Santa Famiglia – "Nell’intimità della santa Famiglia"
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Nell’intimità della Santa Famiglia
Serva di Dio Maria Costanza Zauli
“Ancelle Adoratrici del SS Sacramento”
Imprimatur
+ Claudio Stagni, Vicario generale, Bologna 16 maggio 1995.
PRESENTAZIONE
Offriamo il quarto numero della collana “Sacra Famiglia” stralciando dagli scritti di Madre Maria Costanza Zauli che è vissuta per l’Eucaristia e dell’Eucaristia e, conformata al sacrificio di Cristo; alla sua immolazione, ne ha imitato il nascondimento, lo svuotamento, per diventare strumento di efficacia apostolica straordinaria.
Nata a Faenza il 17 aprile 1886. dopo avere trascorso diversi anni nelle “Ancelle del Sacro Cuore” di Bologna; il 9 dicembre 1935 diventa, fondatrice, madre e maestra della sua nuova congregazione: le “Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento” nella quale riversò i doni di grazia e di natura di cui era largamente dotata.
Nei suoi numerosi scritti affascinano le contemplazioni di cui il Signore la favoriva a riguardo della santità di Maria e di San Giuseppe, che secondo quanto lei stessa afferma, sono i due più perfetti adoratori che la terra abbia mai visto.
Entriamo quindi “Nell’intimità della Santa Famiglia” per attingere la luce e la grazia del Signore. L’editore
PREGHIERA CON LE PAROLE DI MADRE ZAULI
San Giuseppe, nostro amabile patrono, ti preghiamo di ottenerci la grazia di corrispondere con la massima fedeltà alla nostra vocazione, in modo da compiacere in pieno il nostro Dio.
A te, dopo che a Maria santissima, fu dato di penetrare il più a fondo possibile il gran palpito dell’Amore infinito; fa’ che noi pure, coltivando a tua imitazione il silenzio interiore e il sacro raccoglimento, siamo immersi in una sempre maggiore intimità con il Cuore divino.
Come tu attendevi al tuo umile mestiere con lo sguardo su Gesù, che avevi sempre sotto gli occhi, aiuta anche noi ad attendere alle nostre occupazioni senza mai perdere di vista l’Ostia santa, Sole della nostra vita.
In te risplende particolarmente l’umiltà, tanto profondamente e sinceramente sentita: aiutaci ad imitarti, per essere irradiati intima¬mente dalla Luce dello Spirito Santo.
Tu, che avesti il privilegio di stringere tante volte al tuo cuore il Verbo Incarnato, ottienici la grazia immensa di farlo tutto nostro ed immedesimarci in Lui quando lo riceviamo nella santa Comunione.
Tu che, con Maria, fosti il primo adoratore in spirito e verità, insegnaci a saperci valere della preziosità del sacramento eucaristico e ad unirci a te nell’offerta continua di Gesù Ostia al Divin Padre per la Chiesa e per il mondo intero. Amen.
I. CONTEMPLAZIONE
L’AMORE PATERNO DI SAN GIUSEPPE
Ieri, festa del nostro amabile patrono San Giuseppe, mi è stato dato di penetrare una consolante verità riguardo alle ricchezze inte¬riori del caro santo.
Ho visto in una vivissima luce come, dopo la Madonna, San Giuseppe sia stato il primo degno adoratore del Verbo incarnato e dell’Altissimo Dio.
Egli, davanti al divino infante, sprofondò le potenze dello spirito in tale annientamento di fede e di perfetta adorazione da penetrare, attraverso quelle tenere apparenze corporee, gli splendori del Verbo negli abissi della divi¬nità.
Dopo l’adorazione di Maria santissima, il Signore non potrà più ricevere dalla terra adorazioni più perfette di quelle di San Giuseppe, tanto che lo si potrebbe considera¬re a ragione come padre e suscitatore della schiera degli adoratori.
Questa luce sul caro santo non è stata una fredda speculazione, ma quasi il risultato dell’esperienza che mi ha comunicato di quella sua adorazione. Chi mai potrà esprimerne l’altezza? Il divin Padre, a quel suo vero adoratore in spirito e verità, comunicò di sé una conoscenza ineffabile. Era conveniente che se lo rendesse tanto intimo, dovendolo rendere atto a tenere le sue veci presso il suo Figlio divino.
A San Giuseppe venne conferita un’investitura unica della divina paternità, e se Gesù fanciullo mostrerà a lui le sue predilezioni, era perché vedeva tanto bene impressa in lui la somiglianza al Padre celeste.
Quanto questo particolare ha intensificato il mio amore per il castissimo sposo di Maria! Il pensarlo tanto intimo al divin Padre me lo rende doppiamente caro. Ho pure intuito come San Giuseppe, insieme alla Madonna, continuino le loro adorazioni a Gesù sacramentato.
A loro pare affidato il compito di riparare le insufficienze delle nostre adorazioni.
In tal modo Gesù, Maria e Giuseppe con¬tinuano a formare la trinità terrena, specchio fedele di quella celeste.
20 marzo 1947
2. CONTEMPLAZIONE
I SANTI SPOSI UNITI NELL’OFFERTA
Nella luce del Padre ho ammirato le profondità del mistero dell’incarnazione.
In lui, tutto è scolpito nell’attualità di un eterno presente, ed è così che si può vedere tutto lo svolgimento del piano della redenzio¬ne in tutte le sue fasi.
Sono stata particolarmente orientata a fis¬sarmi nell’atteggiamento caratteristico del Verbo Incarnato, in Gesù Bambino, nelle umi¬liazioni e abiezioni da lui abbracciate al fine di esprimere al Padre ciò che non avrebbe potuto prima di rivestire la nostra natura; par¬ticolarmente la sua adorazione.
Meraviglie degli abbassamenti di un Dio! Meravigliosamente ornata la vergine Madre, ma quale distanza da quello di Lei al seno paterno!
Nato, Gesù volle essere deposto nella mangiatoia, perché nei decreti eterni era fissa-to così, ma non si pensi che Gesù Bambino non sentisse l’umiliazione… La sentiva, ed era pure sentitissima dalla Madonna e da San Giuseppe.
Quanto soffrirono quelle sante ed elette creature in quella circostanza!
La Vergine santissima, essendo più ricca di grazia ed elevata ad un grado di altissima unione con Dio, vedeva, in tutto lo svolgersi degli avvenimenti, fin nei minimi particolari, le vie sapientissiine del Signore, in ordine al compimento dei suoi disegni, perciò si presta¬va docilissima ad assecondarli, anche a costo dei più sanguinosi sacrifici. Sapeva di dover allevare e preparare la vittima per il sacrificio. Quale martirio! Eppure ella adorava e offriva, accettando amorosamente anche le più croce¬figgenti permissioni divine.
Ciò non diminuiva la squisita sensibilità del suo cuore materno, che avrebbe avuto, nei riguardi del Figlio, esigenze più che giu¬ste, e che tanto soffriva pure per lo stato di umiliazione che veniva a pesare sul suo fido custode, che quale capo responsabile della famiglia, sentiva tutta la confusione di vedersi incapace di provvedere anche al solo stretto necessario.
Gesù Bambino, che leggeva a fondo in quell’umile cuore, mostrava tenere predilezio-ni per San Giuseppe, cosa che lo confondeva ancor più, amando di vedersi considerato come una semplice ombra. Quale esemplare per le anime date alla perfezione della vita interiore!
Quale compiacimento prendeva la Santissima Trinità nell’anima di Maria! Specialmente quando innalzava il piccolo Gesù in atto di offerta al Padre.
Con quanto amore rinnovava quell’offerta e come ringraziava l’Altissimo per il gran dono fatto a lei, minima creatura, del suo diletto Figlio!
Gran dono davvero! A noi pure ne viene fatto uno non meno grande.
