Prodigiosa Guarigione a Medjugorje
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Pascale Gryson-Selmeci, abitante del Braban belga, sposa e madre di famiglia, testimonia la sua guarigione avvenuta a Medjugorje, venerdì 3 agosto dopo aver preso la Comunione durante la S. Messa. La signora sofferente di una „leucoencefalopatia“, malattia rara ed incurabile i cui sintomi appartengono a quelli delle forme di sclerosi a placche, partecipa al pellegrinaggio organizzato a fine luglio, in occasione del pellegrinaggio dei giovani. Patrick d’Ursel, uno degli organizzatori, è stato testimone della sua guarigione.
Secondo i testimoni, quest’abitante del Braban belga, era malata dall’età di 14 anni, e non era neanche più in grado di esprimersi. Dopo aver preso la S. Comunione, Pascale ha avvertito dentro di sè una forza. Con grande sorpresa del suo sposo e dei suoi cari, ad un certo punto si mette a parlare e…si alza dalla sua sedia! Ecco la testimonianza di Pascale Gryson.
„La mia guarigione l’avevo chiesta da molto tempo. Bisogna sapere che erano più di 14 anni che ero malata. Sono sempre stata credente, profondamente credente, al servizio del Signore in tutta la mia vita, e quindi quando i primi sintomi (ndr. Della malattia) si sono manifestati, durante i primi anni, ho chiesto e supplicato. Anche altri membri della mia famiglia si sono associati alle mie preghiere ma la risposta che attendevo non arrivava (quantomeno quella che mi aspettavo io)ma ne arrivarono altre! – ad un certo punto, mi sono detta che, senz’altro, il Signore preparava altre cose per me. Le prime risposte che ottenni furono delle grazie per poter meglio sopportare la mia malattia, la grazia della Forza e della Gioia. Non una gioia continua, ma profonda, nel più profondo dell’anima; si potrebbe dire la punta suprema dell’Anima che, anche nei momenti più cupi, rimaneva in balìa della gioia di Dio. Io credo fermamente che la mano di Dio sia sempre rimasta su di me. Non ho mai nemmeno dubitato del Suo amore per me, nonostante questa malattia avrebbe potuto farmi dubitare dell’Amore di Dio per noi.
Da qualche mese, mio marito David ed io, abbiamo ricevuto una chiamata pressante per recarci a Medjugorje, senza sapere quello che Maria stesse preparando per noi, sembrava una forza assolutamente irresistibile. Questa forte chiamata mi ha molto sorpresa, soprattutto per il fatto che l’avessimo ricevuta in coppia, mio marito ed io, con la medesima intensità. I nostri figli, invece, sono rimasti del tutto indifferenti, sembrava quasi che fossero refrattari alla malattia quanto a Dio… Mi chiedevano continuamente perchè Dio concedesse la guarigione ad alcuni e ad altri no. Mia figlia mi diceva: „Mamma, perchè tu che preghi, non preghi per la tua guarigione?“. Ma io avevo accettato la mia malattia come un dono di Dio, dopo tanti anni di cammino.
Vorrei condividere con voi quello che questa malattia mi ha donato. Penso che non sarei la persona che sono ora, se non avessi avuto la grazia di questa malattia. Ero una persona molto sicura di me; il Signore mi aveva fatto dei doni dal punto di vista umano; ero un’artista brillante, molto fiera; avevo studiato l’arte della parola ed il mio percorso scolastico era stato facile e un pò fuori dal comune (…). Riassumendo, io penso che questa malattia abbia spalancato il mio cuore e schiarito il mio sguardo. Perchè questa è una malattia che tocca tutto il tuo essere. Ho perso veramente tutto, ho toccato il fondo sia fisicamente, spiritualmente e psicologicamente, ma ho potuto anche sperimentare e capire nel mio cuore quello che vivevano gli altri. La malattia mi ha dunque aperto il cuore e lo sguardo; io penso che prima ero cieca e ora posso vedere quello che gli altri vivono; li amo, ho voglia di aiutarli, ho voglia di stargli accanto. Ho potuto sperimentare anche la ricchezza e la bellezza della relazione con il prossimo. La nostra relazione di coppia si è approfondita al di là di ogni speranza. Non avrei mai potuto immaginare una tale profondità. In una parola ho scoperto l’Amore (…).
Poco prima della partenza per questo pellegrinaggio, abbiamo deciso di portarci anche i nostri due figli. Mia figlia mi ha quindi – posso dire „dato l’ordine“ – di pregare per la mia guarigione, non perchè lo volessi io o lo desiderassi, ma perchè lo voleva lei (…). Li ho così incoraggiati, sia lei che mio figlio, a chiederla loro stessi questa grazia, per la loro mamma e lo hanno fatto superando ogni loro difficoltà o rivolta interiore.
D’altra parte, per mio marito ed io, questo viaggio rappresentava una sfida inimmaginabile. Partire con due sedie a rotelle; non potendo rimanere seduta, occorreva una poltrona che potesse reclinarsi il più possibile, così ne abbiamo noleggiata una; avevamo un furgone non attrezzato ma delle „braccia volenterose“ si sono presentate a più riprese per portarmi, per uscire e poi rientrare…
Non dimenticherò mai la solidarietà che, per me, è il segno più grande dell’esistenza di Dio. Per tutti quelli che mi hanno aiutata non potendo io parlare, per l’accoglienza degli organizzatori, per ogni persona che ha avuto anche un solo gesto di solidarietà nei miei confronti, ho supplicato la Gospa di concedergli la sua benedizione speciale e materna e di restituirgli il centuplo di bene di quello che ognuno di loro aveva donato a me. Il mio più grande desiderio era di assistere all’apparizone di Maria a Mirjana. Il nostro accompagnatore ha fatto sì che mio marito ed io potessimo partecipare. E così ho vissuto la grazia che non potrò mai dimenticare: varie persone si sono alternate nel portarmi con la sedia-portantina nella folla compatta, sfidando le leggi dell’impossibile, affinchè potessi raggiungere il luogo dove sarebbe avvenuta l’apparizione di Maria (…). Una religiosa missionaria ci parlava, ripetendoci il messaggio che Maria aveva destinato soprattutto agli ammalati (…).
L’indomani, venerdì 3 agosto, mio marito si è incamminato per il monte della Croce. Faceva molto caldo ed il mio sogno più grande era di di poterlo accompagnare. Ma non c’erano portantini disponibili ed il mio stato era molto difficile da poter gestire. Era preferibile che rimanessi a letto… Ricorderò quel giorno come il „più doloroso“ della mia malattia… Nonostante avessi l’apparecchio per l’apparato respiratorio attaccato, ogni respiro mi risultava difficile (…). Anche se mio marito, era partito con il mio consenso – e non avrei mai voluto che rinunciasse – non riuscivo a compiere nessuna azione delle più semplici quale bere, mangiare o prendere le medicine. Ero inchiodata al mio letto…non avevo nemmeno la forza di pregare, faccia a faccia con il Signore…
Mio marito è rientrato molto felice, profondamente toccato da quello che aveva appena vissuto sul cammino della croce. Pieno di compassione nei miei confronti, senza che nemmeno dovessi spiegargli la minima cosa, aveva capito che il cammino della croce, lo avevo vissuto nel mio letto . (Continua)
Patrick d’Ursel
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