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Spiritualità – La vita interiore

23 Febbraio 2014 | Filed under: Amici di LaSacraFamiglia
     

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Vite e tralci

Don Vincenzo Cuomo 

La vita interiore

NON TUTTI CAPISCONO LA VITA ETERNA

Quando Gesù faceva questo discorso (Gap. 3 di Giov.) ad un personaggio molto in vista tra gli Ebrei di Gerusalemme, – Nicodemo – , costui non riusciva a capire il significato pro­fondo delle parole di Gesù. Eppure era pio ed era un Maestro in Israele!

Che cosa mancava a Nicodemo per entra­re nella VERITÀ? Lo afferma più volte Gesù: mancava l’intervento dello Spirito Santo! Senza di esso non capiremo mai il Vangelo. È neces­saria allora molta preghiera, umile e fiduciosa per ottenere questo dono.

Quando manca la preghiera, le parole del Signore rimangono incomprensibili e riducia­mo tutto il Vangelo ad una dimensione solo umana e terrena, coltivando aspirazioni di benessere e utilità terrena come ricompensa del nostro essere discepoli di Gesù.

Lo seguiamo e lo “amiamo” perché ci fa comodo, perché ne ricaviamo del profit­to: benessere, agi, comodità,… e guai se, co­me frutto della nostra “fedeltà”, preghiere, Messe, Comunioni, novene, Gesù non ci “con­sola” concedendoci tutte le “grazie” che gli chiediamo. Se il Signore permette qualche sofferen­za, delusione, sconfitta, sale dal cuore una parola amara: “Questo non me lo meritavo! Questo Gesù non me lo doveva fare! Io perdo la Fede!”.

Preghiamo, dunque, con molta fiducia ed umiltà perché il Signore “ci apra il cuore a comprendere la sua parola” (Atti 16,14).

LA VITA ETERNA

E evidente che quando Gesù parlava di “vita” da ricevere non intendeva quella umana e terrena che già abbiamo ricevuta.

Qual è, dunque, questa vita! E la vita divina di cui diventiamo partecipi, la vita stessa di Dio.

È questo il più inaudito e insuperabile dono che Dio possa fare ad una creatura.

Tutto quello che siamo ed abbiamo è tutto dono di Dio; ma il dono della vita Divina supera tutti i doni perché esso non è sempli­cemente un dono di Dio, ma è Dio stesso che si dona!

Nella scala degli esseri viventi noi trovia­mo che l’uomo battezzato ha: la vita vegetativa in comune con le piante; la vita sensitiva in comune con le bestie; la vita umana in comu­ne con gli uomini; la vita divina in comune con Dio!

È un dono questo che noi riceviamo gratis, per pura bontà di Dio, perciò esso si chia­ma grazia (da gratis) perché né noi avremmo il diritto di averlo, né Dio avrebbe il dovere di darcelo.

Questo specialissimo dono di Dio si chia­ma più precisamente “grazia santificante o abituale” per distinguerlo dalle altre grazie con cui Dio ci aiuta nel nostro cammino verso l’eternità, e che si denominano: grazie attuali.

Si chiama santificante perché ci fa Santi comunicandoci la santità di Dio; si chiama abituale perché – se la sappiamo conservare -ci riveste interiormente come un abito che ab­biamo sempre addosso.

Vogliamo spiegare con un paragone… assurdo, quello che avviene quando Dio ci dona la grazia o vita divina.

Uno scienziato ha un cagnolino e gli vuo­le tanto bene… Gli fa dei doni adatti alla na­tura canina. Un giorno lo scienziato scopre una formula chimica inaudita: un estratto di umanità!

Basta una pilloletta e… il cane è umanizzato! Pensa da uomo, agisce da uomo, ha desideri e gusti umani! Favola! Favola per il cane non per l’uomo. L’acqua del Battesi­mo, resa feconda dallo Spirito Santo, compie il miracolo di trasformare la povera creatura umana in una nuova creatura, un nato da Dio, un vero figlio di Dio suo Padre, reso capace di pensare, amare ed agire non più umana­mente e naturalmente, ma Divinamente e soprannaturalmente.

Difatti ogni essere compie azioni confor­mi alla propria natura: il cane agisce… da cane, l’asino agisce da., asino, l’uomo agisce (dovrebbe agire!) da uomo, il cristiano agisce (dovrebbe agire!) da figlio di Dio.

La nobiltà impone degli obblighi.

Sarebbe una pazzia per un cane… umaniz­zato ripudiare il miracolo avvenuto e ritornare alla vita canina.

Ma è una catastrofe senza paragoni – an­che se ahimè! così frequente – per il cristiano ripudiare il dono Divino della Grazia, rinne­gare la vita Divina e dare ospitalità al maligno diventando suo schiavo.

Tutto questo avviene commettendo anche un solo peccato mortale!

Un’altra notizia importante: la grazia san­tificante eleva, divinizza e santifica tutto l’es­sere umano, anima e corpo.

La S. Scrittura ci rivela che anche il corpo del cristiano è tempio dello Spirito Santo e che dobbiamo glorificare e portare Dio nel nostro corpo.

Una domanda.

È ancora tempio dello Spirito Santo il corpo di certe donne cristiane che vestono in modo indecente, con minigonne, pantaloni o pantaloncini stretti stretti, scollacciate? Chi glorificano queste donne? Non certamente Dio! Anche il corpo è destinato alla beatitudine eterna, glorificato insieme con l’anima.

Facciamo un altro paragone per appro­fondire meglio come avviene la divinizzazione del cristiano mediante la grazia.

Abbiamo una fornace con fuoco di eleva­to calore: vi immergiamo una sbarra di ferro. Che cosa avviene? Il ferro, immerso nel fuo­co, pur rimanendo ferro, assume anche la natura di fuoco e diventa ferro “infuocato” incandescente e luminoso come il fuoco.

Così la creatura umana, a cui Dio dona la grazia santificante, rimane creatura umana, ma riceve anche la partecipazione della natura Di­vina, e viene divinizzata in tutto il suo essere.

Perché Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio col nome di Padre? Noi chiamiamo Bab­bo e Mamma i genitori che ci hanno comuni­cato la vita umana; noi chiamiamo padre (meglio papà – in ebraico abbà) Dio che ci ha fatto dono della vita Divina.

 

 

LA VITA DI GRAZIA

ED IL SUO SVILUPPO:

LA VITA INTERIORE

 

La vita umana e naturale è anche un com­plesso di elementi che ne sono la conseguen­za e ne alimentano e ne aiutano lo sviluppo.

Abbiamo la vita umana, ma essa si dilata ai sensi, all’intelligenza, alla volontà, alla memoria, con un corteo di capacità umane di potenzialità, di sviluppo in crescita.

Allo stesso modo la vita soprannaturale della Grazia porta con sé ed esige altri doni di Dio adatti a farla crescere, sviluppare, perfe­zionare, nutrire…

Sono doni che divinizzano le facoltà del­l’anima e la rendono capace di agire da vero figlio di Dio.

Sono:

Le virtù soprannaturali infuse (chiamate infuse perché messe direttamente da Dio den­tro), i doni dello Spirito Santo, i carismi, i frutti dello Spirito Santo, le beatitudini.

Tutti questi doni Dio ce li ha dati prima nel battesimo e poi li ha perfezionati nella Cresima. Vi sono, inoltre, altri doni personali e particolari di cui è ricchissima la nostra vita. E non ce ne rendiamo conto !

Andiamo, dunque, con tutte le forze del­l’anima alla scoperta di queste ricchezze Divi­ne per conoscerle e viverle.

Dio ci conceda il dono di scoprire dentro di noi le sue inestimabili ricchezze, la sua adorabile e beatificante presenza e il suo amore.

 

 

VITA INTERIORE

 

È in opposizione alla vita esteriore. Si chiama interiore perché essa risiede misterio­samente nel nostro intimo, sfugge ad ogni in­dagine umana, anche se si evidenzia attraver­so tutto un modo di parlare e di agire.

Di vita interiore se ne parla ben poco e perciò le anime languono in una vita cristiana mediocre, anemica e talvolta scantonano nel peccato grave, se pure non vi vivono abitual­mente.

I Sacerdoti e le anime consacrate, che dovrebbero essere esperti dei tesori di Dio, aprano a tutte le anime gli orizzonti entusia­smanti della vita interiore.

Se vi è una vita interiore vuoi dire che vi è anche una vita esteriore. Gesù ha espresso questo concetto con altre parole quando ha detto così ai farisei: “Voi siete di quaggiù, Io sono di lassù” (Giov 8,23).

Capiremo meglio la vita interiore se con­sideriamo qual è la vita esteriore.

L’uomo vive la vita esteriore quando cer­ca fuori di sé e fuori di Dio la propria realiz­zazione e felicità: ricchezza, sesso, potere, suc­cesso, affermazione a tutti i costi di se stes­so… alla fine, prima o poi, scoprirà con amarezza e delusione di aver bruciato invano l’esi­stenza e che è proprio vero che nulla al di fuori di Dio può dare vera e duratura felicità.

Quanti falliti! Quanti disperati!

Beato chi toglie le labbra dalla coppa del mondo e assapora la dolcezza di Dio!

