Pianeta Droga
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Tutto questo mi ha portato a vivere sin dalla giovanissima età il “compromesso” con il male e con la menzogna, sviluppando una mentalità contorta e da “tossico”. In casa non avevo dialoghi, anche a causa della differenza di età con i miei fratelli e sorelle che mi faceva sentire lontano da loro, ma non facevo vedere questo disagio e fingevo che andasse tutto bene. Fuori casa, con gli amici e a scuola, ho cercato di trovare la mia identità ma ho visto che ero fragile, sensibile e pieno di insicurezze; così, pian piano, è cresciuto dentro di me un muro di timidezze e paure, e per uscire da quella solitudine mi sono lasciato trasportare da quello che facevano gli altri. Mi sono attaccato alla compagnia di amici che ritenevo più forti ed originali e per farmi accettare ho indossato la maschera del ragazzo forte, intraprendente, pronto a vivere qualsiasi esperienza.
A quattordici anni ho iniziato a fumare spinelli e a bere, cercando di trovare un’identità nella quale poter nascondere tutte le mie fragilità. Dal punto di vista materiale i miei genitori non mi facevano mancare niente ed io crescevo appoggiandomi a questa sicurezza, con la convinzione che avrei trovato il futuro della mia vita già pronto “su un piatto d’argento”. Crescendo, invece, mi sono ritrovato senza le basi per poter costruire una vita vera: ero una foglia al vento, facilmente condizionabile, sentivo il vuoto della tristezza, della solitudine, l’incapacità di fare delle scelte concrete per il mio futuro. Così, con lo stesso spirito con cui ho fumato la prima “canna” a quattordici anni, mi sono ritrovato a diciannove immischiato con la cocaina e l’eroina. Credevo di aver trovato la soluzione ai miei problemi: queste sostanze mi davano l’illusione di poter affrontare il mondo intero libero dalle mie paure ed ho iniziato ad amare questo stile di vita facile, alla ricerca del piacere, senza dovermi preoccupare di affrontare i problemi che la vita già a quell’età mi presentava.
A casa avevo sempre qualcosa da nascondere, ero falso e la bugia è diventata parte integrante della mia vita. Un giorno però la verità è arrivata inesorabile: mio padre e mia madre hanno dovuto prendere coscienza di avere un figlio tossicodipendente. Le loro attenzioni e preoccupazioni hanno iniziato a soffocarmi e ad infastidirmi, così ho deciso di andare a vivere in una grande città, convinto che cambiando “aria” e amicizie avrei risolto il problema. All’inizio sembrava proprio così: vivevo l’euforia della novità e mi stavo realizzando anche nel mondo del lavoro. Poi però l’incapacità di essere me stesso e di avere relazioni stabili e durature con gli altri, la solitudine interiore, il senso di vuoto e di tristezza mi hanno portato in breve tempo a cadere di nuovo e a “sbattere la faccia” ancora più forte di prima.
Ringrazio Dio che i miei genitori sono stati pronti ad aiutarmi, proponendomi di entrare in Comunità, un aiuto che in quel momento non volevo, mi era scomodo, ma che in fondo sentivo essere quello giusto. Costretto quindi dalle situazioni che si erano create, ho iniziato a fare i “colloqui” per entrare: lì ho trovato dei ragazzi con i miei stessi problemi, capaci di comprendere quello che vivevo; sentivo che “parlavamo la stessa lingua”. Sono entrato in Comunità con tanta rabbia e tanto rancore, ancora incapace di ammettere ed accettare che avevo fallito ed ero bisognoso di tanto aiuto e sostegno. La cosa che mi ha toccato fin da subito è stato vedere ragazzi come me, con gli stessi trascorsi, pregare in ginocchio la mattina in cappella davanti all’Eucaristia ed essere poi capaci di amarsi tra loro.
La presenza premurosa e fedele dell'”angelo custode”, il ragazzo che si è preso cura di me all’inizio, è stata la speranza concreta che avrei potuto farcela. Mi parlava delle sue esperienze passate, a volte peggiori delle mie, e lo vedevo lì, con la luce negli occhi, con la gioia di donarsi nel lavoro, nell’amicizia e nella preghiera: mi dava tanta forza! Mi facevano riflettere i suoi gesti concreti d’amore nei miei confronti e ha fatto nascere in me il desiderio di avere una vita vera e sana, di riuscire a vivere in pienezza la mia giornata immergendomi nelle cose semplici, libero da tutte le dipendenze e soprattutto da me stesso. Ho percepito che questo era l’ambiente giusto per poter ripartire da zero ed educarmi alla vita attraverso l’aiuto dei fratelli, il rispetto delle regole, degli altri e di me stesso.
Nelle lotte quotidiane, nella sofferenza e nel sacrificio sto sperimentando la libertà interiore e la gioia vera, pura, stabile, che viene da Dio. Grazie alla Comunità ho instaurato un rapporto nuovo e diverso sia con i miei genitori che con mio fratello. Vedo che attraverso la preghiera e l’incontro con Gesù sto guarendo tante ferite del mio cuore. Sto imparando attraverso il lavoro a valorizzare e a sviluppare le mie capacità, a mettere a servizio i miei doni, e questo mi fa sentire realizzato, pieno, felice di esserci. In Comunità oggi mi sento accolto e voluto bene per quello che sono, con i miei limiti e le mie povertà e questo mi fa sentire libero e sereno, senza dovermi mettere delle “maschere” o apparire in un certo modo per essere accolto. La Comunità è una scuola di vita che mi edifica e che dona qualità alla mia esistenza. Desidero ringraziare Dio per questa sua opera, Madre Elvira per il suo coraggioso “sì” e i miei genitori che mi hanno spinto ed aiutato ad intraprendere questo cammino.
Comunità CENACOLO
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