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Storia dell’aborto – IV Parte

17 Novembre 2013 | Filed under: Aborto and tagged with: Aborto, Cina, Comunismo, Storia
     

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Il dopoguerra e i Paesi comunisti
Nel dopoguerra, l’aborto viene legalizzato nei Paesi comunisti dell’Est legati all’URSS: in Ungheria, Polonia, Bulgaria e Romania nel 1956; in Cecoslovacchia nel 1957; in Iugoslavia nel 1970. La Cina popolare comunista autorizza l’aborto e la contraccezione nel 1957, mentre nel 1962 vengono imposti: ritardo obbligatorio dell’età del matrimonio, sterilizzazione e tecniche contraccettive spesso forzate.

L’obbligo di un figlio solo a famiglia determina, oltre al precoce invecchiamento della popolazione, una strage delle figlie femmine: i genitori cinesi, potendo avere un solo figlio, spesso uccidono una eventuale figlia femmina, dal momento che non potranno giovarsi del suo aiuto nella lavorazione della terra; oppure è il governo stesso ad eliminarle, tramite aborti selettivi e infanticidi.

Avviene addirittura che i medici vengano pagati dalla Stato a seconda delle sterilizzazioni forzate o degli aborti effettuati (che spesso vengono spacciati, alle povere madri, per terapeutici). Nel migliore dei casi, alcune famiglie, dopo il primo figlio, decidono di non uccidere le loro bambine e riescono, pagando chi di dovere, a non farle registrare, per evitare che siano gli impiegati statali ad eliminarle: in tal caso, però, queste bimbe, di fronte alla legge, non esistono, e non hanno quindi accesso all’istruzione, alla sanità ecc… 

Si ha così uno squilibrio all’interno della popolazione, per cui oggi mancano all’appello, in Cina, circa 40.000.000 di donne, e vi sono altrettanti uomini che non possono sposarsi.

Ma vediamo uno dei tanti esempi concreti citati sulla stampa italiana. Riferisce Sette, inserto de Il Corriere della Sera, del 10 agosto 2000: «Non ci hanno dato nemmeno il tempo di dargli un nome. Me lo hanno strappato dalle braccia e lo hanno scaraventato a terra, si è sentito un tonfo, ma il neonato ha continuato a piangere. Non voleva proprio morire. Allora i tre funzionari del governo hanno iniziato a prenderlo a calci. Finché non ha respirato più.

In Cina lo chiamano controllo demografico o politica del figlio unico […]. Sono arrivati di notte, il mese scorso, nella sua misera casa nel villaggio di Ding Jia Wang, vicino a Wuhan: “Siete troppi”, hanno sentenziato i tre funzionari e hanno costretto JI, già all’ottavo mese di gravidanza, a seguirli in ospedale. Lì le hanno iniettato una soluzione salina per indurle un aborto.

Dopo quindici ore di strazianti dolori la donna però ha partorito un figlio sano e vivo. “Allora mi hanno guardato freddamente e mi hanno detto: “Prendi tuo figlio e annegalo nello scarico del bagno”, racconta Huang. “Mi sono sentito raggelare. Li ho pregati, ho pianto. Senza dire una parola l’hanno gettato al suolo, preso a calci, poi l’hanno affogato in uno stagno”». «Quello che colpisce è la preferenza del governo per il programma coercitivo di controllo delle nascite.

Dal 1995, i coniugi Billings, promotori dell’omonimo metodo naturale di controllo delle nascite, hanno fatto esperimenti in cinque province della Cina e hanno avuto risultati positivi al 99%. Questo sistema dà responsabilità alle coppie, e non ai burocrati, nel programmare la loro fecondità, e, al di là di qualche corso d’istruzione, è praticamente a spese zero. Eppure il governo non lo valorizza».

In questo panorama desolante si inserisce l’appoggio economico per l’incentivazione dell’aborto dato al governo cinese dall’agenzia UNFPA – United Nations Population Fund – (dell’ONU) e dall’International Planned Parenthood Federation (IPPF): queste ultime, fino al luglio 2002, erano a loro volta finanziate dagli Stati Uniti, che però hanno poi deciso di sospendere i versamenti, non volendo più collaborare a programmi di «aborto forzato o di sterilizzazione non voluta».

Prontamente è intervenuta la Commissione Europea, guidata dall’italiano Romano Prodi, che, con una decisione di straordinaria gravità, ha stanziato contributi per ben 32.000.000 di euro, facendo così «dell’Europa il motore della diffusione dell’aborto(anche forzato, e tardivo; N.d.R.) nel mondo» 7. Dopo le campagne contro la vita degli Stati Uniti, della Banca Mondiale, dell’ONU, dell’UNICEF, ecc…, e ora anche la UE!


     

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