Si può vivere senza Dio?
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A grandi mali, grandi rimedi.
C’è un modo di sconfiggere la superbia, l’autosufficienza? Sappiamo che nella vita dello spirito non ci sono strade facili né semplici. Diamo qui alcune piste per poter combattere nella nostra vita e nella vita del gruppo in cui siamo inseriti le diverse manifestazioni della superbia e dell’autosufficienza. Do alcune piste principali. La prima è l’umiltà; la seconda, l’adorazione e la terza, la fede.
A) L’umiltà.
“La superbia si vince con l’umiltà” dice il Catechismo di Pio X L’umiltà è una virtù tipicamente cristiana e ci viene direttamente dagli esempi di Cristo che si descrive miti e umile di cuore (Mt 11, 29).
L’umiltà comincia con l’accettazione della verità sull’uomo. L’umiltà è camminare nella verità, diceva Santa Teresa, Se l’uomo non si riconosce creatura di Dio, legato a Lui per il cordone ombelicale della creazione; se non riconosce il “principio e fondamento” ignaziano secondo il quale “l’uomo è stato creato per lodare e amare Dio”, chi non vuole riconoscere questa verità fondamentale che è come il principio della vita cristiana, allora cercherà altri principi e normalmente il principio fondamentale ricadrà su se stessi, come il perno intorno al quale tutto si fa girare.
Senza umiltà non si può essere grato a Dio che resiste ai superbi, secondo l’espressione di San Giacomo dà la sua grazia agli umili (4, 6). Parlare oggi di umiltà nella nostra società non è alla moda. Ma l’umiltà è apprezzata perché lei ci dà un bagliore dell’ innocenza originaria. In un mondo di ostentazione e di prepotenza, l’umile ha sempre un grande fascino e una grande attrazione: “beati i miti perché possederanno la terra”, ha detto Gesù nelle beatitudini (Mt 5, 5).
Per superare lo spirito di autosufficienza basterebbe un sano realismo perché la ragione non contaminata ci parla di grandi limiti in noi stessi e nelle cose che facciamo. È in questo senso che S. Tommaso colloca la virtù dell’umiltà dentro la virtù cardinale della temperanza perché modera il desiderio eccessivo di collocarci lì dove non è il nostro posto. Chi è umile sa chi è e riconosce la propria miseria con naturalezza, come un’ evidenza che non crea falsi complessi di inferiorità, ma che al contrario permette di prepararsi a lasciarsi operare in se stesso “grandi cose”, come il Signore fece con Maria e lei stessa canta nel Magnificat (Lc 1, 49).
Chi è umile guarda innanzi tutto verso l’Alto, verso Dio ed è capace di una giusta relazione con lui: “L’umiltà, dice S. Tommaso, comporta soggezione dell’uomo a Dio. Per cui Sant’Agostino … rapporta l’umiltà, comprendendola come povertà di spirito, al dono del timore per il quale l’uomo ha un atteggiamento di riverenza verso Dio”. E questo atteggiamento di servizio e di soggezione a Dio, l’umile lo estende anche agli altri, essendo capace di umiliarsi di fronte a loro. L’uomo umile è capace di riferire a Dio tutto il bene che ha in sé e di riferire a se stesso i propri difetti. È ovvio che i difetti non potranno venire da Dio che è perfetto e ciò che è buono deve essere riferito in ultima istanza a Dio da cui proviene ogni dono.
Ogni uomo, anche il più santo, è capace di vedere in se stesso difetti o limiti, considerando anche le virtù o le qualità che oggettivamente possiede. Allo stesso tempo è capace di vedere negli altri, oltre ai limiti e difetti che ogni persona umana può avere, altre virtù o cose buone che forse solo Dio conosce. Questo atteggiamento di sana sfiducia in se stessi e di sana fiducia negli altri dà all’umile un grande fascino di fronte agli altri e, possiamo anche dire, di fronte a Dio. Noi conosciamo sicuramente delle persone che sono così e troviamo in esse una specie d’ incanto che fa veritiere le parole della beatitudine: “i miti possederanno la terra”.
Per vivere nella verità, l’umile combatte e vince lo spirito di autosufficienza, ma non con atteggiamenti falsamente umili che oltretutto disgustano a tutti, ma con la solidità di una verità vissuta che è capace di dare alla vita umana un fermo ancoraggio. E qui si dà nella persona umile un fenomeno interessante: nella misura in cui lei meglio si conosce e conosce Dio, meglio conosce le sue imperfezioni accanto anche alla sua grandezza; conosce meglio anche Dio e perciò può con più facilità evitare comparazioni inutili con gli altri ai quali anzi mostra una crescente riverenza e rispetto perché conosce con più chiarezza la grandezza dell’amore con cui Dio li ama.
Nel mondo di oggi l’umiltà è spesso confusa con la falsa umiltà e questo ha generato reazioni come quella di Nietzsche che vedeva nell’umiltà cristiana una repressione della vera essenza umana che dovrebbe essere manifestata nel Super-Uomo. Ci sono state manifestazioni di umiltà mistificate ed è giusto reagire contro di esse. Ma l’umiltà vera non è per niente una specie di infantilismo o atteggiamenti di masochismo sterile. L’umiltà vera per noi cristiani è quella di Cristo che proviene da uno spirito pieno di forza e di coraggio vero perché è la virtù della libertà in quanto ci situa nella verità fondamentale su di noi.
“Contro la superbia, umiltà”. Nessuno meglio di Maria ha vissuto questa virtù e questa consapevolezza. Proprio perché umile ha saputo riconoscere l’azione di Dio in lei, il quale ha fatto “grandi cose”, colui che tutto lo può (Lc 1, 49). Lei è capace di avere un animo grande e di magnificare il Signore proprio perché è umile. È capace di dire con semplicità che Dio “ha guardato la sua umiltà” e che tutte le generazioni la chiameranno beata (Lc 1, 47-49). Lei sa che Dio è capace di innalzare gli umili (Lc 1, 52).
L’umile è capace di dire cose vere con massima semplicità perché sono persone che vivono nella verità. Perciò emanano una grande pace. Il superbo invece diffonde turbolenza, inquietudine e violenza. Il mondo certamente sarebbe diverso se ci fossero più umili. (Continua)
P. Pedro Barrajón, L.C.
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