Non è forse affidato alle nostre cure, alla nostra amorosa custodia il Santissimo Sacramento, che vela lo splendore glorioso di Gesù, realmente presente tale quale si trova in cielo?
Personalmente ho rinnovato il proposito di adoperarmi a tutto potere perché venga compiuto nel miglior modo possibile il nostro compito di adoratrici.
26 dicembre 1947
3. CONTEMPLAZIONE
SPIRITO DI FEDE NELLE PROVE DELLA VITA
La Madonna, per confortarmi a sostenere le prove di questo momento, mi ha fatto riflettere come, mentre prima della nascita di Gesù, niente era mancato a Giuseppe e a lei del necessario, col venire alla luce del divin Figlio, incominciassero le angustie per le pri¬vazioni più crude. Freddo, insufficienza di nutrimento e tante altre privazioni.
“Quanto sentivo questo dolore! Mi sentivo disposta a tutto pur di alleviare e risparmiare al mio Gesù ogni sofferenza.
Avrei voluto circondarlo delle cure più delicate e non potevo nutrirlo che del mio dolore.
Vedevo come il mio fedele custode, forse più di me, soffrisse per lo stesso motivo, e mi guardavo bene dal parlarne con lui.
La responsabilità di dover provvedere al mantenimento della famiglia ricadeva tutta su Giuseppe, ed era ben comprensibile il suo tormento.
Su ciò non parlavamo, rispettando l’uno il riserbo dell’altro, e con spirito di fede, ci si sollevava insieme fino ad adorare le alte ed oscure permissioni di Dio.
In una circostanza, il Bambino mi fece capire come quel nostro dolore fosse necessa-rio per preparare la via alle anime che, per libera elezione, avrebbero abbracciato una vita povera, tutta somigliante alla loro e che entrava nei disegni della redenzione per fini di riparazione, dovendo gli uomini venire sanati dal loro smodato attacco ai beni e alle comodità della vita”.
1 ottobre 1942
4. CONTEMPLAZIONE
MARIA E GIUSEPPE PERFETTI ADORATORI
Mentre, durante l’ora di adorazione (che potevo soltanto seguire in spirito dalla mia cella) me ne stavo nel mio annientamento, si manifestò uno splendore nuovo.
Vedevo (…) intorno a Gesù sacramentato innumerevoli e bellissime schiere di angeli in atto di rendere i loro omaggi al Dio annienta¬to sotto le specie eucaristiche. Ma ecco allar¬garsi il cerchio ed apparire al centro, vicinissi¬mi a Gesù Ostia, le due creature elette dall’Altissimo a continuare al diletto Figlio sacramentato, la missione loro affidata fin dal¬l’incarnazione: la Vergine santissima e San Giuseppe.
La Madonna è come avvolta da uno splen¬dore riportante tutte le luci dei suoi privilegi eccelsi, e il fedele custode rimane nel riflesso emanante da Maria ed entrambi, vicinissimi al Santissimo Sacramento, gli rendono un omag¬gio di adorazione che supplisce a tutte le nostre deficienze.
Ritengo che fino alla fine dei tempi, quan¬do anche Gesù sacramentato avrà la sua trion¬fale ascensione, l’Eucaristia avrà nella divina Madre e in San Giuseppe, degni adoratori in rappresentanza di tutta l’umanità. Noi, anneb¬biati da tanta ignoranza, non potremmo ren¬dere a Gesù un omaggio di adorazione per¬fetta e sempre, quando ci poniamo dinanzi al Santissimo Sacramento solennemente esposto, dovremmo intendere di unirci a questi adora¬tori perfetti. Come vorrei essere capace di dipingerli quali li ho veduti! Quale perfetta bellezza! Che dignità di atteggiamento nella composta e profondissima adorazione. E come parla bene Gesù dei suoi santi genitori!
San Giuseppe è veramente il più grande fra i santi del nuovo testamento. Non ha avuto le grazie di privilegio unico di Maria santissima, ma gli fu data, specie dall’incarna¬zione del Verbo, una penetrazione e com¬prensione dei misteri divini tale da fargli vive¬re la più alta vita di grazia e di unione con Dio. I rapporti fra la Madonna e il suo fedelis¬simo custode si potrebbero riassumere in una sola parola: silenzio. Maria taceva rispettando il silenzio dello sposo; silenzio che rendeva lo spirito di lui sempre più penetrante, aumen¬tando la loro reciproca comprensione e unio¬ne. Importantissima, fondamentale linea, que¬sta per la vita contemplativa ed eucaristica. Gesù li preparava così per associarli poi al suo silenzio sacramentale.
24 luglio 1942
5. CONTEMPLAZIONE
VIVERE ALLA PRESENZA DI GESU’
L’anima umana di Gesù pareva andarsi ognor più irradiando del sole della divinità, e l’effondeva sulla Madre sua, comunicandole una sempre più ampia conoscenza del Padre, che insieme amavano e glorificavano. Quale armonia di palpiti elevavano al trono dell’Altissimo!
Nel periodo della prima infanzia, tacita¬mente, ma con un’espressione di sguardi e di sorrisi, Gesù significava alla Madre sua fin le più delicate sfumature dell’ardore di carità che lo incendiava verso Dio e le anime, ed ella lo seguiva e assecondava, dando la più generosa collaborazione ai trionfi dell’amore infinito. Mi pare che fin d’allora si delineasse quella vita di intimità, di unione e comunione che forma l’essenza della vita eucaristica.
Erano grazie su grazie che si accumulava¬no nell’anima di Maria, e anche San Giuseppe ne fruiva con ampiezza. Questo umilissimo e caro santo eccelle ora nella gloria sugli altri eletti per un particolare incatenamento al divin Padre, alla gran Madre di Dio e al dilet¬to Figlio. Lo si vede assorto in un’estasi di ammirazione, come tante volte lo fu anche in terra quando gli era dato d’intuire le grandez¬ze e la sublimità dei tesori che aveva in custo¬dia.
Nel giorno in cui iniziò la sua convivenza con Maria, Giuseppe si propose di studiare ed imitare le virtù di lei che, senza atteggiarsi a maestra, tenendosi al suo posto di umile ancella, gli era tramite delle grazie più segna¬late e da lui fedelmente corrisposte.
Pareva che il bimbo divino avesse una spiccata predilezione per il suo padre putati-vo e aveva per lui le più espansive effusioni di tenerezza. Lo ricambiava dello stato di umi¬liazione in cui lo sapeva per vedersi incapace di provvedere convenientemente al necessa¬rio, e per la vivezza di fede che sapeva con¬servare fra tante prove.
Mentre contemplavo la grandezza e l’ele¬vazione in gloria di questo santo, ho intuito qualcosa di come gli effetti della redenzione splenderanno su ogni anima che abbia fedel¬mente corrisposto alla grazia, e ne sono rima¬sta tanto attratta da non riuscire che a gran fatica ad ambientarmi in terra…
30 gennaio 1950
6. CONTEMPLAZIONE
AMORE E UNIILTA’ TRA I DUE SANTI SPOSI
Il giorno della solennità di San Giuseppe lo passai in un’intima comunicazione con la mia Madre celeste e il suo castissimo sposo San Giuseppe.
La Madonna mi fece comprendere qualco¬sa dei suoi rapporti col fedele custode che Dio le aveva dato, parlandomi molto bene di lui.
Quanto si sono amati! Fra loro, non con¬fidenze sui misteri altissimi che impegnavano tutta la loro vita.
Maria non parlava, sentiva di non dover parlare, e Giuseppe non osava interrogarla, anche quando l’incertezza lo tenne nella più penosa ansietà.
Ma dal momento in cui ebbe dal cielo la rivelazione, ammirò quanto lo Spirito Santo aveva operato nella sua vergine sposa, e doveva farsi violenza per non dare segni di adorazione, che avrebbero turbato la sempli¬ce umiltà di lei.
