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Riflessioni sul Purgatorio – 6°

9 Dicembre 2014 | Filed under: Purgatorio
     

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ESISTENZA DEL PURGATORIO
La preghiera per i morti 

Finora noi abbiamo supposto come ammessa da tutti l’esistenza del Purgatorio, ma siccome da molti non si crede purtroppo a questa verità, e i protestanti la considerano come una superstizione della Chiesa cattolica, bisogna fermarci alquanto sulle prove che stabiliscono questa verità, per trattare poi tutti i punti della dottrina cattolica riguardante il Purgatorio.

Noi partiamo dal principio a tutti evidente, che la preghiera per i defunti suppone il domma del Purgatorio. Infatti per i Santi del Paradiso non si prega, come non si può pregare per i dannati dell’Inferno, per quelli perchè non hanno bisogno e per questi perchè si trovano nella impossibilità di trar profitto dalle nostre preghiere. La preghiera per i morti sup­pone quindi uno stato intermedio fra la beatitudine del Cielo e la eterna disperazione dell’Inferno: stato di sofferenza, ma di sofferenza temporanea, durante la quale le anime tormentate possono ricevere sollievo dai suffragi dei vivi,

La preghiera per i morti suppone quindi l’esistenza  del Purgatorio, e tale preghiera si è fatta in tutti i tempi e da tutti i popoli. Gli Ebrei conobbero tale preghiera, dal momento che vediamo Giuda Maccabeo fare una colletta per offrire sacrifici in memoria e a vantaggio dei soldati del suo esercito caduti combat­tendo. La sacra Scrittura, lungi dal biasimare questo atto, aggiunge nel riferirlo una riflessione opportuna Sancta ergo et salubris est cogitatio pro defunctis exo­rare, ut a peccatis solvantur (2 Mac., 12, 46)

A proposito del culto per i morti tra i popoli primi­tivi o pagani, abbiamo la storia e la letteratura che ne parlano. Si curò la sepoltura dei cadaveri, si offrirono sacrifici e si fecero ovunque preghiere, perchè le ani­me dei trapassati riposassero in pace. Ed è quanto si fa ancora oggi tra i popoli, ai quali non giunse ancora la luce del Vangelo.

Nella Chiesa poi i riti di suffragio risalgono ai tempi apostolici, come ne fan fede le antichissime liturgie, le quali prescrivevano che nel tempio, dopo essere stati letti sui sacri dittici i nomi delle persone viventi, con le quali v’era comunione di preghiera, si leggessero quelli dei defunti in modo particolare raccomandati; e il sacerdote, come del resto fa ai nostri giorni, rac­colto in orazione, invocava per i defunti locum refri­gerii, lucis et pacis. Tutte le liturgie antiche, senza eccezione, ci ricordano questo rito, il quale per le for­me con cui veniva fatto prese il nome di “preghiera sopra i dittici”- oratio super dyptichos.

Negli Atti di Santa Perpetua, scritti in gran parte dalla Santa medesima, è bellissimo il passo, che vogliamo citar per intero, nel quale si parla proprio della fede che avevano gli antichi cristiani nel Purgatorio. La Santa dopo aver parlato delle circostanze della sua cattura e dei primi giorni passati nel carcere in compagnia di altri confessori della fede, così prose­gue: «Mentre un giorno eravamo tutti in preghiera, mi venne sulle labbra il nome del mio Dinocrate, e ri­masi stupita di non essermi mai fino a quel punto ricordata di lui. Mi afflisse il dubbio della sua infe­licità e conobbi allora che ero degna di pregare per lui e che perciò bisognava pregassi. Incominciai quin­di a pregare fervorosamente, gemendo davanti a Dio e nella notte seguente ebbi questa visione.

«Vidi Dinocrate uscire da luoghi tenebrosi, dove molti altri stavano con lui. Egli era tutto arso e divo­rato dalla sete, sordido in volto, di aspetto pallido e con la faccia tuttora corrosa dall’ulcere di cui perì.

