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Spiritualità – Guida Spirituale

22 Luglio 2011 | Filed under: Biblioteca
     

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GUIDA SPIRITUALE

Don Giuseppe Tomaselli

PRELUDIO

Una visita al cratere dell’Etna è molto istruttiva; difatti il vulcano è meta di studiosi e di escursionisti.

La vera escursione comincia all’altezza di m. 1700; la salita è forte a farsi; bi­sogna faticare per circa quattro ore.

È interessante osservare le persone che giungono alla Cantoniera. Molti, uomini e donne, pur avendo il desiderio di go­dere dell’ecceziònale panorama che pre­senta la sommità del vulcano, dando uno sguardo al grande massiccio etneo, depon­gono il pensiero; non vogliono faticare e preferiscono fermarsi nei ristoranti.

Altri sono risoluti di giungere al cratere: chi riesce, chi torna indietro, chi ar­riva sfinito … e chi trova la morte. Prima di dare la scalata ad una monta­gna, devono misurarsi le proprie forze, non caricarsi di pesi inutili ed avere una buona guida.

La perfezione cristiana è un’alta mon­tagna da salire. Tutti siamo chiamati a questa sublime ascensione, perché tutti siamo stati creati per raggiungere il Pa­radiso.

« Siate perfetti, dice Gesù Cristo, com’è perfetto il Padre vostro che è nei Cieli » (Matteo, V-48).

Queste parole divine non sono rivolte solo ai Sacerdoti, ai Frati, alle Suore e a qualche vergine che sta nel secolo, ma a tutti coloro che sono battezzati.

La perfezione spirituale non ha limiti; ogni anima raggiunge quel grado che vuo­le, secondo la misura a grazia di Dio e proporzionata al grado dei buona volon­tà che vi mette.
Ma è possibile conseguire la perfezione cristiana, cioè vivere intensamente la vita spirituale? Certo, perché il Signore non comanda l’impossibile e non invita a cose assurde; poiché dice « Siate perfet­ti », è sua volontà che ognuno si sforzi di conseguire la perfezione di cui è capa­ce, secondo i talenti ricevuti e secondo lo stato di vita che ha abbracciato.

Chi dicesse: Non posso attendere alla vita spirituale, perché sono nel matrimo­nio … perché desidero accasarmi … perché devo guadagnarmi il pane … perché ho poca istruzione … chi così dicesse, sarebbe in errore. L’unico impe­dimento alla vita spirituale è la pigrizia e la cattiva volontà; ed allora è il caso di dire: Signore, liberaci dalla cattiva volontà –

Diamo ora uno sguardo alle diverse categorie…

di anime.

NELLA VALLE

I cattivi cristiani.

Mi ero proposto, andando a Roma, di fare una visita alle Fosse Ardeatine; po­tei riuscirci.

In prossimità delle catacombe di S. Cal­listo si scorge l’austero Capannone. C’è poco da vedere in quella zona, ma molto da meditare.

Il monumento, posto all’ingresso, fa rivivere la terribile scena di sangue, av­venuta per vicende belliche. Erano stati uccisi trentatré soldati tedeschi entro Roma; dovevano perdere la vita trecento trenta italiani: dieci per uno.

Nella retata furono presi degli uffciali; non essendo completo il numero, fu­rono presi anche dei civili.

Che orrore! Trecento trenta, uomini e donne, legati alle pareti delle fosse, poi mitragliati e lasciati lì i loro cadaveri, senza che se ne sapesse nulla per parecchi giorni!

Si vedono ancora i buchi prodotti dalla mitraglia. La pietà dei cittadini diede onorata sepoltura a quei morti, innalza­rono loro la tomba, sotto un Capannone. Quanti fiori e quanti ceri!

Mentre pregavo presso una tomba, mi colpì il contegno mesto di una signorina; dubitai che fosse una semplice visitatrice.

Le rivolsi la parola: In questa tomba giace qualche suo conoscente? – Non mi rispose; era troppo presa dal dolore. Ripetei la domanda ed allora ebbi la ri­sposta: C’è mio padre! – Era militare?

– No; andava al lavoro quella mat­tina e, passando qua vicino, fu preso e poi ucciso!… –

Mentre uscivo dalle Fosse Ardeatine e attraversavo quegli antri lugubri, rian­davo col pensiero al momento della car­neficina, quando quegl’infelici chiamava­no disperatamente chi la sposa, chi i figli e chi i genitori e poi si abbattevano sul proprio sangue.

Dopo quella visita dicevo a me stesso: Se Fosse Ardeatine significa luogo di car­neficina, oh!, quante Fosse simili ci sono nel mondo e più orribili ancora! Che cosa sono oggi le sale dei cinema, della televisione, della danza e le spiagge? … Sono luoghi di morte, non del corpo, ma dell’anima. L’immoralità, bevuta a larghi sorsi, toglie la vita spirituale, e quindi la grazia di Dio, ad innocenti fanciulli e fanciulle; avvia al libertinaggio la gio­ventù d’ambo i sessi; indurisce nella di­sonestà e nella irreligiosità tanta gente matura. E quale strage più terribile di questa? Che cosa sono trecentotrenta persone mitragliate, che perdono la vita del corpo, a confronto di milioni di crea­ture, che perdono la vita dell’anima e si sottoscrivono alla morte eterna?

Purtroppo nelle Fosse Ardeatine quegli sventurati furono trascinati con violenza e non potevano liberarsi dalla morte; ma alla strage morale si va liberamente e si invitano altri ad andare!

Quanti delitti morali! … E chi sono gli assassini? … Nelle Fosse gli uomini massacravano gli uomini; negli spettacoli immorali sono i battezzati che scandaliz­zano i battezzati! E non furono un giorno al Fonte Battesimale e non si accostarono anche alla Prima Comunione, tanti ar­tisti e artiste, che per amore dell’oro e della gloria oggi danno la morte agli agnelli del gregge di Gesù Cristo?

E non sono rei di assassinio coloro che cooperano alla rovina delle anime inno­centi? Come chiamare i gestori della mag­gior parte dei cinema? E non sono nel numero degli assassini quei genitori inco­scienti, che mandano i figli agli spettacoli immorali?

Se al termine di un film poco modesto si potessero vedere le anime, come si ve­dono i corpi, tutti o la maggior parte degli spettatori apparirebbero morti o gravemente feriti.

Si proiettava un film; le scene poco castigate si susseguivano. Uno dei pre­senti, troppo indignato, esclamò ad alta voce: Basta con queste vergogne! – Ed un altro rispose: Vadano fuori i Preti e gli amici dei Preti

Così si perde il pudore e si calpesta la coscienza!

Il mondo, nemico giurato di Dio, il mondo che Gesù Cristo anatemizzò «Guai al mondo per gli scandali! » (Matteo, XVIII-7 ); « Non prego per il mondo! … » (Giovanni, XVII-9) porta alle stelle gli operatori d’iniquità e li celebra sui gior­nali ed alla radio.

Cosa dice Gesù, Verità Eterna, a co­loro che scandalizzano le anime? « Guai a voi, ipocriti, perché serrate in faccia alla gente il Regno dei Cieli, non ci en­trate voi, né lasciate entrare chi è alla porta … Guai a voi, guide cieche! … Guai a voi, che siete simili a sepolcri imbiancati, i quali di fuori sembrano belli, ma dentro sono pieni di ossa da mor­to e di ogni putredine! … Serpenti, razza di vipere, come scamperete alla condanna dell’inferno?… » (Matteo, XXIII-13).

Queste terribili parole, che un giorno Gesù disse ai Farisei, oggi sono dirette alla grande massa scandalosa.

A coloro che vivono solo di vanità e di piaceri illeciti, si può parlare di vita spi­rituale, di ascensione verso il monte del­la perfezione cristiana? … Hanno la ceci­tà e la sordità morale; non amano l’aria pura della montagna e vivono in basso, nella valle fangosa e puzzolente, in mez­zo a rettili velenosi.

Non saranno gli assassini delle anime a leggere questo scritto, saranno invece pie persone. A costoro rivolgo la parola: Compatite coloro che stanno nell’im­moralità; aborrite gli spettacoli, ov’è in pericolo la vostra virtù; trattenete sul pendio del male qualche anima, di cui for­se ne avete la responsabilità; pregate, af­finché i cattivi si convertano. E’ difficile che i cattivi si rimettano sulla buona strada; sogliono finire male. Dice la S. Scrit­tura: « Siccome vi ho chiamati e non ave­te voluto sapere delle mie ammonizioni, io riderò della vostra rovina e vi scher­nirò quando vi assalirà il terrore … quan­do come turbine vi prenderà la morte … Allora mi chiameranno ed io non rispon­derò; mi cercheranno con premura, ma non mi troveranno! (Prov, 1-24).

Tuttavia la misericordia divina, implo­rata dai buoni, può salvare i traviati; sono eccezioni, ma grandi conversioni se ne ef­fettuano. Uscì, non è molto, dalla fossa del peccato, dalla valle fangosa, nell’ulti­mo mese di vita, uno scrittore di libri por­nografici, Curzio Malaparte; sessant’anni di vita, lontana da Dio, impiegata nella strage delle anime! … Otteniamo anche noi a tanti infelici la vera conversione, supplicando ogni giorno la divina miseri­cordia ad avere pietà dei miseri!

AI PIEDI DEL MONTE

Una visita.

Alle Tre Fontane di Roma, a pochi pas­si dalla grotta della Madonnina, trovasi una Trappa, cioè un grande Convento, ri­nomato per le austerità. I Trappisti da se­coli vi dimorano, dando lezione al mon­do gaudente. Sembrerebbe strano che nel secolo ventesimo possano esserci ancora simili Comunità Religiose; eppure Iddio permette che ci siano, e fiorenti, ed il Sommo Pontefice è lieto di avere a Roma, centro della Cristianità, una delle più ce­lebri Trappe.

Volli visitare questo Convento; come Sacerdote fui ammesso alla visita.

Nel piccolo atrio, detto Parlatorio, si presentò un Reverendo, che esercitava lo ufficio di portinaio; mi accolse con genti­lezza e potei rivolgergli delle domande.

– Quanti sono i religiosi della Trappa?

– Siamo sessanta; il numero non aumenta facilmente, perché la nostra vita è troppo austera. Non è molto, un signo­re venne, provò, ma presto andò via, di­cendo: Non posso resistere!

– Quale categoria di uomini può es­sere presa in Comunità?

Tutti possono divenire Trappisti. Ci sono Sacerdoti e laici; a volte ven­gono blasonati, o alti ufficiali, o celebri scrittori; ma entrando qui, cessano i ti­toli onorifici, finisce la gloria del mondo; si pensa solo a vivere santamente.

– Quali sono le vostre penitenze? – La nostra vita è continua peniten­za; basta dire che non si parla mai. L’unico che può parlare, e solo in que­sto atrio, è il portinaio; da dieci anni l’ub­bidienza mi ha assegnato l’ufficio della porta e soltanto a me è lecito parlare; preferirei non avere quest’ufficio, ma ub­bidire è la prima cosa.

– Mai può dirsi una parola? … E quando s’incontrano due, non si saluta­no, dicendo qualche cosa di sacro, ad esempio: Sia lodato Gesù! … ?

– Neppure; si dà uno sguardo e si fa un leggero inchino.

– Il Superiore non può parlare, do­vendo assegnare i vari uffici?

– Neppure questo è lecito; in una sala c’è una tavoletta e la mattina ognu­no trova scritto ciò che ha da fare lungo il giorno. Pensi che nessuno saprebbe il nome degli altri, se non fosse scritto sul­le varie cellette. Ma pur conoscendosi il nome, non si sa quali onorificenze talu­no abbia avuto nel secolo, a quale casato sia appartenuto. Viviamo assieme senza conoscerci.

