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Primo Sabato del mese

6 Aprile 2013 | Filed under: Devozioni, Primo Sabato del mese
     

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I CINQUE PRIMI SABATI

DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA

(si può praticare anche la PRIMA DOMENICA)

la pratica del Primi Sabati del mese esisteva fin dal XIX secolo. Il S. Padre Pio X approvò questa devozione il 30 settembre 1912. Egli si è degnato di concedere a tutti quelli che il primo sabato di ogni mese, essendosi confessati ed accostati alla Sacra Mensa, compiranno in spi­rito di riparazione alcuni particolari atti in onore della Beata Vergine Immacolata, e pregheranno secondo l’intenzione del  Sommo  Pontefice,  una Indulgenza plenaria, applicabile ai defunti ».

La Vergine  SS.  di  Fàtima,  apparendo a Lucia, confermò questa pratica, vi allegò delle divine promesse, facendone la devozione più ri­spondente ai bisogni del nostro tempo, e si de­gnò anche di fissare la forma, chiedendo espres­samente  che  durasse  almeno  cinque  Primi  Sa­bati consecutivi.

In ognuno dei Cinque Sabati la SS. Ver­gine ci invita a tenerle compagnia per lo spazio di un quarto d’ora, meditando sui misteri del Ro­sario o ascoltando la predica che un sacerdote faccia  in  comune  svolgendo  alcuni pensieri  di considerazione sui misteri. È poi tanto consiglia­bile ripetere più volte la pratica dei Primi Cin­que  Sabati,  anzi   sarà  ossequio  graditissimo   al Cuore  Immacolato  di  Maria  ripeterli  per tutta la vita. In tal modo si potrà sceglier per il pri­mo ciclo la meditazione dei misteri gaudiosi, per il secondo quella dei misteri dolorosi, per il ter­zo la meditazione dei misteri gloriosi.

A facilitare tale esercizio, offriamo una con­siderazione su tutti i quindici misteri. La Vergine invita a meditare, non solo a leggere. Quindi, al principio di ogni considera­zione bisogna mettersi alla presenza di Dio, e dopo aver letto attentamente, si rifletta su quanto è rimasto più impresso nell’anima; si con­fronti la nostra vita con quella di Gesù e Maria alla luce di quelle particolari virtù che rifulgo­no nel mistero che si considera; si deplorino vi­vamente le proprie debolezze e si formulino ge­nerosi propositi, sui quali si chieda poi la bene­dizione di Maria Santissima.

TERZO  SABATO

Intenzione riparatrice. – Per far ammenda d’o­nore al Cuore Immacolato di Maria degli oltrag­gi e delle offese recate alle sue immagini.

Offerta – Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io Ti adoro profondamente e Ti of­fro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Di­vinità di nostro Signore Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione de­gli oltraggi che Ti offendono. Per i meriti infiniti del Suo Cuore Santissimo e per l’intercessione del Cuore Immacolato di Maria, Ti prego concederci la sincera conversione del cuore.

TERZO  MISTERO GAUDIOSO

LA NASCITA DI GESÙ – In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era go­vernatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giu­seppe, che era della casa e della famiglia di Da­vide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Die­de alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.

C’erano in quella regione alcuni pastori che ve­gliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.

Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo dis­se loro: « Non temete, ecco, vi annunzio una gran­de gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è na­to nella città di Davide un salvatore, che è il Cri­sto Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangia­toia ». E subito apparve con l’angelo una moltitu­dine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: « Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama » (Le 2,1-14).

Riflessioni. – Gesù è nato! Reclinato nel pic­colo presepe, Egli contempla la Madre sua che, in ginocchio, l’adora, perduta in un’estasi d’a­more. Esiliandosi su questa terra Gesù l’ha crea­ta appositamente, perché tenesse presso di sé il posto di tutta la Corte celeste. Le ha quindi for­mato un cuore capace per estensione, profondità e tenerezza, di comprendere e consolare il suo.

Nella notte luminosa, il Cuore di Maria è un oceano di gaudio. Il suo Figliolo, tenero come un fiore, che Ella stringe fra le braccia, è il suo Dio, il Redentore che ha dato al mondo divenen­do Madre, pur restando Vergine, « concepito per arcana potenza dalla virginea sostanza, e germo­gliato, come un fiore di luce e di vita, all’alito caldo dello Spirito Santo » (S. Giovanni Dama­sceno).

Quel Dio che i cieli non bastano a compren­dere nella sua immensità s’è annientato per ri­vestire la nostra umanità, attratto da quell’eterna carità con cui ci ha amati. Maria gode delle umili adorazioni dei pasto­ri, trasalisce alla voce ed all’omaggio dei Re Ma­gi, pensando che il suo Gesù sarà conosciuto ed amato da tante anime. Se per breve trema d’an­goscia perché Erode ha sospeso la sua spada san­guinosa sul capo del Bimbo, si riconforta nella intimità di un amore materno, così umile, tene­ro e sconfinato che forma lo stupore degli angeli.

Rallegriamoci con il Cuore di Maria. È la salvezza che è sorta per l’umanità peccatrice. Ge­sù è la via al cielo per tutte le anime. Imparia­mo la divina lezione di Betlem. « Nell’angustia di una greppia è contenuto chi ha sede nel cie­lo, affinchè noi potessimo espanderci nella gioia d’un regno eterno. È reclinato nel presepe Co­lui che è pane degli Angeli, affinchè noi fossimo saziati col frumento delle sue carni — esclama Beda, il Venerabile. — Poteva venir sommoven-do il cielo e scuotendo la terra. Ma viene per salvare, non per perdere. Dalla culla calpesta la superbia e le cuidigie, e nasce povero, da povera madre ».

