Venerdì santo (in Passione Domini), Sabato Santo. La sua durata è di quaranta giorni (tolte le domeniche), caratterizzati dal colore Viola (simbolo della penitenza) usato abitualmente nelle vesti liturgiche. La Quaresima è denominata «quadragesimale sacramentum» (segno dei quaranta giorni), quale segno sacramentale della sequela di Gesù Cristo.
Nella Sacra Scrittura il numero quaranta ricorre più volte, denotando avvenimenti che hanno somiglianze molto significative: il diluvio universale durò «quaranta giorni e quaranta notti» e tanti ancóra ne contò Noè prima che le acque si ritirassero; Mosè si trattenne sul Sinai quaranta giorni per ricevere da Dio i dieci comandamenti; l’esplorazione della terra promessa durò quaranta giorni e, poiché il popolo, dopo la relazione degli esploratori, negò la sua fiducia al Signore, fu costretto a vagare nel deserto per quaranta anni; Golia continuò a sfidare gli ebrei per quaranta giorni, fin quanto Davide, con l’aiuto di Dio, lo abbattè.
Ricordiamo anche Elia che, stanco e sfiduciato, si ritirò nel deserto e, steso ai piedi di un albero, voleva lasciarsi morire ma un angelo del Signore, gli apparve e gli portò da mangiare e da bere così che il profeta potè camminare, per quaranta giorni, fino al monte Oreb; gli abitanti di Ninive, avvertiti dal profeta Giona che Dio nel giro di quaranta giorni avrebbe distrutto la città a causa della loro iniquità, se non si fossero convertiti, fecero dure penitenze ed il Signore, commosso, li risparmiò; Gesù, prima d’iniziare la grande missione, si ritirò nel deserto e vi rimase quaranta giorni.
Questo numero «quaranta», dunque, è legato ad un periodo di giorni o di anni in cui Dio mette alla prova il suo popolo o un suo servo prediletto con castighi, anche pesanti, attese dolorose, esperienze mortificanti, ma sempre con un fine positivo: per correggerlo, per concedergli un grande premio, per fargli comprendere che Dio, anche quando sembra lontano, sordo, assente, in realtà è sempre vicino alle sue creature. Ispiriandosi a questi avvenimenti, la Santa Chiesa si prepara un “deserto” affinchè Dio la metta alla prova costringendola a fare delle scelte fondamentali. Per questo scopo essa si avvale di due grandi mezzi: il digiuno e la Parola di Dio.
In questo “deserto” penitenziale agisce lo Spirito dei Signore che parlando all’uomo lo aiuta a spogliarsi del proprio egoismo, a vincere le sfrenate passioni, a comprendere il senso delle parole di Gesù: «La vita di un uomo non dipende dai suoi beni» (Le 12, 15). Ecco dunque la necessità di privarsi del superfluo, di tutto ciò che, essendo inutile, rischia di appesantirci ed intralciare il nostro cammino verso Dio e il prossimo.
La penitenza però non va intesa esclusivamente come rinunzia ai cibo. Ci sono, infatti, altre forme penitenziali non meno efficaci: la rinuncia a spettacoli, a giochi di società, alle chiacchiere inutili, alla televisione, a quanto può assorbire la mente ed il cuore stornandoli da ciò che è veramente necessario. Ricordiamo le parole del Signore: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose! Una sola è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via» (Lc-10, 41).
Conviene, quindi, dedicare qualche ora al giorno alla lettura e alla meditazione della Sacra Scrittura (bene annotata), privilegiando le pagine del Vangelo, in cui splende la Luce di Cristo, modello di vita perfetta, fonte di Verità e di Sapienza. E poiché il Signore c’insegna l’amore a Dio ed al prossimo, ecco l’impegno nelle opere di carità materiali o spirituali: soccorrere i bisognosi, espandere il cuore verso chi è povero di affetto, trattenersi amorevolmente al capezzale di un infermo, dedicare parte del proprio tempo alla Parrocchia oppure a qualche associazione assistenziale, e quanto altro ancora si è in grado di fare per il prossimo.
Ovviamente tutto questo richiede impegno e sacrificio ma, d’altra parte, la via della salvezza passa inevitabilmente per il calvario: Non poteva esserci la Risurrezione senza la Croce, né ci può essere la gioia della Pasqua senza l’impegno penitenziale della Quaresima.
Don Manlio
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