– Io penso che l’Abate conosca le benemerenze di ognuno, almeno per una epigrafe sulla tomba! … Avete altre pe­nitenze?

– Sei ore di lavoro manuale quoti­diano nell’annessa nostra campagna; ba­diamo a tutto noi.

– Zappate?

– Sì, tutti, anche i Sacerdoti ed il Su­periore, che è l’Abate; si zappa, ma sem­pre in silenzio.

– E lo studio per i Sacerdoti e per gli intellettuali?

– Ci sono le ore di studio ed ognu­no si applica a quelle discipline in cui è più versato; abbiamo anche una buona biblioteca.

– E per il vitto ci sono penitenze par­ticolari?

– Mai si mangia carne e mai si beve vino; si digiuna sei mesi all’anno oltre della Quaresima, con il cibo misurato che ognuno trova a tavola; qualche rara eccezione è lecita in caso di malattia. Abbiamo altre penitenze, perché c’è il ci­licio e la disciplina; la notte dormiamo sempre vestiti e sul duro; nel cuore del­la notte ci alziamo, d’inverno e d’estate, per l’ufficiatura cantata in Chiesa, che du­ra alcune ore.

– Credo che qui debba regnare quel­la pace che non c’è nel mondo, perché abbracciando la vita di penitenza, libera­mente e per amor di Dio, nel cuore deve sentirsi una gioia intima, tutta spirituale.

– Sì, siamo contenti; godiamo la pa­ce, però abbiamo la lotta delle passioni; siamo venuti alla Trappa per fare guerra alla superbia ed alla sensualità.

– Mi sarebbe lecito visitare l’interno di questo sacro recinto?

– A qualcuno si permette; lei mi se­gua; però oltre questa porta non si può più parlare. –

Con quanto interesse osservavo i vari ambienti! Che povertà! … Rimasi me­ravigliato a vedere le celle; tutte uguali, ridotte nello spazio, senza suppellettili, un giaciglio sul duro e senza lenzuola; un rozzo comodino era tutto l’arreda­mento …

E in queste celle hanno trascorso la vita illustri personaggi e benemeriti Ec­clesiastici! … Che contrasto col mondo vano! …

Visitai il refettorio, intonato alla mas­sima povertà, il salone dello studio ed in ultimo il giardino, ove era lecito al Trappista portinaio di parlare con me. In un angolo del giardino c’era il piccolo ci­mitero.

– Qui, – mi disse la guida, – vengono sepolti coloro che muoiono nel­la Trappa. In questo ambiente si vive, si muore e si attende l’universale risurre­zione!

– Il pensiero della morte, credo dia forza a perseverare nella vita di peni­tenza!

– Noi veniamo spesso a visitare le tombe dei nostri fratelli, si prega e si me­dita! –

Dal centro del giardino sollevai lo sguardo verso la rumorosa città, pensan­do: Quanta differenza di vita e di aspira­zioni tra te, o Roma, e questa Trappa! …

Cristiani paganeggianti.

La vita dei Trappisti è più da ammi­rarsi che da imitarsi; senza una speciale vocazione ed una buona dose di fortezza di volontà, non si può abbracciare. Però è un monito, è un continuo rimprovero alla vita apatica, spiritualmente parlando, che conducono tanti, i quali sono Cristia­ni soltanto perché battezzati.

Nella valle abbiamo visto i seminatori di scandali e quelli che cadono nelle loro reti sataniche; osserviamo ora ai pie­di del monte della perfezione cristiana quegli indifferenti, che poco si curano della Religione, ovvero la praticano a modo proprio; costoro credono di essere discretamente religiosi, perchè qualche volta entrano in Chiesa e tengono alle pareti della camera qualche immagine sa­cra e pensano di essere buoni Cristiani perchè non si macchiano le mani di san­gue e non rubano. Quando si parla di al­tra vita, quella eterna, sogliono dire: Se Paradiso c’è, dobbiamo entrarci noi, per­ché noi siamo veri galantuomini. – Poveri ciechi! Sono miseri, degni di compassione, e si stimano ricchi!

Nel nostro tempo è stragrande il nu­mero di tali Cristiani all’acqua di rose. Quanti apatici non conoscono quel Gesù Cristo, di cui dovrebbero essere seguaci, non conoscono la dottrina del Vangelo, seguono la corrente paganeggiante e di tutto si preoccupano, tranne che della lo­ro vita spirituale!

Giova dare un rapido sguardo al loro modo di vivere.

Il giorno festivo si deve santificare con l’assistere alla Messa; invece per essi ogni pretesto, anche frivolo, costi­tuisce una scusa per non andare in Chie­sa. Cinema, danze, passeggi … sempre disposti ad andarvi; si tralascia il lavoro, si supera l’intemperie, si va forse in pre­stito di denaro, ma la vita gaudente non deve mancare.

Le grandi solennità religiose per questa specie di Cristiani sono un’occasione per divertirsi di più e per mangiare meglio.

Per questi tali, dare un consiglio poco buono è una sciocchezza; nutrire odio e non volere perdonare, è dignità perso­nale; prendere parte ad un discorso im­morale, è saper vivere in società; vestire poco decentemente, è un vanto, perché si sa seguire la moda; abbonarsi a rivi­ste e giornali provocanti, è saper stare al­l’altezza dei tempi …

Con tutte queste libertà, diametral­mente opposte allo spirito del Vangelo, si ha la pretesa di essere stimati per buoni e religiosi.

Per i Cristiani moderni si capovolge il valore delle cose sante. Il matrimonio so­lenne in Chiesa è curato in tutti i par­ticolari: fotografie durante la funzione, ta­glio del nastro, sfilata per i baci, corteo; queste cose costituiscono l’essenza della festa del Matrimonio; non fanno invece alcun conto se il tempo del fidanzamento sia trascorso con troppa libertà, se l’abito nuziale è addirittura scandaloso, se gl’in­vitati sono in Chiesa in vesti indecenti … A loro importa solo il così detto « occhio sociale »; l’occhio di Dio non importa.

Lo stesso avviene nei funerali; pompa esterna, corteo, ghirlande, tomba arti­stica … e non sentono rimorso se il de­funto sia passato all’eternità senza i Con­forti Religiosi.

L’unico atto di religione, a cui d’ordi­nario stanno i Cristiani indifferenti, è il Precetto Pasquale; quand’anche non lo rimandino a dopo il tempo prescritto e lo compiano ad intervalli di anni.

Se si domanda a costoro: Siete Cri­stiani? – Certo, – rispondono quasi offesi; – abbiamo fatto il Precetto di Pasqua!… –

La Confessione e la Comunione annua­le di questa categoria di anime suole es­sere un semplice scarico di peccati. Se stan­no un giorno in grazia di Dio, o una set­timana, o al massimo un mese, c’è da rin­graziare il Signore!… E presto ricominciano la vita di peccato e l’indifferenza re­ligiosa.

Non è forse questo il Cristianesimo di oggi? … Da molti si suole considerare la religione come un semplice ornamento fa­coltativo.

Verrà la morte anche per i Cristiani apatici; dovranno presentarsi a Gesù Cri­sto per ricevere l’eterna sentenza. Diran­no, come le vergini stolte del Vangelo: « Aprici, Signore! – Ma lo Sposo Cele­ste risponderà: Non vi conosco! » (Mat­teo, xxv-12).

Gesù riconosce per suoi e dà il premio eterno a coloro che praticano i suoi in­segnamenti, che hanno cura dell’anima, che considerano la salvezza dell’anima co­me l’unico affare della vita e che rispon­dono in modo soddisfacente al suo invito: Siate perfetti, com’è perfetto il Padre vo­stro che è nei Cieli. –

I Cristiani indifferenti sono ai piedi del monte della perfezione spirituale; non faranno mai un passo veramente risoluto verso l’alto, se non avviene in loro o at­torno a loro qualche cosa di forte, che li scuota; la Provvidenza Divina suole venire in aiuto a costoro con qualcuno di quei ri­chiami che fanno versare lacrime: una ma­lattia incurabile, una morte in casa, un capovolgimento di fortuna … Purtroppo, non tutti ne sanno approfittare e taluni invece di andare in alto, vanno in fondo alla valle.

Questi miseri Cristiani hanno bisogno di una mano amica, che li aiuti a cammi­nare verso la giusta pratica della legge di Dio; sono simili a vetture a motore spen­to, che per muoversi attendono il rimor­chio.

Le persone zelanti svolgano un santo apostolato per rimorchiare le anime apa­tiche, dicendo la buona parola, convin­cente e prudente, secondo le varie circo­stanze, dando a leggere un buon libro, affinché s’istruiscano, poiché l’indifferenza’ è figlia dell’ignoranza religiosa.

Se i Cristiani paganeggianti di questo tempo potessero trascorrere un solo gior-

no nella Trappa sopra descritta e vedere la vita sacrificata di tanti Religiosi, fatti, di carne e di ossa come loro, dovrebbero arrossire e concludere: E noi che cosa facciamo per meritarci il Paradiso?…

SULLE FALDE DEL MONTE

Anime pericolanti.

« Un uomo seminò buon seme nel suo campo; ma mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico a seminare la zizzania nel suo campo e se ne andò.

Come poi il seminato germogliò e gra­ni, allora apparve la zizzania. I servi del padrone di casa andarono a dirgli: Si­gnore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Come mai dunque c’è la ziz­zania? –

Ed egli rispose loro: Qualche nèmico ha fatto questo. – E i servi gli dissero: Vuoi che andiamo a sradicarla? – No, perché cogliendo la zizzania non abbiate a sradicare il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano sino alla mietitura ed al tempo della messe dirò ai mietitori: Rac­cogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece ripo­netelo nel mio granaio » (Matteo, XIII-24).

Com’era quel campo, così è il mondo, così sono le famiglie.

La zizzania, che rappresenta i cattivi, ed il grano, simbolo dei buoni, fanno comprendere come in questa vita debba­no stare assieme gli atei ed i credenti, i rilassati ed i fervorosi, i servi di Satana ed i figli di Dio. Ci vuole vigilanza per non lasciarsi sopraffare dal male e per non subire l’influsso dei cattivi o dei rilassati.

Nella famiglia veramente cristiana, ove i genitori sono all’altezza del loro compi­to, i figliuoli sogliono crescere nel timore e nell’amore di Dio.

Fa piacere vedere la serietà religiosa di tanti, che pur attendendo al lavoro quotidiano, trovano il tempo per la pre­ghiera, per la S. Messa anche nei giorni feriali, per ricreare lo spirito con un poco di meditazione. Avviati sin dall’infanzia a questo tenore di vita, trascorrono gli anni nella serenità. Senza accorgersene, e direi senza tanta fatica, salgono il monte della perfezione cristiana e giungono ad una discreta altezza.

Ma sventuratamente vicino a questo buon grano viene gettata un po’ di zizza­nia. Sarà una persona amica, o della pa­rentela, che un brutto giorno comincia ad iniettare il veleno.

