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Pianeta Droga

2 Luglio 2010 | Filed under: Dipendenze
     

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Esperienze di vita

Mi chiamo Fabrizio e ho ventisette anni. Provengo da una famiglia “normale” nella quale non ho vissuto disagi par­ticolari; sono l’ultimo di sei figli e ricordo che i miei genitori, fra­telli e sorelle, erano sempre tan­to “presi” dal lavoro e io da ragazzino passavo tanto tempo da solo in casa, spesso seduto sul divano davanti alla televisione, e l’oziosità mi ha portato a ca­dere in vizi e libertà sbagliate. A dieci anni ho iniziato a bere di nascosto e a fumare la prima si­garetta rubata dal pacchetto di mio padre, per ricercare il piace­re dell’adrenalina, della trasgressione, e per soddisfare le mie curiosità. Ho iniziato poi a ruba­re soldi in casa e a passare tanto tempo in strada, alla ricerca dei piaceri con il cibo e davanti ai videogiochi nei bar.

Tutto que­sto mi ha portato a vivere sin dalla giovanissima età il “com­promesso” con il male e con la menzogna, sviluppando una mentalità contorta e da “tossi­co”. In casa non avevo dialoghi, anche a causa della differenza di età con i miei fratelli e sorelle che mi faceva sentire lontano da loro, ma non facevo vedere questo disagio e fingevo che an­dasse tutto bene. Fuori casa, con gli amici e a scuola, ho cer­cato di trovare la mia identità ma ho visto che ero fragile, sen­sibile e pieno di insicurezze; co­sì, pian piano, è cresciuto dentro di me un muro di timidezze e paure, e per uscire da quella solitudine mi sono lasciato tra­sportare da quello che facevano gli altri. Mi sono attaccato alla compagnia di amici che ritene­vo più forti ed originali e per far­mi accettare ho indossato la ma­schera del ragazzo forte, intra­prendente, pronto a vivere qualsiasi esperienza.

A quattordici anni ho iniziato a fumare spinelli e a bere, cercando di trovare un’identità nella quale poter na­scondere tutte le mie fragilità. Dal punto di vista materiale i miei genitori non mi facevano mancare niente ed io crescevo appoggiandomi a questa sicu­rezza, con la convinzione che avrei trovato il futuro della mia vita già pronto “su un piatto d’argento”. Crescendo, invece, mi sono ritrovato senza le basi per poter costruire una vita ve­ra: ero una foglia al vento, facil­mente condizionabile, sentivo il vuoto della tristezza, della solitu­dine, l’incapacità di fare delle scelte concrete per il mio futuro. Così, con lo stesso spirito con cui ho fumato la prima “canna” a quattordici anni, mi sono ritro­vato a diciannove immischiato con la cocaina e l’eroina. Crede­vo di aver trovato la soluzione ai miei problemi: queste sostanze mi davano l’illusione di poter af­frontare il mondo intero libero dalle mie paure ed ho iniziato ad amare questo stile di vita fa­cile, alla ricerca del piacere, sen­za dovermi preoccupare di af­frontare i problemi che la vita già a quell’età mi presentava.

A casa avevo sempre qualcosa da nascondere, ero falso e la bu­gia è diventata parte integrante della mia vita. Un giorno però la verità è arrivata inesorabile: mio padre e mia madre hanno dovu­to prendere coscienza di avere un figlio tossicodipendente. Le loro attenzioni e preoccupazioni hanno iniziato a soffocarmi e ad infastidirmi, così ho deciso di an­dare a vivere in una grande città, convinto che cambiando “aria” e amicizie avrei risolto il problema. All’inizio sembrava proprio così: vivevo l’euforia della novità e mi stavo realizzan­do anche nel mondo del lavoro. Poi però l’incapacità di essere me stesso e di avere relazioni stabili e durature con gli altri, la solitudine interiore, il senso di vuoto e di tristezza mi hanno portato in breve tempo a cadere di nuovo e a “sbattere la faccia” ancora più forte di prima.