Questo Dinocrate era mio fratello secondo la carne, in età di sette anni morì di un cancro al volto, che lo rendeva oggetto di orrore a quanti lo guardavano. Per lui io avevo pregato. Sembravami dunque che una gran distanza corresse fra lui e me, in modo che fosse impossibile appressarci l’una all’altro. Vicino, a lui vidi un bacino pieno d’acqua, il cui orlo essendo più alto della persona del fanciullo, non poteva essendo Dino­crate in alcun modo essere raggiunto per quanti sforzi facesse, onde appressare le sue labbra a quell’acqua refrigerante. Oh! quanto mi addolorava quel suppli­zio. In questofrattempo io mi svegliai, e da tutto ciò conobbi che il mio fratello trovavisi in stato di pena, e sperai di poterlo sollevare. Incominciai dunque a pregare Dio giorno e notte con lacrime e con sospiri, perchè mi concedesse la grazia della sua liberazione, e continuai le preghiere finchè fummo trasferiti nella prigione del campo, per servire di pubblico spettacolo nella festa di Cesare Geta. Il giorno in cui fummo avvinti in catene per essere condotti alla festa, io ebbi un’altra visione, nella quale scorsi il medesimo luogo visto la prima volta, e Dinocrate col corpo mondo, ri­vestito di splendide vesti e senza neppure una lieve cicatrice nel posto dell’antica piaga. L’orlo del bacino si era abbassato fino ai fianchi del fanciullo, e presso di lui stava un’ampolla d’oro per attingere acqua. Ed essendosi Dinocrate avvicinato, incominciò a bere di quell’acqua, senza che essa scemasse, e quando ne fu sazio abbandonò tutto ilare il bacino per andare a giuocare, come è costume dei fanciulli di quella età.  In quel mentre mi destai, e compresi da ciò che il mio fratello era ormai libero da ogni pena ». (Acta S. Perpetuae, apud Bolland. 7 Martii).

Si legge in Eusebio di Cesarea che Costantino diede ordine che il suo sepolcro sorgesse nella chiesa dei SS. Apostoli da lui fatta costruire a Costantinopoli, e ciò nella speranza d’esser messo a parte, dopo la sua morte, delle preghiere che sarebbero state fatte in quel luogo sacro, com’ebbe a dichiarare nel suo testamento.

Nel secolo V S. Agostino rende omaggio alla pietà di sua madre, S. Monica, con uno splendido passo delle sue Confessioni, che qui vogliamo citare, e che dimo­stra la fede ch’egli aveva nel Purgatorio, e quanto sperasse dalle preghiere fatte per la madre (S. Agostino, Conf., libro IX, cap. 9 segg.).

«Un giorno la mia diletta madre, assalita da im­provvisa debolezza, perdette i sensi: quando correm­mo ìn suo aiuto, essendo già ritornata in sè, guardò tutti noi che la circondavamo, riconobbe me e mio fra­tello e con voce piangente ci disse: – Dove ero io? – E poichè ci vedeva ìnerti e oppressi dal dolore, soggiunse: – Qui, o figli miei, lascierete vostra ma­dre. – Io non risposi, chè il pianto mi impediva di parlare, ma il fratello con parole di conforto le disse di sperare di ritornare nella terra dei padri suoi. Ella fissatolo con sguardo triste per mostrargli che aveva tutto compreso, volse gli occhi sopra di me, e mi dis­se: – Senti che cosa ha detto? – e poco dopo rivol­gendosi ad ambedue: – Voi comporrete questo corpo in quel luogo ove meglio vi piacerà; non ve ne pren­dete pensiero. L’unica preghiera che vi rivolgo è che dovunque vi troverete vi ricordiate di me nel Sacrifi­zio divino». A questo proposito S. Agostino fa queste belle riflessioni: «Ora che il primo dolore prodotto dall’affetto naturale è passato, io vi loderò, o Signore, in nome della vostra serva, ed altre lacrime spargerò dinanzi a voi, che non siano della carne, ma bensl dello spirito, lacrime che fluiscono spontanee dal ci­glio quando si pensi al pericolo nel quale si trovano le anime che peccarono in Adamo, poichè quantun­que la madre mia sia stata vivificata in Gesù Cristo e sia vissuta nella carne glorificando sempre il vostro santo Nome col fervore della sua fede e con la illibatezza dei suoi costumi, nondimeno io non ardisco affermare che dal giorno in cui voi, o mio Dio, la rige­neraste col santo Battesimo, non sia uscita dalle sue labbra alcuna parola contro i vostri comandamenti. Ma poichè voi non desiderate la ricerca dell’iniquità, nutro fiducia filiale che la madre mia abbia trovato misericordia davanti al vostro cospetto, e perciò, o Dio del mio cuore, io lascio da parte a bella posta le opere sante fatte dalla mia diletta genitrice, e delle quali mi consolo rendendo a voi grazie infinite, per domandarvi solo perdono dei suoi peccati. Esaudite­mi, ve ne scongiuro per le ferite sanguinose di Colui che mori per noi sul legno infame, e che ora assiso alla vostra destra intercede per gli uomini.