Vita interiore, invece, è quella che vivia­mo dentro di noi, nel nostro intimo. Ma che cosa vi è dentro di noi! Vi è un mondo di immense e infinite realtà e ricchezze spirituali capaci di farci vivere in anticipo la beatitudi­ne del cielo.

Lo ha proclamato Gesù nel discorso delle Beatitudini (Mt 5): Beati!… Beati!… Beati!…

Per quelli che vivono la vita interiore Gesù ha pregato il Padre così: “…che essi abbiano la pienezza della mia gioia in se stessi” (Giov 17,13); e ancora: “Vi ho detto queste cose affinchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Giov 15,11).

Misurate, se è possibile, qual è, e quanta è la gioia di Dio! Eppure è proprio questa gioia che Gesù ci vuoi donare!

Crediamo in questa parola di Gesù! Esse­re veramente cristiani vuoi dire aver fatto una scelta di gioia e di pace. Vangelo e agitazione, angoscia e tristezza non vanno mai insieme.

Gesù è la nostra gioia!  Gesù è la nostra pace.

Maria, che ci ha dato Gesù, è perciò fonte della nostra gioia e Regina della pace.

 

LE NOSTRE RICCHEZZE INTERIORI

 

La prima ricchezza interiore è la vita di­vina, la grazia santificante che è principio e sorgente dalla quale derivano le altre ric­chezze.

Ricorriamo ad un paragone preso dalla vita naturale del corpo: se manca la vita ad un uomo, viene a mancare tutto: egli non vede, non sente, non gusta, non cammina… finisce ogni attività dei sensi.

Così è per la vita Divina della grazia: se vi è, allora il cristiano è attivo sul piano so­prannaturale e vive di fede, di speranza, di carità, in lui si sviluppano i doni dello Spirito Santo, si perfeziona ogni virtù.

Vi sono, dunque, nel cristiano tutti i beni sopraelencati, come dote unita alla grazia e come capacità o potenzialità che abilitano il cristiano a compiere opere soprannaturali.

Questi tesori li riceviamo con la Grazia che Dio ci ha donato: le virtù soprannaturali – i doni dello Spirito Santo, le Beatitudini… dopo di che resta solo in cielo la beatitudine eterna detta anche gloria. Dio ci ha arricchiti di questi doni: tocca a noi corrispondere con l’impegno personale, costante e generoso della buona volontà.

Chi è fedele sino alla fine, dice l’Apoca­lisse, avrà la corona della Gloria.

 

 

VIVERE… DIVINAMENTE

 

Animato dal dono divino della Grazia, e arricchito da tutto il corteo dei doni di DIO sopra ricordàti, il cristiano deve vivere una vita divina, perché tutto in lui è divinizzato, tutto è Santo.

Ogni creatura ha la propria natura e opera secondo la sua natura: la bestia vive da be­stia…; l’uomo naturale (non battezzato) vive umanamente; il battezzato, figlio di Dio, deve vivere ed operare “divinamente”.

Non diciamo più, perciò, umanamente parlando… naturalmente parlando… A noi cristiani non è lecito perché faremmo torto alla nostra vita divina.

VIVERE… IN CRESCITA

 

Come per la vita umana e naturale vi è uno sviluppo e una crescita verso la maturità, così per la vita della grazia vi deve essere una crescita e un perfezionamento verso una ma­turità spirituale che consiste nel formare Cri­sto in noi (1 Paolo ai Calati 4,19).

Vi è però una differenza fra la vita natu­rale ed umana e la Vita Divina e Soprannatu­rale della grazia: quella umana va inevitabil­mente verso la vecchiaia e la morte; quella Divina della Grazia è sempre in crescita, sen­za la vecchiaia, ma verso una eterna giovinez­za, verso la pienezza della vita eternai

In Paradiso sono tutti giovani: la Madon­na, che quando è stata assunta in celo certa­mente aveva superato i 50 anni, quando appa­re – come a Lourdes o a Fatima – è sempre giovane!

La crescita nella Grazia corrisponde al comando di Gesù: “Siate voi perfetti come è perfetto il Padre mio che è nei cieli” (Mt 5,48).

La meta è la perfezione infinita di Dio; lo sforzo e l’impegno quotidiano devono essere di avanzare sempre, sempre più in alto, verso una maggiore santità secondo il motto: oggi

più di ieri, domani più di oggi… e ricordando anche che chi si ferma è perduto!

Come una barca che sale la corrente di un fiume, se si ferma è immediatamente trascina­ta indietro, così l’anima che decide di fermarsi nella crescita spirituale torna inevitabilmente indietro.

LA NASCITA E LA CRESCITA

DELLA VITA DIVINA. COME AVVIENE?

CRISTO VIVE IN ME

 

Ci poniamo una domanda: Com’è che la creatura umana diventa figlio di Dio?

Gesù risponde Lui stesso nel discorso a Nicodemo (Giov, cap. 3) chiarendo che tutto avviene per opera e virtù dello Spirito San­to. Mistero stupendo! Il Figlio di Dio diventa uomo per opera dello Spirito Santo: l’uomo diventa Figlio di Dio ugualmente per opera dello Spirito. Come è vero che lo Spirito San­to è Signore e dà la vita, come affermiamo nel Credo.

Questa nascita Divina dell’uomo avviene perché Dio pone nell’essere umano un seme divino che è la grazia e che potremmo anche chiamare Gesù. Egli afferma: “Io sono… la VITAl” (Giov 14,6).

Potremmo fare un paragone preso dalla vita delle piante: ecco due alberi, uno selva­tico e l’altro buono e fecondo. Se si potesse fare un innesto di un ramo selvatico sull’albe­ro buono, da quel momento il ramo selvatico comincerebbe a vivere la stessa vita dell’albe­ro buono, assumendo da lui una vita nuova ed una nuova fecondità.

ì due alberi sono: Adamo e Gesù. Per la nascita umana noi siamo rami dell’albero-pa-dre Adamo, quindi figli del peccato e dell’ira, destinati ad essere tagliati e bruciati; per la nascita Divina della grazia noi siamo ri-nati mediante il Battesimo, diventando – per inne­sto divino – rami dell’albero Gesù, nuovo Adamo, dal quale rifluisce in noi la nuova vita che non è altro che la vita stessa di Gesù.

S. Paolo afferma di se stesso (Gai 2,20): “Non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me!”. Essere, dunque, Figli di Dio, vivere la vita di Grazia, vuoi dire vivere Cristo, e cioè lasciare a Gesù i pieni poteri in tutto il nostro essere perché Egli possa liberamente rivivere in noi; vuoi dire abbandonarsi con amore e per amore a Lui perché egli possa prolungare in noi la sua incarnazione.

Si diventa una specie di eucarestia.

Come nell’Eucarestia il pane sembra an­cora pane, ma in realtà è Gesù, così il cristia­no è tale se diventa… un’altro Gesù! Questo concetto e questo impegno devono estendersi a tutto l’essere umano, anima e corpo.

Cristo deve rivivere nel mio corpo che è tempio dello Spirito Santo e quindi un corpo puro, casto, modesto, temperante con i sensi santificati da un uso che glorifica Dio.

Cristo deve rivivere nella mia anima, di­mora dello Spirito Santo, Paradiso della SS. Trinità. Così tutto il mio essere glorifica Dio. Dal mio atteggiamento, dal mio volto emana qualche cosa di misterioso e di sacro che viene captato anche dagli altri che ne rimangono edificati.

Il contrario avviene per certi peccatori radicati nel peccato, guardando i quali si è portati a dire: “Quante brutto! Ha la faccia del diavolo!”.

Qual è il segno che Cristo vive in me?

Cristo vive in me quando io ho: i pensieri di Gesù i sentimenti di Gesù le parole di Gesù le azioni di Gesù l’amore di Gesù il cuore di Gesù

quando i miei sensi guardano quello che guar­derebbe Gesù, toccano quello che toccherebbe Gesù gustano quello che gusterebbe Gesù.

E come se fosse avvenuto un… trapianto totale di tutto il mio essere sostituito dall’es­sere di Gesù!

È questo il lavoro interiore al quale deve attendere ogni cristiano per non essere “mo­neta falsa”, e si richiede assiduità, perseve­ranza e tanto, tanto amore per arrivare a “for­mare Cristo in noi”.

Nello stesso tempo bisogna sradicare quel­lo che abbiamo ereditato da padre Adamo: vizi, passioni cattive… Nel rito del Battesimo questo cambiamento radicale viene simboleg­giato dalla veste bianca che indossa il neo battezzato mentre il ministro dice: “Tu sei ri­vestito di Gesù Cristo”.

Se metto in pratica tutta la sana ed evan­gelica dottrina ora esposta, io divento “sale della terra e luce del mondo”. Una vita così vissuta è per se stessa un vero ed autentico apostolato !

Vi è una sottile e diabolica tentazione da sventare: accontentarsi del “minimo indispen­sabile”.

Tutto quello che finora è stato spiegato fa parte della dottrina di Gesù e non è facoltati­va, ma tocca l’essenza stessa dell’essere cri­stiano.

Quanti pensano di stare in regola perché… credono… vanno a Messa… recitano Rosari… ma escludono questo lavoro assiduo di cristifìcazionel È “moneta falsa!”.

