Ritorniamo alla fede dei nostri padri
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È questo il nostro preciso dovere oggi che il mondo corre all’impazzata verso il disfacimento e la morte.
Lungi dal «modernizzarci» per stare, come si dice, all’«altezza» dei tempi, dobbiamo ritornare alla fede e alla pietà dei nostri padri, in tutto e per tutto, perché il «modernizzarsi» è già un’apostasia più o meno dissimulata, e conduce infallibilmente alla perdizione.
Dobbiamo essere:
- saggi della sapienza di Dio tra gli stolti che si gloriano dell’umana saggezza;
- umili tra i superbi che credono piccineria di spirito l’umiltà;
- distaccati dai beni della terra tra quelli che vi agognano; puri tra gli impuri, che credono un diletto e persino un diritto della vita l’infangarsi;
- mansueti tra quelli che credono una viltà il sopportare pazientemente le angherie della vita; mortificati tra gli ingordi, generosi tra i taccagni, attivi nel bene tra gli ignavi.
Il nostro abito deve spirare modestia, le nostre parole debbono essere prudenti e moderate, il nostro tratto deve rispecchiare quella nobiltà che ci viene dalla nostra professione cristiana.
Questo vale per ogni cristiano e molto più per un sacerdote e per un religioso.
Non può concepirsi un essere consacrato a Dio che prenda un atteggiamento spregiudicato, e che si mescoli agli ambienti del mondo e ne imiti gli usi malsani. Non è un’anomalia il cristiano che sia cristiano, e il sacerdote o il religioso che siano tali, è un’anomalia il cristiano e la persona consacrata a Dio «modernizzati» dalle tristi influenze del mondo. È quest’anomalia che prepara l’apostasia di un popolo da Dio e che ne è tristissimo frutto.
Chi ama veramente il Signore ed ha vera carità di patria conserva, per quanto è nelle sue possibilità, il sacro fuoco della fede e la pratica della vita cristiana, come l’agricoltore conserva i germogli ancora vivi di un campo devastato, nella speranza di renderlo di nuovo un campo ubertoso.
don Dolindo Ruotolo
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