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Risurrezione – Gesù appare ai dieci Apostoli

13 Aprile 2012 | Filed under: Catechesi Liturgica, Pasqua
     

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Gli Apostoli Sono raccolti nel Cenacolo. La sera deve essere ben tarda per­ché nessun rumore viene più dalla via né dalla casa. Penso che anche quelli che erano venuti prima si siano tutti ritirati o alle proprie case o a dormire, stanchi di tante emozioni.

I dieci invece, dopo avere mangiato dei pesci, di cui ancora qualcuno sussiste su un vassoio posato sulla credenza, stanno par­lando, sotto la luce di una sola fiammella del lampadario : la più vicina alla tavola.

Sono ancora seduti alla stessa. E hanno discorsi spezzati. Quasi dei monologhi, perché pare che ognuno, più che col compagno, parli con se stesso. E gli altri lo lasciano parlare, ma­gari parlando a loro volta di tutt’altra cosa. Però questi discorsi slegati, che mi fanno l’impressione dei raggi di una ruota sfa­sciata, si sente che appartengono ad un solo argomento che li ac­centra, anche se così sparsi. E che è Gesù.

« Non vorrei che Lazzaro avesse udito male e meglio di lui avessero capito le donne… » dice Giuda d’Alfeo. « A che ora ha detto di averlo visto la romana? » chiede Matteo. Nessuno gli risponde. « Domani io vado a Cafarnao » dice Andrea. « Che meraviglia! Fare sì che esca proprio in quel momento la lettiga di Claudia! » dice Bartolomeo. « Abbiamo fatto male, Pietro, a venire via subito questa mat­tina… Fossimo rimasti lo avremmo visto come la Maddalena » so­spira Giovanni.

« Io non capisco come potè essere a Emmaus e in palazzo in­sieme. E come qui dalla Madre, e dalla Maddalena e da Giovanna insieme… » dice a se stesso Giacomo di Zebedeo. « Non verrà. Non ho pianto abbastanza per meritarlo… Ha ra­gione. Io dico che per tre giorni mi fa aspettare per le mie tre ne­gazioni. Ma come, come ho potuto fare quello? » « Come era trasfigurato Lazzaro! Vi dico : pareva lui un sole. Io penso gli sia successo come a Mosè dopo avere visto Dio2. E su­bito – vero voi che eravate là? – subito dopo avere offerto la sua vita! » dice lo Zelote. Nessuno lo ascolta.

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Giacomo d’Alfeo si volta da Giovanni e dice : « Come ha det­to a quelli di Emmaus? Mi pare che ci abbia scusati, non è vero? Non ha detto che tutto è avvenuto per il nostro errore di israe­liti sul modo di capire il suo Regno? »Giovanni non gli da nessuna retta e volgendosi a guardare Fi­lippo, dice… all’aria perché a Filippo non parla : « A me basta di saperlo risorto. E poi… E poi che il mio amore sia sempre più forte. Visto, eh! È andato, se voi guardate, in proporzione all’amore che avemmo: la Madre, Maria Maddalena, i bambini, mia madre e la tua, e poi Lazzaro e Marta…

Quando a Marta? Io dico quando ella intonò il salmo davidico : ” II Signore è mio pastore, non mi man­cherà nulla. Egli mi ha posto in luogo di abbondanti pascoli, mi ha condotto ad acque ristoratrici. Ha richiamato a Sé l’anima mia… ” Ricordi come ci fece sussultare con quell’inaspettato canto? E quelle parole si riconnettono a quanto ha detto : ” Ha richia­mato a Sé l’anima mia ” 3. Infatti Marta sembra avere ritrovato la sua via… Prima era smarrita, lei, la forte! Forse nel richiamo le ha detto il luogo dove la vuole. È certo anzi, perché se le ha dato ap­puntamento deve sapere dove lei sarà. Che avrà voluto dire di­cendo: “sponsali compiuti”?»

Filippo, che lo ha guardato un momento e poi lo ha lasciato monologare, geme :« Io non saprò che dirgli se viene… Io sono fuggito… e sento che fuggirò. Prima per paura degli uomini. Ora per paura di Lui. ». « Dicono tutti : è bellissimo. Può mai essere più bello di quan­to già era? » si chiede Bartolomeo. « Io gli dirò : ” Mi hai perdonato senza parola quando ero pub­blicano. Perdonami anche ora col tuo silenzio, perché non merita la mia viltà la tua Parola ” » dice Matteo. « Longino dice che ha pensato : ” Devo chiedergli di guarire o di credere? “