Il cristiano che vive intensamente la vita inferiore può affermare come Paolo “Cristo vive in me”. Non bisogna pensare che un si­mile cristiano sia un essere umano disincarnato, che vive tra le nuvole disinteres­sandosi delle vicende umane e degli uomini.

Al contrario, egli s’immerge nella vita co­mune, nel quotidiano, rimanendo immerso in Dio, e comunica a tutti la ricchezza interiore che è principio e sorgente di soluzioni per tutti i problemi che angustiano la umana con­vivenza. Egli diventa l’uomo della pace socia­le, della giustizia e della carità, l’uomo che sposa le giuste cause e cerca di risolverle. Egli porta in tutto una grande carica di disinteres­se, di vera fraternità e di carità, pronto al sa­crificio per amore dei fratelli. La “Grazia” eleva la natura, non la di­strugge. L’uomo in grazia rimane veramente uomo, ma divinizzato.

Anche qui ricorre il paragone della sbarra di ferro immersa nel fuoco: il ferro rimane ferro ma assume anche le qualità del fuoco diventando infuocato, luminoso, malleabile, reso tale dal suo immergersi nel fuoco dalla cui natura riceve una partecipazione.

Si può affermare che il vero cristiano ama l’uomo col cuore stesso di Dio. Gesù è perfet­to Dio e perfetto uomo, perciò egli ha sposato la nostra causa ed ha preso, proprio perché perfetto uomo, su di sé tutti i nostri problemi.

Un politico, un professionista, un opera­io, un padre o una madre di famiglia, un gio­vane di vita interiore è la migliore garanzia di onestà, di professionalità, di attaccamento al proprio dovere. Con simili uomini si risolve­rebbe alla radice la “questione morale”.

 

DIO IN ME – IO SONO IL CIELO DI DIO

 

Gesù ci rivela questo consolante mistero con queste parole: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui” (Giov 14,23).

Alle parole di Gesù dobbiamo sempre credere: esse hanno sempre la stessa validità.

Entra, dunque, in te stesso! Rimani sem­pre in te stesso (vita intcriore) e sarai per sem­pre in comunione di amore col Padre, col Figlio, e con lo Spirito Santo!

Rimanere in Dio!

Ce lo chiede Gesù a più riprese nel cap. 14 e 15 del Vangelo di Giovanni “Rimanete in me” (Giov 15,4).

“Saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi” (Giov 14,20).

“Rimanete nel mio amore” (Giov 15,9).

Gesù non chiede di fare di tanto in tanto qualche atto di amore: ci chiede, invece, di rimanere nel suo amore in modo abituale e permanente, senza evasioni.

Vivi in anticipo – nonostante i limiti – la vita del ciclo. Questa dottrina e verità evangelica viene chiamata: inabitazione della SS. Trinità ed equivale alla vita interi ore.

Da questo derivano i doveri di “ospitalità”.

Dio è presente in me! io devo essere pre­sente in Lui!

Si instaura così un rapporto di intimità familiare fra l’anima e Dio fondato sulla cer­tezza che Dio mi ama e mi chiede di essere amato; familiarità e intimità che non deve essere mai interrotta, ma approfondita e col­tivata con ogni sforzo ed impegno.

 

COME COLTIVARE LA VITA INTERIORE

La vocazione della vita intcriore è per tutti i battezzati. Pochi la vivono. Perché? Il moti­vo è che non tutti hanno la forza d’animo ed il coraggio di fare una scelta autentica di Gesù il quale dichiara “Non potete servire due pa­droni” e aggiunge categoricamente: “Se qual­cuno vuoi venire dietro di me (o essere mio discepolo) rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Luca 9,23).

A queste parole come reagirono i primi discepoli di Gesù? Male! Molto male! San Pietro chiamò Gesù in disparte per dirgli in forma confidenziale che lui non doveva nem­meno nominare né croce né sofferenza né morte !

Gli altri non vi diedero alcun peso e con­tinuarono a coltivare pensieri e desideri molto umani ed interessati. Essi attendevano che il loro Buon Maestro si decidesse ormai a impu­gnare le armi, a chiamare a raccolta e alla riscossa la Patria, a cacciare gli oppressori romani e restaurare il regno davidico.

Potere, ricchezza, onori, ambizioni, pro­tagonismo erano il loro mondo intcriore. Rin­negarsi, soffrire? Mai e poi mai! E quando la sofferenza del Maestro venne sul serio, con­tro ogni loro aspettativa, Pietro lo rinnegò, gli altri scapparono abbandonandolo… qualcuno tagliò la corda andando lontano lontano… non si sa mai!

Noi siamo i discepoli di oggi e sostituia­mo “degnamente” quelli di allora. Ci teniamo a reputarci cristiani… ma a condizione che questo ci procuri molte consolazioni e che sia eliminato dal nostro cammino la Via Crucis. Vogliamo sì il Paradiso, ma non solo quello celeste, bensì anche il paradiso terrestre*.

Sta scritto nell’aureo libro dell’imitazione di Cristo:

“Gesù ha molti amici di mensa… ma po­chi di penitenza]”

Eppure Gesù non ammette mezze misure e compromessi.

Dobbiamo trovare la soluzione del pro­blema come la trovarono i primi discepoli. Essi dopo la triste esperienza fatta durante la Passione, a distanza di 50 giorni furono tra­sformati radicalmente.

Ecco come ce li presenta il Libro degli Atti (6,41-42): “Gli apostoli se ne andarono dal Sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù”.

Pietro a sua volta (I Pt 4,13-14) scrive ai cristiani: “Carissimi, nella misura in cui par­tecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché nella rivelazione della sua gloria pos­siate rallegrarvi ed esultare”.

Quale meccanismo è scattato che ha ca­povolto l’orientamento dei discepoli di Gesù? Com’è che essi che erano di quaggiù sono diventati di lassù?

Il motivo è che su di essi è sceso lo Spirito Santo e li ha riempiti dei suoi doni. Da uomini di vita esteriore essi sono diventati uomini di vita inferiore.

Nella luce e nella potenza dello Spirito Santo essi hanno capito subito – per divino istinto – che per vivere, da veri. discepoli di Gesù, la vita interiore, è necessario il rinnegamento di se stessi nella sequela di Cristo crocifisso, portando dietro di Lui la propria Croce.

Ecco allora la risposta alla domanda come vivere e sviluppare la vita interiore: uno degli elementi portanti della vita interiore è: mor­tificare e rinnegare se stessi, uscir fuori dalla droga della vita esteriore. Il che vuoi dire mortificare i sensi, calpestare le ambizioni e l’orgoglio, la vanità, la sensualità e tutte le brutte passioni.

Non vi è autentico Vangelo senza questo elemento di base: la Croce e la Croce perso­nale. San Paolo (Gai. cap. 5) scriveva di mortificare, cioè far morire l’uomo del pecca­to ed enumera quali sono le “opere della car­ne” (noi le chiameremmo vita esteriore) e sono: “adulteri, fornicazioni, impudicizie, libertinag­gio, idolatria, stregoneria, inimicizie, conte­se, invidie, ire, sette, discordie, omicidi, ubria­chezza, gozzoviglie, orge e cose simili…”. Se ci decidiamo per Gesù e cominciamo a vivere la vita inferiore animati dallo Spirito Santo, allora cominceremo a notare come in noi maturano dei frutti che si chiamano ap­punto “frutti dello Spirito Santo” elencati nel­la stessa lettera ai Galati (5,22) e sono: “Ca­rità, Gaudio, Pace, Pazienza, Benignità, Bon­tà, Longanimità (o pazienza lunga, senza li­miti…), Mansuetudine, Fedeltà, Modestia, Continenza, Temperanza, Castità”.

Chi vuole essere un vero atleta deve per necessità astenersi da tanti divertimenti e pia­ceri ed essere austero. Dei calciatori, prima della partita, si dice che vanno “in ritiro”. Ne parlava anche S. Paolo per gli atleti dello sta­dio: essi si astengono da tutto. Tanto più deve avere uno stile di vita “austero” il cristiano nel senso dell’astinenza e mortificazione.

Chi fa altre scelte in contrasto con le in­dicazioni di Gesù non potrà mai gustare quan­to è soave il Signore! Non possono convivere luce e tenebre, fuoco e ghiaccio, Dio e il mondo. Non si può servire due padroni!

Vale la pena rinnegare la vita esteriore che porta solo tristezza, delusione e, talvolta, disperazione.

Il mondo e il demonio sono dei pessimi padroni: essi non pagano! In cambio si gusta già un vero assaggio dei beni del Cielo: Gioia-Pace-Amore.

Dio è tutto! Solo Dio basta a tutto! Dio è la mia gioia!

II resto fuori di Dio, senza Dio o in con­trasto con la volontà di Dio è solo perdita e rovina.+ù

 

Indicazioni pratiche

Vi è la differenza tra rinnegare se stessi e il portare la croce.

Il rinnegare se stessi è una scelta persona­le fatta di nostra iniziativa, di lottare contro le passioni e contro la tirannia dei sensi; corri­sponde all’indicazione precisa di Gesù: “chi non rinuncia a tutto non può essere mio di­scepolo”.