Egli seguiva con profondità d’intuizione – resa penetrantissima da una straordinaria luce di grazia – l’operazione di Dio nella Madre che si era eletta, vedeva quello che il Verbo le comunicava; molto spesso ne ammirava l’ani¬ma rapita in adorazione alla Santissima Trinità.
E la Madonna sapeva di essere così com¬presa da San Giuseppe. La loro reciproca comprensione era di soavissimo conforto ad entrambi.
Giuseppe si riconosceva un nulla, si senti¬va come estraneo al grandissimo disegno divi¬no, e la comprensione della sua inferiorità, nella Sacra Famiglia, lo teneva in un abisso di annientamento che gli attirava le finezze di amore di Gesù Bambino.
Prima del Natale, quante volte Maria e Giuseppe s’intrattenevano ad adorare il Verbo Incarnato. Essi furono i primi veri adoratori in spirito e verità, rendendo, per la loro unione di carità, un omaggio dei più graditi all’Altissimo.
L’adorazione di quei due cuori puri ed amanti, attirava benedizioni e grazie su tutta la terra il comprendere quanto la Madonna abbia amato il suo fido custode me lo rende ancor più caro.
Prima che Gesù iniziasse la vita apostoli¬ca, San Giuseppe morì. Per la santissima Vergine fu quello un dolore molto grande e intimamente sentito.
I trent’anni della vita di famiglia erano stati un’ascensione continua, una contempla-zione che aveva iniziato la beatitudine, ma dopo quel doloroso strappo, un altro venne chiesto a Maria, domandandole Gesù il con¬senso di iniziare la sua vita pubblica. Si aprì allora, per il suo cuore materno, un periodo dolorosissimo.
Maria intuiva l’incomprensione, la diffi¬denza, la malevolenza, le indelicatezze che ferivano il diletto Figlio.
Quanto ebbe da soffrire la Madonna anche per parte degli amici di Gesù!
21 marzo 1948
7. CONTEMPLAZIONE
GRAZIE DELL’INFANZIA DI GESU’
Mi ha impegnato il particolare ricordato ultimamente dalla Madonna trovandolo quan¬to mai ricco di alti insegnamenti per l’anima contemplativa. L’ho come suddiviso in tre punti.
Ho rivisto la modestissima stanzetta dove abitava la Sacra Famiglia. Il Bambino aveva il suo trapunto in un angolo appartato e la Madre sua, mentre lo vigilava, stava ad una certa distanza in atteggiamento raccolto e soave, infondente gaudio di cielo al solo mirarla.
Il piccolo Gesù era un bambino di perfe¬zione unica e somma. Per lui lo stato d’infan-zia non era meno meritorio di quello che lo sarà la passione. Quanto dovrebbero conqui¬starci questi eccessi del divino amore… Spesso il bimbo divino veniva sorpreso dalla Madre sua in preghiera e in contempla¬zione, e la Madonna, quasi volendomi a testi¬monio di uno di questi momenti di elevazio¬ne, ha voluto farmi sentire, proprio col suono della sua voce, la prima preghiera espressa con parole umane dal piccolo Gesù:
“Padre, Padre santo! Ti ringrazio di avermi permesso di venire a compiere l’opera per la quale sono stato mandato e ti prego di non rispar¬miarmi purché le anime siano salve e possano godere con me del tuo amore e della tua gra¬zia”.
Questo il senso della prima preghiera vocale di Gesù, che venne accolta dall’Altissimo con tale paterno compiacimento da riversarsi sul bimbo come un fulgidissimo sole.
Maria santissima seguiva rapita queste meravigliose operazioni della grazia, che ave¬vano nell’anima di lei una fedele rispondenza. Pareva che fin d’allora la Madonna conservas¬se in cuore, per esserne fatta depositaria e universale mediatrice, tutti i tesori di grazia della redenzione.
Gesù e Maria attiravano sulla terra, prima avvolta in fitte tenebre, le luci della grande riconciliazione, e preparavano il cammino alle anime contemplative.
I tre punti già distinti mi pare riguardasse¬ro: il primo, l’incontro fra l’Altissimo e i cuori di Gesù e di Maria nell’orazione; il secondo la vita nascosta del Figlio di Dio in Nazareth: vita comune, modestissima di povero artigia¬no, senza niente di straordinario (tranne la parentesi dello smarrimento del fanciullo dodicenne); il terzo, la vita contemplativa in unione e di adorazione: perfetta adorazione in spirito e verità.
Gli effetti mirabili di quella preziosissima vita li hanno goduti particolarmente le anime elette di tutti i tempi e ne godiamo ora anche noi in maniera tutta speciale, come anime eucaristiche.
Il perno? L’umile soggezione, l’obbedienza del Salvatore, che raggiungerà le vette dell’e¬roismo con la morte di croce. Su questo cardi¬ne dobbiamo noi pure impostarci.
2 settembre 1948
8. CONTEMPLAZIONE
TI SALUTO, PIENA DI GRAZIA!
La Madonna, nella sua umile vita domesti¬ca, era ammirabile.
Col minimo, sapeva mantenere quel deco¬ro, quella proprietà ed esattezza di ordine che la Sacra Famiglia richiedeva. Per Gesù, per Giuseppe tutto era lindo, ben eseguito, sicché le loro povere vesti avevano qualcosa di rega¬le.
Guardando Maria, dobbiamo studiarci di imitarla. Se fossi una pittrice, dipingerei le scene deliziose che presentava nei suoi vari momenti, la Famiglia nazarena.
Gli atteggiamenti della divina Madre, anche nelle azioni più comuni, erano di ammirazione anche al suo figliolo e a Giuseppe.
Questo caro santo, dal momento che venne scelto quale cooperatore del piano divino, sia pure indirettamente, fu favorito, per il tramite di Maria, in maniera singolare.
Non credo quello che taluni vorrebbero far pensare, essere lui pure confermato in gra¬zia ancor prima della nascita, ma certo, in tanta luce di probità, di giustizia da essere sti¬mato da tutti di virtù non comune.
L’anima di lui, aperta alle influenze della grazia, era tutta compenetrata dallo splendore e dall’ardore della divina carità.
La Madonna lo amava e lo stimava, e non è a dire quale copia di elettissime grazie gli abbia ottenute.
Se i devoti di Maria vengono ritenuti come predestinati alla gloria, quale grado di beatitudine avrà raggiunto Giuseppe, che già in vita, con Gesù e la Madre sua, fruiva di Dio!
Ritengo che San Giuseppe occupi fra i santi un posto di distintissimo privilegio. In lui spiccano le virtù caratteristiche del vero adoratore: umiltà, silenzio, annientamento. Non so se abbia avuto notizia dell’Eucaristia prima della sua istituzione…
Ora lo vedo sempre associato alla santissi¬ma Vergine in adorazione davanti al Santissimo Sacramento.
24 aprile 1951
9. CONTEMPLAZIONE
DOLCE VITA NASCOSTA
Avendo espresso a Gesù il desiderio di conoscere quali fossero i suoi intimi rapporti con la Madre sua nel tempo della vita terrena, mi ha benevolmente risposto: “Fino ai miei sette anni ho voluto rispettare le esigenze del¬l’infanzia e mi sono comportato in tutto e per tutto come un bambino; e allora era la Madre che precedeva i miei passi.
A lei lasciavo ogni iniziativa e, dall’offerta che fece di me al Padre subito dopo la mia nascita, era lei che ripeteva l’offerta di ogni mio moto e atto, ed io non facevo che unirmi intenzionalmente alle sue preghiere, agli slan¬ci della sua carità, alle sue virtù, che vedevo risplendere in lei con una perfezione sempre crescente. Ne rimanevo ammirato. Tutto mi compiaceva ed era di somma soddisfazione al Padre celeste”.