Ma ha detto il suo cuore : ” Di credere ” e allora la Voce ha detto : ” Vieni a Me ” ed egli ha sentito la volontà di cre­dere e la guarigione insieme. Me lo ha proprio detto così » afferma Giuda d’Alfeo. « Io sono sempre fisso al pensiero di Lazzaro premiato subito per la sua offerta… L’ho detto io pure: “La mia vita per la tua; gloria”. Ma non è venuto» sospira lo Zelote. « Che dici, Simone? Tu che sei colto dimmi : che gli devo dire per fargli capire che lo amo e chiedo perdono? E tu, Giovanni? Tu hai parlato molto con la Madre. Aiutami. Non è pietà lasciare solo il povero Pietro! »

Giovanni si muove a compassione dell’avvilito compagno e dice : « Ma… ma io gli direi semplicemente : ” Ti amo “. Nell’amo­re è compreso anche il desiderio del perdono e il pentimento. Pe­rò… non so. Simone, che dici tu? » E lo Zelote : « Io direi quello che era il grido dei miracoli : ” Gesù, pietà di me! ” Direi : ” Gesù”. E basta. Perché è ben più del Figlio di Davide! ». « È ben quello che penso e che mi fa tremare. Oh! io nascon­derò il capo… Anche stamane avevo paura di vederlo e… ». « …e poi sei entrato per primo. Ma non temere così. Sembra che tu non lo conosca » lo rincuora Giovanni.

La stanza si illumina vivamente come per un lampo abba­gliante. Gli apostoli si celano il viso temendo sia un fulmine. Ma non odono rumore e alzano il capo. Gesù è in mezzo alla stanza, presso la tavola. Apre le braccia dicendo : « La Pace sia con voi. ». Nessuno risponde. Chi più pallido, chi più rosso, lo fissalo tutti con paura e soggezione. Affascinati e nello stesso tempo vo­gliosi quasi di fuggire.

Gesù fa un passo avanti aumentando il suo sorriso. «Ma non temete così! Sono Io. Perché così turbati? Non rrii desideravate? Non vi avevo fatto dire che sarei venuto? Non ve lo avevo detto fin dalla sera pasquale? » Nessuno osa aprire bocca. Pietro piange già, e Giovanni già sorride mentre i due cugini con gli occhi lustri e un movimento di parola senza suono sulle labbra, sembrano due statue raffigu­ranti il desiderio.

«Perché nei cuori avete pensieri così in contrasto fra il dub­bio e la fede, l’amore e il timore? Perché ancora volete essere car­ne e non spirito, e con questo solo vedere, comprendere, giudi­care, operare? Sotto la vampa del dolore non si è tutto arso il vecchio io, e non è sorto il nuovo io di una vita nuova? Sono Gesù. Il vostro Gesù risorto come aveva detto. Guardate.

 Tu che le hai viste le ferite e voi che ignorate la mia tortura. Perché quanto sa­pete è ben diverso dalla conoscenza esatta che ne ha Giovanni. Vieni, tu per il primo. Sei già tutto mondo. Tanto mondo che mi puoi toccare senza tema. L’amore, l’ubbidienza, la fedeltà, già ti avevano fatto mondo. Il mio Sangue, di cui fosti tutto rorido quan­do mi deponesti dal patibolo, ti ha finito di purificare. Guarda.

Sono vere mani e vere ferite. Osserva i miei piedi. Vedi come il segno è quello del chiodo? Sì. Sono proprio Io e non un fantasma. Toccatemi. Gli spettri non hanno corpo. Io ho vera carne sopra un vero scheletro. » Posa la Mane sul capo di Giovanni che ha osato andargli vicino: «Senti? È calda e pesante.» Gli alita in volto: « E questo è respiro. ». « Oh! mio Signore! » Giovanni mormora piano, così… « Sì. Il vostro Signore. Giovanni, non piangere di timore e di desiderio. Vieni a Me. Sono sempre quello che ti amo. Sediamo, come sempre, alla tavola. Avete nulla più da mangiare? Datemelo dunque. »

Andrea e Matteo, con mosse da sonnambuli, prendono dalle credenze il pane e i pesci, e un vassoio con un favo appena sboc­concellato in un angolo. Gesù offre il cibo e mangia e da ad ognuno un poco di quanto mangia. E li guarda. Tanto buono. Ma tanto maestoso che essi ne sono paralizzati. Osa parlare per primo Giacomo, fratello di Giovanni : « Perché ci guardi così? ». « Perché voglio conoscervi. » « Non ci conosci ancora? ». « Come voi non conoscete Me. Se mi conosceste sapreste Chi sono e come vi amo, e trovereste le parole per dirmi il vostro tormento.

