Settimana Santa: Martedì Santo
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Che cosa vuol dire per noi vivere questi giorni della Settimana Santa? Vuol dire entrare in un rapporto reale con questa Presenza che è Cristo. (…) La vita cristiana tende di per sé a divenire una preghiera continua, ma non è una preghiera che consiste nel moltiplicare le parole o le Ave Maria: è un aprire gli occhi e vederlo. In paradiso rimarremo in una comunione così intima con Dio che non ci sarà bisogno di parole: la parola suppone che io sia distante da te perché ti devo parlare, ma quando Dio è intimo a te, quando tu sei intimo a Lui, tu vivrai soltanto questa comunione che implica una trasformazione di te in Lui, e che tu viva la sua medesima vita.
Che cosa dobbiamo vivere in questa Settimana Santa? L’avvenimento del Cristo, l’avvenimento della sua medesima vita. Quanto più si vivrà la liturgia della Chiesa tanto più si vivrà il cristianesimo, tanto più subentrerà al nostro vivere umano, così povero, così molteplice nelle sue preoccupazioni, la sua Presenza. Se tu ami Cristo, il Cristo lentamente, ma sempre più, entra nella tua vita e la riempie di sé: tutta la tua vita non diviene che un puro sguardo al Signore. L’anima rimane come presa totalmente dalla presenza del Cristo.
Quaggiù, per quanto si ami l’altro, tra due esseri non c’è immanenza, non c’è unità di vita; ma il cristianesimo va oltre ogni comunione umana. Anche la comunione umana tra due sposi sarà perfetta quando sarà vissuta nel Cristo, perché è nel Cristo soltanto che si raggiunge l’unità; non soltanto l’unità con Dio ma anche l’unità fra di noi, perché fin tanto che non si vive in Dio rimane sempre qualche diaframma. Questo lo sentiamo tanto più dolorosamente quanto più amiamo: che l’altro non può avere il mio modo di pensare, non può avere il mio modo di sentire. Certo, anche questo è un fatto positivo per noi uomini: siccome siamo relativi vi è una complementarità. Io sono filosofo e lui sarà scienziato… c’è una complementarità in questo senso, perché siamo poveri. Ma Dio ti riempie totalmente: tu sei totalmente in Lui ed Egli è totalmente in te.
Vivere questa settimana è far sì che la presenza del Cristo divenga il mondo nel quale respiri, divenga la tua vita che implica di per sé una comunione che sempre più ti trasforma in Lui e rende ora presente, in te, il suo mistero. I santi cristiani hanno vissuto l’avvenimento cristiano più degli avvenimenti della loro vita. Ecco perché, per esempio, molti di loro hanno le stimmate; non è un fatto accidentale quello delle stimmate, è una manifestazione di qualche cosa di più profondo.
Vivere veramente il cristianesimo vuol dire realizzare quello che dice S. Paolo nella lettera ai Galati: “Vivo io, ma non sono più io che vivo, è il Cristo che vive in me”.
(…) La Settimana Santa non è il ricordo di un avvenimento passato. Può far bene anche ricordare la Passione di Gesù, ma la Passione di Gesù non si ripete; invece si fa presente la sua morte, e la morte del Cristo è l’atto mediante il quale Egli non vive più nel tempo e nello spazio, ma è divenuto la Presenza per te. Fintanto che viveva la sua vita mortale non poteva farsi presente a Siracusa senza cessare di essere a Nazaret… e invece la Messa si celebra in ogni luogo. Perché? Perché appunto lo spazio e il tempo non condizionano più la presenza del Cristo. Con la sua morte il Cristo ha vissuto il dono di sé a Dio, il dono di sé a ciascuno; Egli si dona a me.
Don Divo Barsotti
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