Dai sette anni in avanti s’invertirono le parti. A Gesù si lasciava la precedenza nella preghiera comune, compresi, Maria e Giuseppe della superiorità di quel figlio che essi ben sapevano essere figlio di Dio.
La Madre, per la finezza del suo intuito materno, avvertiva immediatamente gli incontri di Gesù col suo Padre dei cieli nella pre¬ghiera, e silenziosamente vi si associava, riportandone accrescimento di luce e di carità. Era un’unica fiamma che consumava in olo¬causto d’amore i cuori di Gesù e di Maria.
Quanto è prezioso e bello il periodo della vita nascosta a Nazareth! Dalla Madre e dal diletto padre putativo, Gesù riceveva un amore che lo compensava e gli faceva dimen¬ticare tutte le ingratitudini, le freddezze e le incorrispondenze degli uomini.
Dopo la morte del fedele custode, l’inti¬mità fra Madre e Figlio si strinse ancor più. Gesù metteva Maria a parte di tutti i più gelo¬si segreti del cuore, la sollevava con sé fino al Padre, fortificandola al gran combattimento.
5 luglio 1951
10. CONTEMPLAZIONE
AMORE VICENDEVOLE
Il fanciullo Gesù teneva un contegno del tutto normale, di finissima carità con i suoi, che aiutava premurosamente. Era obbedientis¬simo e alquanto silenzioso. A tratti elevava gli occhi al cielo ed entrava in più intimo contat¬to col Padre. Quei momenti erano immediata¬mente avvertiti dalla Madre, che vi si associa¬va in perfetta armonia d’intenzioni e di affetti; e il fedele custode, San Giuseppe, ammiran¬do, entrava lui pure in una specie di estasi. Quali meraviglie di grazia si andavano ope¬rando in quelle anime pure, amanti e fedeli! Quale anticipo di beatitudine in quella vita silenziosa e nascosta! Gesù, quando parlava, specialmente durante i pasti, volgeva il discor¬so sul Padre celeste, non alla maniera dei sapienti, dei teologi, ma con tutta semplicità, e ne faceva conoscere gli attributi – special¬mente la bontà – in maniera da far divampare sempre più alta la fiamma della carità.
Questi rilievi possono portare anche noi a rivivere, nelle sue impronte di fervido amore a Dio e di delicatissima dilezione fraterna, la perfezione che splendeva nella casetta di Nazareth.
21 agosto 1951
11. CONTEMPLAZIONE
LO SGUARDO DI GESU’ SU GIUSEPPE
Il giorno precedente la novena di San Giuseppe ebbi un lampo di intuizione su di un particolare della vita di lui.
Appena nato Gesù, dopo che la divina Madre ne ebbe fatta l’offerta al Padre, l’infan-te, pienamente cosciente di quell’atto, aveva elevato gli occhi con indicibile espressione di devozione e di amore, poi, dopo aver guarda¬to Maria, aveva fissato lo sguardo con filiale tenerezza su colui che gli teneva le veci del Padre celeste.
E quando, a sua volta, Giuseppe prese il bambino fra le braccia, questi gli trasmise una così abbondante effusione di grazia da solle¬varlo spiritualmente ad altezze sublimi.
Ad ogni contatto con Gesù, San Giuseppe riceveva dal Figlio di Dio, venuto in terra per riportare gli uomini al Padre, il dono massi¬mo: la più ampia e profonda conoscenza del Padre celeste.
Era una comunione ineffabile con la divi¬nità, una contemplazione che lo beatificava, sprofondandolo nella più compresa umiltà.
Riconosceva il suo nulla, la sua inferiorità rispetto a Maria, e si sentiva incapace di assolvere il gran compito che gli era stato affidato. Vedeva con somma pena come spesso, nono¬stante i suoi sacrifici, la giovane Madre man¬casse del necessario sostentamento proprio nel periodo in cui doveva nutrire il suo bam¬bino. Questo stato di umiliazione pareva mol¬tiplicare i tratti della tenerezza del piccolo Gesù per lui e sempre più lo elevavano.
Poco si parlava nella casetta nazarena, perché quando è attiva l’azione della grazia, non è possibile poter molto parlare. L’unica voce che si elevava da quei cuori era la lode e il ringraziamento all’Altissimo.
Una delle caratteristiche di San Giuseppe la vedrei nella perfezione dell’adorazione con Maria santissima al Verbo incarnato. Lo si può a ragione considerare come il primo degli adoratori.
24 marzo 1954
12. CONTEMPLAZIONE
TUTTO IN GIUSEPPE E’ PERFEZIONE DI GRAZIA
Ero in adorazione, quando mi vedo inve¬stita da una luce, poi, dal lato destro dell’alta¬re, vedo San Giuseppe di una bellezza che basterebbe da sola a formare il paradiso.
Rifletteva così bene la luce della Santissima Trinità che attraverso di lui potevo vedere e conoscere chiaramente le perfezioni di Dio. Mi dava conoscenze profonde di luci della divinità, delle bellezze sempre nuove che vi sono in Dio.
Più osservavo, più vedevo che ve ne erano all’infinito, sempre più belle e attraenti. Provavo un gaudio, una felicità che mi sepa¬rava completamente dall’esilio. Me ne sarei rimasta sempre in quella contemplazione. Come ho compreso bene che non ci basterà tutta l’eternità per ammirare le meravi¬glie che vi sono della divina essenza!
San Giuseppe, come ho detto, era di una bellezza meravigliosa: non lo avevo mai visto così.
Il suo corpo era talmente investito della luce di Dio che sembrava un sole. Per mezzo di questa luce che lo investiva, io potevo penetrare e ammirare la sua mirabile perfezio¬ne interiore, tutta la sua ricchezza di grazia. Egli è come una perfettissima miniatura: tutto in lui è perfezione di grazia e, come una armoniosissima arpa, eleva delle mirabili armonie alla Santissima Trinità, che tanto di lui si compiace. Che bel Magnificat canta al suo Dio!
Ho chiesto a San Giuseppe che m’inse¬gnasse a compiacere il Signore come aveva fatto lui, che mi insegnasse soprattutto ad adorare il Verbo Incarnato. Ed egli: “Sì, adora con profonda umiltà, con intenso raccogli¬mento e annientamento: questa è l’adorazione a Dio in spirito e verità. Segui tranquilla e sicura queste linee. Sono sempre con voi in adorazione e vi trasmetto in mio spirito per adorare”.
Quanta felicità mi ha lasciato questa mani¬festazione di San Giuseppe! Sono sempre assorta in quelle meraviglie dell’onnipotenza di Dio.
Da San Giuseppe ho appreso quanto sia di compiacimento al Signore l’annientamento della sua creatura. Sempre Gesù me lo aveva fatto comprendere, ma ora ne ho visto ancor meglio il valore. E’ su questo annientamento che Dio compirà grandi cose.
marzo 1954
13. CONTEMPLAZIONE
LA POTENZA DI SAN GIUSEPPE
Mi è stato dato di vedere gli effetti che si producono in noi quando riceviamo il pegno della gloria futura (la Santa Comunione).
Sollevandosi il velo che ordinariamente ci nasconde realtà che ci sono quanto mai vici¬ne, ho visto la Madonna rivestire l’anima con materna finezza e guidarla, così adornata, al banchetto eucaristico.
Ho pure veduto il caro San Giuseppe che, per la sua missione di custode dei purissimi gigli Gesù e Maria, lo è particolarmente delle anime consacrate a Dio.
Nella Santa Comunione, il nulla della creatura si perde nel tutto come una piccola goccia nell’oceano della divinità. Siamo state elette per vivere di comunione e in una conti¬nua comunione con Dio.
Non trascuriamo di invocare l’aiuto poten¬te di San Giuseppe. Egli, dopo avere anticipa¬to il suo paradiso in terra, facendo vita di famiglia con Gesù e Maria, molto ottiene alle anime che sono chiamate a rinnovare la deli¬ziosa intimità di Nazareth.
