Storia dell’aborto – VI parte
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L’America e l’Europa
Negli Stati Uniti, l’aborto viene introdotto nel 1973 dopo il famoso processo Roe vs. Wade: ne è protagonista una donna, Norma Mc Corvey, detta Roe, mezza cajun e mezza indiana, con un’infanzia terribile, tra il riformatorio, lavori precari al luna park, mariti che la picchiano, stupri, «l’LSD e i cento deliri a buon mercato per diseredati americani degli anni Sessanta» .
Grazie a lei, che oggi ha cambiato barricata e si batte per l’abolizione della legge, l’America di James Dean (1931-1955), di Jack Kerouac (1922-1969), del New Age e della beat generation, prevede la legalizzazione dell’aborto. Gli USA divengono presto il motore dell’abortismo nel mondo, finanziandolo e promuovendolo in Europa (tramite associazioni di family planning, agenzie dell’ONU, quali l’UNFPA, l’UNICEF e altre), ma soprattutto nel Terzo Mondo e in America Latina, fino ad attuare piani di sterilizzazione forzata, in Brasile, per mezzo di avvelenamento dell’acqua.
I termini per abortire subiscono progressivi allargamenti. Si giunge a permettere un aborto molto tardivo, fino alla trentaduesima settimana, che viene così descritto da Il Giornale del 18 gennaio 1997: «La tecnica consiste nel far nascere il bambino fino ad un certo punto. L’ostetrico lo fa scendere intatto, fino a quando la testa non esce dal grembo della madre. A questo punto inserisce un paio di forbici da chirurgo nella base del cranio, le apre, allarga il buco e il cervello viene succhiato fuori.
In questa maniera la testina si riduce e può essere estratta» (vedi Tav. 3). Dopo l’America, l’aborto viene introdotto in Germania, in Francia (1975) e gradualmente in quasi tutti i Paesi d’Europa: rimane fuori l’Irlanda cattolica (EIRE), grazie anche aNiamh Nic Mhathuna, presidente di Youth Defence, vincitrice per sette anni del titolo per la migliore musica tradizionale irlandese, arrestata cinque volte per aver fatto circolare letteratura contro l’aborto.
(continua)
Francesco Agnoli
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