Storia di una vocazione
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UN PENSIERO AL GIORNO CON DON GIÒ (1975- 2004)
Dal diario: “Io sono un sogno di Dio”
“Spingere Dio nel profondo”
Di solito non riesco a esprimermi al 100%, a farmi capire,
ma mentre prego ho la certezza che Dio mi conosce
e anche se non riesco a esteriorizzare con parole ciò che sento
so che Lui riesce a guardare fino al più remoto angolo del mio cuore,
però non devo stare lì come un baccalà mentre prego,
io stesso devo spingere Dio nel profondo.
Penso la mia preghiera come una cosa già un po’ matura,
in quanto non “faccio teatro” mentre prego.
Commento di don Arturo Bellini
L’adolescente Giò “sente” la presenza di Dio. Ha l’interiore certezza che Dio lo conosce e lo ama con amore. Lo vede “fino al più remoto angolo del cuore”. Ma occorre anche fare la propria parte: “Non devo stare lì come un baccalà, mentre prego. Io stesso devo spingere Dio nel profondo”.
“Spingere Dio nel profondo” è portare la luce nella propria storia, in quel guazzabuglio che è il cuore umano; è spalancare le finestre dell’anima sul mondo dei desideri, mondo per niente affatto semplice e chiaro da leggere e da controllare; è portare il sole di Dio nelle stanze più nascoste del proprio castello interiore, perché tutte ne siano illuminate ed è lavorare per portare a compimento con la propria unicità e irripetibilità e in modo responsabile la propria storia.
L’esperienza spirituale è sempre una forma di illuminazione. Ma è anche una forma di respiro. Giò respira il mistero di Dio. Ma il suo non vuole essere un rapido respiro, ma un respiro profondo che coinvolge la sua sensibilità, i suoi desideri e le tensioni più appassionate del suo cuore che si sta aprendo al futuro. Intuisce che respirare Dio in profondità è respirare la speranza, la fiducia nella vita, la forza di non farsi vincere dagli atteggiamenti rinunciatari.
Chi respira Dio, conosce se stesso e cambia lo sguardo.
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