Rin­grazio Dio che i miei genitori so­no stati pronti ad aiutarmi, pro­ponendomi di entrare in Comu­nità, un aiuto che in quel mo­mento non volevo, mi era sco­modo, ma che in fondo sentivo essere quello giusto. Costretto quindi dalle situazioni che si era­no create, ho iniziato a fare i “colloqui” per entrare: lì ho tro­vato dei ragazzi con i miei stessi problemi, capaci di comprende­re quello che vivevo; sentivo che “parlavamo la stessa lingua”. Sono entrato in Comunità con tanta rabbia e tanto rancore, ancora incapace di ammettere ed accettare che avevo fallito ed ero bisognoso di tanto aiuto e sostegno. La cosa che mi ha toc­cato fin da subito è stato vedere ragazzi come me, con gli stessi trascorsi, pregare in ginocchio la mattina in cappel­la davanti all’Eu­caristia ed essere poi capaci di amarsi tra loro.

La presenza pre­murosa e fedele dell'”angelo cu­stode”, il ragazzo che si è preso cu­ra di me all’inizio, è stata la speran­za concreta che avrei potuto farce­la. Mi parlava del­le sue esperienze passate, a volte peggiori delle mie, e lo vedevo lì, con la luce ne­gli occhi, con la gioia di donarsi nel lavoro, nell’amicizia e nella preghiera: mi dava tanta forza! Mi facevano riflettere i suoi gesti concreti d’amore nei miei con­fronti e ha fatto nascere in me il desiderio di avere una vita vera e sana, di riuscire a vivere in pie­nezza la mia giornata immergen­domi nelle cose semplici, libero da tutte le dipendenze e soprat­tutto da me stesso. Ho percepito che questo era l’ambiente giusto per poter ripartire da zero ed educarmi alla vita attraverso l’aiuto dei fratelli, il rispetto delle regole, degli altri e di me stesso.

Nelle lotte quotidiane, nella sof­ferenza e nel sacrificio sto speri­mentando la libertà interiore e la gioia vera, pura, stabile, che vie­ne da Dio. Grazie alla Comunità ho instaurato un rapporto nuovo e diverso sia con i miei genitori che con mio fratello. Vedo che attraverso la preghiera e l’incon­tro con Gesù sto guarendo tante ferite del mio cuore. Sto impa­rando attraverso il lavoro a valo­rizzare e a sviluppare le mie ca­pacità, a mettere a servizio i miei doni, e questo mi fa sentire rea­lizzato, pieno, felice di esserci. In Comunità oggi mi sento accolto e voluto bene per quello che so­no, con i miei limiti e le mie po­vertà e questo mi fa sentire libe­ro e sereno, senza dovermi met­tere delle “maschere” o apparire in un certo modo per essere ac­colto. La Comunità è una scuola di vita che mi edifica e che dona qualità alla mia esistenza. Desi­dero ringraziare Dio per questa sua opera, Madre Elvira per il suo coraggioso “sì” e i miei ge­nitori che mi hanno spinto ed aiutato ad intraprendere questo cammino.

Comunità CENACOLO


     

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Padre del cielo,
Tu ci hai dato un modello di vita
nella famiglia di Nazareth,
aiutaci, o Padre buono,
a fare della nostra famiglia
un'altra Nazareth, dove regnano
l'amore, la pace e la gioia.
Fa' che la nostra vita,
sia profondamente contemplativa,
intensamente eucaristica
e vibrante di gioia.
Aiutaci a rimanere insieme
nella gioia e nella sofferenza
attraverso la preghiera familiare.
Insegnaci a vedere Gesù
nei membri della nostra famiglia
specialmente nelle loro difficoltà.
Possa il Cuore Eucaristico di Gesù
rendere i nostri cuori miti ed umili
come il suo e possa aiutarci
a compiere i nostri doveri familiari
in modo santo.
Possiamo amarci
come Dio ama ognuno di noi,
ogni giorno sempre più,
e possiamo perdonarci le offese
come Dio perdona le nostre.
Aiutaci, o Padre buono,
a prendere ciò che ci dai
e a darti tutto ciò che ci chiedi
con grande gioia.
O Immacolato Cuore di Maria,
causa della nostra gioia,
prega per noi.
S. Giuseppe, prega per noi.
S. Angelo Custode,
rimani sempre con noi,
guidaci e proteggici.
AMEN

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