Voi tacete. Come di fronte ad un estraneo potente di cui temete. Poco fa parlavate… Sono quasi quattro giorni che parlate con voi stessi dicendo: “Gli dirò questo…” dicendo allo Spirito mio: “Torna, Signore, che io ti possa dire questo””. Ora sono ve­nuto e voi tacete? Tanto mutato sono che più non vi paio Io? O tanto mutati siete da non amarmi più? »

Giovanni, seduto presso al suo Gesù, ha l’atto abituale di posar­gli la testa sul petto mentre mormora : « Io ti amo, mio Dio » ma si irrigidisce vietandosi questo abbandono per rispetto allo sfolgo­rante Figlio di Dio. Perché Gesù pare emanare una luce pur es­sendo di una Carne pari alla nostra. Ma Gesù se lo attira sul Cuore e allora Giovanni apre la diga al suo pianto beato. Ed è il segnale a tutti di farlo.

Pietro, due posti dopo Giovanni, scivola fra la tavola e il sedile e piange gridando:«Perdono, perdono! Levami da questo inferno in cui sono da tante ore. Dimmi che hai visto il mio errare per quello che fu. Non dello spirito. Ma della carne che mi ha sover­chiato il cuore. Dimmelo che hai visto il mio pentimento… Esso durerà fino alla morte. Ma Tu… ma Tu dimmi che come Gesù non ti devo temere… e io, e io… io cercherò di fare così bene da farmi perdonare anche da Dio … e morire … avendo solo un gran purgato­rio da fare. »

« Vieni qui, Simone di Giona. ». « Ho paura. ». « Vieni qui. Non essere oltre vile. ». « Non lo merito di venirti accosto. ». « Vieni qui. Che ti ha detto la Madre? ” Se non lo guardi su questo Sudario non avrai cuore di guardarlo mai più”. O uomo stolto! Quel Volto non ti ha detto col suo sguardo doloroso che ti capivo e che ti perdonavo? Eppure l’ho dato quel lino per conforto, per guida, per assoluzione, per benedizione … Ma che vi ha fatto Satana per accecarvi tanto?

Ora Io ti dico: se non mi guardi ora che sulla mia gloria ho ancora steso un velo per adeguarmi alla vostra debolezza, non potrai mai più venire senza paura al tuo Si­gnore. E che ti avverrà allora? Per presunzione peccasti. Vuoi ora tornare a peccare per ostinazione? Vieni, ti dico. ». Pietro si trascina sui ginocchi, fra il tavolo e i sedili, con le mani sul volto piangente. Lo ferma Gesù quando è ai suoi piedi mettendogli la Mano sul capo. Pietro con un pianto anche più forte prende quella Mano e la bacia fra un vero singhiozzare senza freno. Non sa che dire : « Perdono! Perdono! »

Gesù si libera dalla sua stretta e facendo leva della sua mano sotto il mento dell’apostolo lo obbliga ad alzare il capo e lo fissa negli occhi arrossati, bruciati, straziati dal pentimento coi suoi ful­gidi Occhi sereni. Pare gli voglia trivellare l’anima. Poi dice : « An­diamo. Levami l’obbrobrio di Giuda. Baciami dove egli baciò. Lava col tuo bacio il segno del tradimento. » Pietro alza il capo mentre Gesù si china ancora di più, e sfiora la guancia … poi china il capo sulle ginocchia di Gesù e sta così … come un vecchio bambino che ha fatto del male ma che è perdo­nato.

Gli altri, ora che vedono la bontà del loro Gesù, ritrovano un po’ d’ardire, e si accostano, come possono. Vengono prima i cugini… Vorrebbero dire tanto e non rie­scono dire nulla. Gesù li carezza e rincuora col suo sorriso. Viene Matteo con Andrea. Matteo dicendo : « Come a Cafar­nao… » e Andrea : « Io, io … ti amo io. » Viene Bartolomeo gemendo : « Non sapiente fui. Ma stolto. Questo è sapiente » e accenna allo Zelote al quale Gesù sorride già.

Giacomo di Zebedeo viene e sussurra a Giovanni : « Diglielo tu… » e Gesù si volge e dice : « Da quattro sere lo hai detto e da tanto Io ti ho compatito. » Filippo, per ultimo, viene tutto curvo. Ma Gesù lo forza ad al­zare il capo e gli dice : « Per predicare il Cristo occorre maggior co­raggio. » Ora sono tutti intorno a Gesù. Si rinfrancano piano piano. Ri­trovano quanto hanno perduto o temuto di avere per sempre per­duto. Riaffiora la confidenza, la tranquillità, e per quanto Gesù sia tanto maestoso da tenere in un rispetto nuovo i suoi apostoli, essi trovano finalmente il coraggio di parlare.   (continua)

     

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