18 novembre 1948
14. CONTEMPLAZIONE
GIOIA MATERNA
La divina maternità fu per Maria santissi¬ma fonte di gioie ineffabili.
(…) Molto spesso sentiva l’impulso di pro¬strarsi in adorazione davanti al bambino. La contemplo così e ammiro con quale delicatez¬za estrema compia i suoi umili uffici materni. Mentre nutriva il piccolo Gesù, era tenuta in contemplazione altissima, impegnata nei lumi che le trasmetteva l’infante. Quanto era bella! Il solo aspetto esteriore aveva un incanto di irresistibile attrazione.
Gli angeli la corteggiavano, rimanendo in venerabonda adorazione del Verbo incarnato. Prona sul figlio, rimaneva circonfusa di splen¬dore.
Così la sorprese Giuseppe di ritorno da una sua peregrinazione nei dintorni per prov¬vedere alle più urgenti necessità di quel gran giorno.
Compreso di alto stupore, dall’ingresso della grotta fino al presepio, fece tre profonde prostrazioni e, arrivato accanto a Maria, rima¬sero insieme assorti nella più compresa ado¬razione.
27 dicembre 1948
15. CONTEMPLAZIONE
DA NAZARETH OGNI VIRTU’
“Beati i poveri in spirito, perché possiede¬ranno Dio”. Il Signore si compiace di stabili¬re il suo trono nell’anima spoglia e interamen¬te abbandonata al suo amore. Per meglio imprimermi questa lezione, è stata posta alla mia considerazione una bella pagina della vita della Madonna, perché osservassi come ella si comportava nel periodo trascorso nell’intimità domestica di Nazareth.
La Sacra Famiglia era veramente povera, e pur non mancando dello stretto necessario per la laboriosa attività di San Giuseppe, spe¬rimentava in tanti modi i disagi della povertà. Maria, nella sua profonda umiltà, ringra¬ziava l’Altissimo per i doni della sua provvi¬denza, considerando tutto come dono del paterno amore da custodire con somma cura. Niente disponeva senza l’espresso ordine di San Giuseppe, al quale si teneva dipendente da tutto. Era abilissima ed esatta nell’ordinare ogni cosa con nettezza e decoro, sicché la modestissima casetta splendeva come un tem¬pio. Quanto mi piace questa impronta di per¬fezione in lei, e come dobbiamo studiarci di imitarla!
24 aprile 1950
16. CONTEMPLAZIONE
IL DOLORE DEL DISTACCO
Soavissimo, ricco di deliziosi particolari il periodo della vita domestica di Gesù, Maria e Giuseppe a Nazareth.
L’adolescente, che andava gradatamente manifestando i suoi tesori di sapienza e di grazia, unitamente alle perfezioni del suo fisi¬co; la sempre più intima fusione di anime tra la Madre e il Figlio; la modesta, ma pur lumi¬nosa santità di San Giuseppe: tutto è soggetto di salutari riflessioni.
Quale carità regnava in quella benedetta e santa casa! Ho potuto conoscere e vedere come avvenne la morte del diletto padre putativo. Fu preceduta da una specie di lan-guore, che finì per immobilizzarlo nel suo tet¬tuccio e che durò poco più di due mesi.
Non per effetto di decrepitezza, perché non corrisponde assolutamente alla verità la molto avanzata età di San Giuseppe; direi che non avesse oltrepassato la cinquantina quan¬do morì.
Lui pure era alto, ben formato, dai linea¬menti fini e distinti, e la sua malattia fu proba¬bilmente causata da veemenza di amore divi¬no. Gesù e la Madonna lo assistettero con premura e gli erano sempre intorno per pro¬digargli le cure più delicate.
Il Figlio divino, pur dovendo sostituirlo nei lavori, trovava il tempo per intrattenersi a lungo al suo capezzale.
L’estrema delicatezza di coscienza era causa di intimo tormento a San Giuseppe, mettendolo in timore di non aver saputo assolvere degnamente il gran compito a lui affidato da Dio, e Gesù lo tranquillizzava autorevolmente: “No, no. Tutto è limpido allo sguardo del Padre mio”; parole che avevano forza di quietare ogni angustia.
Era nei decreti dell’Altissimo che questo giusto e fedele servitore morisse prima che la redenzione avesse il suo compimento.
Proseguendo il generale esaurimento, si spense dolcemente, dopo aver chiesto umil-mente perdono ai suoi cari che l’assistevano, immersi nel più sentito dolore.
Fu un vero lutto, una sentitissima soffe¬renza per Gesù e per Maria, e piansero in quella circostanza, pur adorando le divine permissioni.
I pietosi servigi alla salma furono resi da Gesù con estrema riverenza e delicatezza, e anche alla sepoltura pensò lui, avendo prov¬visto un decoroso sepolcro.
Quando, dopo i funerali, Madre e Figlio si ritovarono soli, sperimentarono, se pur perfet¬tamente uniformati alla volontà del Padre, il desolante senso di vuoto che lascia la morte, e prepararono l’animo ad un ancor più dolo¬roso distacco, sapendo prossima l’ora di un non lontano sanguinoso epilogo dell’immola¬zione redentrice.
17. CONTEMPLAZIONE
SEPARATI DALL’AMORE
Si è fatta maggior luce sui particolari della morte di San Giuseppe, perché, quasi vi fossi stata realmente presente, l’ho avuta chiarissi¬ma all’intelletto tanto da poter completare quanto ho già detto.
Il santo custode della Famiglia nazarena era rimasto, per la certa previsione della pros¬sima morte, quasi avvolto da un alone di tri¬stezza, sapendo non essere ancora aperte le porte del cielo e di dovere forse attendere a lungo in un luogo ove l’attesa avrebbe costi¬tuito una vera pena. L’amorosissimo figlio comprese questa giusta angoscia e, quando vide prossima l’ora del trapasso, ottenne con la sua preghiera, una grazia segnalatissima.
Accanto al modesto trapunto dove agoniz¬zava quell’essere tanto amato, Gesù, preso da una santissima emozione, sollevò gli occhi in alto, entrando in più intimo colloquio col divin Padre per raccomandargli lo spirito di Giuseppe e ricordandogli la fedeltà, la gene¬rosità con la quale aveva atteso al suo delica¬to compito e tutto quello che aveva fatto per lui e per la Madre sua, chiese, come compen¬so, un raggio, un’irradiazione del sole della divinità, che avesse sottratto quell’anima eletta dalla pena che si soffriva nel limbo.
Intanto, per meglio tranquillizzare il morente, Gesù gli confidò prossimo il compi-mento della redenzione, promettendogli che sarebbe venuto presto a liberarlo e a portarlo con sé in paradiso.
Con quale trasporto d’incontenibile gioia Giuseppe accolse questa promessa che gli colmava il cuore di amore e di gratitudine!
Era ancora nella soavità di questo senti¬mento, quando il Padre celeste, in risposta alla supplica del Figlio, mandò sull’anima del suo fedele servo una specie di fuoco, simile a quello della Pentecoste, che accese di vivida luce la stanzetta e fu ammirato da Maria e da Gesù. Toccato da quell’ardore, lo spirito di San Giuseppe si elevò ad un altissimo grado di contemplazione estatica e finì per svinco¬larsi dall’involucro mortale. Mi pare sia rima¬sto in questa specie di estasi e avvolto di luce fin nella regione di ombre ove attendevano le anime dei giusti, pregustando i gaudi celesti.
