Storia dell’aborto – X
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Nessuno di tali eminenti politici si dimette, preferendo la stabilità del governo alla coerenza personale.Nessuno fa ostruzione, nessuno si dissocia di fronte ad una delle leggi abortiste più permissive al mondo, che considera l’aborto, secondo l’aspettativa dei comunisti, «una operazione qualsiasi, alla stregua di tutte le altre, e che, come tale, sia pagata dalla mutua» .
Addirittura, passata la legge, Andreotti, tramite l’Avvocatura di Stato, se ne assume la difesa, chiedendo alla Corte Costituzionale di rigettare le numerose eccezioni di incostituzionalità presentate dopo l’entrata in vigore della 194. Quest’ultima stabilisce, all’articolo nº 4, che la donna che vuole interrompere la gravidanza nei primi tre mesi deve rivolgere la sua richiesta ad un pubblico consultorio o ad un medico generico, cioè anche ad un dermatologo, un dentista, un ortopedico o simili. L’articolo nº 6 disciplina l’aborto dopo i tre mesi in casi particolari.
L’articolo nº 9 riconosce l’obiezione di coscienza a medici ed infermieri che siano contrari a collaborare a quello che ritengono un omicidio, ma li esclude dalla possibilità di far parte dei consultori, le strutture pubbliche in cui la gestante può rivolgersi per un consiglio prima di interrompere la gravidanza. «Secondo lo spirito della legge, la gestante deve incontrare sulla sua strada solo personale abortista»: il rischio è che personale contrario consigli alla donna di portare a termine la gravidanza, le spieghi cosa l’aborto è veramente, oppure, solo, la inviti a partorire il figlio, invece che ucciderlo, senza riconoscerlo, come è possibile fare secondo la legge italiana.
Un figlio non voluto può infatti venir non riconosciuto dalla madre ed essere successivamente adottato da una mamma sterile o comunque desiderosa di una nuova creatura. La possibilità dell’obiezione di coscienza ha provocato e provoca tuttora le ire funeste dei giacobini: per fare un solo esempio, i verdi Paolo Centoe Franco Corleone sono i depositari di un disegno di legge che impedirebbe a ginecologi obiettori l’assunzione dell’incarico di responsabile di reparto; Paolo Flores D‘Arcais, direttore di Micromega e leader arrabbiato dei girotondini, propone sul numero 4 dell’anno 2000 di impedire l’assunzione negli ospedali pubblici di ginecologi che abbiano riserve a praticare l’aborto.
È la famosa e puntualissima intolleranza dei sedicenti tolleranti! Il problema, come ha spiegato recentemente la dottoressa Elisabetta Canitano, ginecologa e responsabile DS per la «sanità» a Roma, che pratica dall’inizio della sua carriera l’aborto con «spirito militante», quasi fosse una missione umanitaria, è che ben il 67,4% dei ginecologi italiani, cioè di coloro che sanno benissimo cosa l’aborto è veramente, si rifiutano di praticarlo; «I tre colleghi che cominciarono con me hanno smesso».
Infine, agli articoli nn. 17-22, si stabiliscono le pene e le multe da applicare a chi pratica aborti clandestini: da una legge nata con la scusa di legalizzare l’aborto per limitare l’opera delle mammane e delle praticone, ci si potrebbero aspettare pene severe, che invece non vi sono, in quanto vengono addirittura diminuite rispetto alla legislazione precedente.
Infine, la nº 194, che è nell’attuazione pratica ancora peggiore che nella sua ipocrita formulazione, rifiuta in teoria ogni criterio eugenetico; in realtà, il Prof.Claudio Giorlandino, celebre ginecologo, racconta di aver visto «coppie scegliere l’aborto solo perché il feto aveva sei dita ai piedi (operabilissime, com’è ovvio)», e addirittura procedere in questo modo con «aborti a ripetizione». È evidente che lo stesso criterio potrebbe essere adottato da genitori che avessero scelto a priori di avere un maschio e non una femmina o viceversa.
In relazione a queste cose l’On. Umberto Bossi, parlando in più occasioni del problema aborto nelle sue interviste a Gianluca Savoini, ha insistentemente accennato ad un nuovo e angosciante «nazismo rosso». Scrive Emilio Bonicellinel suo interessantissimo studio Gli anni di Erode: «Gli articoli della legge ne esprimono così chiaramente lo spirito: l’interruzione di gravidanza è resa libera e gratuita, ma viene in ogni modo favorita. Il parere contrario del medico, del padre del concepito, dei genitori, ovunque emerga, viene neutralizzato. Di fronte alla gestante dubbiosa ogni porta si apre perché la sua scelta sia quella del rifiuto della vita, ma nessun serio aiuto viene predisposto perché quella vita possa trovare accoglienza».
Francesco Agnoli
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