Seppe scorgere luce dove si vedeva solo tenebra
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Gerico è una cittadina della Palestina, che, oggi, conta poco più di 18.300 abitanti, in Cisgiordania, lungo le pendici orientali dell’altopiano di Giudea, a NE di Gerusalemme. Prima dell’arrivo del popolo di Israele, era un insediamento cananeo. La sua resa,
avvenuta ad opera di Giosuè nel 1250, viene narrata in modo grandioso Giosué, 6. Giosuè era successore di Mosé e, per la loro fede, le mura crollarono dopo un gesto rituale. Girarono per sei giorni attorno alla città ben munita. Il settimo giorno, giorno del riposo di Dio, guidati dai sette sacerdoti con corni d’ariete,furono compiuti sette giri. Il crollo era preannunciato per il momento del grande grido di guerra del popolo. Tutti gli abitanti furono votati allo sterminio, tranne Raab, la prostituta, ed i suoi parenti, poiché aveva collaborato con i messaggeri degli Israeliti. Da un lato vi è separazione netta dai pagani cananei e fede nel Signore, dall’altro, vi è pietà per la peccatrice, che cerca di collaborare con il piano di Dio.
La Parola
Nella pericope evangelica, siamo di fronte al Capo dei pubblicani, che, nonostante il suo peccato evidente e pubblico, è incuriosito di questo Gesù di cui ha sentito tanto parlare. Più volte Luca ci parla di Gesù che sta con i peccatori ed i pubblicani e che di ciò i farisei e gli scribi mormorano. Ora, Gesù, per compiere questo miracolo dello spirito, la conversione del Capo dei pubblicani, sceglie proprio la città di Gerico. Il riferimento non è trascurabile. Egli è pagano nel cuore, né più, né meno, degli antichi cananei. I puri, che abitano a Gerico, però, non sono nella posizione dell’esercito di Giosué, bensì, anch’essi hanno un occhio, che non sa vedere la luce, che è cominciata ad entrare nel cuore di Zaccheo, come, già prima, in quello di Raab. In più, Zaccheo, forse inconsapevolmente, compie un gesto simbolicamente di peccato. Per vedere Gesù, sale su un sicomòro. Perché non su un’altra pianta? Dall’antica storia dell’Egitto, nota ad Israele, ed a quanti presero l’antica Gerico, il sicomòro era considerato pianta dell’immortalità. E Gerico, in età ellenistica (323 a. C – 31 a. C.), fu abbandonata e trasformata in necropoli. Sicché, al tempo di Gesù, non era un gran centro e poteva essere considerato da Gesù un luogo di morte. Occorreva che Zaccheo scendesse da quell’albero dell’ “immortalità”, che non avrebbe potuto restituirgli la “vita”. Quella presunta immortalità, che poggia sulla falsa sicurezza del denaro e del potere, sarebbe crollata come le mura di Gerico. Ma Gesù non è dovuto girare per sei giorni attorno a Zaccheo, né al settimo girare per sette volte. È stato sufficiente che Gesù lo chiamasse con “scandalosa familiarità”: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». E Zaccheo scese in fretta, accogliendolo pieno di gioia. Quanti erano intorno, -tutti-, mormorarono, invece, che si intratteneva con un peccatore. Non solo scribi e farisei, ma tutti! Gesù deve rivolgersi a pagani, o, ad Israeliti rinnegati, per trovare qualcuno pronto ad accoglierlo pieno di gioia!
Dove c’è luce
Gesù, dunque, ha saputo vedere luce là dove la tenebra avvolgeva. E tenebra c’era, certo, ma è bastato uno sguardo familiare e sinceramente interessato di Gesù perché la risposta gioiosa giungesse. Certo, Zaccheo è già in un atteggiamento coinvolto nei confronti di Gesù, espresso da tre verbi: corse, salì e attese perché doveva passare di là. Vi è il correre di chi scappa, o, di chi insegue; di chi va ad annunciare qualcosa a qualcuno, come la Maddalena, o, del giusto, che è contento, o, di chi corre nella fede e di Paolo, che corre verso la méta (Fil 3, 14). Sale l’Angelo del Signore, o, chi sale il monte di Sion, chi sale al Tempio a pregare. Zaccheo sale sul sicomòro, in quanto gli sembra l’albero più adatto, ma sarà Gesù ad indicargli che, in questo caso, piuttosto, è meglio scendere. Come si vede nell’affresco, uno degli innumerevoli affreschi, che istoria con scene dell’A. T. e del N. T. tutte e tre le navate dell’Abbazia di Sant’Angelo in Formis, Gesù leva la mano destra, quella del comando, in senso di invito a scendere, mentre, nella sinistra, più in basso, tiene dolcemente il rotolo della Salvezza. Zaccheo è ben avvinghiato all’albero,ma l’albero non lo può trattenere e, così, Zaccheo “crolla”, come Gerico, davanti a Gesù.
La conversione e la risposta
Ma Zaccheo si alzò, -più esattamente, stette in piedi dritto-, come per comparire in giudizio e, di fatti, senza che Gesù gli chiedesse nulla, si rende disponibile a donare la metà dei propri beni ai poveri ed a restituire il quadruplo a quanti avesse derubato. La legge prevedeva solo il venti per cento, secondo i dottori della legge e, secondo Lv 5, 20-24, egli avrebbe dovuto restituire ogni cosa con un quinto in più, quindi, con un minimo interesse. Ma Zaccheo ha superato la richiesta della Legge.
Il premio
Così Gesù esclama: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
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