« Ma è proprio necessario che tu vada a Messa tutti i giorni? Lascia queste esa­gerazioni a chi vive nel convento! … »

« Non vedi che quel tuo abito fa ride­re la gente? Braccia nude, scollatura ab­bondante … questa è la moda! … »

« Leggi sempre libri di sacrestia! … Tu vivi all’antica! Le riviste moderne fanno vivere ad occhi aperti; la morale sì, ma sino ad un certo punto; siamo nel secolo del progresso e non bisogna mostrarsi arretrati! »

« In Chiesa al mattino ed in Chiesa al­la sera! … Ma se la massa della gente va al cinema ed alla televisione, quasi gior­nalmente, perché non vai anche tu? … Che male c’è a vedere quello che tutti vedono? … Ma meno scrupoli! » –

Da questi velenosi suggerimenti resta­no colpite le anime pie. Si dovrebbe ri­spondere, subito e con energia: Va’ indie­tro, Satana! … Non parlare più con me! … Rinunzio alla tua amicizia ed an­che al tuo saluto! … Va’ con i pari tuoi e resta tu in fondo alla valle! Lascia che io continui la mia salita verso il bene! –

Si ha il dovere di trattare così quella zizzania che, come dice Gesù Cristo, sarà gettata nel fuoco eterno a bruciare. Ci vuole fortezza in certe occasioni, quella fortezza che è dono dello Spirito Santo e che tutti devono mostrare!

Se non si è molto risoluti a troncare del tutto certe perverse insinuazioni, a poco a poco la zizzania, che Satana, semina per mezzo di una falsa amicizia, comincerà a germogliare.

Quante anime belle si sono fermate sulla via della perfezione e quante altre sono tornate indietro sino ai piedi del monte e forse sino al fondo della val­le!…

Attenzione ai principi!

Chi non è forte da principio e comin­cia a tentennare, avverte il rallentamen­to spirituale: qualche Messa si trascura, la preghiera si abbrevia, le piccole mor­tificazioni sono troppo pesanti, si cede fa­cilmente alla vanità, si aspetta con ansia un divertimento mondano! …

Non si ferma qui, perché la debolezza umana è grande e l’attrattiva al male è forte; a salire si stenta, ma a discendere si fa in fretta.

Quell’anima, un tempo fervorosa e che ora non sente l’attrattiva verso Gesù e le cose sante, rientrando in se stessa, cerca di calmare il rimorso:

– Assisto a degli spettacoli, è vero; ma io non ci vado per fine cattivo; quan­do qualche scena è scandalosa, abbasso gli occhi; così mi diverto e non faccio peccato!… –

Anima cristiana, e non pensi al cattivo esempio che dài? E non rifletti al male che arrechi al tuo spirito? E quei pen­sieri e desideri cattivi e quelle brutte im­maginazioni che spesso ti assalgono e quelle forti tentazioni … e forse quella caduta … non sono effetto degli spet­tacoli visti?

– Il mio abito è secondo la moda. Ma che male faccio a vestire così? Dov’è il male a passeggiare a braccia nude e a vestire in minigonna? Se io non metto cattiva intenzione, manca il peccato e pos­so restare serena!

– Ma puoi tu sapere il male che fai a chi ti guarda, specialmente a persone di altro sesso? Dei cattivi sguardi e dei malvagi desideri che Satana può suscitare negli altri per colpa tua, non darai tu conto a Dio? –

Quanto si è detto, fa comprendere come ci siano anime che vorrebbero essere di Dio e non offenderlo, e vorreb­bero contemporaneamente godere la vita, seguendo la corrente mondana.

A costoro risponde Gesù: « Nessuno può servire a due padroni; sicuramente, o odierà l’uno e amerà l’altro, o sarà affe­zionato al primo e disprezzerà il secon­do » (Matteo, vi-24).

Sorpresa.

Alcuni mesi addietro, da che scrivo queste pagine, avvenne un fatto che fa per il caso nostro.

Una gallina, accovacciata nel pollaio, cominciò a chiocciare ripetutamente. La padrona, credendo che già avesse emesso l’uovo, si avvicinò e stese la mano per prenderlo. Un grido di spavento echeggiò subito: sotto la gallina c’era una vipera, la quale morse la mano della padrona.

Si fece di tutto per salvare la donna, ma l’indomani moriva in un ospedale di Catania.

È stata una sorpresa, ma sorpresa fa­tale, che ha prodotto la morte.

Quando un’anima cristiana vuole vive­re sotto due padroni, nella speranza di non offendere gravemente Dio, quando meno se l’aspetta, resta vittima di qual­che sorpresa, per cui cede ad una lettura immorale, o indugia sopra uno sguardo impuro, o cade in una disonestà.

Quanti rimorsi e quanti gravi peccati portano ai piedi del confessionale certe anime, un tempo delicate e fervorose, e poi indebolite!

Pendio mortale.

Mi trovai un giorno sull’orlo del crate­re dell’Etna, immenso ed imponente; non c’era alcuna attività vulcanica, tran­ne isolati pennacchi di fumo. Potei scen­dere, con precauzione, ed attraversare la base del fondo del cratere. Qualche se­maforo indicava i tratti franabili.

A fianco trovasi il cratere di Nord-Est, più piccolo, di, un chilometro di circon­ferenza, ma attivissimo. Quando, assicu­ratomi sul ciglione lavico, lo guardai in tutta la sua grandiosità, provai un brivi­do: profondissimo, ripido oltre ogni cre­dere, in fondo fiamme e fumo, boati continui, rumoreggiare terrificante della mas­sa lavica …

– Luogo pericolosissimo questo, – dissi a me stesso; – basta guardarlo a distanza. –

Da lì a non molto, un escursionista te­desco, preso dalla brama di contemplare da vicino quello spettacolo e volendo fare delle fotografie, decise di scendervi sino ad una certa quota. Non l’avesse mai fatto!

Appena il tedesco cominciò a scendere, si accorse che il suolo era soffice, perché formato di cenere lavica. Avrebbe voluto tornare indietro, ma non poteva arrampi­carsi; messo carponi, ebbe la felice idea di fermarsi e puntellarsi alla meglio ser­vendosi della macchina fotografica. Lì ri­mase a lungo, in attesa di soccorso.

Provvidenza volle che dal fondo del cratere venissero lanciati dei lapilli, che si disseminarono sulla cenere del pendio; per buona sorte l’infelice non ne fu col­pito. Quando i lapilli si raffreddarono, es­sendo consistenti, potè servirsi di essi di appoggio e lentamente uscì dal cratere. L’escursionista era sfinito, ritornato da morte a vita; speriamo abbia imparato a proprie spese.

Il pendio vulcanico è pericoloso; ma il pendio del male è più pericoloso anco­ra. Chi era nella via del fervore spiritua­le e poi si è fermato ed ha cominciato ad indietreggiare, può dirsi di essere sulla via della perdizione, perché, come dice Gesù Cristo: « Chi mette le mani all’ara­tro e poi volge indietro lo sguardo, non è adatto per il Regno dei Cieli » (Luca, iv-G ).

La salvezza di quell’escursionista fu la decisione di tornare indietro e di appi­gliarsi a quei mezzi che l’aiutavano a sa­lire.

Alle anime, che si sono fermate nell’a­scensione verso il monte della vita spiri­tuale o che hanno indietreggiato, si rivol­ge un caldo invito: – Siete contente di voi stesse?… Gesù è contento di voi? Avevate più gioia quando eravate tutte di Gesù o adesso che siete in parte del mondo? … La vi­gilanza cristiana, tanto inculcata nel Van­gelo, non vi dice di stare preparate alla venuta dello Sposo Celeste? … Dunque, animate da buona volontà, decidetevi ad una vita cristiana generosa. Riprendete la meditazione quotidiana e il vostro esame di coscienza; disprezzate il rispet­to umano, o la critica altrui; procurate­vi qualche buona amicizia, che vi serva di sprone alla virtù; riprendete l’eserci­zio delle piccole mortificazioni, o fioret­ti spirituali. Siete state per qualche tem­po come alberi d’inverno, senza foglie, senza fiori e senza frutti; iniziate la pri­mavera spirituale. L’olio della vostra lampada è venuto meno, come alle ver­gini stolte; riempite la vostra lampada, affinché la vostra luce risplenda per av­viare altre anime a Dio.

« Beato quel servo, che il padrone, ri­tornando, troverà vigilante » (Matteo, xxiv-4 G ).

VERSO LA CIMA

Anime belle!

In pieno inverno, nel mese di genna­io, mentre le piante sono in incubazione, senza foglie e senza fiori, in attesa della primavera, solo un albero, almeno nel clima della Sicilia, si presenta bello, ab­bondantemente fiorito; è il mandorlo. Il pittore s’ispira e lo ritrae; gli appassio­nati di fiori ne staccano un ramoscello e lo depongono nel vaso; quei fiorellini du­rano a lungo.

Ecco un’immagine dell’anima cristia­na fervorosa, intenta a salire verso la cima della perfezione!

Il mandorlo spicca tra le piante senza fiori; così l’anima fervente, pur vivendo tra persone sterili spiritualmente e fred­de, conserva la piena vitalità del suo spi­rito ed eccelle per virtù; chi ha la sorte di trattarla, deve dire, almeno in cuor suo: C’è della buona gente nel mondo! –

Di tali persone nel mondo ce ne stan­no; non sono troppo numerose come si desidererebbe, ma ce n’è delle grandi schiere, tra donne e tra uomini, tra ver­gini e coniugati, tra poveri e ricchi.

A chi possono paragonarsi costoro? A colui che ha trovato un tesoro nascosto in un campo; vende quanto possiede e va a comprare quel campo.

Le anime pie, di cui si parla, hanno compreso che la vita è una prova d’amore di Dio, preparazione all’eternità felice, e considerano gli affari terreni in subordi­nazione a quelli celesti. La loro aspirazione è di tendere alla perfezione cristiana.

Idea della perfezione.

Perfezione significa compitezza; nella vita spirituale indica la volontà di evitare ogni mancanza, ogni macchia, ogni neo, che possa offuscare il candore dell’anima. La perfezione deve essere l’unico sco­po delle anime belle, l’aspirazione dei cuo­ri generosi.

Perfezione significa inoltre squisitezza di forme; nella vita spirituale vuol dire eccellenza di virtù, quasi un superlativo nel bene, che non si contenta d’una qual­siasi mediocrità.

Perfezione significa: fare il bene, solo il bene e farlo proprio bene, squisitamen­te; e che ogni cosa che noi facciamo, per minima che sia, riesca un capolavoro spi­rituale, un inno a Dio.

La perfezione ha i suoi gradi.

La perfezione assoluta qui in terra non ci è possibile, ma possiamo avvicinarci più o meno ad essa, perfezionando più o meno la nostra vita, le nostre azioni.

Il primo grado di perfezione è lo stato di amicizia con Dio ed è il sostanziale necessario assolutamente a tutti. Questo darebbe il diritto al Paradiso. Fosse vero che tutte le anime avessero questo primo grado di perfezione!

C’è però di meglio: il secondo grado, il quale consiste nell’evitare non soltanto il peccato mortale, ma anche il peccato veniale; si cerca di giungere man mano, con l’aiuto di Dio, a non commettere più peccati veniali pienamente avvertiti ed a diminuire quelli semideliberati, povero frutto della fragilità umana.

Il terzo grado è l’ottimo: servire bene Iddio, non solo da servi o da mercenari, ma da figliuoli, per intimo amore.

Consideriamo ora lo stato di perfezione, che importa la pratica dei Consigli Evan­gelici: normalmente nello Stato Religioso, col triplice voto di povertà, ubbidienza e castità perfetta. A questo stato Gesù chia­ma le anime a Lui predilette. Chi ancora non è in grado di abbracciarlo e ne sente la vocazione, non dica di no a Gesù. Entrare nello Stato Religioso è tale fortuna, che solo in Cielo si può apprezzare. Chi già vi si trova, l’ami con tutto il cuore, vi corrisponda con tutte le forze, s’imbeva ognor più del suo spirito!