Questo singolare favore tornò di gran conforto in quella luttuosa circostanza. Gesù e Maria, avvenuta quella preziosa morte, rima¬sero in raccolto silenzio per più di mezz’ora. Nei loro occhi brillavano le lacrime, calme, silenziose, signore della sensibilità dominata. Poi il divin Figlio, dopo essersi cinto di un candido grembiule, incominciò attorno alla salma i laboriosi preparativi per la sepoltura, attenendosi agli usi e alle prescrizioni giudai¬che, aiutato dalla Madre che, sempre inginoc¬chiata in terra, in atteggiamento che era di ammirazione, porgeva l’occorrente.
Terminata la preparazione della salma, seguendo gli usi locali e le prescrizioni della legge, ma senza clamore e strepito, si proce¬dette alla sepoltura. Avrei notato che gli abiti di Gesù e di Maria come pure i loro atteggia¬menti, esprimevano lutto e dolore e che sol¬tanto qualche giorno dopo furono riprese, in casa, le consuete occupazioni.
4 settembre 1950
18. CONTEMPLAZIONE
GESU’ MAESTRO SAPIENTE
Contempliamo il bellissimo quadro che offre la casa nazarena, specialmente dopo la morte di San Giuseppe.
Il Figlio divino, negli ultimi mesi che dedi¬ca alla vita nascosta, si prefigge di compiere quanto di più delicato ed importante concer¬ne l’opera sua, gettando le basi e tracciando le linee maestre per i contemplativi.
La sua pietà filiale, l’amore tenerissimo che porta alla madre, lo muove a moltiplicare con lei le finezze più delicate al fine di corro¬borarla alla prova imminente. Di tutto quanto accadrà, minutamente la previene, perché non abbia sorprese e la stia fede ne venga fortificata.
Conoscendo egli il tempo del quale pote¬va ancora liberamente disporre, attende ad ultimare i lavori lasciati incompiuti da Giuseppe, accettando quelle sole ordinazioni che potrà soddisfare, e si dedica all’umile mestiere di falegname.
Ha disposto un orario per la giornata che esattamente osserva insieme a Maria.
L’alzata è alle prime ore dell’alba. Sbrigate sollecitamente le faccende per il riassetto per-
sonale e delle modeste stanzette, dedicano una notevole parte di tempo alla preghiera (circa tre ore), dopodiché la Madonna prepa¬ra per la colazione, consistente d’ordinario in pane e miele.
Durante i pasti si conserva il silenzio, rispettando l’uno l’elevazione dell’altro. Poi Gesù si ritira nel piccolo laboratorio, separato soltanto da un tendaggio dall’ambiente comu¬ne, potendo così, Madre e Figlio, seguirsi con lo sguardo.
Il pomeriggio viene dedicato ad una lettu¬ra meditata, durante la quale l’amoroso Figlio svela a Maria il senso nascosto delle scritture che lo riguardano.
Ma vi è tanta sapienza, bellezza e amore in quell’unico maestro che la Madre, senza prevenire il futuro, rimane più che altro impe¬gnata nell’amore, tanto acceso che se Gesù non tenesse abbassato lo sguardo, verrebbe rapita in estasi.
In ore prefisse cantavano insieme le lodi al divin Padre. Alla voce armoniosa e calda di Gesù, si univa quella più delicata, ma perfet¬tamente intonata di Maria.
Quale canto di paradiso!
8 settembre 1950
19. CONTEMPLAZIONE
LA NECESSITA’ DEL SILENZIO
Maria mantenne il più assoluto silenzio anche col suo fedele custode e nulla rivelò che tradisse il segreto del mistero dell’incarna¬zione. Nulla si disse del Dio annientato nella sua creatura e allorché Gesù Bambino venne alla luce del tempo, fu nel più profondo silen¬zio (silenzio di reciproca comprensione) che insieme, Maria e Giuseppe adorarono l’atteso Redentore.
Nella modestissima casa nazarena il silen¬zio era custode di pace sovrana e delle più alte comunicazioni celesti.
Era sentita forte da tutti la necessità di tenersi in silenzio per meglio intendere il Padre.
Nel silenzio Dio si dona all’anima e questa rimane a disposizione esclusiva di lui. Il silen¬zio è ordine, luce, vita di intimità con Dio, vita d’amore.
I trent’anni della vita nascosta a Nazareth sono stati impreziositi da questo silenzio.
20 dicembre 1945
20. CONTEMPLAZIONE
L’AMORE COMUNICA LA GRAZIA
La Madonna vuol farmi conoscere, nella sua materna bontà, la sua vita terrena. Mi ha dato anche una chiara illustrazione riguardo al tempo della sua vita precedente la nascita di Gesù.
Ella viveva come in una continua estasi d’amore per l’intimo contatto che aveva col Verbo divino incarnatosi in lei, e questo inti¬mo contatto la portava alla contemplazione, all’unione col divin Padre. Lo penetrava sem¬pre più nelle sue perfezioni, si effondeva in carità, desiderava consumarsi, donarsi tutta nel sacrificio, per soddisfare, appagare la sua paterna bontà.
La mia buona Madre mi ha fatto pure con¬templare le sue relazioni tenute in questo tempo con San Giuseppe. Che tratto riverente avevano l’uno per l’altra! Pieno di delicatissi¬ma scambievole carità, ma pure di delicatissi¬mo riserbo.
San Giuseppe osservava la Madonna nel suo modo di agire e la ricopiava esattamente in tutto.
Il suo sguardo era fisso su di lei, ai suoi tratti perfettissimi, e cercava di imitarla fedelmente. La osservava come pregava, come contemplava, come si elevava nell’unione di carità col Padre.
Egli fedelmente la seguiva, si elevava in unione a lei, sebbene, nella sua umiltà, si sen¬tisse un niente al confronto della grandezza della Madonna.
Quando Gesù Bambino apparve alla luce, trovò queste due sue creature avanzate nella perfezione. La Madonna per l’intimo contatto avuto con lui, San Giuseppe per gli esempi, per l’alta scuola avuta con la Madonna. Nella grotta di Betlemme li trovò suoi perfetti ado¬ratori, colmi della più alta comprensione.
San Giuseppe si associò all’offerta che Maria fece di Gesù Bambino al divin Padre, offerta che dal Padre fu accolta con ineffabile compiacenza; quindi assieme si effusero nel¬l’adorazione, tutta umiltà e amore.
Ancora nel seguito della sua vita, la Madonna continuò ad investire della sua gra¬zia e del suo esempio San Giuseppe.
21. CONTEMPLAZIONE
L’INTIMITA’ DELLA CASA DI NAZARETH
A proposito delle disposizioni di Maria, nello smarrimento del fanciullo divino, quan¬do dopo averlo ritrovato, andava meditando la risposta di lui: “Perché mi cercavate?… Non sapevate, che devo occuparmi delle cose del Padre mio? …”.
In quel punto, l’anima di lei, venne eleva¬ta in altissima contemplazione ed unione al Padre, disposizione che andò perfezionandosi negli anni che Gesù trascorse ancora nel nascondimento della vita nazarena. In questi, avrei notato una differenza marcata, dai pre¬cedenti, quando il bambino, il fanciullo, richiedevano una continua assistenza mater¬na. Ora, le parti sembravano invertite, ed era Gesù che – immerso com’era nella divinità -, con l’anima a diretto contatto col Verbo tra¬smetteva alla Madre sua, la divina sapienza, nella misura della quale era capace… Molto le diceva con le parole, ma assai più con lo sguardo, e con un silenzio che era quasi uno splendore, nel quale si poteva leggere più chiaramente che in un volume scritto…
Gesù non aveva segreti per lei, e tutto quello che commuoveva il suo cuore, che impressionava la sua sensibilità, con filiale confidenza, riversava nella Madre, sicuro di trovare in quella meravigliosa creatura, data a lui dal Padre, comprensione ed armoniosissi¬ma affinità di palpiti. Quegli anni nazareni, furono la solidissima base per l’edificio di quella vita di perfezione, che si sarebbe vissu¬ta nella Chiesa, specie dalla porzione eletta dei contemplativi.