In questo campo della rinunzia vi è una sola misura da seguire “la misura che ha se­guito Gesù” ed è questa: egli ha dato tutto per amore e con amore per noi.

Chi più ama più dona.

La scelta, quindi, della rinunzia, della mortificazione è proporzionata alla misura del nostro amore e della nostra generosità nello sforzo di vivere sempre più intensamente la vita interiore.

Additiamo in particolare “il digiuno” pre­so nel senso più vasto, che non è solo morti­ficare la gola, ma far “digiunare” tutti i sensi: gli occhi che alimentano la “curiosità” nel voler vedere e gustare spettacoli di ogni genere. Poi uno si accorge che si è spento qualcosa dentro perché, a dir poco, distraggono quelle fanta­sticherie. Dopo una seduta alla TV non è possibile passare ad una preghiera che sia davvero “ele­vazione dell’anima a Dio”.

È anche rinnegare se stessi contrastare l’egoismo, il protagonismo e amare invece il nascondimento, l’umiltà.

“Portare la croce”, invece, è accettare la rinunzia che ci chiede Dio stesso, permetten­do le prove della vita sia fisiche, sia morali.

Allora, anche se sentiamo ripugnanza e contrasto contro il patire, – lo sentiva anche Gesù nell’Orto degli Ulivi – dobbiamo dire: Padre, sia fatta non la mia ma la tua volontà.

* * *

“Molti sono i chiamati, pochi gli eletti” ammonisce il Maestro; per conseguenza vi sono molti “Santi falliti”. Perché? Il motivo è che le esigenze del Maestro vengono minimizzate, diluite in mille compromessi con le esigenze della natura corrotta e del mondo. “Che male c’è?… si dice davanti alle comodi­tà facili, ai divertimenti a portata di mano… è peccato? No! e allora non facciamo scrupo-li\”, “Non esageriamol”.

Sì, non esageriamo, si dice. Ed esagerati vengono definiti quelli che viceversa fanno una scelta radicale e si impegnano a rinnegare se stessi e a portare la Croce. D’altra parte se si elimina dal Vangelo tutto ciò che riguarda questo punto qualificante, che cosa mai vi rimane? Il Vangelo è vanificato!

Un’ultima riflessione su questo punto, prima di passare all’altro pilastro portante della vita inferiore che è la preghiera.

Supponiamo che in un santuario si renda visibile la Madonna pronta ad esaudire tutte le suppliche. Accorrono tutti e chiedono di essere liberati da ogni angustia, pena, malat­tia, Croce…

Eccoci più leggeri, felici, i problemi tutti risolti, salute di ferro, liberi da ogni angu­stia… Sarebbe una via bella, facile, invitan­te… ma sarebbe la Via di Gesù? No! ma l’op­posto! Il Maestro ha detto senza mezzi termi­ni che la via della salvezza è aspra e difficile – allora – anche se è lecito pregare per essere liberati da ogni angustia – non sarebbe davve­ro una “grazia” vedersi senza più la Croce e la rinunzia, perché significherebbe rinunciare alla salvezza.

Chiediamo allo Spirito Santo, per inter­cessione di Maria, di rivelarci la preziosità e la necessità della rinuncia e della Croce.

La Croce è l’unica nostra salvezza, è l’uni­ca via che porta al ciclo e che è segnata con questa targa: Via Crucis.

Passeremo ad un’altro punto qualificante della Vita intcriore: La Preghiera.

 

Parte II

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LA PREGHIERA

 

Il cristiano che prende coscienza della propria identità e dignità di figlio di Dio, che ha scoperto di essere tempio vivente di Dio e che Dio abita in lui, il cristiano che vive la vita intcriore sente spontaneo un divino im­pulso interiore che lo muove a vivere abitual­mente in comunione con la S.S. Trinità. Egli attua l’esortazione di S. Paolo (Col 3,1-4) “cer­cate le cose di lassù… pensate alle cose di lassù”.

Diventa per lui facile trasformare la vita tutta in preghiera così come Gesù chiede (Lu­ca 18,1). “Bisogna pregare sempre, senza stan­carsi”.

 

CHE COSA È LA PREGHIERA

La definizione tradizionale è: “la preghie­ra è l’elevazione della mente e del cuore a Dio”. Corrisponde all’indicazione del Salmo 24,1: “A Te, Signore, elevo l’anima mia”.

Elevare indica un movimento verso l’alto “da quaggiù a lassù”.

Elevare significa disincagliarsi dalle cose e dalle creature e ancorarsi in alto, in Dio; significa sforzarsi sinceramente di rompere l’incantesimo dei sensi ed il fascino seducente delle cose e delle creature, l’inganno di satana che vuoi farci vivere solo di “quaggiù”.

Elevare l’anima con tutte le sue facoltà: intelletto-volontà-memoria.

= elevare l’intelletto, la mente, e quindi pensare a Dio, alle cose eterne.

“Le cose visibili sono di un momento, le cose invisibili sono eterne, noi fissiamo lo sguardo sulle cose invisibili” (2 Cor 4,18) “Pensate alle cose di lassù” (Colossesi 3,1-4).

Passa la scena di questo mondo! Certo i sensi e la fantasia ci tiranneggiano: basta una voce, un rumore, uno sguardo anche involon­tario e già la mente, che sembrava fissa in Dio, divaga e sfuma il raccoglimento. Tuttavia è indispensabile il raccoglimen­to che vuoi dire radunare tutte le nostre forze esterne ed interne (occhi, udito, fantasia, memoria, intelligenza) e fissarle in Dio.

Con la pratica e l’impegno sincero ci riu­scirà più facile immergere la mente in Dio e librarci in alto.

Cominciamo con l’eliminazione delle “di­strazioni volontarie”. Dio vede e premia lo sforzo sincero di chi vuole davvero pregare. Questo già è inizio di preghiera, è preghiera.

= elevare la volontà, il cuore.

La preghiera è l’incontro amoroso di due amori, di due cuori: Dio e l’uomo. Meditare seriamente quanto Dio ci ama serve ad accen­dere in noi il sacro fuoco dell’amore.

Dio ci ama al punto di farsi Padre e far di noi i suoi figli; ci ama al punto di non rispar­miare né la Passione né la Morte al Figlio Di­vino, per amore nostro. Amore di tenerezza, di misericordia, di perdono, di provvidenza… Gesù ci assicura che lui non ha bisogno nemmeno di pregare per noi il Padre, perché il Padre ci ama di sua iniziativa (Giov 17,26-27).

Il Padre ci ama di amore preveniente, cioè non da quando siamo diventati buoni, ma da quando eravamo peccatori ed il suo amore non solo ha preceduto il nostro amore, ma addirittura il suo amore è la causa e la sorgen­te del nostro amore.

Dio amandoci ci fa amanti suoi!

Il nostro cuore è irresistibilmente attratto da tutto ciò che è amabile, bello, prezioso,

nobile… Ma Dio è l’amabilità, la bellezza, la ricchezza, la nobiltà alla sorgente. Dio è tutto! Dio è la delizia degli Angeli e dei Santi, de­lizia incorruttibile ed eterna.

Tutte le creature trovano in Lui la loro unica origine e sostegno e ne sono un pallido riflesso… sono, in paragone a Dio, come un fiammifero spento in paragone al Sole… sono meno di una goccia di fronte all’oceano.

Tuttavia amare Dio è – come la fede -dono di Dio.

Io amo Dio perché Dio mi dona il suo amore e mi fa suo amante.

Questo dono lo abbiamo già ricevuto, con la Fede e la Speranza, nel giorno del nostro Battesimo, quando Dio ci ha scelti e costituiti figli suoi donandoci lo Spirito Santo che ci abilita ad amare Dio.

Diciamo spesso: Vieni, o Spirito Santo… accendi in noi il fuoco del tuo Amore.

Come quando un uomo si innamora di una donna (e viceversa) quella donna diventa il centro intorno al quale gira tutta la sua esi­stenza – pensa sempre a lei, vuole stare sem­pre con lei, soffre quando è lontano da lei -così il nostro cuore deve arrivare a fare di Dio il centro della vita e di ogni attività.

Tutto in Dio, tutto per Dio, tutto con Dio!

È un punto di arrivo verso il quale dobbia­mo fare ogni sforzo per giungervi.

La. preghiera è, dunque, l’innamoramento di Dio. Quando un uomo è veramente innamora­to di una donna anche se incontra un’altra bellezza femminile, non gli dice niente!

Nulla lo smuove dal suo unico amore.

Così chi è veramente innamorato di Dio non si lascia incantare da altre attrattive, dal momento che egli vive quanto ha detto il Si­gnore: “Bisogna pregare sempre e mai stan­carsi”.

Diventa abituale l’elevazione della mente e del cuore a Dio. Una bella immagine del rapporto di amore tra Dio e l’uomo è quella del bambino in braccio alla mamma.

Per il bimbo la mamma è tutto il suo mondo, la sua fiducia, la sua certezza… offrite pure al figlioletto tutte le ricchezze e le bel­lezze del mondo in cambio della mamma… egli respingerà tutto.

A lui basta la mamma, vuole solo la mam­ma. Quando arriverà il momento che ci sen­tiremo come piccoli figlioletti in braccio al Padre Celeste e a Mamma Maria?