E gli altri? Facciano del loro meglio per imitare nel secolo la vita e lo spirito dei Religiosi e delle Religiose, supplendo col pio desiderio a ciò che non possono con le opere.
Si domandi la grazia della perfezione con questa giaculatoria: Cuore Purissimo di Maria Vergine, ottenetemi da Gesù la perfezione cristiana e la purità e l’umiltà del cuore! –

Essendo chiarita già l’idea di perfezio­ne, si deve conoscere come comportarsi in pratica per tendervi efficacemente e quale virtù tenere presente di continuo per non scoraggiarsi. La virtù, madre e maestra, è l’umiltà.

Umiltà.

Ho portato il paragone del mandorlo in fiore; consideriamo ancora quest’al­bero. Ha il tronco massiccio, ma ricoper­to da una corteccia oscura e rozza; pare sia in contrasto con la delicatezza dei fiori; si presenterebbe meglio l’albero sen­za la ruvida corteccia, ma tolta questa non si avrebbero mai più nè fiori nè frutti.

Le persone spirituali, pur compiendo ogni giorno molte opere buone, si accor­gono di avere tanti difetti; se ne afflig­gono, perché vorrebbero vedersi perfette, e non di rado si scoraggiano.

Guai se non avessero difetti! Sarebbe­ro simili ad alberi senza corteccia. Come la linfa vitale si diffonde a tutta la pianta attraverso i piccoli canali che stanno dentro la corteccia, così tutta la vita spirituale è alimentata e conservata, in modo provvidenziale, dal cumulo dei difetti personali. È la cenere che conserva il fuoco.

Se non si avessero i difetti, avrebbe il sopravvento la superbia spirituale, che è micidiale. L’umiltà è così cara a Gesù, che per custodirla nei cuori alle volte permet­te che si cada in certe mancanze, affinché l’anima compia atti d’umiltà, di fiducia e di maggiore amore. Dunque Gesù per­mette le debolezze spirituali per temprare le anime.

Bisogna conservare sempre in sé, nel segreto del cuore, la convinzione della pro­pria debolezza, per non guastare il lavoro graduale che il Signore vuole compiere. Nessun difetto o debolezza umana può al­lontanare Gesù da un’anima umile e di buona volontà.

La persona devota che commette una mancanza, o per impulsività di carattere o per debolezza spirituale, riconosce di es­sere miserabile dopo tanti propositi fatti, si convince che senza l’aiuto di Dio ca­drebbe chi sa in quali gravi peccati ed im­para a compatire ed a sopportare il pros­simo.

Anche i Santi, d’ordinario, avevano le loro imperfezioni e non se ne meravigliavano, come non stupiscono coloro che, sa­lendo sopra un monte, scorgono della pol­vere sulle scarpe o sull’abito; l’essenziale è andare avanti, custodendo l’umiltà e la pace del cuore.

È imponente la santità di Don Bosco; operava miracoli anche in vita; la fama di santità lo precorreva ovunque; i suoi figli spirituali lo veneravano. Eppure di tanto in tanto commetteva qualche difetto. Un giorno in una discussione si accalorò troppo; alla fine si accorse di avere man­cato. Era prima della Messa; invitato a vestirsi e ad iniziare il Santo Sacrificio, rispose: Si aspetti un poco; ho bisogno di confessarmi. –

Un’altra volta Don Bosco aveva rim­proverato fortemente il Maestro Dogliani, alla presenza di alcuni commensali. Que­sti rimase male non aspettandosi quel trattamento da colui che tanto stimava e gli scrisse un biglietto di questo tenore: Credevo che Don Bosco fosse un Santo; ma vedo che è un uomo come tutti gli altri! –

Don Bosco, nella sua umiltà, pari alla santità, letto il biglietto, rispose al Do­gliani: Hai proprio ragione: Don Bosco e un uomo come tutti gli altri; prega per lui. –

Convinti dunque che i difetti non so­no il vero ostacolo alla vita spirituale, consideriamone alcuni in particolare per combatterli, poiché sarebbe un male fa­re la pace con i propri difetti.

Le erbe cattive vengono su nel buon terreno; ma l’agricoltore vigilante dà di mano subito alla zappa per sradicarle.

Abbattimento.

Un difetto da combattere è l’abbatti­mento morale nelle prove.

Il moto è vita. Gesù, che è la vita per essenza, è in continua attività nelle ani­me, particolarmente in quelle che gli stan­no più vicine. Afinchè queste fruttino di più per l’eternità e per avere spesso le prove d’amore, le sottopone a delle soffe­renze particolari.

Le anime sovente non sanno compor­tarsi come Gesù desidera; nella loro de­bolezza dicono: Signore, quella croce … sì! Ma questa … no! … Fin qui, va bene; più in là, no, assolutamente!

Sotto il peso della croce esclamano: E’ – troppo! … Ma Gesù mi ha abbando­nato! …

In simili circostanze Gesù è più vicino; lavora più intensamente nei cuori e vor­rebbe vederli pienamente abbandonati ai disegni della sua amorosa volontà. Spesso, Gesù davanti alla sfiducia, è costretto a fare il rimprovero che rivolse agli Apo­stoli durante la tempesta: « Dov’è la vo­stra fede? » (Luca, VIII-2S).

La virtù delle persone spirituali si ri­conosce nelle prove, come il valore dei soldati si manifesta nella battaglia.

Di quanti Gesù si lamenta, perché fa­cilmente perdono la fiducia in Lui, quasi non sapesse trattare coloro che ama e predilige!

Amor proprio.

L’amor proprio cova nel cuore di chi serve da vicino a Dio. Le persone spiri­tuali, pur non approvando di proposito l’amor proprio, devono confessare di averne una buona dose. Anche senza ac­corgersene e senza volerlo espressamente, hanno un alto concetto di se stesse; di­cono a parole: Sono un’anima peccatrice; non merito nulla! – ma se ricevono una umiliazione, specie da chi non se l’aspetta­no, subito scattano ed allora … apriti Cielo! Lamenti, ripicchi, agitazione … con poca edificazione degli altri, i quali commentano: Sembrava un’anima san­ta … un Angelo in terra … ed in­vece! … Denari e santità, metà della metà! –

Non si può negare che l’amor proprio colpito è come una tigre ferita ed è neces­saria molta virtù per conservare la calma. Chi vuole progredire nella via della virtù, deve sforzarsi a ricevere in pace le umi­liazioni, da qualunque parte vengano. Anche le persone sante possono subire delle terribili umiliazioni; Gesù le permette per­che vuole che chi è accetto a Lui abbia a riprodurre in sè qualche tratto della sua sacrosanta umanità, tanto umiliata nella Passione.

Si danno dei suggerimenti, utili in tem­po di umiliazione.

Ricevuto un appunto, un rimprovero, uno sgarbo, fare di tutto per conservare dapprima la calma esterna e poi quella interna.

La calma esterna si può avere tenendo assolutamente il silenzio, che è salvaguar­dia di tanti mancamenti.

La calma interiore si osserva col non ripensare alle parole umilianti udite; più si rimurgina nella mente, più l’amor pro­prio insolentisce.

Si pensi piuttosto agli insulti che ebbe Gesù nella Passione. – Tu, Gesù mio, vero Dio, umiliato ed ingiuriato, tutto sopportavi in silenzio. Ti offro questa umi­liazione, per unirmi a quelle da Te subite. Giova anche dire nella mente: Accetto, o Dio, quest’umiliazione per riparare qualche bestemmia che in questo momen­to si dice contro di Te!

Gesù guarda con compiacenza l’anima afflitta che dice: Grazie, o Dio, dell’umi­liazione mandata! –

Diceva Gesù ad un’anima privilegiata, dopo una grande umiliazione: Ringrazia­mi che ti ho fatto umiliare! Ho permesso ciò, perchè voglio radicarti bene nell’umil­tà! Domandami umiliazioni, che mi farai piacere! –

A questo grado di perfezione si aspiri generosamente.

Esempio edificante.

Ha raggiunto gli onori dell’Altare il Beato Don Michele Rua, successore di San Giovanni Bosco nel governo della Congregazione Salesiana.

La sua umiltà spiccava in ogni circo­stanza, specie nelle umiliazioni. Un giorno un tale inveì contro di lui, dicendogli in­giurie e titoli degradanti; la smise quando ebbe vuotato il sacco degli improperi. Don Rua stava lì, fermo, sereno; alla fine disse: Se non ha altro da dire, il Signore la benedica! – e lo licenziò.

Era presente un reverendo che, pur co­noscendo la virtù di Don Rua, si mera­vigliava del suo contegno. – Come ha fatto, – gli disse, – ad ascoltare tutti quegli insulti, senza dire nulla?

– Mentre quel tale parlava, io pen­savo ad altro, non dando alcun peso alle sue parole. –

Così si comportano i Santi!

Evitare i lamenti.

Il lamentarsi ordinariamente non è pec­cato; il lamentarsi con frequenza e per un nonnulla, è un difetto.

Se ci si volesse lamentare, non manche­rebbero mai le occasioni, perché si ve­dono tante ingiustizie, si riscontrano nel prossimo tanti difetti, avvengono tanti contrattempi, per cui ci si dovrebbe la­mentare dalla mattina alla sera.

A coloro che tendono alla perfezione si raccomanda di evitare i lamenti, tranne casi eccezionali, quando cioè il lamento apporta qualche buon effetto.

Cosa giova lamentarsi, se non si può rimediare ad un inconveniente? È meglio mortificarsi e tacere.

Richiesto San Giovanni Bosco sulla ma­niera di mortificarsi, fra l’altro diceva: Non lamentatevi di nulla, né del caldo, né del freddo. –

Nella vita di Sant’Antonio, Vescovo di Firenze, si legge un fatto edificante, che qui si presenta non per imitazione, ma per edificazione.

Era uscito questo Vescovo da casa ed a vedere il cielo piovigginoso, mentre sof­fiava forte il vento, esclamò: Oh, che tempaccio! –

Nessuno vorrà incolpare di peccato o di difetto questo santo Vescovo, per una esclamazione così spontanea! Eppure il Santo, nella sua delicatezza, riflettendo, così ragionò: Ho detto « Tempaccio! » Ma non è Dio che governa le leggi della natura? Ed io ho osato lamentarmi di quello che Dio dispone!… – Ritornò in casa, mise un cilicio al pet­to, lo sigillò con un piccolo catenaccio e poi gettò la chiavetta nel fiume Arno, di­cendo: Per punirmi e per non ricadere nello stesso difetto, porterò questo cilicio finché si ritroverà la chiavetta! – Passò del tempo. Un giorno al Vescovo fu presentato a tavola un pesce; nella boc­ca di questo stava la chiavetta. Comprese che Dio aveva gradito quella penitenza e dopo tolse il cilicio.

Se tanti che si dicono spirituali, do­vessero portare un cilicio per ogni lamen­to rilevante, dovrebbero essere ricoperti dalla testa ai piedi!

Meno lamenti e più mortificazione!

Un grande difetto.

Certe coscienze delicate si rendono il Sacramento della Confessione troppo pe­sante e poco fruttuoso.

Prima di presentarsi al Tribunale di Penitenza sogliono fare un esame lungo e snervante. Credono che scrutando molto la coscienza e facendo al Confessore una accusa minuzíosa, possano avanzare di più nella perfezione; ma in pratica ricavano meno profitto.

L’esame di coscienza di un’anima deli­cata non dovrebbe, d’ordinario, oltrepas­sare i pochi minuti. Si suppone che non ci siano peccati mortali; se per caso ce ne fosse qualcuno, spiccherebbe subito come un monte in una pianura.

Trattandosi dunque di venialità e di di­fetti, basta accusare in Confessione un solo peccato veniale; gli altri si accusano in generale, a massa.