Gesù andava compiendo nella Madre e nel diletto padre putativo, un mirabile lavoro che veniva corrisposto con una fedeltà, che lo compiaceva ineffabilmente.
Non è possibile esprimere quello che si trasmettevano, anche con un solo sguardo Gesù e Maria! Li ho visti in reciproca ammira¬zione… ed avevano ben ragione di esserlo! Chi potrebbe fedelmente dipingere la figura del bellissimo adolescente divino, dai sedici ai vent’anni? Quale armonia di linee, quale per¬fezione, che dignità! Tutto in lui esprimeva ognora più perfettamente il divino e la sua sola presenza, operava sulle anime, in manie¬ra simile a quella dei sacramenti.
Così, quando in seguito alla morte di San Giuseppe si allontanò da casa (ed il suo fu un distacco assoluto, perché raramente la Madre ebbe occasione di avvicinarlo), la Madonna risentì al vivo il gran sacrificio che dovevano imporsi.
Mirabile intimità d’unione era stata quella di Nazareth, un vero paradiso in terra!
Il massimo dell’intimità era fra Gesù e Maria, sebbene anche Giuseppe fosse unitissi-mo ad ambedue, e per il loro contatto avesse raggiunto uno dei più alti gradi di contempla¬zione. Ammirava le grandi cose che vedeva nella Madre e nel Figlio divino, ed era da essi favorito nel suo amore per il silenzio, il racco¬glimento, l’adorazione!
Non era a parte di tutto quanto riguardava la Passione, ma non gli mancavano lumi e grazie di ordine superiore, specie intorno all’avvenire della Chiesa, della quale sarebbe stato il patrono.
Mi è stato fatto considerare un particolare toccante, riguardo al primo sonno dell’infante, sul cuore dolcissimo della Madre sua…
Egli, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, non volle prevenire l’uso della paro¬la, ed era mediante un silenzio eloquente e luminoso che Madre e Figlio si scambiavano l’amore. – oh! – nota Gesù -, il mio riposo sul cuore di mia Madre! Quel cuore era un’arpa d’oro sprigionante melodie d’amore, ignote ai più ardenti serafini, e su quelle armonie amavo accordare il mio canto di lode e di amore al Padre, che si chinava rapito e com¬mosso. Quest’omaggio alla paternità divina, era il nostro esercizio preferito, impreziosito dall’esigenza che c’imponeva di sacrificare il conforto sensibile delle nostre intimità.
L’angoscia più tormentosa per la Madre mia, fu quando m’intrattenni a sua insaputa nel tempio di Gerusalemme, dato che, in quei tre giorni, parve spezzarsi la nostra comunio¬ne, e restare sospesa la nostra lode all’uniso¬no, al Padre!… Quanta compassione ne sentii presentandola, in quella circostanza, al Padre mio, come la dolce vittima che si era offerta a precedere i miei passi, chiesi che, per quel nostro strazio, venissero particolarmente confortate le anime, che a prezzo delle più ardue prove, avrebbero raggiunta la massima unione con lui.
“Se fossero numerose le anime che sapes¬sero continuare al Padre, l’omaggio di lode che insieme a me, gli offriva la Madre mia, si vedrebbe presto l’avvento del mio regno di amore, la nuova Pentecoste che deve rinnova¬re il mondo”.
3 marzo 1949
22. CONTEMPLAZIONE
BELLEZZA CELESTE
Nella solennità del Cuore immacolato di Maria, ancora nello splendore del suo ingres¬so trionfale nella gloria, sono stata portata a considerare anche la sua bellezza corporea.
Ogni volta che mi è stato dato il gran conforto di poter fissare i miei occhi in lei, sono stata attratta dalla sua avvenenza, ma forse non mai come in questa sua ultima visi¬ta.
Pare che Dio, bellezza per essenza, abbia voluto avere in questa sua creatura, la sua espressione e manifestazione più perfetta e completa.
L’insieme del personale, come ogni linea di quella figura, è di tali armoniche propor-zioni, da risultarne un capolavoro di arte divi¬na, che commuove ed esalta!
Tutto in lei canta la bellezza dell’Altissimo, più che ogni altra opera uscita dalla sua potenza creatrice…, ed il solo guardare lei, basterebbe per rendere pienamente felici gli eletti.
Per quanto i massimi geni dell’arte abbia¬no tentato di presentarcela in immagine, nes¬suno lo ha potuto fare in maniera soddisfacente, non essendovi nessun esemplare che le somigli. La sua, è una bellezza celeste che comunica il divino, ingenerando l’amore alla virtù angelica e a tutte le altre virtù…
Descriverla dopo aver avuto la sorte di vederla, torna ugualmente impossibile… E’ l’e¬terna giovinezza! Lo sguardo, il sorriso, il per¬sonale perfetto, la maestà del portamento, gli ornamenti che rifulgono nella sua veste di gloria tutto sembra accrescere il fascino e l’av¬venenza di quella incantevole ed unica crea¬tura.
Il divin Padre, al mirarla così, come la sua onnipotenza ha voluto crearsela, e come la corrispondenza in lei, ha permesso di arric¬chirla, se ne compiace immensamente, ed è il primo ad applaudire alla perfezione della sua opera.
Tutta la Santissima Trinità, alla quale la gran Madre di Dio è strettamente incatenata con triplice ed indissolubile vincolo di amore, pare felice di rispecchiarsi in quello specchio terso che riflette la sua bellezza, in maniera da innamorarla perdutamente di sé…
Le gerarchie angeliche, le schiere degli eletti, sono in compresa ed estatica ammira-zione di lei, eccedendo sugli altri santi Gioacchino ed Anna, genitori, e perciò in diritto di goderne l’intimità e gli effetti della grazia; San Giuseppe, San Giovanni Battista, San Giovanni evangelista e gli altri apostoli.
Questi, che qualcosa dovevano avere intuito della santità di lei, non sono sorpresi di vederla in tanta gloria.
Il discepolo prediletto, al quale era stata affidata come madre, e che ella amò come vero figlio, ha per la mediazione di lei (mi pare che la stessa grazia di visione passi per Maria), un grado di gloria tutto speciale.
23. CONTEMPLAZIONE
LA VITA DI OGNI GIORNO
Mentre Giuseppe era ancora in vita, il divin Figlio si era trattenuto dal manifestare troppo apertamente il suo essere e la sua mis¬sione; ora è necessario che Maria conosca tutta la verità, e della sua luce irradia l’anima di lei, aperta alla comprensione e all’amore più generoso e fedele. Ella parla poco, ascolta molto, ed immensamente apprende! Che deli¬ziose giornate!
Al primissimo sbiancare dell’alba sorgeva¬no dal modesto giaciglio e si ponevano in preghiera. Gesù, interamente prostrato a terra, su di una specie di piano leggermente inclina¬to, e Maria inginocchiata. Immobili rimangono profondamente immersi in altissima contem¬plazione.
Il Figlio di Dio, con tutto il suo essere entrava in diretta comunicazione col Padre, e la Madre si associava alla preghiera del suo figliolo, che molto le trasmetteva, perché l’ac¬cordo perfetto delle loro anime tornasse mag¬giormente gradito all’Altissimo! Uscivano da quella sublime contemplazione quasi circon¬fusi di celeste splendore, in uno straordinario raccoglimento.
Mentre veniva apprestata la colazione, Gesù lavorava per circa mezz’ora, ed era prontissimo alla benedizione della mensa, che si faceva in piedi come il ringraziamento fina¬le. Qui continuava il silenzio; il rimanente della mattinata era dato con assiduo impegno al lavoro, e a mezzogiorno preciso, il divino operaio veniva per il pasto principale, al quale si premetteva la preghiera, che sembra¬va aprire ogni volta di più, la corrente dell’in¬timo contatto col Padre celeste.
