SPIRITUALITÀ DELL’ANZIANO
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Tante volte mi son chiesto quale debba essere la spiritualità dell’Anziano. Alla fine ho trovato delle risposte guardando anche al vissuto di Gesù a Nazareth dai dodici ai trent’anni d’età, allorquando ha dato ufficialmente inizio alla sua vita pubblica e quindi alla sua missione, con il suo essere vero Dio ma anche vero Uomo.
E’ un arco di tempo di cui i vangeli canonici non riportano notizie. E’ il “Mistero di Nazareth”, volendoci richiamare a quanto scritto da Charles Foucald, oltre che da Carlo Carretto in “Piccoli Fratelli”.
Mettere in luce le esigenze spirituali contenute in una vita come quella vissuta a Nazareth può tornare prezioso nella ricerca di risposte di amore e di vita anche per l’Anziano, che incarna l’Amore di Dio. Ne ricorderei sette:
1-NAZARETH COME PRESENZA D’AMORE. Un Amore che rende attento, che fa compatire (patire-con) e che fa entrare nella vita dell’Altro con discrezione, interessandosi delle cose che fa, partecipando alle sue gioie e alle sue tristezze. Questo comporta la conoscenza della comunità in cui si vive (es. la Famiglia) e la disponibilità ad accettare e ad amare ogni suo membro per quello che è.
2-NAZARETH COME PARTECIPAZIONE DI VITA. Una partecipazione che richiede il “rimpicciolimento” e lo “spogliarsi” di se stesso per non apparire straniero al cospetto di talune realtà esistenziali. E’ una partecipazione che introduce all’unità e rende solidale in tutto, rendendo in qualche modo simile a quelli con i quali ci si trova
3-NAZARETH COME PRESENZA DISCRETA E NASCOSTA. Passando quasi inosservato, pur esprimendo attenzione e partecipazione concreta. Proprio come Gesùin quegli anni a Nazareth, per quanto Egli abbia sicuramente espresso le naturali esigenze di vita legate al passaggio dall’infanzia alla maturità. Gesù lo ha fatto con discrezione e rispetto, sebbene potesse vantare intelligenza e doni eccezionali.
4-NAZARETH COME CAPACITA’ DI SINTESI. Capacità di unire e sintetizzare il conformismo sociologico con il non-conformismo spirituale. Questo comporta spesso fare esperienze di solitudine e di sofferenza, in quanto non si può essere sempre d’accordo con ciò che fanno gli altri. Ma il cristiano autentico non può lasciarsi andare ad un conformismo totale, perché(per dirla con San Paolo) egli non è del mondo pur essendo concretamente nel mondo. E sa pure che Dio non lo abbandonerà in questi momenti di solitudine e di sofferenza per testimoniare la Verità della Fede.
5-NAZARETH COME ESPERIENZA DI PREGHIERA E DI DESERTO. Essere presente agli uomini con l’amore ed essere continuamente presente a Dio. L’esercizio della preghiera del cuore aiuta non poco ad abbattere i muri del materialismo, del relativismo e dei tanti pregiudizi umani. Per Gesù a Nazareth sono stati diciotto anni di vita (dai dodici ai trenta) di presenza d’amore ai suoi ma anche di presenza a Dio-Padre, attraverso esperienze di deserto e di filiale e incessante preghiera: soprattutto nei momenti decisivi della sua missione terrena.
6-NAZARETH COME CONTRIBUTO DI LAVORO. Il lavoro è partecipazione concreta e responsabile al bene comune. Cristo nella bottega di Giuseppe, suo padre putativo, ha voluto dare in quegli anni di vita familiare il proprio contributo con le sue stesse mani, dando così al lavoro manuale dignità e grandezza. Al Padre Celeste ha invece offerto se stesso, lavorando alla missione di salvezza per la quale era stato inviato. Ha, quindi, sempre operato: umanamente e divinamente, facendo bene ogni cosa, in ubbidienza e santità.
7-NAZARETH COME ATTESA E PREPARAZIONE DELLA VITA PUBBLICA. Nazareth è un mistero di attesa -preparazione: un’attesa senza fretta. Ogni giorno ha significato per Gesù un’opportunità di conoscenza e di apprendimento, nonché un’occasione di formazione e di preparazione compiuta su di Lui dal Padre.
Anche per noi dev’essere così: operare senza ansia, senza porsi fisse scadenze. Saper essere docile strumento di Dio, ponendosi in ascolto dell’altro e condividendone gioie e preoccupazioni. In ogni età della vita ogni nuovo giorno rappresenta un’ulteriore occasione di apprendimento, di crescita spirituale e di preparazione per ciò che il futuro ci riserverà, ben sapendo che apparteniamo al Signore e che nelle sue mani è la nostra vita.
Mons. Antonio Di Franco
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