Si hanno così dei vantaggi: 1) Non si stanca inutilmente la testa, perché un esa­me minuzioso opprime la mente. 2) Non si spreca tanto tempo, né da parte del pe­nitente, né da parte del Confessore e di coloro che aspettano. 3) Fermando l’atten­zione sopra una sola mancanza, detestan­dola e proponendo sul serio di correggersene, ne verrà certamente un miglio­ramento spirituale.

In conclusione: il tempo che si vor­rebbe impiegare in un lungo esame ed in una accusa prolissa, s’impieghi a fare atti di pentimento e d’amore a Dio ed a rinnovare efficacemente il proposito di vita migliore.

ESERCIZI DI PERFEZIONE

La via.

L’anima è simile ad un giardino. Se viene curato, produce fiori e frutti; se si trascura, produce poco o niente.

Il Divin Giardiniere è Gesù, il qua­le ama infinitamente l’anima redenta col suo Sangue: la cinge di siepe, per ben custodirla; non le fa mancare l’acqua della sua grazia; in tempo opportuno e con delicatezza fa la potatura, per elimi­nare quanto è superfluo o pericoloso o, nocivo. Alla raccolta si ripromette ab­bondanza di frutti. Se il giardino non corrisponde alle cure, a poco a poco sarà abbandonato a se stesso; la siepe verrà abbattuta ed i triboli e le spine soffoche­ranno le piante.

L’anima desiderosa di dare gloria a Dio e di fruttare molto per la vita eterna, lascia a Gesù libertà di azione, convinta che Egli opera con somma sapienza.

Non tutte le piante danno lo stesso frutto; il padrone da una pianta vuol rac­cogliere arance, da un’altra limoni, da una terza uva… Così il Celeste Giardi­niere, pur curando e lavorando tutti, da ognuno si ripromette qualche cosa di par­ticolare.

Gesù è la Celeste Guida ed indirizza ciascuno a quella via o sentiero più adat­to per raggiungere l’eterna felicità.

Chi cammina fuori del sentiero, si affatica inutilmente, perde il tempo e corre pericolo di non giungere alla meta. È necessario conoscere: 1) per quale via Gesù cerca di entrare nel nostro cuore; 2) in quale modo Gesù vuole impadronir­si di ciascuno di noi; 3) qual è lo stato che più ci conviene e nel quale Dio ci vuole.

La conoscenza di queste tre cose è il mezzo importante, che sprona l’anima a salire decisamente verso la perfezione.

La ricerca.

Conviene studiare seriamente per qua­le via Gesù cerca di entrare nel nostro cuore, affinché gli si apra subito; il farlo attendere alla porta, non è cosa delicata.

La Grazia Divina non è clamorosa, né sensibile; agisce spiritualmente nel nostro spirito con dei lumi, che si chia­mano ispirazioni o grazie attuali.

È necessario meditare quali siano i lu­mi, che ordinariamente rischiarano il no­stro intelletto, tanto nell’orazione come in altro tempo, quali siano i movimenti e le impressioni della Grazia Divina, che agiscono più fortemente sul nostro cuore.

In questi lumi, in queste impressioni istantanee ed impensate, che spesso ritor­nano alla mente ed incalzano, consiste la attrattiva della Grazia.

In questo lavorio intimo, che si svol­ge in ogni cuore, bisogna distinguere di­versi momenti dell’anima: 1) quello del­la grazia ordinaria; 2) quello della grazia più particolare; 3) quello delle afflizioni. Nel primo momento, l’attrattiva della Grazia sarà un desiderio di Dio, una ten­denza verso Dio, un abbandono di sé a Dio, una gioia nel pensare a Dio. L’anima deve stare attenta a questi inviti, onde se­guire tale attrattiva.

Nel secondo momento le impressioni della Grazia Divina sono più forti e la sua attrattiva si manifesterà con desideri ardenti, uniti a vivi sentimenti di una amorosa contrizione, con una dolce inquie­tudine, con un intero abbandono nelle mani di Dio, con un profondo annienta­mento, con un sentimento della presenza di Dio più vivo e più espresso e con simili impressioni, che muovono e penetrano la fibra dell’animo, impressioni alle quali bi­sogna essere fedeli e dalle quali bisogna lasciarsi penetrare, abbandonandosi all’a­zione della Grazia Divina.

Nel terzo momento si deve esaminare per quale via la Grazia Divina porti mag­giormente il cuore ad accettare le afflizio­ni, a sopportarle ed a rimanere in pace in mezzo al torbido delle pene. Potrebbe essere lo spirito di penitenza ed il desi­derio di soddisfare alla Giustizia di Dio, ovvero un’umile sommíssione ai divini giudizi, o un generoso abbandono alla sua Provvidenza, o un’intima rassegna­zione alla sua volontà; oppure l’amore di Gesù Cristo, o un’alta stima della sua Croce e dei beni che l’accompagnano, o un semplice ricordo della presenza di Dio, o un tranquillo riposo in Lui.

Quanto più l’anima si abbandona ad una attrattiva, tanto più ricava profitto dalle sue croci.

Il segreto.

Il grande segreto della vita spirituale, è questo: Conoscere la via per la quale la Grazia vuole condurre l’anima e stabilirsi in essa.

Entrare generosamente in tale via e camminarvi costantemente.

Rimettersi sulla buona via, quando se ne sia usciti.

Lasciarsi guidare con docilità dallo Spi­rito di Dio, il quale parla ad ogni anima con l’attrattiva della sua grazia partico­lare.

In conclusione, ci si deve adattare alla propria grazia ed alla propria croce. Gesù Cristo, inchiodato alla Croce, vi ha affisso la sua Grazia ed il suo Spirito; dobbiamo dunque lasciare entrare e te­nere nel nostro cuore la Croce, la Grazia ed il Divino Amore, tre cose che non si possono separare, dacché Gesù Cristo le ha unite assieme.

L’attrattiva interiore della Grazia ci porta a Dio più di tutti i mezzi esteriori, essendo Dio medesimo che la insinua soa­vemente nell’anima, per cui intenerisce il cuore, lo rapisce e lo vince, per do­minarlo a suo beneplacito.

La minima parola di una persona ama­ta riesce dolce e cara. Non è dunque giusto che la minima ispirazione divina, che Gesù fa sentire in noi, venga accolta con le disposizioni di un cuore fedele e pienamente docile?

Chi non accoglie fedelmente il movi­mento della Grazia e non fa ciò che può per corrispondere, non merita grazia ul­teriore per fare di più.

Dio toglie i suoi doni, quando l’ani­ma non li apprezza e non li fa fruttare. Siamo in dovere di attestare a Dio la nostra gratitudine per quello che opera in noi e di manifestargli la nostra fedeltà; gratitudine e fedeltà riguardo a quattro cose.

1. – Per tutto ciò che viene da Dio, gra­zie ed ispirazioni, ascoltandole e seguen­dole.

2. – Per tutto ciò che è contro Dio, cioè per il peccato anche minimo, a fine di evitarlo.

3. – Per tutto quello che si deve fare per il Signore, sino ai minimi nostri do­veri, per osservarli.

4. – Per tutto quello che ci presenta da soffrire per Iddio, a fine di tutto sop­portare con grande cuore.

Si domandi a Dio la docilità ai movi­menti della sua grazia.

La nostra stranezza.

Noi domandiamo a Dio che ci faccia vincere le nostre cause e ci faccia riusci­re nelle nostre imprese; ma noi, il più spesso, gli facciamo-perdere le sue cause ed intralciamo i suoi piani.

Il Signore ogni giorno ha qualche cau­sa spirituale. L’oggetto di queste cause è il nostro cuore, che il demonio, il mon­do e la carne vorrebbero rapire a Dio.

Dalla parte di Dio sta il buon dirit­to ed Egli con tutta giustizia pretende la proprietà del nostro cuore: capitali e frutti.

Noi invece spesso sentenziamo in fa­vore dei nemici di Lui, preferendo le sug­gestioni del demonio alle ispirazioni dello Spirito Santo, ci abbandoniamo a vili compiacenze per il mondo ed assecondia­mo le guaste inclinazioni della natura, invece di tenere fermo per i diritti di Dio.

E ciò non è stranezza?

Se vogliamo salire verso le cime della perfezione, la nostra fedeltà alla Grazia Divina deve essere pronta, intera, co­stante.

La quiete.

Come vi è una certa stabilità del cor­po, cioè, una posizione in cui il corpo è al suo posto e riposa, così vi è pure una stabilità del cuore, ossia una disposizione nella quale il cuore trovasi in riposo.

Bisogna cercare di conoscere questa di­sposizione e di acquistarla, non già per nostra soddisfazione, ma affinché siamo in quello stato che Dio richiede per stabilire in noi la sua dimora, la quale, secondo la sua volontà, deve essere un luogo di quiete.

Questa disposizione, in cui il cuore è a posto e senza agitazione, consiste in un riposo in Dio ed in una cessazione volon­taria delle agitazioni inutili della mente e del corpo.

L’anima è molto più capace di ricevere l’azione di Dio ed è meglio disposta a com­piere le proprie operazioni verso Dio.

Con questa pratica, quando è costante, si fa nell’anima un grande vuoto di tutto ciò che è puramente naturale ed umano e la Grazia Divina coi princìpî sopranna­turali e divini si rafferma e si dilata sem­pre più.

Quando l’anima sa mantenersi in una medesima quiete, tutto serve al suo pro­gresso. La privazione delle cose che si possono desiderare, anche spirituali, vi contribuisce moltissimo.

In questo punto è importante notare che le privazioni naturali sono l’alimento delle virtù. La mortificazione della gola nutre la temperanza; il disprezzo nutre l’umiltà; i dispiaceri che provengono dal prossimo, nutrono la carità. Al contrario, gli oggetti dilettevoli, puramente naturali, specie se fuori i limiti della retta ragio­ne, sono il veleno delle virtù; non già che tutte le cose dilettevoli da se stesse producano cattivi effetti, ma il disordine suole provenire dalla nostra corruzione e dall’uso cattivo che spesso facciamo di tali cose.

Perciò le anime illuminate non ricer­cano le cose dilettevoli e, per non perde­re la pratica delle virtù, si prendono una cura fedele e costante di mantere sem­pre il loro cuore nella medesima quiete, pur variando le vicende della vita.

A quante anime Gesù domanda, e da tempo, questa perfezione e quanto poche rispondono con generosità agli inviti del­la Grazia!

Esaminiamoci e vedremo che siamo ben lontani dalla perfezione per colpa nostra e per nostra negligenza. Noi pos­siamo coltivare di più la vita spirituale e dobbiamo riuscirvi!

Uguaglianza.

Si presentano dei pensieri, che posso­no servire di meditazione, imperniati sul principio di uguaglianza, cioè, ricevere e dare.

Deve esservi uguaglianza tra le grazie che Dio ci dona e la nostra corrispon­denza; tra la volontà di Dio e la nostra; tra i propositi che facciamo e la loro ese­cuzione; tra i nostri doveri e le nostre opere; tra il nostro nulla ed il nostro spi­rito di umiltà; tra il pregio ed il valore delle cose spirituali e la nostra stima pra­tica di esse.

L’uguaglianza nella vita spirituale è ne­cessaria; gli alti e bassi sono a detrimento del profitto.

Bisogna essere uguali nell’umore e nel carattere, in ogni tempo ed in ogni even­to; uguali nella diligenza, per santificare tutte le azioni, nel principio, nella conti­nuazione e nella fine di ciò che si ha da fare; ci vuole uguaglianza nella carità, per ogni genere di persone, mortificando la simpatia e l’antipatia.