= elevare la memoria.

La memoria è ricordo, è ritorno alla men­te di persone, cose ed eventi passati. Questo ricordo diventa anche esso preghiera quando ha per oggetto Dio, i benefici di cui Egli ha seminato la mia vita, i giorni in cui sono stato ingrato, il ricordo dei giorni in cui Gesù ha accettato la Passione e la morte e la mia ingra­titudine.

Il buon ladrone diceva a Gesù: “Signore, ricordati di mei”.

Gesù dice invece a noi: Ricordati del mio amore, dell’amore del tuo Buon Padre, del Crocifisso, dell’Addolorata… ricordati dei Co­mandamenti di Dio… della morte, del giudi­zio, del Paradiso, dell’inferno… S. Alfonso, alla fine delle Missioni faceva cantare al po­polo questa giaculatoria: “Tutti i momenti miei, Signore, siano spesi, nel piangere quel tempo in cui ti offesi”

DIFFERENZA TRA PREGHIERA E PREGHIERE

Potremmo paragonare la preghiera al­l’amore e le preghiere agli atti di amore.

Vi è differenza tra amore e atti di amore: l’amore-è uno stato di animo permanente, gli atti di amore si esprimono di tanto in tanto e servono ad alimentare l’amore.

Così la preghiera è uno stato di animo permanente, un orientamento abituale dell’ani­ma che pensa a Dio, ama Dio, si ricorda di Dio… è come l’ago della bussola rivolto sem­pre verso nord.

La preghiera è quello che è l’acqua per il pesce, che non può vivere fuori dal suo ele­mento…

Il cristiano che non vive la preghiera, cioè che non vive abitualmente immerso in Dio, presto diventerà asfittico ed in lui si spegne la vita interiore.

Le preghiere ci aiutano a pregare, ma non sono necessariamente la preghiera, perché le potremmo recitare senz’anima, senza mente e senza cuore. Tuttavia, anche le preghiere sono necessarie.

Anticamente nelle nostre case non vi era il gas da cucina: vi era un fornello adatto a contenere una buona quantità di carbone, ed accanto, in terra, vi era in un contenitore la provvista di carbone. Si accendevano i carbo­ni nel fornello, poi a mano a mano i carboni accesi si consumavano e allora con delle pin­ze adatte si faceva il rifornimento di nuovo carbone… Così la preghiera è la fornace ac­cesa… le preghiere sono i pezzi di carbone per il rifornimento e così rimane sempre acceso il sacro fuoco dell’amore di Dio.

S. Alfonso afferma: “Chi prega certamente si salva, chi non prega certamente si danna”

TRE ESPRESSIONI DELLA PREGHIERA

Tutte le volte che l’anima si eleva a Dio vi è preghiera.

Il movimento di elevazione dell’anima -intelletto, volontà e memoria – si può realiz­zare in tre modi:

– Parlare con Dio;

– Ascoltare Dio che parla;

– Parlare di Dio.

–   Parlare con Dio

(e anche con tutto il mondo soprannatura­le: Maria SS., gli Angeli, i Santi…) si manife­sta con diversi atti che sono sempre preghie­ra: adorazione, lode, ringraziamento, ripara­zione. Tutto ciò si può fare anche con una preghiera silenziosa, intima, contemplando, meditando. Si può da soli o comunitariamente, nella preghiera privata ed in quella pubblica e ufficiale della Chiesa (Liturgia), purché ven­ga coinvolta l’anima.

Siamo certamente interessati a che Dio ci ascolti quando gli parliamo: tanto che Dio stesso nella Bibbia ci suggerisce di far prece-

dere le nostre preghiere con questa invocazio­ne: “Signore ascolta la mia preghiera, ed il mio grido giunga a Te”.

Possiamo essere sicuri che Dio ci ascolta sempre, che la nostra preghiera giunge sem­pre al suo Cuore di Padre, anche se non ci concede sempre ciò che chiediamo per motivi misteriosi di amore.

Dobbiamo parlare con Dio come un bam­bino parla fiducioso ed amoroso alla mamma che lo tiene tra le braccia.

Dio è padre e madre… perciò non è ne­cessario un linguaggio studiato o la ricerca di formule… magiche.

Basta l’amore confidenziale, quello che Gesù ci ha insegnato quando ci ha esortato a pregare dicendo: “Padre”.

Padre! Con questo grido d’amore cadono tutte le barriere, tutti i timori si dissipano e rimane solo l’amore e la confidenza. Tanto più che per incontrarmi con Dio e colloquiare con Lui non è necessario fare… un viaggio! abbiamo già appreso che Dìo, più che accanto a noi, è dentro di noi.

Dio con noi – noi con Dio.

Ed ecco la preghiera. Starei per dire che Dio è sempre… con la cornetta del telefono all’orecchio per ascoltarci… e chi ama Dio riuscirebbe a pregare anche nell’inferno.

Sentite l’esortazione di S. Paolo (Ef 6,18) “Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spiri­to…” e – (in I Tess 3,10): “Pregate senza interruzione”, e ancora (Col 3,17) “Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù”. Secondo l’inse­gnamento della Bibbia tutto viene santificato dalla preghiera, anche le azioni più comuni ed abituali, quando tutto si fa con lo Spirito di preghiera.

–   Ascoltare Dio che ci parla

Noi non immaginiamo nemmeno lonta­namente quanto il Buon Padre Celeste voglia parlarci, entrare in comunione con noi, suoi figli. È Padre! Ed è Padre comunicativo a tal punto che ci ha dato come fine supremo della vita di entrare in comunione eterna di amore con Lui, in Ciclo. Egli non desidera di meglio che noi ci mettiamo in amoroso ascolto (Osca 2,16).

“Io parlerò al suo cuore” afferma il Si­gnore nella S. Scrittura; che per farci capire quanto Dio è interessato al nostro ascolto nel Salmo 94 ci esorta: “Ascoltate oggi la sua voce – non indurite il cuore”.

Non contento ancora il Buon Dio di aver­ci parlato nel V.T. per mezzo dei patriarchi e dei profeti, ha mandato suo Figlio – che nella Bibbia è chiamato Parola – diventato uno di noi per rendere più tangibile il suo desiderio di parlare con noi. Gesù paragona la Parola di Dio al cibo, affermando che: “l’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4).

Gesù ci esorta ad accogliere la Parola di Dio come il buon terreno accoglie il seme e lo fa fruttificare. Dice Gesù: (Luca cap. 8) “// seme caduto sulla terra buona sono coloro che dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e produco­no frutto con la loro perseveranza”.

Occorre, però, fare il “deserto” in noi perché la Parola possa essere accolta e dare frutto.

“Deserto” vuoi dire sgombrare la mente ed il cuore da ogni pensiero o sentimento che possa occupare il posto che spetta a Dio che ci parla.

Bisogna essere convinti fino in fondo che Dio ci parla di cose così interessanti ed essen­ziali che qualunque altro pensiero deve essere eliminato. Nessuna cosa al mondo e nessuna creatura è così importante ed interessante da occupare il posto di Dio e dei nostri interessi eterni. Andiamo volentieri all’udienza con il nostro Buon Padre!

Questo incontro di ascolto deve avvenire ogni giorno con perseveranza e con la dispo­nibilità a mettere in pratica tutto quello che il nostro Maestro Divino ci insegna. Ne vedre­mo presto i frutti perché la parola di Dio puri­fica, illumina, santifica, consola, edifica il bene, ci rende forti nel combattimento spirituale.

S. Teresa d’Avila racconta di suo padre. Lei era monaca di clausura, lui la visitava ogni giorno e trascorreva l’udienza nel racconto delle frivolezze, dei pettegolezzi del mondo. La santa sentiva grande pena che lui riempiva la vita di sciocchezze e la spendeva appresso a cose vane e futili.

La santa figlia gli diede un consiglio: leg­gere ogni giorno per un po’ di tempo due libri dati in prestito da lei: l’abbecedario della vita cristiana ed un libro di esempi edificanti di santi.

Bastarono poche settimane di questa “cura spirituale” ed il papa della santa cominciò una trasformazione così evidente che quando ve­niva dalla figlia la salutava soltanto e poi, li­cenziandosi diceva: “Vado a trattenermi con il Buon Dio”.

I Cristiani di oggi sono incoerenti, scialbi, non concludono nulla sul piano spirituale ed eter­no e molte volte spengono la vita della grazia.

Essi hanno la mente ed il cuore ingombri da pensieri, fantasie, passioni alimentati da un bombardamento continuo che viene dal­l’ambiente in cui vivono che è pagano, dal divertimento a buon mercato ed a domicilio che è la TV, dalle numerose riviste frivole e molte volte sensuali ed oscene.

Occorre molta forza d’animo: costa tron­care questi rapporti con un mondo corrotto e corruttore. Ma chi vuole la salvezza non ha altra alternativa. Dicono i maestri di cose spirituali, che meditazione (= ascolto della Parola di Dio) e peccato non possono convi­vere. Chi persevera nell’ascolto della Parola di Dio presto lascerà il peccato; altrimenti lascerà l’ascolto.