Lo so ch’ella fece sempre misericordia e rimise di tutto cuore i debiti ai suoi debitori; rimettete quindi ancora voi a lei i suoi, se qualcuno ne avesse contratto nei numerosi anni che trascorsero dal giorno in cui fu rigenerata col santo Battesimo, fino a quello del suo passaggio da questa vita. Perdonatela, perdona­tela, ve ne scongiuro, o Signore, e non entrate con lei in giudizio, poichè la vostra misericordia supera la vostra giustizia, le vostre parole sono veraci e promet­teste misericordia a chi avrà fatto misericordia. Questa misericordia io credo che voi l’abbiate già fatta, o mio Dio; ma tuttavia accettate l’omaggio delle mie lab­bra. Ricordatevi che nel momento del suo passaggio all’altra vita, la vostra serva non pensò a far rendere al suo corpo funebri onoranze con splendidi esequie – e con profumi preziosi, non domandò un sepolcro su­perbo, nè di essere trasportata in quello che aveva fatto costruire a Tagoste, sua patria, ma solo volle che noi ci fossimo ricordati di lei dinanzi ai vostri santi altari, nel mistero sublime al quale ogni giorno ella prese parte, poichè sapeva che in questo si di­spensa la Vittima immacolata, il sangue della quale ha annullato la sentenza fatale della nostra condanna.

«Ch’ella dunque, o Signore, riposi in pace presso le ossa del suo consorte, accanto a colui al quale ri­mase fedele nelle gioie della verginità e nelle tristezze della vedovanza, accanto a colui di cui erasi fatta ser­va per guadagnarlo a voi con la sua pazienza salu­tare. E voi, o mio Dio, ispirate ai vostri servi, che sono miei fratelli, ispirate ai miei figli spirituali, che sono miei maestri, poichè il mio cuore, la mia voce, i miei scritti sono al loro servizio, ispirate a tutti quelli che leggeranno queste mie parole di ricordarsi dinanzi ai vostri altari di Monica, vostra serva, e di Patrizio, suo sposo. Furono essi che mi introdussero nel mon­do; fate dunque che tutti coloro che vivono fra la luce ingannevole di questo secolo si ricordino piamente dei miei genitori, affinchè l’ultima preghiera di mia ma­dre morente sia esaudita anche più di quello che essa desiderava; e non abbia essa a ricevere soltanto il soc­corso delle mie preghiere, ma anche quello di molti altri ».

Ho voluto riferire quasi per disteso questa meravi­gliosa preghiera del santo Dottore a vantaggio della sua madre defunta, perchè quando si pensi alla san­tità di quella illustre matrona, che la Chiesa sollevò agli onori degli altari, quando si consideri che nel momento in cui il figlio scriveva erano trascorsi circa vent’anni dalla morte di lei, si scorgerà facilmente che cosa pensasse il grande Dottore della Chiesa latina sul Purgatorio e sulla severità della giustizia di Dio. S. Gregorio Magno coi suoi Dialoghi contribuì no­tevolmente a promuovere tra i cristiani la devozione verso le anime del Purgatorio. Il Padre Lefebvre era salito dire ché S. Gregorio Magno doveva essere amato ed onorato dai fedeli per molte ragioni, ma sopratutto perchè aveva esposto in maniera tanto chiara e com­movente la dottrina del Purgatorio, e credeva che se non avesse parlato con tanta eloquenza di quelle ani­me sante, la devozione nutrita verso di loro nei secoli posteriori sarebbe stata meno ardente, e quindi insie­me alla devozione verso le anime del Purgatorio in­culcava sempre nei fedeli sentimenti di riconoscenza verso il santo Dottore.

Nel sesto secolo si introduce l’uso dell’Ufficiatura dei Morti, e da allora in poi le testimonianze della tradizione si accumulano in modo che è impossibile citarle tutte.

Sul finire del decimo secolo nella Certosa di Cluny, per opera del santo abate Odilone ebbe origine la Commemorazione dei Morti, che da quel tempo si ce­lebra ogni anno dalla Chiesa cattolica il 2 novembre, giorno seguente a quello in cui si celebrano le gioie della Chiesa trionfante con la Festa di Tutti i Santi:

Due secoli più tardi il grande Alighieri, che va considerato come l’interprete e lo specchio del suo tempo, riassumendo nella sua magnifica epopea tutte le pie credenze dell’epoca, esponeva coi canti più sublimi e con le più commoventi ispirazioni le pene del Pur­gatorio.