L’ugùaglianza spirituale deve portare all’indifferenza di ciò che piace o dispiace e deve rendere disposti al riposo ed al la­voro, ad ogni sorta di croci e di patimen­ti, alla sanità ed alla malattia, ad essere dimenticati o ricordati, alla luce e alle te­nebre, alle consolazioni ed all’aridità di spirito.

Tutto ciò si raggiunge quando la no­stra volontà è aderente a quella di Dio. Ognuno si sforzi di conseguire questo grado di perfezione.

Inoltre la perfezione esige che si abbia:

Più umiltà, che umiliazioni.

Più pazienza, che croci.

Più opere, che parole.

Più cura per l’anima, che per il corpo.

Più interesse per la santità, che per la sanità.

Più distacco da tutto, che non separa­zione reale da tutto.

Frutto pratico.

Dalla considerazione di questi segre­ti di perfezione, si prenda qualche frut­to pratico e non si lasci inefficace l’opera della Grazia Divina nei nostri cuori.

1. – Ringraziare Dio di tutte le gra­zie, che sinora ci ha donato.

2. – Riconoscere sinceramente il cat­tivo uso che ne abbiamo fatto e chiede­re a Dio perdono.

3. – Metterci nella disposizione che Dio richiede da noi, fermamente risoluti di fare un santo uso degli aiuti che Egli si degna ancora offrirci.

4. – Per ottenere una risoluzione fer­ma e stabile, entrare nei Sacratissimi Cuori di Gesù e di Maria; leggervi, scrit­ta a caratteri indelebili, la regola di vita che vogliamo seguire ed una tale vista raddoppierà la nostra stima ed il nostro amore per quella norma di vita.

5. – Pregare e supplicare Gesù e la sua Madre di benedire la nostra risoluzione; animati dalla più ferma fiducia nella loro protezione, praticheremo co­raggiosamente, a loro esempio, le gran­di e sublimi massime, sulle quali Dio vuole che noi regoliamo la nostra vita.

AMORE DI DIO

Conoscere Gesù ed amarlo.

Alle anime di buona volontà si dan­no degli incoraggiamenti per amare Gesù. Gesù è la perla dell’amore; beati coloro che lo sanno amare! La conoscenza delle sue divine perfezioni serva di sprone ad unirsi intimamente a Lui.

Gesù è fedeltà.

Chi lo ama davvero, tutto spera, per­ché tutto è promesso da Gesù. Egli è l’Autore, l’oggetto ed il grande motivo della nostra speranza. In Gesù siamo stati chiamati alla società dei Santi, alla gloria, all’onore, alla gioia sempiterna in Pa­radiso.

Su, dunque, o anime cristiane, se amia­mo Gesù, aspettiamo fiduciosamente il Si­gnore; agiamo virilmente nelle prove per­messe da Dio e si fortifichi il nostro cuore. Chi spera nel Signore, non rimarrà con­fuso.

Gesù è sapienza.

L’amore per Gesù dev’essere fedele, do­cile e deve credere. Chi ama davvero Ge­sù, crede, tutto quanto ha detto Gesù ed in Gesù riconosce la Suprema Verità; non è esitante, né vacillante, ma accetta con gioia ogni parola di Gesù.

Gesù fu ubbidiente sino alla morte ed alla morte di Croce. Chi ama Gesù, non si ribella a Dio, né ai divini progetti, ma con prontezza, con animo ilare, con devo­zione, fedeltà e pietà, interamente si ab­bandona alla Provvidenza ed alla Volontà Divina, dicendo nelle pene: Gesù, si fac­cia la tua adorabile volontà e non la mia!

Gesù fu delicatissimo nel suo amore: « Non spezzò la canna piegata e non spen­se il lucigno fumigante » (Matteo, XII-20). Chi ama davvero Gesù, non è insolente verso il prossimo, ma è docile alla parola di Lui ed al suo comando: « Ecco il mio comandamento: amatevi l’un l’altro, come io ho amato voi! » (Gv. XIII-34).

Gesù è mitissimo; quindi chi ama Gesù è mite, supera l’invidia e la gelosia, perché si contenta di Gesù, e di Gesù solo.

Chi ama davvero Gesù, non ama altro che Lui, perché in Lui possiede ogni cosa: onori veri, ricchezze reali ed eterne, digni­tà spirituali.

O amore di Gesù, vieni a portarci il fuoco soavissimo, che avvampa nel tuo Cuore, e non vi sarà più in noi nessuna brama, nessun desiderio terreno, fuorché tu, o Gesù, amabile sopra ogni cosa!

Gesù è infinitamente benigno, soave, dolce, compassionevole, misericordioso verso tutti. Dunque, l’amore per Gesù non può essere che benigno e benefico verso i poveri, gli infermi e gli inferiori; benigno e benefico verso chi odia, chi perseguita o chi calunnia, benigno verso tutti.

Quale bontà ebbe Gesù nel consolare gli afflitti, nell’accogliere tutti, nel perdo­nare!

Chi vuole realmente dimostrare amore a Gesù, dimostri al prossimo bontà, be­nignità e misericordia.

Ad imitazione di Gesù, siano dolci le nostre parole, sia mite la nostra conver­sazione, sia sereno il nostro occhio, servi­zievole la nostra mano.

Pensieri da meditare.

1. – Possiamo amare Dio.

Il sole è fatto per illuminare ed il no­stro cuore per amare. Ah, qual oggetto più amabile di un Dio infinitamente perfetto, di un Dio, nostro Creatore, nostro Re e Padre, nostro amico e benefattore, nostro sostegno e rifugio, nostra consolazione e speranza, nostro tutto?

Perché dunque è così raro l’amore di Dio?

2. – Dio è geloso del nostro amore.

Non è forse giusto che la creta sia sot­toposta alla mano del vasaio che la lavo­ra? Non è parimenti dovere di giustizia che la creatura ubbidisca agli ordini del suo Creatore, specialmente quando Egli dichiara di essere geloso del suo amore e si abbassa sino a chiedere il loro cuore?

Se un re della terra avesse per noi tanto amore, con quali sentimenti noi lo ricam­bieremmo!

3. – Amare è vivere in Dio.

Vivere in Dio, vivere della vita di Dio, diventare un medesimo spirito con Dio, può immaginarsi gloria più sublime? A tal gloria appunto c’innalza il divino amore.

Pei vincoli di un amore reciproco, Dio abita in noi e noi abitiamo in Lui; noi viviamo in Lui ed Egli vive in noi.

L’abitazione dell’uomo sarà dunque sempre tanto bassa, quanto il fango di cui è formato? L’anima veramente grande e veramente nobile è quella che, sprezzando tutte le cose che passano, non vede altro che Dio che sia degno di lei.

4. – Nulla di più grande dell’Amore di Dio.

Nulla di più grande e tanto vantag­gioso, quanto il divino amore. Nobilita tutto: imprime il suggello, il carattere di Dio stesso a tutti i pensieri, a tutte le parole, a tutte le azioni anche le più co­muni; addolcisce ogni cosa; diminuisce l’acutezza delle spine della vita; tramuta i patimenti in soavi delizie; è il principio e la misura di quella pace che il mondo non può dare, fonte di quelle consolazioni veramente celesti, che furono e saranno sempre la sorte dei veri amanti di Dio.

L’amore profano ha forse simili van­taggi? … Ma sino a quando la creatura sarà la più crudele nemica di se stessa? …

5. – Nulla di più prezioso.

Oh, qual tesoro prezioso è l’amore di Dio! Chi lo possiede, possiede Dio; fosse pur privo di ogni altro bene, è sempre in­finitamente ricco.

E cosa può mancare a chi possiede il Sommo Bene?

Chi non possiede il tesoro della grazia di Dio e del suo amore, è schiavo del demonio, e, benché sia ricco di beni ter­reni, è infinitamente povero. Quale og­getto potrà risarcire l’anima di tale umi­liante e crudele schiavitù?

6. – Negare a Dio l’amore è da pazzo! Chi nega l’eternità è un ateo, è un empio e si degrada sino alla vile condi­zione degli animali.

Chi crede nell’eternità e non ama Dio, è insensato e pazzo.

L’eternità, beata o disperata, dipende dall’amore che si ha o non si ha per Dio. Il Paradiso è il Regno dell’amore ed è l’a­more che ci introduce nel Paradiso; la maledizione ed il fuoco sono la sorte di coloro che non amano Dio.

Dice S. Agostino che l’amore divino e l’amore colpevole formano sin da ora e formeranno nell’eternità due città: quella di Dio e quella di Satana.

A quale delle due apparteniamo noi? Il nostro cuore lo decide. Dalle nostre opere conosceremo il nostro cuore.

7. – Benefici dell’amore di Dio. Quanti inestimabili e preziosi tesori troverà accumulati nell’eternità l’anima che avrà vissuta sulla terra una vita d’a­more! Ogni atto che essa avrà prodotto nel tempo, si riprodurrà in tutti gli istanti dell’eternità e si moltiplicherà per conseguenza all’infinito. Rigermoglierà parimenti di continuo e sempre si molti­plicherà il grado di gloria e di felicità, che accompagna tutte le azioni meritorie e divinizzate dalla grazia di Gesù Cristo. Se il dono di Dio fosse conosciuto! …

Se per ottenere quel grado di gloria dovessimo soffrire tutti i martiri e pas­sare per le fiamme, stimeremmo di averlo ottenuto per nulla!

Ma Dio, Bontà infinita, per donarci il Paradiso non richiede altro che il nostro amore. Se i re distribuissero con la mede­sima facilità i beni e gli onori di cui sono dispensatori, quale turba di famelici circonderebbe il loro trono!

8. – Quali difficoltà impediscono l’amo­re di Dio?

Qual cosa potrebbe mai bilanciare o in­debolire la forza di tanti motivi così con­vincenti per l’intelligenza e così commo­venti per il cuore? Solo la difficoltà dei sacrifici, che si richiedono per amare dav­vero il Signore.

Ma si può forse essere titubanti o at­territi davanti alle difficoltà di un mezzo, allorché questo è assolutamente necessa­rio? Che vi è di più indispensabile del­l’osservanza del primo e del più grande dei Comandamenti « Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il tuo cuore? … »

La carità divina, infusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, è la vita dell’anima; e colui che non possiede un tal prezioso tesoro, è in istato di morte.

In verità, il Signore nel Vangelo pre­tende forse dai suoi figli sacrifici più penosi di quelli che il mondo e le passioni esigono dai loro schiavi? Il mondo non dà ordinariamente ai suoi pattigiani se non fiele ed assenzio; gli stessi pagani dicono che le passioni del cuore umano sono i nostri più crudeli tiranni.

I Santi Padri soggiungono che si fa­tica e si soffre assai più per andare all’inferno, che non per salvarsi ed an­dare in Paradiso.

L’amore di Dio è più forte della mor­te; accende un fuoco così vivo ed ardente che tutta l’acqua dei fiumi non può e­stinguerlo, cioè nessuna difficoltà può frenare nell’amore di Dio la veemenza del suo ardore.

Gesù Cristo invita tutti a riconoscere, per propria esperienza, quanto il suo giogo sia soave e il suo peso leggero.

Quando Gesù dilata il cuore dei suoi amanti con l’unione della sua grazia, non si cammina, ma si corre nella via stretta dei Comandamenti di Dio; e la dolcez­za delle consolazioni, che riempiono l’a­nima, produce quella sovrabbondanza di gioia, che San Paolo gustava nelle sue tribolazioni: « Sovrabbondo di gaudio in ogni mia tribolazione » (II Corinti, VII-4 ).