Modi e mezzi con cui Dio ci parla

Dio ha infinite vie per arrivare alla nostra mente e al nostro cuore donandoci il cibo della Parola. Vi è innanzitutto il mezzo sicuro, cer­to e ufficiale per mettersi in ascolto della Parola di Dio ed è l’insegnamento della S. Madre Chiesa, insegnamento che si chiama “Magi-ster”. Per questo Gesù, rivolgendosi ai primi Maestri della Fede ha proclamato: “Chi ascol­ta voi, ascolta me!”.

Ed è la Chiesa che da sempre ci presenta la Bibbia come autentica Parola di Dio, ci dice quali sono veramente i Libri Ispirati e ce ne da l’autentica interpretazione.

Sul fondamento dell’insegnamento della Chiesa noi cattolici amiamo e veneriamo il Libro Sacro e lo consideriamo così come è: una lettera che il Padre del Ciclo ha scritto per i figli della terra.

La Bibbia per noi è un nutrimento indi­spensabile e sano, ed abbiamo il dovere di conformare tutta la nostra vita all’insegnamento che ci viene dalla S. Scrittura.

Occorre dedicare ogni giorno uno spazio di tempo per la Lectio Divina cioè per la Di­vina Lettura o lezione, e per tutta la vita an­diamo a questa scuola di Dio.

Leggiamo tutta la Bibbia, ma in particola­re nutriamo la nostra vita all’insegnamento di Gesù e degli Apostoli (Nuovo Testamento). Con­sumiamo la Bibbia come si consuma un cibo !

È inevitabile che nella lettura della Bibbia vi siano dei passi difficili ad essere interpretati. Questa difficoltà è stata prevista dalla stessa S. Scrittura. Ne parla S. Pietro (2 Pt 3,16) che scrive: nelle lettere di Paolo “vi sono dei punti difficili a comprendersi, che gli igno­ranti interpretano erroneamente, come fanno delle altre Scritture, per loro perdizione”.

Gesù, perciò, accanto al libro, ha messo la Maestra che ce lo spiega: la Madre Chiesa.

È Gesù stesso che ce ne assicura nel rac­conto di S. Luca dell’Ultima Cena, quando disse a Pietro: “Simone, Sinione, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede, e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Le 22,31,32).

Al Papa, dunque, ed ai Vescovi uniti a lui, Gesù ha dato il mandato di essere per i fratelli, i fedeli, maestri nella Fede.

Il Concilio Vaticano II (Lumen Gentium n. 25) “// religioso rispetto di volontà e di intelligenza si deve in modo particolare pre­stare al magistero autentico del Romano Pontefice anche quando non parla ex cathedra”.

Un incontro privilegiato con Dio che ci parla è il momento liturgico, in particolare la S. Messa nella quale vi è la “Liturgia della Parola”. Quando vado a Messa devo dire: vado ad ascoltare ciò che il Buon Dio ed il mio Maestro Gesù mi vogliono dire. Vado alla scuola di Gesù.

Oltre a questa strada direi “ufficiale” con cui Dio mi parla, che è l’insegnamento della

S. Madre Chiesa, vi sono messaggi personali, privati di Dio, che ci arrivano attraverso gli avvenimenti lieti o tristi, attraverso l’incontro con persone, la lettura di un libro; oppure Dio ci può parlare interiormente, in un modo mi­sterioso, dandoci la sensazione netta che è Lui che ci parla senza suono di parola. Sono messaggi che risultano un richiamo, un am­monimento, che ci indicano nuove scelte da fare, nuove vie da percorrere; talvolta sono scossoni che ci richiamano alla conversione uscendo fuori dalle secche del peccato o da una vita piatta, tiepida, senza slanci e senza ideali. I semi della Parola cadono incessante­mente nel terreno buono e ben concimato da preghiere e penitenze.

Incertezze e dubbi

Qui però può sorgere una domanda: È proprio Dio che mi parla? È fantasia? È ingan­no del demonio?

Ecco alcuni suggerimenti adatti al discer­nimento.

– Controllare se quanto uno “sente” è con­forme all’insegnamento della Chiesa. Non ci può essere nessuna “rivelazione” privata o messaggio che aggiunga qualche cosa in con­trasto con quanto è contenuto nella S. Scrittu­ra e nell’insegnamento della Chiesa.

– Trattandosi di rapporti “privati” tra l’ani­ma e Dio (la Madonna, i santi…) il giudizio sia affidato ad un ministro di Dio dotato di scienza divina, di esperienza e di vita vera­mente esemplare.

Beato chi ha un Padre Spirituale, pruden­te, saggio, illuminato da Dio. Si stia umilmen­te alle indicazioni che vengono da lui e si eviti di andare in giro alla ricerca di uno che “ci dia ragione”. Vi è un segno inconfondibile per discernere il “veggente” dal “visionario”, l’au­tentico dal falso portatore di messaggi: la sete di umiltà e di nascondimento.

“Veggente” è chi – come S. Bernardetta -davvero ha visto la Madonna ed ha conversa­to con Lei. “Visionari” sono i falsi, i fasulli, i malati di mente… i manovrati dal demonio. Vi è oggi un’inflazione di veggenti e di carisma­tici. Si corrono grossi rischi. La prudenza non è mai abbastanza – La Madonna, il Buon Dio non utilizzano come loro messaggeri quelli che amano mettersi in mostra e si fanno pro­paganda. Chi fa a “gomitate” per farsi largo e a tutti i costi vuoi far intendere di essere un “privilegiato” certamente o è un illuso o è un turlupinato dal demonio.

Il protagonismo viene dal maligno.

Conclusione

Trovare ogni giorno uno spazio di tempo da spendere tutto con Dio e per Dio.

Fare ogni giorno una buona meditazione alla ricerca di quello che il Buon Dio vuoi

dirci; prestare molta attenzione alla Liturgia della Parola nella S. Messa;

Frequentare ritiri spirituali per aprire il cuore al seme della Parola;

Leggere vite di santi e libri e riviste edi­ficanti.

Attenzionel Non avvelenare l’anima indul­gendo a letture, spettacoli, conversazioni che non solo appannano la vista spirituale, ma che conducono a considerare le cose di Dio come favole, fantasie\

Segno che si è spenta una luce nell’anima è una espressione che sorge spontanea quan­do si è invitati a pregare, a Messa: mi scoccio

 

– Parlare di Dio

“La bocca parla dell’abbondanza del cuo­re”, dicevano gli antichi.

Così avviene anche per chi ama davvero Dio. La conseguenza più logica e naturale della nostra vita interiore e di comunione con Dio è che sentiamo l’impulso interiore a comuni­care anche agli altri la luce, il calore, i tesori ricevuti da Dio.

“Sarete miei testimoni”, dice Gesù (Atti 1,8).

È col battesimo che noi siamo stati resi conformi a Cristo anche nella sua missione e dignità di “Profeta”. Profeta significa uno che ha ricevuto un messaggio e lo trasmette agli altri. Qui si tratta del messaggio della Salvez­za. Ogni cristiano è quindi, in forza del Battesimo e ancor più della Cresima, uno che parla di Dio, per Dio, ed in nome di Dio.

È connaturale per il cristiano essere Pro­feta, essere Apostolo, quindi in senso vasto, parlare di Dio.

Vi è chi ne parla come un fatto di cultura, di istruzione, senza “contagiare”, senza “coin­volgere” gli altri nel santo amore di Dio. Chi invece vive la vita intcriore fa l’esperienza di comunione intima con Dio ed è perciò portato dall’amore più che dal dovere a dire agli altri: “Gustate e vedete quanto è soave il Signore”.

Per parlare di Dio non vi è gran bisogno di erudizione. Certo non si può trascurare l’istruzione religiosa, anzi si ha il dovere di conoscere quanto meglio è possibile la verità della Fede. Però quello che conta è comunica­re agli altri l’esperienza di una vita vissuta in Dio, con Dio e per Dio.

Il migliore e più efficace discorso

Non è quello delle parole.

È la vita, è l’esempio che parla con più eloquenza delle parole. Il discorso delle paro­le deve essere accompagnato, preceduto e seguito dal discorso della vita esemplare. La parola suona – l’esempio tuonai

La forza intcriore ed irresistibile che urge dentro il cuore a interessarci di Dio, a parlar­ne, a procurare la sua gloria, si chiama zelo. Il vero zelo, però, fa sentire il bisogno di parlare di Dio alle anime con competenza e quin­di spinge allo studio della Fede; suggerisce sante iniziative per entrare in colloquio con chi ha bisogno di incontrare Dio; spinge alla preghiera ed al sacrificio per la fecondità dell’Apostolato.

È la preghiera ed il sacrificio che rendono feconde le parole e le iniziative affinchè le anime si orientino verso Dio e verso la vita eterna.

La preghiera, opera dello Spirito Santo

È verità rivelata, cioè contenuta nelle S. Scritture: la vera preghiera è opera dello Spi­rito Santo. S. Paolo afferma (1 Cor 12,3): “Nessuno può dire Gesù è Signore se non sotto l’azione dello Spirito Santo”.

Nella lettera ai Calati (4,6) dice: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio che grida: Abbà, Padrel”.

Quando ci doniamo completamente alla soave e forte azione dello Spirito Santo, egli fa di noi degli “innamorati” di Dio.