Sappiamo d’altra parte quanta fosse nel medio evo la devozione verso i defunti. In alcune città quando scendevano le ombre della notte e ciascuno si ripo­sava dai lavori della giornata, si udiva per le strade la voce del banditore notturno, che in quel cupo si­lenzio andava ripetendo – O buoni fratelli che ve­gliate, pregate per i defunti. – Gli uomini dei nostri giorni, che aboliscono con tanta cura gli emblemi della morte, troverebbero certamente troppo lugubre un simile avvertimento, ma in quell’età di fede i popoli erano meno delicati. La Chiesa militante formava una sola famiglia con la Chiesa purgante: il ricordo dei poveri morti non turbava il sonno di nessuno; col pretesto della sensibilità non si cercava di farlo scom­parire dalla mente di coloro che i trapassati avevano amato. Ai nostri giorni tutto è cambiato. Il ricordo dei defunti spesso ci riesce importuno: rari i pellegri­naggi alle tombe, fievole la riconoscenza, pochi i suf­fragi. Si è tentato perfino di distruggere i corpi dei nostri trapassati,  per impedire così le salutari lezioni che vengono dalle loro tombe: al rito cristiano della inumazione si vorrebbe sostituire quello pagano della cremazione.

Nel secolo decimoquinto il Concilio di Firenze si occupò lungamente della questione del Purgatorio. Non già che la Chiesa latina e la greca non si trovassero d’accordo circa l’esisteriza di codesto luogo di pena, ma la controversia era sorta sulla natura è sulla durata delle pene, e, come vedremo altrove, per non porre ostacolo alla desiderata unione della Chiesa greca alla latina, il Concilio si astenne dal pronunziarsi su questo punto.

Nel secolo seguente una voce blasfema si fece udire nella Chiesa, condannando per la prima volta la pre­ghiera per i defunti. Era la voce di Lutero, che voleva infrangere quei vincoli sacri, che ci uniscono ai fra­telli d’oltre tomba, soffocando la preghiera sulle lab­bra e la speranza nel cuore di coloro che rimpiangono dilette memorie. Non più Purgatorio, non più stato intermedio tra la beatitudine del Cielo e le pene eterne dell’Inferno; cose tutte contrarie, diceva l’eresiarca, ai sentimenti più santi, alle ispirazioni più commo­venti del cuore umano.

Per una felice incoerenza non pochi protestanti si riconobbero cattolici presso la tomba di persone a loro care, e malgrado i sofismi del loro spirito, uscì spon­tanea da quei petti la preghiera in suffragio dei morti. Tolte però queste eccezioni, è certo che il Protestan­tesimo non ammette la preghiera per le anime dei trapassati.

A codeste negazioni infondate, la Chiesa cattolica, vera madre delle anime, oppose, una splendida rea­zione, poichè dopo avere rivendicato solennemente nel Concilio di Trento l’antica fede sul Purgatorio, di­chiarando anatema chiunque negasse la sua esistenza e l’utilità dei suffragi pei morti (Sess. VI cap. 3o, Sess. XXII cap. 2, Sess. XXV decretum), essa promosse per ogni parte la formazione di pie Società con lo scopo di pregare per i defunti. Così vediamo a Roma Paolo V autorizzare. E incoraggiare la pia pratica di. comunicarsi in una domenica di ogni mese a suffragio dei defunti, e a Bruxelles stabilirsi una Congregazione il cui scopo è di pregare per la libe­razione delle anime del Purgatorio, poichè, dicono gli statuti di questa Congregazione, se vi sono nella Chiesa Ordini religiosi fondati col pio scopo di redimere gli schiavi, con più forte ragione devono esi­stere congregazioni e confratelli che si occupino non a liberare dai ceppi i corpi dei cristiani, ma a trarre le loro anime dalle pene del Purgatorio. Queste pie confraternite si moltiplicarono e diffusero per tutto il mondo cristiano, e dappertutto furono arricchite di privilegi e di numerose indulgenze dai Vescovi e dai Sommi Pontefici.

Pure ai nostri dì molto si prega per le anime sante del Purgatorio. La pratica dell’atto eroico a vantag­gio dei defunti, che nei tempi passati era in uso solo qua e là, quasi come eccezione, ai giorni nostri si è talmente generalizzata, che intiere comunità religiose hanno più volte rinunziato a tutto il merito delle loro opere buone per convertirlo a pro dei defunti, e in quasi tutte le parrocchie è invaso il pio costume di consacrare l’intero mese di Novembre a suffragare le anime del Purgatorio. Finalmente in questi ultimi anni si è formato un Ordine religioso con lo scopo di procurare per mezzo della preghiera e del sacrificio il sollievo di quelle povere anime.

Così il ricordo dei morti rimane, e rimane a dispetto della lotta ché si è fatto e si sta facendo a danno di quei cari, che, lasciandoci, sperarono nel nostro soc­corso, e non è un ricordo sterile, ma fatto di rimedi efficaci, di preghiere, di sacrifici, di opere buone, of-ferte alla giustizia divina, onde affretti il soggiorno beato della perpetua pace nella visione beatifica alle anime sante di coloro, che ci precedettero nel trava­glio della vita terrena.

Can. Luigi Coccolo


     

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