Cessiamo, dunque, di sgomentarci per difficoltà, le quali sòno più apparenti che reali. Abbandoniamo il nostro cuore all’amore di Dio; Gesù Cristo fedele alla sua promessa ci darà il centuplo anche su que­sta terra.

Preghiera.

Mio Dio, mi vergogno della mia in­differenza e del poco amore che sinora ho avuto per Voi! Quante volte la diffi­coltà del cammino ritardò i miei passi per seguirvi! Ma spero nella vostra mi­sericordia, o Signore, e vi prometto che l’amarvi sarà d’ora innanzi il mio impe­gno, il mio cibo, la mia vita. Amore pe­renne e non mai interrotto.

Non solamente vi amerò, ma farò tut­to il possibile per farvi amare dagli altri e non avrò quiete sino a tanto che io non vegga le fiamme del vostro santo amore acceso in tutti i cuori. Amen!

La Santa Comunione.

La fornace dell’amor di Dio è la Co­munione. Le anime amanti di Gesù bra­mano comunicarsi; conviene però ricevere la SS. Eucaristia con molto frutto. Giova riflettere su quanto segue: Quando facciamo la Comunione, rice­viamo realmente e fisicamente, nascosto sotto le Specie Sacramentali, Gesù Cristo; quindi diventiamo non soltanto Taber­nacolo, ma anche Pisside, ove Gesù abita e vive, ove gli Angeli vengono ad ado­rarlo; e dove noi dobbiamo aggiungere le nostre adorazioni alle loro.

Anzi c’è tra noi e Gesù un’unione si­mile a quella che esiste tra il cibo e colui che l’assimila, con la differenza che noi non trasformiamo Lui, ma noi siamo tra­sformati in Lui. Questa unione tende a rendere la nostra carne più sottomessa allo spirito e più casta e vi depone un germe di immortalità.

L’anima di Gesù si unisce alla nostra per formare con essa un cuore solo ed un’anima sola.

L’intelligenza di Gesù ci illumina per far vedere e giudicare tutto alla luce so­prannaturale; la sua volontà divina viene a correggere la debolezza della nostra: il suo Cuore Divino viene a riscaldare il nostro.

Dovremmo sentirci, appena fatta la Co­munione, come l’edera attaccata alla quer­cia e provare slanci fortissimi verso il be­ne ed essere disposti a tutto soffrire per il Signore. Per conseguenza i pensieri, i giudizi, gli affetti devono conformarsi a quelli di Gesù.

Quando ci si comunica con le dovute disposizioni, allora si vive una vita più intensa e soprattutto più soprannaturale e divina. Non è più l’uomo vecchio che vive in noi, che pensa ed opera, ma è Gesù Cristo, Uomo Nuovo, che con il suo Spi­rito vive in noi e ci vivifica.

Pensare alla Divina Eucaristia e non pensare alla Madonna, è impossibile. La Chiesa ce lo ricorda negli inni eucaristici: « Nobis datus – Nobis natus ex intacta Virgine » a noi dato, a noi nato da una intatta Vergine! « Ti saluto, o vero Corpo, nato da Maria Vergine…. O Gesù pio, o Gesù, Figlio di Maria », « O Jesu, Fili Mariae! ».

Alla Mensa Eucaristica noi gustiamo il Frutto del generoso seno di Maria « Fructus ventris generosi ».

Maria è il trono; Gesù è il Re; l’anima alla Comunione, lo ospita e lo adora. Maria è l’altare; Gesù è la Vittima; l’anima l’offre e la consuma.

Maria è la sorgente; Gesù è l’acqua Divina; l’anima la beve e si disseta. Maria è l’alveare; Gesù è il Miele; l’a­nima lo scioglie in bocca e l’assapora. Maria è la vite; Gesù è il Grappolo che, spremuto e consacrato, inebria l’anima. Maria è la spiga; Gesù è il Frumento che diventa cibo, medicina e diletto del­l’anima.

Ecco quanta intimità e quante relazioni legano insieme la Vergine, la S. Comu­nione e l’anima eucaristica!

Nella S. Comunione non si tralasci mai un pensiero verso Maria Santissima, per benedirla, per ringraziarla, per ripararla.

COLLANA DI GEMME

Questo capitolo potrebbe essere prezio­so per quelle anime che aspirano alla per­fezione cristiana, secondo le norme del­l’Infanzia Spirituale di S. Teresina.

Si presenta una collana invisibile, spiri­tuale; ogni anima procuri di tempestarla di gemme di ogni qualità, compiendo molti piccoli atti di virtù, per piacere di più alla Bellezza Eterna, che è Gesù.

Queste gemme riguardano: la pruden­za, lo spirito di orazione, il disprezzo di sé, il perfetto abbandono in Dio, il corag­gio nelle tentazioni e lo zelo per la gloria di Dio.

Prudenza.

Essere prudenti non è così facile come potrà sembrare.

La prudenza è la prima delle virtù car­dinali; è la scienza dei Santi; chi vuole perfezionarsi, non può fare a meno di aver­ne una qualche dose.

Tra le persone pie se ne trovano non poche che patiscono della febbre dell’im­prudenza e, con tutte le buone intenzioni che hanno, commettono talvolta spropositi tali, da potersi prendere con le molle.

Procuriamo di regolarci in tutto con criterio, di ricordarci che bisogna cammi­nare più con la testa che con i piedi e che anche per le opere più sante è neces­sario scegliere il tempo opportuno.

Badiamo però che non ci venga addos­so la polvere della prudenza moderna, di cui oggi si sono vuotati innumerevoli ed immensi magazzini.

In questo caso precipiteremmo in un altro abisso e, sotto il pretesto di volere essere prudenti secondo il mondo, diverremmo dei mostri di paura e di egoismo. Essaere prudenti significa fare il bene e farlo bene.

Spirito di orazione.

Bisogna avere molto spirito di orazione, pur attendendo al lavoro quotidiano; pensiame che questo spirito si acquista con pratiche frequenti, regolari, fatte con ogni impegno ai piedi del Crocifisso Gesù.

Lo spirito di orazione è un gran dono di Dio. Chi lo vuole, lo chieda con la più squisita umiltà e non si stanchi di chiederlo finché non abbia ottenuto qualche cosa.

In tendiamo bene che qui si parla specialmente della santa meditazione, senza la quale un’anima cristiana è un fiore che non olezza, è una lucerna che non fa luce, è un carbone spento, è un frutto senza sapore.

Meditiamo e scopriamo i tesori della sapienza divina; quando li avremo scoperti, li ameremo e quest’amore sarà il fondamento della nostra perfezione.     

Disprezzo di sé.

Disprezzare noi stessi. È questo di­sprezzo che fiaccherà il nostro orgoglio, che renderà muto il nostro amor proprio, che ci farà essere sereni, anzi contenti, in mezzo ai più amari trattamenti che gli al­tri potranno farci.

Pensiamo chi siamo e di che cosa tante volte ci siamo resi meritevoli con i nostri peccati; pensiamo come Gesù trattò se stesso.

Quanti, dediti alla vita spirituale, non solo non disprezzano se stessi, ma si con­servano come un gioiello in mezzo al co­tone o come un tesoro sotto mille chiavi!

Abbandono in Dio.

Abbandoniamoci intieramente in Dio, senza nulla riservare per noi. Non ci fi­diamo di Dio, che è nostro Padre? Cre­diamo che Egli dimentichi i suoi figlioli amanti o che forse li lasci sempre nella lotta e nel dolore? No! Gesù sa far bene ogni cosa ed i giorni amari che passiamo in questa vita sono contati e coperti di gemme preziose.

Dunque fidiamoci di Gesù, come il bambino della mamma, e lasciamogli asso­luta libertà di operare nell’anima nostra. Non avremmo mai a pentircene.

Coraggio nelle tentazioni.

Non dobbiamo avvilirci nelle tentazio­ni, di qualunque genere siano; ma invece dobbiamo mostrarci coraggiosi e sereni. Non bisogna mai dire: Questa tentazio­ne non la vorrei; mi farebbe più comodo averne un’altra. –

Forse Dio non conosce meglio di noi quello che ci abbisogna? Egli sa ciò che deve fare o permettere per il vantaggio dell’anima nostra.

Imitiamo i Santi, i quali non si lamen­tavano mai delle specie delle tentazioni di cui Dio permetteva che fossero bersaglio, ma si limitavano solo a chiedere gli aiuti, che erano loro necessari per riuscire vit­toriosi in mezzo alle lotte.

Zelo.

Occorre avere zelo, il cui fuoco ci infiammi e ci animi a cose grandi per la gloria di Dio.

Certamente daremo piacere a Gesù, se Egli ci vedrà occupati nei suoi interessi. Quanto è prezioso il tempo che si spende nel lodare il Signore e nel salvare le anime!

SUGGERIMENTI

Nei miei scritti spesso mi sono servito degli ammaestramenti dati da Gesù ad anime privilegiate; mi sono stati di fon­te: « Invito all’amore », « Colloquio interiore », « Il Fiorellino di Gesù », « Cum clamore valido… ».

La storia di queste anime ormai è co­nosciuta nel mondo.

Riporto alcuni pensieri che potreb­bero giovare nella vita spirituale.

1. – Per farsi intendere da me, non sono necessari lunghi colloqui; l’intensi­tà di una sola giaculatoria, anche brevis­sima, mi dice tutto.

2. – Chiudere gli occhi alle imperfe­zioni altrui, compatire e scusare chi manca, mantenere il raccoglimento e con­versare di continuo con me, sono cose che strappano dall’anima anche gravi im­perfezioni e la renderanno padrona di grande virtù.

3. – Se un’anima dimostra maggior pazienza nel soffrire e più tolleranza nel­l’essere privata di ciò che soddisfa, è segno che ha fatto maggior progresso nella virtù.

4. – L’anima che vuole restare sola, senza il sostegno dell’Angelo Custode e della guida del Direttore Spirituale, sarà come un albero che è solo in mezzo al campo e senza padrone; e per quanto sia­no abbondanti i suoi frutti, i passanti se li piglieranno prima che essi giungano a perfetta maturazione.

5. – È umile chi si nasconde nel pro­prio nulla e sa abbandonarsi a Dio. È mansueto colui che sa sopportare il prossimo e sopportare se stesso.

6. – Sono innamorato di te, perché hai molte miserie; voglio arricchirti. Dammi però il cuore; dammelo tutto!

Pensami più spesso, triste ed agonizzante; non lasciar passare un solo quarto d’ora senza aver sollevato il pensiero al tuo Gesù.

7. – Vuoi sapere qual è l’importanza ed il vantaggio dell’intenzione, che un’a­nima mette al mattino o prima di com­piere un’opera buona? … Il vantaggio va sempre per la propria santificazione; e se si offre per la conversione dei poveri peccatori, frutta ancora di più, per sé e per le anime.

8. – Pregami per i peccatori e prega­mi molto; il mondo ha bisogno di molte preghiere e di molte sofferenze per esse­re convertito.

9. – Rinnova spesso il voto di vittima, anche mentalmente; protesta di rinnovar­lo ad ogni palpito del cuore; con questo salverai moltissime anime.

10. – L’anima non si perfeziona con la sola intelligenza, ma con la volontà. Ciò che conta davanti a Dio, non è l’in­telligenza, ma il cuore e la volontà.

11. – La grandezza dell’amore mio per un’anima, non si deve misurare quaggiù dalle consolazioni che le concedo, ma dal­le croci e dalle pene che le do, unitamen­te alla grazia di sopportarle.