Credere, amare, vivere la vita di grazia, agire soprannaturalmente è sempre opera dello Spirito Santo: senza la sua opera noi non sapremmo nemmeno che cosa dire nella preghiera…

Cosicché quando noi facciamo un atto di Fede è lo Spirito Santo che ci fa credere, quan­do amiamo è Lui che ama in noi, quando vin­ciamo una tentazione è Lui che la vince innoi, quando compiamo un’opera buona è lo Spirito Santo che opera in noi.

Spieghiamoci con un paragone.

Eccoci una radio portatile. Che cosa è che la fa funzionare? È la carica elettrica nascosta dentro. Così è del cristiano. Chi è che lo co­stituisce cristiano e lo fa agire da cristiano? È la forza misteriosa ma onnipotente dello Spi­rito Santo che abita in lui.

Come agisce lo Spirito Santo

Lo Spirito Santo agisce in noi da gran signore, con infinita nobiltà e gentilezza, sen­za mai violentare o forzare, ma invitando con soave dolcezza l’anima ad aderire… Se vuoi!

Aspetta solo la nostra adesione, e quanto più è generosa e libera e amorosa la nostra adesione tanto più lo Spirito Santo ci invade, ci riempe, compie l’opera della nostra santificazione.

Il Santo è il risultato di un’addizione: lo Spirito Santo che muove soavemente più la libe­ra e amorosa adesione; risultato: il Santo.

Come il dannato è il risultato di una sot­trazione: lo Spirito Santo che muove alla san­tità, meno la libera adesione del cristiano, uguale: dannazione.

Offriamoci all’azione dello Spirito Santo con i sentimenti e le parole di Maria: Eccomi! Sono tuo servo! Si compia in me quanto è nei tuoi disegni!

Ricapitolando:

Pregare è parlare con Dio: ma è lo Spirito Santo che prega in noi; Pregare è ascoltare Dio che ci parla: ma è lo Spirito Santo che ci apre il cuore alla comprensione della Parola di Dio; Pregare è parlare di Dio: ma è lo Spi­rito Santo che ci suggerisce che cosa dire e rende efficace la nostra parola.

Infine vogliamo ripetere l’ammonizione dell’Apostolo Paolo (Ef 4,30) “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dìo…” e in 2 Cor 6,1: ” Vi esortiamo a non accogliere inva­no la grazia di Dio…” e ancora 1 Tessalonicesi 5,19: “Non spegnete lo Spirito” “Oggi se ascol­tate la sua voce (di Dio) non indurite il cuo­re…”. Anzi rimaniamo in umile ed incessante preghiera: “Vieni o Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli, ed accendi in essi il fuoco del tuo amore”.

Preghiamo anche con la mediazione di Maria, nostra Mamma: “Vieni, Spirito Santo, vieni per mezzo della potente intercessione di Maria, tua sposa amatissima” (dal libro “Ai sacerdoti figli prediletti di Maria”).

* * *

// mio paese è in cielo, diceva la Madon­na ai pastorelli di Fatima. Sono le stesse pa­role di S. Paolo ai Filippesi (3,20) “La patria nostra è nei deli”. Nel testo latino al posto di patria è scritto “conversatio”, cioè conversa­zione. Ci spieghiamo con una riflessione. Vi sono delle persone che frequentano assidua­mente “i salotti”, organizzati in casa amiche ed ospitali. “I salotti” diventano in tal modo un punto abituale di riferimento e di ritrovo per gli amici. Per alcuni di essi non se ne può più fare a meno.

Dal momento che Gesù è asceso al ciclo, anche noi – che siamo in cammino verso la Patria, nostra terra promessa – dobbiamo vi­vere quaggiù ma con la mente ed il cuore già lassù. Il ciclo diventa “il salotto”, la casa amica del ritrovo abituale e ciò si realizza appunto per mezzo della preghiera.

Siamo già concittadini dei Santi e vivia­mo per Fede già in intima comunione con la S.S. Trinità, con Maria, con gli Angeli e i Santi.

La vera preghiera è come il telefono cellulare che rende possibile la conversazio­ne stando in casa, in viaggio, sul treno o in macchina, sempre e in ogni luogo. Quando vuoi hai sempre con te il telefono “cellulare” e ti metti in comunicazione con chi desideri.

Dall’altra parte del filo vi è sempre il Pa­dre e l’amico che ha l’orecchio all’auricolare per ascoltarti. Fa’ in modo però che quando parla Lui non trovi il telefono “occupato” da altre conversazioni distrattive o dannose.

La preghiera è il tuo “telefono cellulare”. Utilizzalo sempre e sarai sempre in amorosa e beatificante conversazione con Dio!

MARIA MAESTRA DI VITA INTERIORE

Parla con Dio. Maria manifesta il suo mon­do interiore specialmente con il canto del Ma­gnificat “L’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore”.

È l’anima che proclama la magnificenza del Signore e vive in Lui ed in Lui solo trova la sua gioia. È l’anima che manifesta il pieno abbandono nelle mani di Dio proclamandosi “serva del Signore”.

Ascolta Dio e si nutre della parola di Dio. “Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore”. La parola di Dio era il tesoro di Maria ed il suo nutrimento.

Parla di Dio. Ricordiamo l’episodio della visita di Maria SS. a S. Elisabetta. Maria fa un lungo viaggio, spinta dallo zelo, per portare in casa della parente la Parola di Dio, già vivente nel suo seno, Gesù.

Maria SS. ci aiuti a stare sempre in atmo­sfera di preghiera:

– a parlare con Dio;

– ad ascoltare Dio che ci parla;

– a parlare di Dio.

Chi vive così avrà speso bene la propria vita e passerà dalla conversazione della terra, fatta con Dio nell’ombra della Fede ed in mezzo a mille pericoli, alla conversazione del Cielo, che è eterna, amorosa e beatificante preghiera.

FACEZIE “SERIE” SULLA PREGHIERA

 

Preghiera “meccanica”

Mi spiego con un esempio.

Il nostro sacerdote ci raccontava di un santone indiano, accovacciato all’angolo del­le vie con una specie di macinino, formato da un cilindro e da una maniglia che lo faceva girare su se stesso.

Sul cilindro vi era scritta una preghiera.

I   devoti   lasciavano   una  elemosina  al santone in cambio di preghiere.

A seconda della quantità dell’offerta il santone girava tante volte la maniglia. Ad ogni giro corrispondeva una preghiera.

Quante volte le nostre preghiere sono… un macinino che gira automaticamente a vuoto.

Preghiera “rapida”

La preghiera “rapida” è di chi ha molte cose da fare.

II  “metronomo” scandisce il tempo “velo­ce” e le preghiere si macinano come il treno rapido divora le rotaie.

Dopo si è soddisfatti perché si è riusciti a recitare tre rosari e anche… qualcosa  in più!

La preghiera “parata”

Si devono salvare le apparenze!

Non importa se, mentre la bocca pronun­zia delle belle parole, la mente ne pensa altre ed il cuore naviga fuori dalla rotta di Dio, trascinato verso altri lidi dalla corrente di di­strazioni di cui si è responsabili.

La preghiera “menzogna”

Tu dici: “Mio Dio ti amo! Mio Dio mi pento ! “.

Tu sai benissimo che non è vero perché altri pensieri ed altri affetti disordinati impri­gionano il tuo cuore.

Non è vero che sei pentito, perché, forse, subito dopo la bella formula passi a commet­tere le stesse mancanze di cui avevi detto di essere pentito.

Una pia donna diceva: “Padre, aiutami a recitare bene il Padre Nostro]”.

E spiegava che lei si impuntava quando pronunziava le parole: “Sia fatta la Tua vo-lontàl”, perché le sembrava di dire una bugia.

La preghiera ‘ ‘ elemosina ‘ ‘

In un duplice senso:

– Vi sono di quelli che dicono alcune pre­ghiere e fanno alcune pratiche di pietà con la convinzione di fare un gran favore al Signore.

– Vi sono di quelli che pregano solo quan­do il bisogno bussa alla porta. Allora stendo­no la mano e si aspettano un beneficio come una elemosina da un benefattore.

Passato il bisogno passa anche ogni co­municazione con Dio.

È come facevano gli antichi romani con il dio Marte. Quando vi era la guerra aprivano il tem­pio del loro idolo. Finita la guerra, veniva chiuso.

La preghiera “tazzina di caffè”

È di quelli che credono di aver pregato abbastanza perché al mattino (forse anche alla sera) fanno un segno di Croce più o meno arrabbattato, biascicano a fior di labbra un Padre Nostro ed una Ave Maria e… così nu­triti affrontano la giornata senza nessun altro appuntamento con Dio.

Manca il vero nutrimento spirituale! È come chi pretende di affrontare il lavoro di una intera giornata nutrendosi unicamente di una… tazzina di caffè.

La preghiera “in coabitazione”

Capita anche questo.

Tu stai al televisore o stai attento a qual­cosa che interessa i tuoi sensi… vista… udito… e pretendi di trattenerti contemporaneamente col Buon Dio.

Stoltezza! Ave Maria… Santa Maria… e i tuoi occhi seguono una scena interessante.