Cibi comuni, ma preparati con cura ed abbondanti, perché il nostro primogenito fra-tello, che pur avrebbe potuto sottrarsi alla legge comune, sentiva come la sentiamo noi, la necessità di sostenersi in forze, con un con¬veniente nutrimento.
Si sorridevano, scambiavano qualche rara parola, durante la mensa, per proseguire poi, per una ventina di minuti in familiare conver¬sazione, durante la quale venivano date lezio¬ni di capitale importanza. Infine si ritornava a pregare, e si cantavano tre lunghi salmi bellis¬simi, in un tono che tanto somiglia al grego¬riano, in cadenza lenta, grave, con voci armo¬niose, perfettamente intonate.
L’argomento di quelle conversazioni ver¬sava sulla Chiesa, sul nuovo ordinamento gerarchico, sull’unico capo che sempre avreb¬be dovuto reggerla quale suo vicario in terra, ed indefettibile custode della sua dottrina; sullo Spirito Santo che avrebbe mandato per assisterla sempre; sul come si sarebbe svolta la sua vitalità ed attuato il suo programma, mediante la cooperazione del sacerdozio, degli ordini religiosi etc., etc…
Mi pare che i punti principali a questo riguardo venissero brevemente annotati dalla Vergine con una scrittura fatta a segni impres¬si su tavolette, una delle quali dev’essere stata consegnata a San Pietro…
Uno degli argomenti più ampiamente trat¬tati, è stato quello riguardante la vita contem¬plativa e la formazione delle anime ad essa chiamate. Con una forza di eloquio che impri¬meva alle parole il tono del comando, al quale Maria timidamente assentiva (il conte¬gno delicatamente verginale di lei aveva sem¬pre l’impronta della più umile modestia) le diceva: – “L’anima contemplativa appartiene tutta a Dio, e deve saper vivere con Dio e per lui solo! Le sue potenze spirituali dovrebbero abitualmente rimanere impegnate, fin dall’esi¬lio, a rendere omaggio di lode all’Altissimo!” –
– E’ giusto Figliolo, ma come potrà soste¬nersi l’umana debolezza? – replicava lei; e Gesù indicava quali mezzi avrebbe provvedu¬to, mediante i sacramenti, e le sovrabbondan¬tissime grazie, frutto della redenzione, perché le anime potessero facilmente rendersi vitto¬riose delle resistenze dell’inferma natura, e totalmente donarsi al suo amore.
– Saranno molte queste anime? – doman¬dava Maria, e lui, con un accoramento che sembrava spegnersi in un singhiozzo: – “Molte, molte saranno chiamate, ma… (e la pena gli troncava la parola, lasciando intendere alla Madre, come sarebbe stato necessario ripara¬re, suscitare riparatrici, anime di preghiera e d’immolazione per la santificazione dei sacer¬doti e delle consacrate).
Fino alle cinque pomeridiane, si riprende¬va il lavoro, poi la Madonna svolgeva i rotoli della sacra scrittura e si metteva a leggere. Gesù non tardava a seguirla, e dopo averla guardata con compiacenza, le si sedeva accanto e le spiegava e commentava i passi più oscuri, perché poi queste lezioni venisse¬ro fatte conoscere agli apostoli.
Dopo circa tre quarti d’ora di lettura medi¬tata, seguita dal canto di altri tre salmi, si alle¬stiva e consumava una frugalissima cena, che terminava col canto di altri tre inni. In tutto, nella giornata, se ne cantavano nove, alquanto lunghi, cosicché la lode impegnava una buona parte del tempo. Non mi pare che prima del riposo si pregasse ancora in comu¬ne, e nemmeno che Gesù e Maria uscissero per ricrearsi all’aperto, avendo la casa dispo¬sta in modo da poterlo fare senza uscire. Assai presto si ritiravano nelle loro stanzette, perché all’alba del nuovo giorno avrebbero reso il mattinale omaggio al Creatore.
11 settembre 1950
24. CONTEMPLAZIONE
LA CROCE VIA DI SALVEZZA
La mia buona Madre del cielo, si compia¬ce comunicarmi le importantissime lezioni impartitele dal Figlio nell’ultimo periodo tra¬scorso insieme nella casetta nazarena, perché possono servire di fondamento per una vita contemplativa.
Diverse meditazioni e trattenimenti furono sulle varie vie per le quali le consacrate sareb¬bero potute pervenire fino alla vetta del monte della perfezione; sull’essenza di essa, sulle varie virtù, sul come formarsene l’abito, insomma, lezioni veramente magistrali di ascetica e di mistica, quali soltanto il divino maestro era in grado di dare!
La Madonna porgeva tutta la sua attenzio¬ne, bevendo quelle parole di sapienza che avrebbero dovuto servirle per facilitarle la sua missione di Madre universale di grazia.
Si trattò del dolore e della sua funzione purificatrice, e Gesù fece comprendere alla madre sua, la sapientissima scelta dei mezzi e degli strumenti che avrebbe usato per la redenzione.
Se avesse giudicato esservi qualcosa di meglio che la sofferenza e la croce, avrebbe certo risparmiato all’umanità un farmaco tanto amaro e ripugnante alla natura.
Ma non ce n’è altro che abbia la stessa potenza sanatrice e dopo che la colpa ha degradato l’uomo, oscurandolo nelle potenze, non vi è che il dolore che possa neutralizzare gli effetti del peccato, togliere tutte le scorie e rendere all’anima la trasparenza necessaria per riflettere il volto di Dio, e sollevarsi fino all’unione più intima con lui.
Anzi, è soltanto l’accettazione più generosa della sofferenza, nella più voluta adesione alle disposizioni dell’Altissimo, quella che effettua l’unione, fino alla consumazione dell’unità con Dio! Non si riuscirà mai ad esprimere l’ardore del linguaggio infuocato di Gesù, quando intratteneva sua Madre su questo argomento.
In tal modo, la veniva disponendo all’accettazione del supremo sacrificio! Si sarebbe potuto ritenere che non vi fosse necessità di farlo, perché Maria, fin dall’annunciazione era stata illuminata così da poter dare il suo cosciente consenso al gran calice della Passione. Eppure Gesù, che conosceva a fondo il cuore della Madre, trepidava per lei, sapendo come avrebbe sofferto allorché la realtà sarebbe venuta a porre il vivo suggello del sangue, alle previsioni di un tempo, e sentiva di doverla raccomandare al Padre, perché la sostenesse, e corroborasse così da rendere al suo cuore la tempra del diamante.
Incoraggiata ed infiammata dalle parole del Figlio l’anima purissima di lei, tanto ardentemente accesa di amore per il suo Dio, entrò in una così piena e generosa accettazione di tutti i particolari più raccapriccianti del sanguinoso dramma, da acconsentire ad abbandonare il suo Gesù, quale vittima ai rigori della divina giustizia!
A questo atto eroico seguì una così segnalata grazia di unione, da rimanere a lungo in un vero rapimento di estasi. Gesù avvertì il tocco paterno sull’anima di lei, e colmo di gratitudine, rispettò quel rapimento, e si prostrò a terra rimanendo in adorazione e ringraziamento al Padre, finché Maria si riscosse e poté rendersi conto di quanto era avvenuto. Vedendo il Figlio prostrato, si prostrò ella pure, poi, senza scambiare parola su questa grazia, insieme silenziosamente si rialzarono e con divina semplicità, si rimisero tranquillamente alle loro ordinarie occupazioni.
Però da quel momento, parve che un velo di tormentosa sofferenza impegnasse tutta la sensibilità della Madre, in maniera da non sfuggire alla comprensione di Gesù. Ma, generosamente, si animavano al supremo combattimento, fissi al luminoso miraggio della gloria del Padre e dei mirabili effetti della redenzione!
14 settembre 1950
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