12. – Sono respinto dal mondo. Dove andrò per essere accolto con amore? Do­vrò abbandonare la terra e riportare in Cielo i miei doni e le mie grazie? Oh, no! Accoglimi tu nel cuore ed amami tanto. Offrimi la tua sofferenza e ripara per questo mondo ingrato, che tanto mi fa soffrire!

13. – Non c’è amore, senza dolore; non c’è dono totale, senza sacrificio; non c’è conformità a me Crocifisso, senza ago­nie e senza patimenti.

14. – Sono il buon Padre di tutti ed a tutti distribuisco con misura le lacrime e le dolcezze.

15. – Contempla il mio Cuore! È aperto nella parte superiore; è chiuso nella parte che guarda la terra; è corona­to di spine; ha una Piaga, che gronda Sangue ed acqua; è cinto di fiamme; è rivestito di splendori; incatenato, ma libero. Possiedi tu un cuore simile a questo? Esaminati e rispondi! … È la conformità dei cuori che stabilisce quel­l’unione, senza cui il connubio non può prolungare la sua vita.

Il mio Cuore, sigillato dalla parte della terra, ti avverte di stare in guardia contro le pestifere esalazioni del mon­do… Ah quante anime tengono spalan­cata la porta inferiore del loro cuore, il quale si riempie di elementi contrari al mio amore!

Il mio Cuore con la corona di spine ti insegna lo spirito di mortificazione. La luce del mio Divin Cuore ti pre­dica la vera sapienza; le fiamme che lo circondano sono simbolo del mio arden­tissimo amore.

Voglio che esamini con molta atten­zione l’ultima caratteristica di questo Cuore Divino, cioè il non avere la più piccola catena; è bellissimo; non ha lega­mi che lo tengono schiavo; va dove deve andare, cioè al Padre mio Celeste. Vi sono anime di nessun criterio, le quali rispon­dono: Abbiamo catene nel cuore, … non sono di ferro; sono catene d’oro.

Ma sono sempre catene!!! … Po­vere anime, come sono facili a lasciarsi illudere! E quante se ne perdono eterna­mente di quelle che così ragionano!

16. – Quella persona … ti ha incaricata di offrirmi, in regalo, i suoi peccati. Dirai che sono molto buono e resto contento di questo gradito regalo; tutto perdonato; la benedico di cuore. Mi rinnovi spesso tale offerta, perché apporta gioia al mio Cuo­re. Dirai ancora che io offro il mio Cuore aperto e la chiudo dentro di me … Quando un’anima mi offre i suoi peccati con pentimento, io le regalo le mie carez­ze spirituali.

17. – Vuoi salvare molte anime? Fa’ moltissime Comunioni spirituali, trac­ciando possibilmente un piccolo segno di Croce sul petto e dicendo: Gesù, Tu sei mio, io sono tua! Mi offro a te; salva le anime! –

18. – La mozione di Dio nell’anima si compie senza strepito. Lo spirito troppo occupato all’esterno, negligente e poco attento a se stesso, non l’avvertirà e la lascerà passare inutilmente.

19. – Io mi occupo di ciascuno, come se non ci fossero altri al mondo. Occupati tu pure di me come se non ci fossi solo io al mondo.

20. – Per avere in ogni luogo e in ogni tempo Me presente e per unirsi a Me, non basta separarsi dalle creature esternamente, ma si deve cercare il distacco interiore. Bisogna cercare nel cuore la solitudine, per cui l’anima in qualunque luogo o in qualunque compagnia si trovi, possa giungere liberamente al suo Dio.

21. – Quando sei sotto il peso delle tribolazioni ripeti: Cuore di Gesù, confortato nella tua agonia da un Angelo, confortami nella mia agonia!    

22. – Usate del tesoro della Messa, per prendere parte alle dolcezze del mio amore! Offritevi al Padre per mezzo mio perché io sono Intermediario ed Avvoca­to. Congiungete i vostri deboli omaggi ai miei omaggi, che sono perfetti.

Quanti trascurano di assistere alla San­ta Messa nei giorni festivi! Benedico coloro che per riparare ascoltano nella fe­sta una Messa in più e che, quando sono impediti a fare ciò, suppliscono con l’ascoltarla durante la settimana.

23. – Amare Gesù significa saper sof­frire molto … sempre. .. in silenzio … da soli … col sorriso sulle labbra … nel­l’abbandono completo delle persone ca­re … senza essere compresi, compianti consolati … sotto lo sguardo di Dio, che scruta i cuori … ; saper nascondere come un tesoro inestimabile in mezzo al cuore coronato di spine il sacro mistero della Croce.

24. – Hai ricevuto grandi umiliazio­ni; te lo avevo già predetto. Ora mi chie­di tre giorni di sofferenza, perché io perdoni e benedica coloro che ti hanno fatto soffrire. Quale gioia dài al mio Cuo­re! Soffrirai non tre giorni, ma una settimana. Benedico e ringrazio chi ti ha suggerito questo pensiero.

25. – Ripeti e diffondi questa pre­ghiera, che mi è tanto cara: Eterno Pa­dre, per riparare i miei peccati e quelli del mondo intero, io umilmente vi offro la gloria che Gesù vi ha dato con la sua Incarnazione e che vi da con la Vita Eu­caristica; vi offro anche la gloria che vi ha dato la Madonna, specialmente ai pie­di della Croce, e la gloria che vi hanno reso e vi renderanno gli Angeli ed i Beati in Cielo per tutta l’eternità!

26. – La sete si può estinguere; perciò tu puoi bere, ma sempre con mortifica­zione, pensando di dissetare il tuo Gesù.

27. – Il giovedì ebbe inizio la mia Passione. Quando si compiva l’ultima Ce­na, il Sinedrio aveva già decretato il mio arresto ed io, che tutto conoscevo, soffri­vo nell’intimo del mio Cuore.

Nella serata del giovedì avvenne l’ago­nia nel Getsemani.

Anime, che mi amate, compenetratevi dello spirito di riparazione ed unitevi in ispirito alle amarezze da me provate pro­prio al giovedì, vigilia del mio supremo sacrificio sulla Croce!

Oh, se ci fosse un’Unione di anime ferventi, fedeli alla Comunione Riparatri­ce del giovedì! Quale sollievo e consola­zione sarebbe per me! Chi coopererà a stabilire questa « Unione », sarà ben ricompensato dal Padre mio.

Nella serata del giovedì unitevi alle mie amarezze del Getsemani. Quanta glo­ria dà al Padre Celeste il ricordo della mia agonia nell’Orto!

28. – Le vere « anime ostie » ripara­trici si curvano sul calice della Passione, per attingervi l’amara stilla che loro è ri­servata. Non versano, no, il loro sangue, ma spandono lacrime, sacrifici, dolori, desideri, sospiri e preghiere, che è quanto dire dare il sangue del cuore ed offrirlo mescolato col Sangue mio, Agnello Di­vino.

29. – Le anime vittime riparatrici ac­quistano un grande potere nel mio Cuo­re, perché mi consolano tanto graziosamente. La loro sofferenza è sempre fecon­da, perché la mia benedizione a loro riguardo non viene mai meno. Mi servo di loro per il compimento dei miei dise­gni di misericordia. Fortunate quelle ani­me nel giorno del Giudizio!

30. – Coloro che ti circondano sono i martelli, di cui mi servo per scolpire in te la mia immagine. Abbi dunque sempre pazienza e dolcezza; soffri e compatisci. Quando cadi in un’infedeltà, appena puoi ritirati, umiliati baciando la terra, chiedi­mi perdono … e non pensarci più.

 

RIPARARE PER LA FAMIGLIA

Conviene riparare i peccati della nostra famiglia. Anche quando una famiglia si dice cristiana, non sempre tutti i suoi membri vivono da cristiani. In ogni fami­glia si sogliono commettere dei peccati. C’è chi tralascia la Messa la domenica, chi tra­scura il Precetto Pasquale; c’è chi porta odio od ha la mala abitudine della be­stemmia e del turpiloquio; c’è forse chi vive scandalosamente, specie nell’elemento maschile.

Ogni famiglia dunque suole avere un cumulo di peccati da riparare. I devoti del Sacro Cuore prendano l’impegno di questa riparazione. È cosa ottima che quest’ope­ra si compia sempre e non soltanto nel corso dei Quindici Venerdì. Perciò si rac­comanda alle anime pie di scegliere un giorno fisso della settimana, in cui fare at­ti di riparazione per i peccati propri e per quelli della famiglia. – Un’anima può riparare per molte anime! – così diceva Gesù alla sua Serva Suor Benigna Conso­lata. Una madre zelante potrebbe ripara­re, un giorno alla settimana, i peccati del­lo sposo e dei figli tutti. Una figliuola pia potrebbe soddisfare il Sacro Cuore di tut­te le colpe che commettono i genitori ed i fratelli.
Nel giorno stabilito per questa ripara­zione si preghi molto, ci si comunichi e si compiano altre opere buone. È lodevo­le la pratica di far celebrare, quando c’è la possibilità, qualche Santa Messa, con l’intenzione di riparare.

Come gradisce il Sacro Cuore questi atti di delicatezza e come li ricambia ge­nerosamente!

PRATICA – Scegliere un giorno fisso, per tutte le settimane, e riparare il Cuore di Gesù dei peccati propri e di quelli della famiglia. Da: «I 15 venerdì ».

Offerta del Divin Sangue

(in forma di Rosario, in 5 Poste)

Grani grossi

Eterno Padre, Eterno Amore, Vieni a noi col tuo amore e distruggi nel nostro cuore Tutto ciò che ti dà dolore. Pater Noster

Grani piccoli

Eterno Padre, io vi offro per il Cuore Immacolato di Maria il Sangue di Gesù Cristo per la santificazione dei Sacerdoti e la conversione dei peccatori, per i moribondi e le anime del Purgatorio. 10 Gloria Patri

S. Maria Maddalena offriva ogni giorno il Di­vin Sangue per 50 volte. Gesù, apparendole, disse: Da che tu fai questa offerta, non puoi immaginare quanti peccatori si siano convertiti e quante ani­me siano uscite dal Purgatorio!
Si raccomanda ogni giorno l’offerta di 5 pic­coli sacrifici in onore delle Cinque Piaghe, per la conversione dei peccatori.

Catanae 8 maj 1952 – Can. Joannes Maugeri Cens. Ecc.

Per richiesta:
Don Tomaselli Giuseppe LIBRERIA SACRO CUORE Via Lenzi, 24 – 98100 MESSINA


     

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Preghiera per la Famiglia


Padre del cielo,
Tu ci hai dato un modello di vita
nella famiglia di Nazareth,
aiutaci, o Padre buono,
a fare della nostra famiglia
un'altra Nazareth, dove regnano
l'amore, la pace e la gioia.
Fa' che la nostra vita,
sia profondamente contemplativa,
intensamente eucaristica
e vibrante di gioia.
Aiutaci a rimanere insieme
nella gioia e nella sofferenza
attraverso la preghiera familiare.
Insegnaci a vedere Gesù
nei membri della nostra famiglia
specialmente nelle loro difficoltà.
Possa il Cuore Eucaristico di Gesù
rendere i nostri cuori miti ed umili
come il suo e possa aiutarci
a compiere i nostri doveri familiari
in modo santo.
Possiamo amarci
come Dio ama ognuno di noi,
ogni giorno sempre più,
e possiamo perdonarci le offese
come Dio perdona le nostre.
Aiutaci, o Padre buono,
a prendere ciò che ci dai
e a darti tutto ciò che ci chiedi
con grande gioia.
O Immacolato Cuore di Maria,
causa della nostra gioia,
prega per noi.
S. Giuseppe, prega per noi.
S. Angelo Custode,
rimani sempre con noi,
guidaci e proteggici.
AMEN

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