La preghiera “fra 4 mura”

Vi sono quelli che dicono: “Io quando voglio pregare prego da solo, lontano dagli occhi indiscreti “.

“Non voglio farmi vedere dagli altri”. (In verità, essi hanno vergogna che altri sappiano che essi pure pregano e sono religiosi).

Credono anche di essere d’accordo con Gesù il quale ha detto – ed è vero – “quando vuoi pregare va nella tua stanza e chiuditi dentro. Lì pregherai il Padre tuo nel segreto”.

Essi dimenticano però che Gesù ha inse­gnato il Padre Nostro che è preghiera comu­nitaria non privata; che Gesù ha pregato con gli altri nel tempio; che Gesù si recava ogni sabato con Maria e Giuseppe a pregare nella sinagoga.

L’estremismo non è “evangelico”, in que­sta materia.

D’altra parte il libro sacro degli Atti degli Apostoli al cap. 1 e 2 ci presenta un quadretto di vita cristiana dei nostri primi fratelli nella fede “uniti e concordi nella preghiera insie­me con Maria, la Madre di Gesù”.

La preghiera “ultimatum”

È di quelli che hanno qualche grosso pro­blema e vogliono che Dio lo risolva con un miracolo. Ed eccoli a pregare, pregare, pre­gare…

II miracolo non avviene, almeno così su­bito come essi pretendono. E allora niente più preghiera… Essi hanno chiuso con Dio.

È evidente che la loro preghiera era un patteggiamento: Do ut des. Io ti do delle pre­ghiere, tu mi regali un miracolo!

ALCUNE PAROLETTE ANTICHE E… MODERNE SULLA PREGHIERA

Nell’antico Breviarium Romanum vi è una preghiera di preparazione alla preghiera con la quale si chiede al Buon Dio la grazia di poter pregare.

Digne – Attente – Devote

Dunque ci si prepara alla preghiera come ci si prepara all’incontro con un gran perso­naggio per trattare di argomenti di estrema importanza.

Eccone il significato.

Digne, cioè degnamente.

Entri all’udienza con Dio! Ma ti sei puri­ficato? Hai la veste nuziale? Prima che Mosé potesse avvicinarsi al Signore sul Sinai, una voce potente lo fermò e gli disse: “Togliti i calzari, perché questo è un luogo santo”.

Tu devi entrare in comunione con Dio. Vuoi purificarti col pentimento dei tuoi peccati?

Vedi come la Chiesa, all’inizio della Gran­de preghiera che è la S. Messa, c’invita all’atto penitenziale, per essere meno indegni di par­tecipare ai divini misteri.

Renditi degno di essere in comunione con Dio!

Attentel Cioè presta attenzione a quello che tu dici a Dio e a quello che Dio dice a te.

Deponi ogni pensiero ed ogni occupazio­ne o preoccupazione quando inizi la preghiera, perché la tua mente sia immersa solo in Dio.

Devotel Cioè col cuore! Parli più con il cuore che con le labbra! Anzi, non conta nulla quello che dici con la bocca se quelle stesse cose non le dice anche il cuore.

Mente e cuore si accordano nel colloquio col Signore.

Dove arriva la preghiera

La preghiera in quanto colloquio con Dio, arriva infallibilmente al cuore del Padre.

“// mio grido giunga a Te” diciamo.

E a Lui giunge davvero, purché il nostro grido sia vera preghiera.

Che Dio non si debba lamentare, come col popolo eletto nella Bibbia: “Questo popo­lo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”.

Devi credere fermamente che la tua pre­ghiera è ascoltata da Dio e che Dio là esaudi­sce a modo suo, non sempre a modo tuo.

Così la tua preghiera diventa luce, confor­to, sostegno, soluzione di tanti problemi.

Ma la tua preghiera non arriva solo a Dio: essa, arrivata al cuore del Padre, riparte e arri­va dove tu non puoi immaginare e reca a fra­telli e sorelle, che forse tu non conoscerai mai su questa terra, una rugiada di grazia, di luce, di orientamento, di conversione, di guarigio­ne e di vittoria contro il peccato e contro il maligno.

Quando tu dici: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” tu procuri a tante creature umane l’intervento della Divina Provvidenza…

Quando tu dici “Rimetti a noi i nostri debiti…” tu aiuti qualche peccatore a ritrovare il perdono e l’amore di Dio in una buona con­fessione…

Quando tu dici: “Liberaci dal male” il Buon Dio ti ascolta e ci guarisce dalle malattie, ci fa uscire dal tunnel delle tribolazioni, ci fortifica contro le tentazioni e il maligno ne esce con le ossa rotte.

Anche la preghiera, in quanto parola che Dio rivolge a noi, va sicura al suo scopo.

Se tu l’accogli essa è un seme che produce frutti di vita eterna.

Se tu la respingi essa diventa condanna e rimorso nel giudizio di Dio.

Vuoi aiutare i fratelli che sono nel biso­gno, ma non ne hai i mezzi? Ebbene, prega!

Il mezzo migliore è più sicuro per aiutare il Terzo Mondo è quello di bussare alla porta dell’altro mondai

Vi è un terzo mondo anche morale che vive in mezzo a noi, formato da persone che nuotano nel benessere materiale ma hanno fatto naufragio in un mare di disordini morali e di peccati.

 

Non vi è solo il Terzo Mondo dei paesi poveri.

Per ogni forma di terzo mondo bussa sem­pre con fiducia e perseveranza alla porta dell’al­tro mondo.

Pregare, nonostante tutto

Tu dici: “Io non prego perché non sento nessun fervore. Quando mi sentirò fervoroso, allora pregherò”.

È un tranello del demonio per non farti pregare.

Mi spiego con un paragone.

Tu sei uno che non si avvicina alla stufa… perché senti freddo. E tu morirai di gelo!

Avvicinati a Dio con la preghiera e prega di più e con più insistenza per ottenere il fervore.

Il fervore è un dono che Dio da a chi è perseverante nella preghiera.

Prega con Gesù nel Tabernacolo

Che cosa fa Gesù nel Tabernacolo? Egli prega!

Prega il Padre come Capo del Corpo mi­stico: adora, loda, benedice, ripara e impetra per tutti.

Accanto a Lui vi è sempre Maria. Ma egli vuole anche te con sé e con la Mamma.

Unisciti a Gesù e a Maria presso il Taber­nacolo. I momenti più preziosi e fecondi per l’eternità sono quelli che tu trascorri con Lui vivo e palpitante d’amore nel Tabernacolo e con Maria, Maestra di orazione.

Sposa gli interessi e le intenzioni di Gesù sacramentato, unisci la tua voce alla sua, i tuoi palpiti ai suoi.

Quando tu preghi bene: è Gesù che prega in te e con te; sei tu che preghi in Lui e con Lui; è Gesù che prega per te e tu preghi per glorificarlo.

Ricordo la confidenza fattami da un esorcista. Il maligno in un esorcismo fece al sacerdote questa proposta: “Io ti darò la buo­na riuscita nelle tue iniziative pastorali e nelle tue attività, ma a questa sola condizione: che tu la smetti di pregare”.

La preghiera LAVORO DI DIO

S. Benedetto chiama opus dei la preghiera.

È più difficile il lavoro intellettuale, ma di gran lunga più difficile il lavoro spirituale di cui uno dei pilastri è la preghiera.

Ma è anche il lavoro che più arricchisce e gratifica perché allora tu lavori per l’eternità e solo per l’eternità.

Il “lavoro di Dio” opus dei è di tale nobil­tà, preziosità e necessità che lo stesso S. Be­nedetto nella Regola per i suoi monaci da questa norma: Nihil operi Dei praepanatur che vuoi dire: non bisogna mai anteporre al­cuna cosa alla preghiera.

Vi sono anche dei religiosi e delle anime che hanno fatto una scelta radicale di Dio, ep­pure si lasciano assorbire in tal modo dalle at­tività e dagli impegni che a mano a mano as­sottigliano sempre più lo spazio per la preghie­ra e arrivano spesso a trascurarla del tutto.


     

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Padre del cielo,
Tu ci hai dato un modello di vita
nella famiglia di Nazareth,
aiutaci, o Padre buono,
a fare della nostra famiglia
un'altra Nazareth, dove regnano
l'amore, la pace e la gioia.
Fa' che la nostra vita,
sia profondamente contemplativa,
intensamente eucaristica
e vibrante di gioia.
Aiutaci a rimanere insieme
nella gioia e nella sofferenza
attraverso la preghiera familiare.
Insegnaci a vedere Gesù
nei membri della nostra famiglia
specialmente nelle loro difficoltà.
Possa il Cuore Eucaristico di Gesù
rendere i nostri cuori miti ed umili
come il suo e possa aiutarci
a compiere i nostri doveri familiari
in modo santo.
Possiamo amarci
come Dio ama ognuno di noi,
ogni giorno sempre più,
e possiamo perdonarci le offese
come Dio perdona le nostre.
Aiutaci, o Padre buono,
a prendere ciò che ci dai
e a darti tutto ciò che ci chiedi
con grande gioia.
O Immacolato Cuore di Maria,
causa della nostra gioia,
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S. Angelo Custode,
rimani sempre con noi,
guidaci e proteggici.
AMEN

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