Disprezziamo anche noi gli agi, i conforti, la facile vita dei sensi. Gesù e Maria c’insegna­no l’abnegazione, il sacrificio. Abbracciamo con gioia la nostra piccola croce quotidiana. Insie­me a Gesù, con l’aiuto della Vergine Santissima, essa ci parrà leggera.

Esame di coscienza. Il mio cuore è attaccato alle cose di quaggiù? – Sono forse avaro? – Ricer­co sregolatamente i conforti e gli agi della vita? – Sono caritatevole verso i bisognosi? – So impormi qualche sacrifìcio per amar di Dio? – Sono ras­segnato nelle mie pene?  

Atto di dolore.

Ossequio.  Scioglierò il mio cuore dagli attac­camenti terreni, e sopporterò con rassegnazione le privazioni che le circostanze e le mie condizioni mi impongono.

Preghiera. Mio Dio, io credo, adoro, spero e Ti amo! Ti domando perdono per quelli che non credono, che non adorano, non sperano e non Ti amano.

Rifugio dei peccatori, prega per noi.

Pratiche riparatrici: Confessione, Comunione, Rosario.

Esempio – Sete di sacrificio – Francesco era rimasto profondamente colpito dalla visione dell’inferno, ma di carattere più dol­ce e meditativo era maggiormente dominato dal pensiero di Dio, percepito in quella luce immensa, in cui erano stati immersi per tre volte e diceva sovente: — Noi stavamo ardendo in quella gran luce che è Dio e non bruciavamo… Ma che pe­na che egli sia tanto mesto! Se io potessi conso­larlo!…

Consolare Dio nella divina tristezza, era dive­nuto il suo pensiero costante. Un giorno, arrivato l pascolo, salì su di un’alta  roccia, dicendo alle compagne:  — Non venite qua, lasciatemi solo.

Le due si divertivano a rincorrere le farfalle che poi prese rilasciavano « per fare il sacrificio di la­sciarle sfuggire ». All’ora della merenda andarono a chiamarlo. Rifiutò. All’ora del Rosario salirono anch’esse e lo trovarono ginocchioni sulla roccia.

—  Ma cosa fai qui tanto tempo?

—  Sto pensando al  Signore che è tanto triste per causa di tanti peccati. Oh!  se io fossi capace di farlo contento!

—  Francesco — gli chiedeva un giorno  Lucia — che cosa ti piace di più, consolare  nostro  Si­gnore o convertire i peccatori, perché non l’offen­dano più?

—  Vorrei consolare prima nostro Signore e poi convertire i peccatori.

Un altro giorno trovarono per strada due bimbi poverissimi.

—  Vogliamo dare la nostra merenda a quei po­verini, per la conversione dei peccatori? — propo­se Giacinta; e senz’altro corse a portare tutto quan­to  avevano.  Siccome  però  quei  poveri  bimbi,  al­lettati da tanta generosità, non mancarono da quel giorno  in  poi  di  farsi  incontrare  con  molta  fre­quenza, i digiuni dei piccoli veggenti divennero quo­tidiani. Quando verso sera sentivano fame, essi la ingannavano alla meglio con radici, more e ghian­de le più amare.

La mortificazione dei tre piccoli raggiunse ben presto l’eroismo più puro e i sacrifici « non li po­tevano più contare». Donarono tutto se stessi, con gioia.

Un giorno erano usciti come al solito con il gregge. La giornata èra splendida e il sole cocente.

Verso mezzodì la Cova arida e brulla parve tra­sformarsi in un braciere ardente. Siccome anche questa volta avevano incontrato i « loro piccoli a-mici » e Giacinta aveva dato loro tutto quanto il desinare e la merenda, cominciarono ad esser tor­mentati dalla fame e dalla sete. Quest’ultimo sup­plizio divenne intollerabile nelle ore affocate del pomeriggio. Lucia allora si recò ad un vicino ca­solare, ove una buona donna, mossa a pietà, le die­de una brocca d’acqua e vi aggiunse un pezzo di pane, ch’ella accettò con riconoscenza e divise con i cugini. Poi offrì la brocca a Francesco:

—  Bevi.

—  Non voglio bere.

—  Perché?

—  Per soffrire e convertire i peccatori.

—  Bevi tu, Giacinta.

—  Io pure voglio fare il  sacrificio per i pec­catori.

L’acqua finì nel cavo di una pietra, perché la bevessero le pecore. Per comprendere il loro eroismo, si pensi che talvolta stavano delle intere settimane ed una vol­ta « l’intero mese d’agosto con un caldo soffocante », senza bere!

Un altro giorno trovarono per strada una cor­da. Lucia se l’annodò al braccio e s’accorse che faceva male.

—  Guardate! Guardate! Ecco un’altra cosa con cui possiamo mortificarci.

Ne fecero tre pezzi ed ognuno se la cinse ai fianchi, strettamente. Era tanto il loro fervore che la Vergine santa dovette moderarlo, raccomandan­do di non portare la corda almeno di notte. Francesco e Giacinta prima di consegnarono in gran segretezza la loro corda. Quella della più piccola aveva tre nodi ed era intrisa di sangue…


     

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